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Come sono diventato Guzzista: Marcello Molteni

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Come sono diventato Guzzista?

(mettetevi comodi, è un po’ lunghetto)

Un bel giorno dei primi mesi del 1994 mio fratello, che non appoggia il suo sedere su una moto da almeno 15 anni, si presenta a casa mia a cavalcioni di un qualcosa che a primo colpo d’occhio mi appare come un largo, pesante, sgraziato e rumoroso bovino nero.

E’ in realtà una Moto Guzzi IdroConvert 1000 del ’75 avuta come sconto sull’acquisto di un’auto fuoristrada nuova da un concessionario che probabilmente l’aveva sul gobbo da mesi e che non sapeva come disfarsene.

Formulo immediatamente tre ipotesi sul fatto che abbia accettato quella “cosa” al posto dello sconto:

A) Rivendita immediata al primo tedesco di passaggio (memore del mio vecchio Morini) con conseguente guadagno economico

B) Necessità impellente, per motivi a me sconosciuti, di occupare parte del suo box con un ammasso di 240 kg di metallo vario semi grezzo

C) Colpo di sole improvviso

Niente di tutto questo; lui intende veramente usarla e non solo, anche mia cognata non vede l’ora di accompagnarlo come convintissima passeggera.

Le mie conoscenze della Moto Guzzi, si fermano alle moto della Polizia o dei Vigili Urbani che incrocio per strada e alle foto in bianco e nero di Falconi, Galletti e volatili vari che si vedono ogni tanto in qualche articolo dedicato alle moto d’epoca.

Anche per questo, con l’andar del tempo rimango sempre più stupito da come quell’obsoleto Guzzi vecchio di quasi 20 anni attiri l’interesse della gente, mentre il mio Transalp parcheggiato a fianco non venga degnato di uno sguardo.

Per me è una cosa inspiegabile e dato che le cose inspiegabili hanno il potere di affascinarmi e contemporaneamente farmi incazzare proprio perché senza spiegazione logica, comincio a “analizzare i dati in mio possesso” (eufemismo per: “Fermi tutti! Cos’è sta storia?”).

La prima cosa che noto è il grande numero di raduni Moto Guzzi elencati nelle pagine dedicate delle riviste specializzate e la seconda è che questi raduni sono organizzati praticamente in ogni continente. Come mai tutto ciò?

Provo cautamente a guardare quelle moto sotto un punto di vista differente, che esula da grafici, cifre, misure e prestazioni, iniziando ad apprezzare la sensazione di solidità e sicurezza emanata da quell’incedere poderoso ma nel contempo leggero.

Non posso fare a meno di notare che le Guzzi hanno effettivamente una loro personalità; le riconosci a distanza, con quei due cilindroni a V, che quando le incroci sembra che ti dicano: “Io ne ho due, grossi così, e non ho intenzione di nasconderli”.

Mi scopro stranamente passivo nel farmi conquistare dall’inconfondibile rombo di quel motore instancabile; sembra che le Guzzi vogliano trasmettere un messaggio a chi sta loro in sella: “Non preoccuparti, ci sono qua io”.

Mi trovo a considerare il mio Transalp solo come un mezzo di trasporto che serve a portarmi da un punto A ad un punto B; praticamente un’auto a due ruote, nulla più.

Mi sto rendendo conto che la malattia comune a tutti i Guzzisti del mondo e che li rende tali spesso per tutta la vita, sta entrando in me ed io, per la verità, sto facendo poco o nulla per impedire che ciò accada.

Probabilmente stimolato a livello subconscio da questo progressivo spostamento emotivo verso le Moto Guzzi, il mio cervello fa riaffiorare alla memoria, come in una specie di flash-back, un piccolo episodio ormai dimenticato accaduto tanti anni prima.

Mi rivedo ragazzino, nella prima metà degli anni ’70, col cono gelato da 50 lire che mi cola sulle mani, in sbigottita ammirazione davanti ad una grossa moto tutta lucida, nera e cromata, parcheggiata fuori dal bar vicino a casa mia; è una Moto Guzzi V7 California 850, seppi poi, veramente enorme e fantascientifica, un vero spettacolo, abituato come sono a considerare moto “vere” persino i Ciao e i Garelli 50cc che furoreggiano tra i ragazzi con un anno o due più di me (beati loro, già quattordicenni).

Rimango fulminato e imbambolato a guardare quello scintillante monumento meccanico a “rispettosa” distanza (praticamente col naso appiccicato al serbatoio), fino a quando il legittimo proprietario, un omone con barba e capelli rossi che abita nel quartiere, ci monta sopra, la mette in moto premendo quello strano tasto nero sul manubrio (magia) e, con un rombo fortissimo che mi risuona dentro, sparisce in direzione del centro.

E’ il ricordo di un episodio che, inconsciamente, era stato rimosso ma che ora, come i due pistoni che ricevono dopo tanto tempo la spinta esplosiva della miscela aria-benzina innescata dalla scintilla delle candele, riprendono a scorrere alternativamente sempre più velocemente, coinvolgendo inevitabilmente nel loro movimento le bielle, gli alberi e gli ingranaggi del mio intimo più profondo.

Comincio, dapprima timidamente e poi sempre con maggior confidenza, ad approcciarmi da “esterno” (dopotutto possiedo una moto giapponese) al mondo Guzzi, informandomi su riviste e libri riguardo la storia ed i modelli del marchio; scopro l’inizio pionieristico, i campionati del mondo vinti a decine, le forniture alla polizia americana sbaragliando la concorrenza delle marche più importanti; e chi se lo sarebbe mai immaginato?

Nel frattempo un pensiero si sta facendo ogni giorno sempre più assiduo: possedere ora, da uomo, quella moto che mi aveva così colpito da ragazzino.

Comincio a passare al setaccio gli annunci delle occasioni di tutte le riviste di moto che trovo in edicola, fino a quando, dopo lunghi mesi di ricerca senza trovare nulla riguardo a quel modello specifico, eccone uno che recita: “Vendo Moto Guzzi V7 California 850, anno 1973, buone condizioni, ecc. ecc.”

Il prezzo sembra essere nella media, ma ho velocemente imparato che nel mondo delle moto classiche la richiesta economica spesso e volentieri non è legata al reale stato della moto, e che la frase “buone condizioni” può volere dire tutto o niente.

Prendo contatto col venditore e ci vado il sabato successivo per vederla.

La moto è di proprietà di un appassionato bresciano con troppe moto nel box e troppo poco spazio e tempo da dedicarvi; logico, una moglie e tre figli hanno le loro esigenze dopotutto!

Le condizioni generali della moto sono dignitose e le cose importanti sono tutte al loro posto. anche se mancano alcuni particolari, mentre altri sono stati modificati o sostituiti con roba simile o non originale; inoltre lo schema di verniciatura del serbatoio non è corretta e alcune cromature si stanno deteriorando.

Insomma, è una moto di base sana, pur contaminata da una serie di modifiche intervenute nel corso degli anni che tuttavia non ne stravolgono in maniera pesante o irreversibile la configurazione generale.

Ma per me, in quel momento, è la più bella e desiderabile di tutte.

Una rapida occhiata ai numeri di serie di telaio e motore (si sa, il rischio di taroccamenti è sempre presente), un breve giro di prova per vedere se il motore gira bene (alle scarse prestazioni dei freni a tamburo bisognerà farci l’abitudine), una certa contrattazione sul prezzo fingendo un certo disinteresse e distacco (a cui il venditore non crede neppure per un attimo) e l’affare è fatto; così alla fine del 1994 la moto è finalmente parcheggiata nel mio box, con una grande, grandissima, intima, soddisfazione personale

Prima di guidare il V7 passano almeno due settimane; un mix tra timore e rispetto reverenziale forse?

Spesso, quando scendo nel box, la metto in moto, la guardo mentre ronfa sorniona con quel minimo incredibile, la spengo, mi ci siedo sopra, la confronto con le foto originali dei “sacri testi” Moto Guzzi.

Nonostante gli anni e gli interventi subiti, la moto trasmette ugualmente una forte sensazione di dignità e di fierezza, seppur appannata, ma l’unica maniera in cui riesco a immaginarla ora è esattamente nella stessa superba condizione in cui uscì dalla fabbrica di Mandello del Lario nel 1973.

Prendo in considerazione l’ipotesi di un restauro professionale completo “chiavi in mano”, ma non posso far finta di non sapere che il costo è eccessivo per le mie tasche; quindi, sfruttando tutta la documentazione di quel modello che mi ero nel frattempo procurato (incluse le foto dell’esemplare originale scattate al museo Guzzi) decido che il restauro me lo sarei fatto, per quanto possibile, da solo.

La lista dei pezzi da trovare, sostituire o restaurare è assai lunga, oltre a mettere in preventivo qualche inevitabile intervento meccanico sulla ciclistica e sul motore, così il 1995 diventa un anno molto intenso passato tra ricerche nei mercatini dell’usato (“Quanto ha detto che vuole per quel clacson?”), pellegrinaggi dai ricambisti (“Forse ho ancora una di quelle leve in magazzino”), salassi dal verniciatore (“Le verniciature fatte da me costano di più ma sono eterne”), annunci fatti pubblicare sulle riviste del settore (“Cercasi borse originali per…”), sfruttamento vergognoso di un carissimo amico, titolare di un’officina di lavorazioni meccaniche, per replicare quei particolari veramente introvabili (“Ho bisogno di una staffa esattamente come questa”) ed altre cose simili.

Ma soprattutto da quest’anno ha inizio il mio pendolarismo a Carate Brianza alla concessionaria/officina/motoclub/ritrovo Moto Guzzi di Bruno (Scola) e del suo meccanico Tiziano (“Il rinvio del tachimetro è andato e questo cilindro sta perdendo il riporto”), dove il mio V7 viene preso in cura dalle loro sapienti mani per quei lavori che io proprio non sarei in grado di fare neppure con tutta la mia buona volontà.

Bruno e Tiziano sopportano in maniera ghandiana la mia asfissiante presenza, quasi giornaliera, alle loro spalle mentre smontano il motore di un Le Mans o rispondono alle mie domande spesso cretine mentre registrano le valvole di un California; tutto questo solo perchè per loro ogni Guzzi è come una figlia ed il legittimo proprietario è spesso considerato alla stregua di un inevitabile accessorio (della moto, ovviamente).

Qui ho modo di conoscere parecchi “malati” di Moto Guzzi, uno fra tutti Davide, un ragazzo di una decina d’anni più giovane di me e proprietario di un V7 850 GT del ’72; il fatto di possedere una moto simile alla mia, oltre a una sua simpatia innata e a un comune interesse “enciclopedico” sulle Guzzi, contribuisce all’instaurarsi di un rapporto quasi immediato di amicizia che aiuta a trascinarmi velocemente in seno a quel gruppo di pazzi con i quali posso dividere la passione per questo mondo che, giorno dopo giorno, sento sempre più appartenermi.

A questo punto occorre aprire una parentesi sulla psiche di quegli strani individui comunemente conosciuti come Guzzisti e guardati con sospetto o (peggio) compatimento dagli “altri” motociclisti.

Se domandate a 10 Guzzisti quali sono i motivi per i quali sono diventati appassionati di questo marchio, probabilmente riceverete 10 risposte diverse, anche se si potrebbero interpretare, più o meno a ragione, come 10 modi differenti di dare sostanzialmente la stessa risposta.

In effetti esistono molte sfaccettature e sfumature sui motivi di questa sorta di simbiosi uomo/macchina che colpisce persone tanto uguali nella passione per le Guzzi, quanto diverse nella vita di tutti i giorni; il sabato pomeriggio, da Bruno, si possono trovare a discutere tra loro l’operaio e il chirurgo sulla più efficace taratura delle sospensioni o l’impiegato di banca e la studentessa universitaria sulla migliore posizione di guida da tenere in curva sul bagnato, mentre l’ingegnere e l’architetto litigano amichevolmente sui pregi della propria moto e sui difetti di quella dell’altro.

Quando poi ci si organizza e si esce tutti assieme, sotto i caschi sparisce ogni differenza e si viene a creare quella sorta di spirito di branco monomarca del quale non sono mai riuscito a cogliere alcun aspetto negativo.

Tirando le somme, si può tentare di riassumere il concetto in una frase, sperando di non essere riduttivo: chi guida una Guzzi, sportiva, turistica o enduro che sia, è intimamente consapevole che ha sotto di se qualcosa di più di un motore, un telaio e due ruote e “sente” che quelle vibrazioni trasmesse ai polsi e allo stomaco quando si spalanca il gas, non sono solo il risultato di una mera sollecitazione meccanica.

Certo, parlare di “anima” in una moto o un marchio forse è un po’ eccessivo ma non credo sia sbagliato ed è indubbio che quel feeling particolare tra le Guzzi e i loro proprietari non solo esiste, ma è pure molto forte.

E’ una cosa che nessuno insegna o impone; o la si sente, anche poco alla volta, o non la si sente per niente, tutto qui.

Sì arriva così all’inizio del 1996 e il restauro è portato a termine; la moto è veramente, ma veramente perfetta, sia a mio parere che a quello di tutta la varia umanità che nel frattempo ho coinvolto, spesso loro malgrado, in questa mia avventura.

Manca solamente un ultimo obiettivo che avrebbe sproporzionatamente ingigantito il mio (già grande) ego; la sfida definitiva, la madre di tutte le omologazioni: la certificazione ASI con l’inarrivabile targa in ottone lucidato; così sbrigo tutte le pratiche necessarie, corredate dalle indispensabili foto e spedisco la richiesta di omologazione.

Qualche mese dopo, il postino mi consegna un pacchetto; per scaramanzia faccio finta che sia un libro (che non avevo mai ordinato) o qualcosa di simile, ma quando apro quella scatoletta di cartone e vedo la famosa targa in ottone con inciso il modello della mia moto, l’anno di costruzione e il numero di omologazione, mi sfugge un risolino talmente ebete che sicuramente fa sospettare al postino la mancanza del pieno possesso delle mie facoltà mentali: probabilmente in quel momento ha ragione lui.

Come sono diventato Guzzista: Stefano Sazzi

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Come sono diventato Guzzi sta?
La mia ex moglie aveva la patente e una Aprilia Pegaso, così io ho preso la patente a 32 anni e iniziato a guidare l’850 T3 ex Polizia di mio suocero…. Poi ho acquistato un V Strom nell’attesa di arrivare alla Guzzi ma guidando Breva 750 e Breva 1100 di mia moglie…. Poi nel 2016 da Moretti ho trovato la Mia Moto…. Stelvio del 2010 gialla ancora da immatricolare….a posto per i prossimi 20 anni….anche se adesso vorrei affiancarle una Griso Tenni….???????

Come sono diventato Guzzista: Stefano Beltrami

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Come sono diventato guzzista? Quasi per caso. Ho sempre avuto una due ruote fin dai tempi del tubone poi solo enduro, Gilera rc125, rc600, ktm250, poi, dopo che il Kappa mi ha lasciato a piedi ho comprato una Vespa T5 da un amico che se ne voleva disfare. Passare dalle moto alla Vespa è stato uno shock ma, dopo un pò ci ho preso la mano e mi sono abituato a quel senso di panico che ti prende ad ogni frenata e ad ogni piccolo avvallamento. Mentre io cercavo di sopravvivere alla Vespa, mio zio ormai settantacinquenne, decide di tornare ad essere motociclista come da giovane e si presenta a casa con una California special bianco metallizzato. Bella moto ma mi sembra lunga e pesante e lì per lì non ci do valore. Purtroppo per mio zio, la salute lo tradisce e nemmeno sei mesi dopo la vuole vendere. La moto è bella, il prezzo a me è da saldo, la compro. Male che vada se non fa al caso mio la rivendo subito, pensai. Questo accadeva a febbraio del 2001 e da allora non ho mai più pensato di vendere quello spettacolo di moto che è il mio ( o la mia) California. Con tutti i suoi pregi e i suoi difetti me ne sono innamorato. Ho provato a convincere mia moglie a comprare un’altra moto ma rischio il divorzio se insisto e a vendere questa non se ne parla. Purtroppo per vari motivi, la uso solo per piccoli giretti ma non ci rinuncerei per nulla al mondo.

Come sono diventato Guzzista: Alessandro Derudas

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Sbavavo sulle Guzzi. Sbavavo da quando ero ventenne. Ovviamente da studente non potevo permettermela…era già tanto che mi facevano studiare i miei. E quindi quando andavo in bagno (oltre al postalmarket), mi portavo le riviste stile 2ruote o Inmoto, soffermandomi sul listino Guzzi e in particolare sul v11. Mi laureo nel 2004, primi stipendi, parto a Milano e compro la mia prima VERA moto. Un V11 Rosso Mandello. Non avevo esperienza…. L’ ultima moto che avevo avuto era un cinquantino a 14 anni. Avevo il terrore di cadere scendendo dalla nave. Non so come ho fatto a trovare l’imbarco a Genova. Io, su un 1100, dove non conoscevo la strada, con telefono stile nokia che non ti aiutava nemmeno per sapere che tempo fa. Eppure son tornato. Era marzo 2005 mi pare.
Cominciai a lavorare in uno studio da un collega più grande. E li che mi adescò Pintore…. Arrivò in studio e riempì di complimenti la mia moto. Mi disse di AG (a cui ero già iscritto prima di avere la moto) e del raduno a cui stava lavorando. In poco tempo mi iscrissi. Non conoscevo nessuno. Sono andato lì all’arma bianca, senza saper usare la moto, e a dormire con Splitter (su Centauro) che si lamentava di quanto russassi… Ho conosciuto tutti voi, ho visto il concerto della GLBB, ho visto Lalla andare come un treno, ci siamo mbriacati in galera con il Comandante (dopo averlo inseguito per i tornanti di IS Arenas), ho riaccompagnato Andrea e Sciortino (che aveva bevuto come un lavandino) nel bungalow… Ho fatto curve che non sapevo di saper fare, ho conosciuto persone che mi accompagnano in moto da anni. Nella foto dove dietro ho la spiaggia, avevamo disturbato una guardia carceraria solo soletto con una signorina (la spiaggia era demanio militare), e noi giravamo senza casco per le strade della colonia. Che figata quel raduno. Bravo Pintore.

Come sono diventato Guzzista: Gabriele Fabio Scavizzi

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COME SONO DIVENTATO GUZZISTA.

Forse lo sono sempre stato, ma andiamo per ordine.

Da bambino sbavavo su una V7 california di proprietà di un riparatore di orologi che conoscevo, tal Giovannino.

In realtà le moto mi sono sempre piaciute tutte, fin dalla tenera età, ma quella mi rapiva lo sguardo.

Passarono gli anni e frequentai degli amici romani, una famiglia di motociclisti che spaziava tra BMW, Ducati e Guzzi: erano i tempi della 851, della Cagiva Elefant, della Guzzi Imola 2 e della 650 Lario, metà degli anni 80.

Mi piaceva da matti la Imola 2 del mio amico, uno dei due figli (il padre si nutriva di BMW), ma io diciassettenne con mamma che non voleva sentir parlare di moto, mi potevo limitare a rifarmi gli occhi.

Passano ancora 4 anni e finalmente posso comprarmi la prima moto perché già lavoro. Era una Honda XL 200 R.

L’anno dopo arrivò la stessa, ma 600, poi due Transalp.

Sono nella fase in cui vedevo le Guzzi come inaffidabili e non di mio interesse.

Poi inizio a frequentare un parente e amico, anche lui di Roma (mannaggia ‘sti romani!  ) che al momento ha una VFR 800 V-Tec ma che in passato aveva girato l’Europa con moglie al seguito, a cavallo di una Le Mans III 850 con motore portato a 1000, di cui tesseva le lodi, e che aveva ancora in garage, prendendola saltuariamente.

Mi sale la curiosità e nello stesso anno in cui compro la seconda Transalp, nella zona della capitale girano parecchie moto in vendita a prezzi interessanti, a causa delle voci sulle prime restrizioni sulle norme anti inquinamento; inizio a guardare Porta Portese e rispondo a un annuncio da Morlupo.

Così fu che nel 2003 comprai la prima Nevada 750 a carburatori, del 1996, decisamente maltrattata, ma che con WD-40 e paglietta tornò a splendere in tutte le sue cromature.

Nel 2006 comprai la BMW, deciso quindi a vendere la Nevada, ma sebbene ricevetti alcuni contatti, li liquidai dicendo che non la vendevo più 

Non me la sono sentita, mi piaceva e non volevo svenderla.

Nel 2010 la detti indietro per comprare la nuova Nevada a Iniezione, che tenni però solo per 1 anno e mezzo, in quanto non mi trovavo bene con la postura perché mi faceva male alla schiena, molto differente dalla vecchia, e anche perché ero follemente innamorato della Bellagio Luxury che tuttora mi fa morire, e che comprai nel dicembre del 2011, dando indietro appunto la seconda Nevada.

L’ultima arrivata è la California EV Pik, presa da un amico che la vendeva.

Non sono un integralista, non sono fedelissimo perché le moto mi piacciono tutte, e se potessi ne avrei tante in garage, di tutte le marche, ma se ho 4 moto e di queste ben due sono Guzzi, un motivo c’è 

Come sono diventato Guzzista: Roberto Segatori

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Come sono diventato Guzzista:

la cosa, forse,anzi sicuramente risale a quasi 100 anni fa…era il 1927 o 28, mio papa’ decise di comperare una Guzzi 500, la prima Guzzi a telaio elastico come si diceva allora. veniva gia da altre moto. Grande moto per l’epoca. Gli anni passarono e mio padre, causa guerra vendette la moto e a guerra finita, ne compro’ altre, non ricordo che moto ebbe negli anni a seguire, la…le moto durarono fin quando nel 59 “nacquetti io”, il che disse, in 4 sul sidecar non si puo’ andare, sai, la carrozzina……cosi’ compro’ la 600. Non si parlo’ di moto fino ai miei 14 anni,quando un giorno mi disse…vuoi il motorino? non ci credevo……certo….aveva gia ideato tutto…..mi porto’ da un rivenditore, che vendeva motorini Guzzi, dingo..3..4 marce (era il mio sogno) e in un angolo…lui..il Nibbio…..mi presero in giro, facendomi credere che avrei guidato quello a 3 marce, che normalmente veniva usato dai vecchietti che andavano in campagna !! Ero infuriato……e loro ridevano…dopo qualche minuto di incazzature…mi arrivo’ uno scapaccione alla testa….e indicando il Nibbio….”capoccio’, quello è il tuo” !!! E inizio’ la vita…si la vita Guzzista. Pasano gli anni, il motorino a un certo punto si lascia per la mitica 500, sa..le ragazze……cosi’ un giorno, il pallino delle 2 ruote riemerge, mi prendo un Cagiva 125, cosi per divertirmi, dura poco, lo rido’ via e acquisto una splendida Suzuki 550 gse che un amico aveva in garage, ma non poteva prendere, causa il papa’ malato…C’ho fatto molti anni,arriva il matrimonio….gia da molto, ogni volta che mi mettevo in giardino a pulire e lucidare la moto, papa’ scendeva, si sedeva e mi guardava, diceva solo….ma la Guzzi, quando te la fai? Non capivo…..bei giri in moto, ma non capivo….fin quando un giorno a viale trastevere a Roma, passando con un collega, noto lei…o lui….il LeMans1000, semi abbandonato….dopo pochi giorni lo porto a casa. Era gennaio 90. Quella sera che lo portai a casa, mio padre non connetteva, fin quando non sono arrivato a casa….serata di tramontana..un freddo bestiale…è sceso…e ridendo mi disse….ce l’hai fatta a prendere una Guzzi……..mentre scrivo piango, ripensandoci !!! Dopo poco vendetti il Suzuki, senza nessun rimpianto. Mio papa’ era rinato, vedendo quel Guzzone rosso…..sul guzzone c’ho cresciuto due figli, Roberta, che ora ha 30 anni e Alessandro, 25 e gira con un GSXR750., anche lui dopo un paio di moto…..ma è innamorato del mio….,vabbe’ lo dico dopo. Nel 97, papa’ mi lscia, una botta trenenda, ma il ricordo del suo pensare e fare con le moto mi fa passare tutto. Dopo moltissima strada e almeno una decina di GMG, arriva un’altro lui…..V11 Coppa Italia, preso a Mandello, in modo molto particolare. Ecco, mio figlio è innamorato perso di lui !!! Era il 2005, ho iniziato a girare col V11, ma intanto mi sono tenuto stretto il LeMans, mi hanno vietato tassativamente di venderlo, il terzo figlio……ho la fortuna che mia moglie ama anche lei la moto, e cresciuti i ragazzi, come possiamo….V11, o Le Mans, si va, anche lontano senza problemi.

La finisco qui, ma se l’avessi accorciata, era sconclusionata e mi avreste preso per matto. In questo periodo di virus……sto sempre con loro, a volte piano piano, ci parlo,quando non mi sente nessuno……ci sono altre moto, ma le Regine sono loro !! Le adoro. La famosa Guzzite, ce l’ho nel DNA.

grazie della pazienza.

Buona strada a tutti.

Come sono diventato Guzzista: Andrea Nontelodico

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COME SONO DIVENTATO GUZZISTA

da esattamente due anni guidavo una Suzuki Marauder 250, mi ci sono anche sposato.

Un bel giorno sul raccordo a 120 e in sorpasso mi si stacca una valvola e crea una groviera nel cilindro, per puro istinto ho tirato al frizione così non si è bloccato il motore e sono rimasto vivo. La moto era nuova, appena uscita dalla garanzia. Ho deciso mai più moto nuove.

Ho iniziato subito a documentarmi su che moto prendere e dopo un paio di anni a piedi (avevo già venduto l’auto per comprare la suzuki) ho messo da parte un paio di migliaia di euro.

Ero indeciso tra 883, bonneville e nevada. Alla fine ho scelto la Nevada perchè potevo caricarla, stava bene con un bel parabrezza largo e aveva quel perfetto insieme di moto custom ma migliore altezza da sella, agilità nel traffico, comodità.

Correva l’anno 2012, presi a 2500 euro una Nevada del 2006 con 12 mila km. Sono a 80 mila.

Come sono diventato Guzzista: Maria Cattabriga

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io…sono diventata guzzista per merito del mio “culo” si… avete letto bene per il mio fondoschiena (e chi mi conosce sa di che culo parlo !!). per comodità lo chiamerò Ugo.

Ugo dopo alcuni anni segregato sul sellino di un V11, umiliato dalle continue modifiche apportate alla Scura per poterlo ospitare, si è ribellato e ha fatto in modo che S558 ,preso dalla disperazione della bruttezza della sua moto modificata,(basta pensare al bauletto??? dietro per non perdere Ugo ?) , in una notte piovosa acquistasse un V35 diroccato ma funzionante.

FATTA !!!!

Ugo pian piano si è trasformato in TA col 35, in TATI con il nevada a carburatori, in TATIANA con l’aquila nera.

Ora ho un bobber , un orgasmo ogni volta che ci salgo sopra, ma al di là del piacere, sia Ugo che Tatiana hanno conosciuto delle persone, nonchè amici straordinari.

A PRESTISSIMO

Come sono diventato Guzzista: Ivano Calò

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Come sono diventato guzzista?
Era il 1974 ed avevo solo 14 anni. Mio padre aveva una Beta camoscio 50, mentre nel garage di fianco al nostro c’era un ragazzo a cui avevano appena regalato una Guzzi 50 dingo Gt rosso granata quindi, solo per riflesso, ammiravo quella moto che per me, vista l’età, poteva essere solo un sogno, ma quel marchio rappresentava già la mia passione.
Ricordo che noi ragazzi andavamo a fare dei giri in moto, ma spesso io rimanevo a piedi e lui con una corda legata alla sua mi trainava dandomi così un passaggio fino a casa. Da lì è scattata la molla che quel marchio, in un prossimo futuro, sarebbe stata la mia moto con una cilindrata maggiore.
Feci subito il salto a 21 anni con una Nevada 750, grande moto ma con un piccolo difetto: non aveva alcuna strumentazione di livello della benzina ma solo una spia, e se si bruciava la lampadina finivi per rimanere a piedi per strada come tanti anni prima. In una di quelle “occasioni” mi recai dal concessionario di Torino per comprare una lampadina ed il titolare, “grande Guzzista” mi segnalò l’occasione di provare una nuova Guzzi, a mia disposizione per tutto il giorno. Rimasi impressionato da una Breva 1100 e feci il gran passo di aumentare la cilindrata e di prendere questa stupenda moto turistica, di una comodità infinita.
Nel frattempo mi appassionai di moto d’epoca e sempre lo stesso concessionario, che era passato a vendere marchi tedeschi per una logica di mercato, aveva all’interno del suo magazzino tanti pezzi storici di moto ferme che non aspettavano altro che uscire di lì ed essere ancora ammirate al loro passaggio per strada.
Tra di loro vi era un raro Falcone 500 civile del 1974 (di cui a Mandello ne fecero solo 2873 pezzi), una delle ultime da esportazione nel mercato americano, con telaio nero e serbatoio rosso vinaccia. Proprio del ’74, anno del mio primo incontro con la Guzzi… non era un caso… e non fu difficile decidere di darle una possibilità di uscire dal letargo.
Oltre a questa moto anni dopo trovai per caso la “moto del prete” il Galletto 192 dell’anno 1955 e me la comprai.
Ora, tutte le volte che vado in garage per avviare le vecchiette queste ti fanno sentire il battito del loro cuore che pulsa, mentre la più giovane ti trasmette tutta la sua potenza.
Finisco con un messaggio per lasciare spazio ad altri appassionati come me: “ll solo amore per una Guzzi è poesia ma il saperlo esprimere con parole è arte”.
Un caro saluto a tutti i Guzzisti ed a tutti i motociclisti e Vespisti. (altra mia passione, ma questa è un’altra storia..).
Il prossimo anno è il nostro centenario, ci meritiamo una grande festa vero? Un lampeggio.

Come sono diventato Guzzista: Agostino Crignola

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Perchè guzzista?
Era il lontano 1962 e precisamente febbraio, mio padre mi dice che se volevo la moto, risposi subito si ma Stornello 125, preso, con quello girai tutti i laghi della Lombardia, sono della provincia Milano, precisamente Pioltello Limito, passarono diversi anni, venduto Stornello, pentito subito, ma la passione per la moto rimase e nel 75 mi capitò per caso di vedere esposta in un concessionario di macchine un Guzzi V 7 850 GT, il mio sogno, tempo di firmare tutti i documenti ed era mio ed è ancora il mio compagno di tanti bei giri sui passi dolomitici, dimenticavo nel frattempo nel 1982 mi sono trasferito sulle Dolomiti, come dire la ciliegina sulla torta….

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