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Come sono diventato Guzzista: Sti Rpe

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Anno 2003, 27 anni presa la patente A e una Ducati monster 600.Le Guzzi sono moto da museo.
Anno 2011 provo un’imola di un amico in vendita, ma per curiosità che tanto sono moto superate ,mentre guido guardo L’Aquila dorata sul serbatoio e sono fottuto… torno dalla prova e la compro subito.
Ad oggi ho avuto :Imola, v35c, v 65 Florida, sp 1000,v10 Centauro sport, v7 700,850gt,850 t3, cali 3 ie, cali ev, cali aluminium e ho appena preso v11 sport prima serie da andare a ritirare quando si potrà . Ho avuto moto tecnicamente superiori ma le scelte migliori sono quelle fatte col cuore e l’anima ❤️

Come sono diventato Guzzista: Marco Dubbini

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Come sono diventato Guzzista ?! Semplice con un Guzzi V 35 prima serie sono andato con un mio amico in Polonia pesavamo un botto xche avevamo tenda bauletto sacco a pelo ecc .. vino pane e salame .. nei bauletti !! Abbiamo percorso da Milano a potzdam 25 km da Berlino senza fermarci sotto L acqua .. entrati in Polonia il giorno dopo sono scopiate le sospensioni .. comunque alla fine della splendida vacanza con le ragazze polacche .. 1999 .. siamo tornati e il mio unico pensiero era di prendere un v 35 .. ma comprai un v 35 castom !! Che andai in Sicilia !! Poi stupidamente la vendetti e dopo altre moto (solo italiane tra Ducati Mv ecc tornai sui miei passi Moto Guzzi !! E comprai una t 3 850 del 75 !! Cadeva a pezzi .. ma L ho rimessa a nuovo e non L ho più venduta !! X me le Moto Guzzi sono qualcosa di unico e non c è altra marca che si avvicina xche le aquile di mandello volano dove le altre non osano !! W la Guzzi e tutti i Guzzisti !!

Come sono diventato Guzzista: Angelo Bellagente

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Come sono diventato Guzzista:

O avuto parecchi 50 poi 3 125
Prima di prendere la Nevada andavo in giro con una lambretta 200 ma quando ero un ragazzino mi ricordo che il mio dentista aveva una Cali e tutte le volte che andavo da lui mi raccontava della sua California io ero lì che lo ascoltavo, conti fatti mentre andavo in giro con la mia lambretta, venne inmente di prendermi una Guzzi andai avanti per molto tempo per via dei soldi.. Prima la casa poi la macchina il figlio ecc, i somma non riuscivo a mettere via i soldi per prenderne una, ma 3 anni fa mi girò il sacramento e presi gli ultimi 4 soldi rimasti della liquidazione, per esattezza 1.300 e trovai la mia Nevada 750 del 2000, non era una meraviglia però quella potevo permettermi a quel prezzo, la portai a casa con il furgone di un mio amico, la tenni ferma per un mese perché non potevo assicurarla per via dei soldi, ma era la, la guardavo la pulivo e laccendevo, appena misi l’assicurazione non riuscì più a separarmi la uso inverno, estate, pioggia, freddo, non mi interessa, e se qualcuno mi dice sei un motociclista? io li dico che la moto è la mia vita e la Guzzi la completa. 

Come sono diventato Guzzista: Loris Moia

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Sono diventato guzzista quando nel 1990 mio padre volle comprare una moto,ma non una moto,la moto,una Moto Guzzi, e cercando su secondamano trovammo un V35,ma io ne preferii una più sportiva fu così che compro’ un V35 Imola dell’82. Mio papà ci girò l’Italia in due settimane facendosi Milano Calabria Calabria Napoli Cagliari Gonnesa Gonnesa Sassari Genova Milano, dalla Sardegna in mia compagnia. L’aquilotta rimase poi ferma 15 anni ma sempre in nostro possesso. Da un paio d’anni mio papà non c’è più,ma la piccolina è stata rimessa in strada e la uso quotidianamente godendo di quel marchio a noi tanto caro.

Come sono diventato Guzzista: Rossano Mencarini

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Come son diventato guzzista. Fui giovane, e dal vespino decisi di passare ad una moto. Lessi di giornali e guardai di foto, ma non ci capivo nulla e siccome i soldi erano pochissimi e non potevo comprare niente più di un trecentocinquanta cc, mi orientai su un V35. Fu la prima motocicletta. È che quando al concessionario andai per vederla, accanto ce ne era una simile, bassotta uguale ma più muscolosa, molto più muscolosa, era una mille e mi ricordo ancora quanto mi affascinò. Poi un Ducati 350 XL, ma era troppo veloce, anche se a quei tempi mi andava bene visto che avevo poco sale in zucca. Poi finito il militare, dove avevo visto una SP Marlboro di proprietà di un maresciallo, mi misi alla ricerca di un usato economico, e lo trovai, e godevo davvero ogni volta che la guardavo o la portavo. E iniziai a girare per l’Europa. Poi ne arrivò un altra che ci accompagnò, me e la mia signora, per ogni dove, sia in giratine di poche ore, sia in viaggi di più di venti giorni. Ma arrivò alla fine, e trovandomi con un poco più di soldi, visto che la Guzzi produceva solo la California, optai per un BMW 1150 RS, pensavo che sarebbe stata perfetta. Ricordo ancora quanto piacere provai dopo sei mesi e seimila chilometri, quando inforcati la California EV Touring che avevo barattato con la BMW quasi alla pari, mi parve di essere di nuovo a casa dopo un assenza interminabile e infelice. Ne vennero altre dopo, di Guzzi, e adesso c’è una Brevona 1100. Che dire, quando porto uno di quegli ammassi di ferro godo.

Come sono diventato Guzzista: Marcello Molteni

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Come sono diventato Guzzista?

(mettetevi comodi, è un po’ lunghetto)

Un bel giorno dei primi mesi del 1994 mio fratello, che non appoggia il suo sedere su una moto da almeno 15 anni, si presenta a casa mia a cavalcioni di un qualcosa che a primo colpo d’occhio mi appare come un largo, pesante, sgraziato e rumoroso bovino nero.

E’ in realtà una Moto Guzzi IdroConvert 1000 del ’75 avuta come sconto sull’acquisto di un’auto fuoristrada nuova da un concessionario che probabilmente l’aveva sul gobbo da mesi e che non sapeva come disfarsene.

Formulo immediatamente tre ipotesi sul fatto che abbia accettato quella “cosa” al posto dello sconto:

A) Rivendita immediata al primo tedesco di passaggio (memore del mio vecchio Morini) con conseguente guadagno economico

B) Necessità impellente, per motivi a me sconosciuti, di occupare parte del suo box con un ammasso di 240 kg di metallo vario semi grezzo

C) Colpo di sole improvviso

Niente di tutto questo; lui intende veramente usarla e non solo, anche mia cognata non vede l’ora di accompagnarlo come convintissima passeggera.

Le mie conoscenze della Moto Guzzi, si fermano alle moto della Polizia o dei Vigili Urbani che incrocio per strada e alle foto in bianco e nero di Falconi, Galletti e volatili vari che si vedono ogni tanto in qualche articolo dedicato alle moto d’epoca.

Anche per questo, con l’andar del tempo rimango sempre più stupito da come quell’obsoleto Guzzi vecchio di quasi 20 anni attiri l’interesse della gente, mentre il mio Transalp parcheggiato a fianco non venga degnato di uno sguardo.

Per me è una cosa inspiegabile e dato che le cose inspiegabili hanno il potere di affascinarmi e contemporaneamente farmi incazzare proprio perché senza spiegazione logica, comincio a “analizzare i dati in mio possesso” (eufemismo per: “Fermi tutti! Cos’è sta storia?”).

La prima cosa che noto è il grande numero di raduni Moto Guzzi elencati nelle pagine dedicate delle riviste specializzate e la seconda è che questi raduni sono organizzati praticamente in ogni continente. Come mai tutto ciò?

Provo cautamente a guardare quelle moto sotto un punto di vista differente, che esula da grafici, cifre, misure e prestazioni, iniziando ad apprezzare la sensazione di solidità e sicurezza emanata da quell’incedere poderoso ma nel contempo leggero.

Non posso fare a meno di notare che le Guzzi hanno effettivamente una loro personalità; le riconosci a distanza, con quei due cilindroni a V, che quando le incroci sembra che ti dicano: “Io ne ho due, grossi così, e non ho intenzione di nasconderli”.

Mi scopro stranamente passivo nel farmi conquistare dall’inconfondibile rombo di quel motore instancabile; sembra che le Guzzi vogliano trasmettere un messaggio a chi sta loro in sella: “Non preoccuparti, ci sono qua io”.

Mi trovo a considerare il mio Transalp solo come un mezzo di trasporto che serve a portarmi da un punto A ad un punto B; praticamente un’auto a due ruote, nulla più.

Mi sto rendendo conto che la malattia comune a tutti i Guzzisti del mondo e che li rende tali spesso per tutta la vita, sta entrando in me ed io, per la verità, sto facendo poco o nulla per impedire che ciò accada.

Probabilmente stimolato a livello subconscio da questo progressivo spostamento emotivo verso le Moto Guzzi, il mio cervello fa riaffiorare alla memoria, come in una specie di flash-back, un piccolo episodio ormai dimenticato accaduto tanti anni prima.

Mi rivedo ragazzino, nella prima metà degli anni ’70, col cono gelato da 50 lire che mi cola sulle mani, in sbigottita ammirazione davanti ad una grossa moto tutta lucida, nera e cromata, parcheggiata fuori dal bar vicino a casa mia; è una Moto Guzzi V7 California 850, seppi poi, veramente enorme e fantascientifica, un vero spettacolo, abituato come sono a considerare moto “vere” persino i Ciao e i Garelli 50cc che furoreggiano tra i ragazzi con un anno o due più di me (beati loro, già quattordicenni).

Rimango fulminato e imbambolato a guardare quello scintillante monumento meccanico a “rispettosa” distanza (praticamente col naso appiccicato al serbatoio), fino a quando il legittimo proprietario, un omone con barba e capelli rossi che abita nel quartiere, ci monta sopra, la mette in moto premendo quello strano tasto nero sul manubrio (magia) e, con un rombo fortissimo che mi risuona dentro, sparisce in direzione del centro.

E’ il ricordo di un episodio che, inconsciamente, era stato rimosso ma che ora, come i due pistoni che ricevono dopo tanto tempo la spinta esplosiva della miscela aria-benzina innescata dalla scintilla delle candele, riprendono a scorrere alternativamente sempre più velocemente, coinvolgendo inevitabilmente nel loro movimento le bielle, gli alberi e gli ingranaggi del mio intimo più profondo.

Comincio, dapprima timidamente e poi sempre con maggior confidenza, ad approcciarmi da “esterno” (dopotutto possiedo una moto giapponese) al mondo Guzzi, informandomi su riviste e libri riguardo la storia ed i modelli del marchio; scopro l’inizio pionieristico, i campionati del mondo vinti a decine, le forniture alla polizia americana sbaragliando la concorrenza delle marche più importanti; e chi se lo sarebbe mai immaginato?

Nel frattempo un pensiero si sta facendo ogni giorno sempre più assiduo: possedere ora, da uomo, quella moto che mi aveva così colpito da ragazzino.

Comincio a passare al setaccio gli annunci delle occasioni di tutte le riviste di moto che trovo in edicola, fino a quando, dopo lunghi mesi di ricerca senza trovare nulla riguardo a quel modello specifico, eccone uno che recita: “Vendo Moto Guzzi V7 California 850, anno 1973, buone condizioni, ecc. ecc.”

Il prezzo sembra essere nella media, ma ho velocemente imparato che nel mondo delle moto classiche la richiesta economica spesso e volentieri non è legata al reale stato della moto, e che la frase “buone condizioni” può volere dire tutto o niente.

Prendo contatto col venditore e ci vado il sabato successivo per vederla.

La moto è di proprietà di un appassionato bresciano con troppe moto nel box e troppo poco spazio e tempo da dedicarvi; logico, una moglie e tre figli hanno le loro esigenze dopotutto!

Le condizioni generali della moto sono dignitose e le cose importanti sono tutte al loro posto. anche se mancano alcuni particolari, mentre altri sono stati modificati o sostituiti con roba simile o non originale; inoltre lo schema di verniciatura del serbatoio non è corretta e alcune cromature si stanno deteriorando.

Insomma, è una moto di base sana, pur contaminata da una serie di modifiche intervenute nel corso degli anni che tuttavia non ne stravolgono in maniera pesante o irreversibile la configurazione generale.

Ma per me, in quel momento, è la più bella e desiderabile di tutte.

Una rapida occhiata ai numeri di serie di telaio e motore (si sa, il rischio di taroccamenti è sempre presente), un breve giro di prova per vedere se il motore gira bene (alle scarse prestazioni dei freni a tamburo bisognerà farci l’abitudine), una certa contrattazione sul prezzo fingendo un certo disinteresse e distacco (a cui il venditore non crede neppure per un attimo) e l’affare è fatto; così alla fine del 1994 la moto è finalmente parcheggiata nel mio box, con una grande, grandissima, intima, soddisfazione personale

Prima di guidare il V7 passano almeno due settimane; un mix tra timore e rispetto reverenziale forse?

Spesso, quando scendo nel box, la metto in moto, la guardo mentre ronfa sorniona con quel minimo incredibile, la spengo, mi ci siedo sopra, la confronto con le foto originali dei “sacri testi” Moto Guzzi.

Nonostante gli anni e gli interventi subiti, la moto trasmette ugualmente una forte sensazione di dignità e di fierezza, seppur appannata, ma l’unica maniera in cui riesco a immaginarla ora è esattamente nella stessa superba condizione in cui uscì dalla fabbrica di Mandello del Lario nel 1973.

Prendo in considerazione l’ipotesi di un restauro professionale completo “chiavi in mano”, ma non posso far finta di non sapere che il costo è eccessivo per le mie tasche; quindi, sfruttando tutta la documentazione di quel modello che mi ero nel frattempo procurato (incluse le foto dell’esemplare originale scattate al museo Guzzi) decido che il restauro me lo sarei fatto, per quanto possibile, da solo.

La lista dei pezzi da trovare, sostituire o restaurare è assai lunga, oltre a mettere in preventivo qualche inevitabile intervento meccanico sulla ciclistica e sul motore, così il 1995 diventa un anno molto intenso passato tra ricerche nei mercatini dell’usato (“Quanto ha detto che vuole per quel clacson?”), pellegrinaggi dai ricambisti (“Forse ho ancora una di quelle leve in magazzino”), salassi dal verniciatore (“Le verniciature fatte da me costano di più ma sono eterne”), annunci fatti pubblicare sulle riviste del settore (“Cercasi borse originali per…”), sfruttamento vergognoso di un carissimo amico, titolare di un’officina di lavorazioni meccaniche, per replicare quei particolari veramente introvabili (“Ho bisogno di una staffa esattamente come questa”) ed altre cose simili.

Ma soprattutto da quest’anno ha inizio il mio pendolarismo a Carate Brianza alla concessionaria/officina/motoclub/ritrovo Moto Guzzi di Bruno (Scola) e del suo meccanico Tiziano (“Il rinvio del tachimetro è andato e questo cilindro sta perdendo il riporto”), dove il mio V7 viene preso in cura dalle loro sapienti mani per quei lavori che io proprio non sarei in grado di fare neppure con tutta la mia buona volontà.

Bruno e Tiziano sopportano in maniera ghandiana la mia asfissiante presenza, quasi giornaliera, alle loro spalle mentre smontano il motore di un Le Mans o rispondono alle mie domande spesso cretine mentre registrano le valvole di un California; tutto questo solo perchè per loro ogni Guzzi è come una figlia ed il legittimo proprietario è spesso considerato alla stregua di un inevitabile accessorio (della moto, ovviamente).

Qui ho modo di conoscere parecchi “malati” di Moto Guzzi, uno fra tutti Davide, un ragazzo di una decina d’anni più giovane di me e proprietario di un V7 850 GT del ’72; il fatto di possedere una moto simile alla mia, oltre a una sua simpatia innata e a un comune interesse “enciclopedico” sulle Guzzi, contribuisce all’instaurarsi di un rapporto quasi immediato di amicizia che aiuta a trascinarmi velocemente in seno a quel gruppo di pazzi con i quali posso dividere la passione per questo mondo che, giorno dopo giorno, sento sempre più appartenermi.

A questo punto occorre aprire una parentesi sulla psiche di quegli strani individui comunemente conosciuti come Guzzisti e guardati con sospetto o (peggio) compatimento dagli “altri” motociclisti.

Se domandate a 10 Guzzisti quali sono i motivi per i quali sono diventati appassionati di questo marchio, probabilmente riceverete 10 risposte diverse, anche se si potrebbero interpretare, più o meno a ragione, come 10 modi differenti di dare sostanzialmente la stessa risposta.

In effetti esistono molte sfaccettature e sfumature sui motivi di questa sorta di simbiosi uomo/macchina che colpisce persone tanto uguali nella passione per le Guzzi, quanto diverse nella vita di tutti i giorni; il sabato pomeriggio, da Bruno, si possono trovare a discutere tra loro l’operaio e il chirurgo sulla più efficace taratura delle sospensioni o l’impiegato di banca e la studentessa universitaria sulla migliore posizione di guida da tenere in curva sul bagnato, mentre l’ingegnere e l’architetto litigano amichevolmente sui pregi della propria moto e sui difetti di quella dell’altro.

Quando poi ci si organizza e si esce tutti assieme, sotto i caschi sparisce ogni differenza e si viene a creare quella sorta di spirito di branco monomarca del quale non sono mai riuscito a cogliere alcun aspetto negativo.

Tirando le somme, si può tentare di riassumere il concetto in una frase, sperando di non essere riduttivo: chi guida una Guzzi, sportiva, turistica o enduro che sia, è intimamente consapevole che ha sotto di se qualcosa di più di un motore, un telaio e due ruote e “sente” che quelle vibrazioni trasmesse ai polsi e allo stomaco quando si spalanca il gas, non sono solo il risultato di una mera sollecitazione meccanica.

Certo, parlare di “anima” in una moto o un marchio forse è un po’ eccessivo ma non credo sia sbagliato ed è indubbio che quel feeling particolare tra le Guzzi e i loro proprietari non solo esiste, ma è pure molto forte.

E’ una cosa che nessuno insegna o impone; o la si sente, anche poco alla volta, o non la si sente per niente, tutto qui.

Sì arriva così all’inizio del 1996 e il restauro è portato a termine; la moto è veramente, ma veramente perfetta, sia a mio parere che a quello di tutta la varia umanità che nel frattempo ho coinvolto, spesso loro malgrado, in questa mia avventura.

Manca solamente un ultimo obiettivo che avrebbe sproporzionatamente ingigantito il mio (già grande) ego; la sfida definitiva, la madre di tutte le omologazioni: la certificazione ASI con l’inarrivabile targa in ottone lucidato; così sbrigo tutte le pratiche necessarie, corredate dalle indispensabili foto e spedisco la richiesta di omologazione.

Qualche mese dopo, il postino mi consegna un pacchetto; per scaramanzia faccio finta che sia un libro (che non avevo mai ordinato) o qualcosa di simile, ma quando apro quella scatoletta di cartone e vedo la famosa targa in ottone con inciso il modello della mia moto, l’anno di costruzione e il numero di omologazione, mi sfugge un risolino talmente ebete che sicuramente fa sospettare al postino la mancanza del pieno possesso delle mie facoltà mentali: probabilmente in quel momento ha ragione lui.

Come sono diventato Guzzista: Stefano Sazzi

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Come sono diventato Guzzi sta?
La mia ex moglie aveva la patente e una Aprilia Pegaso, così io ho preso la patente a 32 anni e iniziato a guidare l’850 T3 ex Polizia di mio suocero…. Poi ho acquistato un V Strom nell’attesa di arrivare alla Guzzi ma guidando Breva 750 e Breva 1100 di mia moglie…. Poi nel 2016 da Moretti ho trovato la Mia Moto…. Stelvio del 2010 gialla ancora da immatricolare….a posto per i prossimi 20 anni….anche se adesso vorrei affiancarle una Griso Tenni….???????

Come sono diventato Guzzista: Stefano Beltrami

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Come sono diventato guzzista? Quasi per caso. Ho sempre avuto una due ruote fin dai tempi del tubone poi solo enduro, Gilera rc125, rc600, ktm250, poi, dopo che il Kappa mi ha lasciato a piedi ho comprato una Vespa T5 da un amico che se ne voleva disfare. Passare dalle moto alla Vespa è stato uno shock ma, dopo un pò ci ho preso la mano e mi sono abituato a quel senso di panico che ti prende ad ogni frenata e ad ogni piccolo avvallamento. Mentre io cercavo di sopravvivere alla Vespa, mio zio ormai settantacinquenne, decide di tornare ad essere motociclista come da giovane e si presenta a casa con una California special bianco metallizzato. Bella moto ma mi sembra lunga e pesante e lì per lì non ci do valore. Purtroppo per mio zio, la salute lo tradisce e nemmeno sei mesi dopo la vuole vendere. La moto è bella, il prezzo a me è da saldo, la compro. Male che vada se non fa al caso mio la rivendo subito, pensai. Questo accadeva a febbraio del 2001 e da allora non ho mai più pensato di vendere quello spettacolo di moto che è il mio ( o la mia) California. Con tutti i suoi pregi e i suoi difetti me ne sono innamorato. Ho provato a convincere mia moglie a comprare un’altra moto ma rischio il divorzio se insisto e a vendere questa non se ne parla. Purtroppo per vari motivi, la uso solo per piccoli giretti ma non ci rinuncerei per nulla al mondo.

Come sono diventato Guzzista: Alessandro Derudas

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Sbavavo sulle Guzzi. Sbavavo da quando ero ventenne. Ovviamente da studente non potevo permettermela…era già tanto che mi facevano studiare i miei. E quindi quando andavo in bagno (oltre al postalmarket), mi portavo le riviste stile 2ruote o Inmoto, soffermandomi sul listino Guzzi e in particolare sul v11. Mi laureo nel 2004, primi stipendi, parto a Milano e compro la mia prima VERA moto. Un V11 Rosso Mandello. Non avevo esperienza…. L’ ultima moto che avevo avuto era un cinquantino a 14 anni. Avevo il terrore di cadere scendendo dalla nave. Non so come ho fatto a trovare l’imbarco a Genova. Io, su un 1100, dove non conoscevo la strada, con telefono stile nokia che non ti aiutava nemmeno per sapere che tempo fa. Eppure son tornato. Era marzo 2005 mi pare.
Cominciai a lavorare in uno studio da un collega più grande. E li che mi adescò Pintore…. Arrivò in studio e riempì di complimenti la mia moto. Mi disse di AG (a cui ero già iscritto prima di avere la moto) e del raduno a cui stava lavorando. In poco tempo mi iscrissi. Non conoscevo nessuno. Sono andato lì all’arma bianca, senza saper usare la moto, e a dormire con Splitter (su Centauro) che si lamentava di quanto russassi… Ho conosciuto tutti voi, ho visto il concerto della GLBB, ho visto Lalla andare come un treno, ci siamo mbriacati in galera con il Comandante (dopo averlo inseguito per i tornanti di IS Arenas), ho riaccompagnato Andrea e Sciortino (che aveva bevuto come un lavandino) nel bungalow… Ho fatto curve che non sapevo di saper fare, ho conosciuto persone che mi accompagnano in moto da anni. Nella foto dove dietro ho la spiaggia, avevamo disturbato una guardia carceraria solo soletto con una signorina (la spiaggia era demanio militare), e noi giravamo senza casco per le strade della colonia. Che figata quel raduno. Bravo Pintore.

Come sono diventato Guzzista: Gabriele Fabio Scavizzi

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COME SONO DIVENTATO GUZZISTA.

Forse lo sono sempre stato, ma andiamo per ordine.

Da bambino sbavavo su una V7 california di proprietà di un riparatore di orologi che conoscevo, tal Giovannino.

In realtà le moto mi sono sempre piaciute tutte, fin dalla tenera età, ma quella mi rapiva lo sguardo.

Passarono gli anni e frequentai degli amici romani, una famiglia di motociclisti che spaziava tra BMW, Ducati e Guzzi: erano i tempi della 851, della Cagiva Elefant, della Guzzi Imola 2 e della 650 Lario, metà degli anni 80.

Mi piaceva da matti la Imola 2 del mio amico, uno dei due figli (il padre si nutriva di BMW), ma io diciassettenne con mamma che non voleva sentir parlare di moto, mi potevo limitare a rifarmi gli occhi.

Passano ancora 4 anni e finalmente posso comprarmi la prima moto perché già lavoro. Era una Honda XL 200 R.

L’anno dopo arrivò la stessa, ma 600, poi due Transalp.

Sono nella fase in cui vedevo le Guzzi come inaffidabili e non di mio interesse.

Poi inizio a frequentare un parente e amico, anche lui di Roma (mannaggia ‘sti romani!  ) che al momento ha una VFR 800 V-Tec ma che in passato aveva girato l’Europa con moglie al seguito, a cavallo di una Le Mans III 850 con motore portato a 1000, di cui tesseva le lodi, e che aveva ancora in garage, prendendola saltuariamente.

Mi sale la curiosità e nello stesso anno in cui compro la seconda Transalp, nella zona della capitale girano parecchie moto in vendita a prezzi interessanti, a causa delle voci sulle prime restrizioni sulle norme anti inquinamento; inizio a guardare Porta Portese e rispondo a un annuncio da Morlupo.

Così fu che nel 2003 comprai la prima Nevada 750 a carburatori, del 1996, decisamente maltrattata, ma che con WD-40 e paglietta tornò a splendere in tutte le sue cromature.

Nel 2006 comprai la BMW, deciso quindi a vendere la Nevada, ma sebbene ricevetti alcuni contatti, li liquidai dicendo che non la vendevo più 

Non me la sono sentita, mi piaceva e non volevo svenderla.

Nel 2010 la detti indietro per comprare la nuova Nevada a Iniezione, che tenni però solo per 1 anno e mezzo, in quanto non mi trovavo bene con la postura perché mi faceva male alla schiena, molto differente dalla vecchia, e anche perché ero follemente innamorato della Bellagio Luxury che tuttora mi fa morire, e che comprai nel dicembre del 2011, dando indietro appunto la seconda Nevada.

L’ultima arrivata è la California EV Pik, presa da un amico che la vendeva.

Non sono un integralista, non sono fedelissimo perché le moto mi piacciono tutte, e se potessi ne avrei tante in garage, di tutte le marche, ma se ho 4 moto e di queste ben due sono Guzzi, un motivo c’è 

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