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L’insostenibile leggerezza del minchia

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Che vò fa, sò fatto così: spensierato e libero

di Samside

 

La giornata è cominciata bene.

Ovvero, è cominciata male, ma poi ha repentinamente subìto una svolta.

Prima tappa l’ufficio postale, dove mi reco con la mia ricevutina recante la scritta “atti giudiziari”, certo di ritirare il solito verbale per la velocità.

No, questa volta no.

Questa volta è la sentenza che mi ricorda che un paio di settimane fa ho vinto il ricorso ad una multa di 50 e spicci euri, e che quindi é il caso di avviare la pratica per il rimborso.

Dai, non male.
Potrà sembrare nulla di ecclatante, ma passare dalla certezza di trascorrere l’estate senza moto (a punti siamo scarsini), alla certezza che tra qualche mese rivedi due-soldi-due, la giornata te la cambia.

E infatti l’affronto tutta col sorriso e, complice anche un sole della madonna, avrei voluto non finisse mai: pesantissima, si, come al solito. Ma ogni spostamento in moto, è una goduria che da tempo non provo.

Si sono fatte le otto, è ora di puntare il garage.

Però …. se allargo verso casa della tipa dove sabato scorso ho dimenticato l’orologio ….. con ogni probabilità a quest’ora rimedio solo l’orologio, ma un tentatAivo si può fare.
La giornata è cominciata bene ….

E infatti cinque minuti dopo, mentre sto per entrare in questa bella curva a destra, raggiatissima, liberissima, con al polso il mio bell’orologio che non vedo da qualche giorno, vedo già sterzata st’utilitaria ai 50 orari, con alla guida un qualcuno del quale non si vede la testa.

E’ a destra, è raggiatissima, è liberissima, la conosco a memoria tanto da poterla fare ad occhi chiusi, ma li tengo aperti mentre, senza mai oltrepassare la doppia linea continua, la percorro pulito pulito per un pò affiancato all’utilitaria, e chiudendo la traiettoria preciso preciso di fronte alla 156 dei Carabinieri.
Una corda strana, è vero, ma uno dei due mi ha fatto capire che vuole vedere la moto, mostrandomi un’antarallo bianco e rosso.

No, questa volta no.

Questa volta, a questo, del Guzzone d’epoca ex Carabinieri, non gliene può fregare di meno.

Il sorpasso gli è piaciuto molto visivamente (me lo dirà salutandomi: la curva è raggiatissima e liberissima, e lui l’ha visto dall’inizio), ma molto meno professionalmente.
Gli dico la mezza verità che è venuto fuori perchè me la sono trovato davanti a metà curva, e tra frenare o passare, vista anche la grande visibilità, ho optato per passare.
Gli dico anche che la moto parla chiaro circa le mie velleità velocistiche.
Gli sparo anche una distaccata ma pressante pippa sull’alloggiamento per la mitraglietta nella borsa laterale, sulla strumentazione che ha ancora gli interruttori per sirena e lampeggianti, sul libretto di contravvenzioni che era ancora nelle borse ….

No, perchè, che la manovra che ho fatto comporti 155 scudi più 10 punti più il ritiro dell’autorizzazione alla guida lo so.
E’ che intanto che controlla libretto e patente mi è venuto in mente che, come al solito, ogni volta che si dà ragione al cazzo e torto alla testa, si finisce con una tranvata sui denti.

Sopratutto ho realizzato che più o meno quando ho vinto il ricorso, è anche scaduta l’assicurazione.
Che, naturalmente, mi sono guardato bene dal rinnovare tempestivamente.
La moto la uso solo tutti i giorni.
Come diversivo per non farmi chiedere il tagliando secondo me non è male.

E infatti non me lo chiede.

In compenso interrompe la pippa strappalacrime che non strappava le lacrime a nessuno, facendomi gentilmente notare che la revisione è scaduta solo da un anno.
Anche con le revisioni non ho un gran rapporto, citofonare stone1200PIKsportanconetano.

“Non crederà che la mandi via senza farle un verbale ?”

Io butto lì un timido “Guida distratta da 38 euro ?”

Rien a faire, il banco vince.

E vince un piatto da 150 euri più il ritiro del libretto.

Poteva andare decisamente peggio, quindi all together now batti batti le manine.

Resta il fatto che:
– a minchitudo sfido chiunque a singolar tenzone;
– sono un’emerita testa di cazzo;
– si sapevano già entrambe le cose, ma ogni tanto è bene ricordarle.

Quando la passione spiega le ali

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Quando la passione spiega le ali

di Lupastro

…ali della memoria…..ali del marchio,
…sempre e ovunque Moto Guzzi,
come recita il cartello al lato della piazza in un afoso pomeriggio estivo.

“Per organizzare manifestazioni come questa è necessaria tanta passione e tanto impegno – ci dice Francesco Sita (presidente del Guzzi Club “I Amig dla Sfitladoura”, di S.Pietro in Casale -BO) – siamo un centinaio di soci e ci diamo da fare per mantenere spiegate le ali della Guzzi come e quando possiamo. Partecipiamo a sagre di paese, raduni ed eventi nei quali portare tra la gente la nostra passione. Possediamo anche un Ercole che abbiamo attrezzato a cucina e un bravo cuoco che distribuisce crescentine, tagliatelle e orgoglio motociclistico. Non amiamo la retorica, ci interessa mantenere viva nella gente la curiosità nei confronti di un marchio storico che riteniamo essere ancora motivo di fierezza.”

E a giudicare dal gradimento della gente i loro sforzi sono ripagati.

Negli sguardi dei presenti il bagliore di lucide cromature,
nei loro volti le tracce di emozioni indescrivibili a parole.

A noi il compito di lasciare alle immagini, per quanto è possibile, la testimonianza del frutto di tanta dedizione.

Grazie ragazzi.

La mia V11 Sport verde legnano

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AnimaGuzzista V11 Sport verde legnano AgostiGno Gilglio Vincenzo Crea

Di Agostino Giglio

Noi Guzzisti siamo gente passionale, amiamo la tradizione, le nostre moto, che non sono solo un mezzo con cui scarrozzare in giro, ma qualcosa di più, una compagna con cui condividere momenti e giornate (oltre alla compagna o moglie, quella, ufficiale seduta sul posteriore della moto magari a pizzicarti il fianco per una sgasatina improvvisa)!
Le Guzzi trasmettono tante emozioni, la storia, lo stabilimento sempre lì in quel ramo del lago, da cui escono tutte le nostre moto, la particolarità di un marchio, di un’aquila che vola alta da 85 anni.
Ma quello che mi ha sempre colpito dalla Moto Guzzi sono i continui riferimenti con il passato, costruire una moto adesso e legarla storicamente ad un modello che ha fatto breccia nel passato, alla storia del marchio, alle corse di un tempo, il tutto condito sempre da un fascino che nessun altro mezzo a due ruote sa trasmetterti, non importa se una moto pesa 170 Kg e ha 150 Cv!
Questa sensazione in me è stata immediatamente risvegliata quando qualche anno fa la Guzzi presentò il modello che sostituì di fatto la 1100 sport, e cioè la V11 Sport. Ma soprattutto quella con un colore che più di 30 anni prima aveva lasciato un’impronta indelebile nel cuore di tutti i guzzisti e cioè nel V7 Sport “verde legnano” telaio rosso, una moto unica, per prestazioni, stabilità, un grande telaio “cucito” dal grande Lino Tonti e soprattutto tanto fascino.
Bene la prima serie della V11 a passo corto tanto per intenderci, è stata costruita in tre colorazioni, nera, grigia, ma soprattutto verde legnano, proprio lo stesso colore della V7 Sport, con il telaio rosso e con le rismature nel vetro del proiettore; da non crederci, una moto che sin da subito ha risvegliato in me un’emozione da guzzista.
Emozione risvegliata ogni qualvolta, ma raramente devo dire, ne incontravo una in giro a Catania, la mia città, o per i raduni in sella naturalmente alle mie Moto Guzzi.
Ne ho due, una V50 del 1983, e una V1000 G5 del 1981 con cui assieme a mia moglie, che non mi stancherò mai di ringraziare sempre per aver appoggiato ed anche condiviso la mia fede guzzista, abbiamo partecipato a vari raduni e moto passeggiate.
Dopo vari eventi quali ad esempio il matrimonio, metter su casa, etc, che avevano quasi tacitamente rassegnato la mia intenzione di provare a cercare una moto del genere con quel colore, decido ad inizio di quest’anno anno, quasi per una specie di superstizione, di cercare una V11 Sport verde legnano in condizioni perfette o comunque buone, e si perchè io sono un guzzista esigente, innanzitutto un purista che lascia le moto originali come mamma Guzzi le ha fatte; operazione quindi non facilissima.
Il tutto non prima di aver coinvolto mia moglie all’acquisto della moto con manovre di avvicinamento e convincimento della serie: certo quel colore è unico rappresenta un modello famoso, e poi, è una moto di oggi con l’iniezione etc, in fondo per i raduni c’è sempre il G5 con quella sella bella comoda, e in ultimo ci sarebbe ancora un angolino in garage.
Ottenuto il via libera, passo alla ricerca della moto, ma con scarsi risultati almeno nel mio hinterland, cerco, ma le mie ricerche risultano infruttuose, ne trovo una, ma non nelle condizioni migliori. Niente da fare, sono demoralizzato ma non mi do per vinto!
Mi viene in mente il concessionario “Crea” di Reggio Calabria, che conosco, ci sono anche stato una volta in negozio.
Lunedì 16 Gennaio, gli telefono, e quasi con timore domando se conosce, qualcuno che abbia una “V11 verde legnano”, e che magari avrebbe intenzione di vendere. Mi sento rispondere: “Si ne ho una di un amico, che per questioni diciamo di postura ha intenzione di passare ad una “Breva 1100”; la moto ha fatto circa 9500Km, è perfettamente originale, ed è ben tenuta”.
Sobbalzo immediatamente dalla sedia, gli chiedo se il colore è proprio quello, quel “Verde Legnano” che non mi fa dormire la notte!
Sognante gli chiedo se mi può mandare delle foto via e-mail; dopo tre ore circa, il tempo di scattare le foto, arriva nella mia casella di posta, una e-mail dalla concessionaria Crea con le foto della V11. Da non crederci, è quasi perfetta, ho pensato subito: “non posso farmela scappare”. Telefono ad Enzo Crea, e gli dico che in settimana vado a Reggio Calabria per vedere la moto. Lui mi consiglia caldamente di andarci prima possibile perché intorno alla moto già ci sono potenziali acquirenti.
“Bando alle ciance” il tempo è prezioso e non posso rischiare di perdere quest’occasione, non me lo perdonerei mai! Dopo aver dormito a tratti, alle 07:00 decido che è giunta l’ora di alzarsi e mettersi in viaggio. Arrivo a Reggio, telefono a Crea il quale contatta il proprietario della moto, e quindi arrivo davanti alla concessionaria Guzzi in Via Tommaso Gulli nei pressi del Lungomare di Reggio.
Posteggio la macchina, il tempo di girarmi intorno sento un rombo a me caro in avvicinamento, e penso, forse è Lei, mi giro con lentezza, quasi scaramanticamente e dopo qualche secondo rimango abbagliato da quel colore; è Lei, già si fa guardare, e io sono venuto da Catania proprio per Lei, quasi un appuntamento amoroso!
Iniziano le trattative, un caffè e quattro chiacchiere piacevolissime all’interno della concessionaria Crea, tra i quadri storici dello stabilimento appesi al muro e ricambi d’epoca e….. dopo un po’ la moto è mia!
Ale’ è andata, adesso devo tornare a casa in macchina, che barba, ma felice, con i documenti in mano, pronto per stipulare l’assicurazione e poi contattare Enzo Crea per metterci d’accordo per condurre a casa “la piccola” e posteggiarla insieme alle altre, come tra brave sorelle.
Venerdì 20 Gennaio è il grande giorno, nulla mi avrebbe fermato, ma fortunatamente le previsione del tempo indicano si freddo ma cielo sereno. La notte sembra non passare mai, le ore sono lente ma alla fine, allo spuntar del giorno mi accingo all’avventura: autobus, aliscafo, nulla mi impensierisce!
Mi vesto pantaloni e giubbotto tecnico, borsa con calzari, sottogola, guanti, casco, saluto alla moglie e dopo tante raccomandazioni, (non correre, ti aspetto, fammi sapere…), prendo il bus per Messina e poi l’aliscafo per Reggio.
Alle 08:30(!) sono già a Reggio Calabria, telefono a Enzo Crea che mi viene a prelevare per andare in negozio. Aspetto con trepidazione l’arrivo di Enzo, il proprietario o meglio ex del V11 : -), dopo qualche caffè sento la V11 arrivare, bella e pulita, perfetta e dico tra me: “Tra un po’ ti porto in Sicilia e ci facciamo una bella traghettata”. Dopo la solita prassi: libretto, bollo, spiegazione sui comandi, etc, saluto Enzo Crea e l’amico Enzo, con i quali ci rivedremo al prossimo raduno in Sicilia dei “Guzzisti dell’Etna” e quasi timorosamente, con un nodo in gola, inizio a gustarmi il “nostro” primo viaggio direzione casa.
Non mi sembra vero, sono sulla V11 verde legnano, da sempre desiderata, e soprattutto mi aspetta una bella passeggiata verso Catania, il massimo!
Ho voglia di gustarmi ogni singolo momento, anche il fermarmi al distributore di carburante, perdere qualche minuto per le operazioni di spegnimento, apertura tappo, rifornimento, pagamento è un’emozione unica! Mi sento impacciato e timoroso come al mio primo appuntamento!
Inizio a prendere confidenza con Lei, qualche accelerata, inizio ad abbozzare qualche piega, insomma inizio a prenderci gusto. Quindi mi imbarco sul traghetto per Messina, e lì me la guardo, con quel colore che al sole sembrava ancora più splendente.
Quindi il tratto più bello l’A-18 Messina Catania, godibilissimo, soprattutto nel tratto di Taormina, il sole, il mare, l’atmosfera invernale che avvolgeva questo contesto in groppa al bicilindrico di Mandello; poi l’arrivo trionfale a Catania, con fermata obbligatoria presso l’assistenza Moto Guzzi “Aquila d’oro” che sta proprio a pochi metri da dove abito.
Ancora carico di adrenalina, faccio vedere la moto a Saverio, titolare dell’assistenza e meccanico di fiducia, il quale sua si complimenta per l’acquisto. Quindi parcheggio la V11 in garage, ancora emozionato e salgo a casa. quindi mi stendo a letto felice pensando che da oggi mi sento ancora più guzzista e con la verde legnano pronta da accompagnarmi per le mie uscite motoristiche con l’emozione che da sempre mi accompagna da quando vado in moto.
Per me acquistare una Guzzi significa comprare una moto con passione e con emozione, perche’ sai che quella moto ti accompagnera’ e condividera’ con te tante avventure, insomma ti trasmette una sensazione che non e’ la solita di chi acquista semplicemente un mezzo a due ruote, e’ qualcosa che va oltre.
Anche quando incroci una Guzzi per strada, e la guardi e sai che chi la guida in fondo ha qualcosa da condividere con te, allora basta magari un lampeggio per dire: “ Si noi siamo diversi dagli altri!”
Un ringraziamento ad Enzo Crea concessionario di Reggio Calabria, all’”Aquila d’Oro” di Saverio Mandrà a Catania, e ai “Guzzisti dell’Etna”e naturalmente un lampeggio allo staff di “Anima Guzzista”, che spero pubblicherra’ nel sito il mo racconto!

DAL TRAMONTO ALL’ALBA, DALL’ALBA AL TRAMONTO

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Di Mir

Una volta deciso che saremmo andati a Misano a vedere le prove del campionato Supertwin, io e Stefano Bonacina presidente del MotoGuzziClubMandello, Che x semplicità chiameremo Pres. , decidiamo di partire venerdì sera dopo il lavoro, e fermarci a dormire in un agriturismo sopra Forli’ a Predappio Alta, da un mio amico, e recarci a Misano la mattina del sabato per le prove.
A causa del tempo incerto , decidiamo di scendere in macchina, anche xchè in moto, ci sarebbe stato poco divertimento, vista la tratta autostradale , il poco tempo e il fatto che avremmo viaggiato di notte.

Eccoci a Venerdi’, sento il Pres. nel pomeriggio x gli ultimi dettagli, e poco prima di uscire dal lavoro, chiamo Antonio del Mandello racing, x chiedergli se aveva bisogno qualcosa , visto che stavamo x partire. L’Anto mi dice di aver mandato un MMs al Pres , con la foto di due segna fase che dovevamo portargli giù, visto che avevano avuto dei problemi nelle prove nel pomeriggio.
Vado a casa, doccia , zaino , salto in macchina e mi avvio a casa del Pres. Arrivo da lui che ormai sono le 19.00 , mentre il sole sta calando, partiamo verso Villasanta a casa di Samuele Sardi dove c ‘è l’officina del Mandello Racing. Chiamiamo Antonio, e mi faccio dire dove sono i pezzi di cui avevano bisogno , carichiamo tutto in macchina, e ci mettiamo in strada x Misano , quindi visto che bisognava esser giù il prima possibile x sistemare la moto, avviso il mio amico all’agriturismo che purtroppo non saremmo potuti passare da lui per la serata, peccato niente passatelli e cinghiale.

Acceleratore a tavoletta e la Twingo dell’assistenza al MandelloRacingTeam, sfreccia ad un max di 140 km\h lungo l’autostrada , cercando di fare il prima possibile e ripromettendomi che l’avrei portata da Scola al ritorno x fargli montare una cammes più spinta , volano alleggerito e condotti valvole allargati. Unica tappa prevista , rustichella e scorta di birre x la nottata in un autogrill di Modena alle 22.30, poi di nuovo on the road , verso la nostra meta.
Arriviamo a Misano verso la mezzanotte, dove troviamo ad aspettarci il Sam e l’Antonio, fermi sul furgone in una piazzola , ci affianchiamo e gli chiediamo “ we belle quanto volete”, risate e il Sam , ci guarda e ci dice “We Bilot Ghè dè laurà” ,siete pronti alla nottata di lavoro x sistemare la moto x l’indomani?
Subito, rampiniamo col custode che non ci voleva far passare xchè non avevo il pass x la Twingo, scarichiamo e portiamo dentro il tutto a mano, con un sorrisino stampato in faccia , e un bel Vaffa….. sulla punta della lingua, pronto a uscire. Arriviamo al tendone del Mandello Racing, ci rimbocchiamo le maniche e… apriamo le birre, brindiamo e iniziamo a lavorare, mentre Antonio tira giù la testa dx, io e il Sam , vediamo di sostituire i segna fase, levandoli dalla puleggia della cammes, con l’ausilio di seghetto, scalpello martello e un buona dose di bestemmie.
Il Pres continua a bere la sua birra, come noi del resto, e a scattare qualche foto , x documentare la serata, quando ad un tratto verso l’ una del mattino, si affaccia alla finestra della tenda un tipo che richiamato dalle martellate ci chiede se eravamo noi i responsabili del casino.
Il Sam, con l’albero a cammes in mano, annuisce e il tipo, ribattezzato “ Il Simpatia”, inizia con tono alto e aggressivo a dirci che noi dovevamo smetterla di far casino, xchè lui doveva dormire, visto che il giorno dopo aveva le prove del campionato ufficiale e doveva riposare, e se noi dovevamo far l’Amatoriale a lui non fregava niente. Gentilmente, anche se avremmo dovuto rispondere a tono, il Sam dice al tipo che stavamo sistemando la moto xchè avevamo avuto un problema e doveva essere a posto x le prove del sabato mattina. Il Simpatia, non curante delle parole del Sam, insiste nel farci smettere di lavorare, procurando in noi una certa alterazione ed aumento della pressione corporea.
Mentre stavamo già pensando al linciaggio, il Sam discuteva animatamente col tipo, io mi stavo già accingendo allo smontaggio del cardano della MAS-12 x una nobile causa, il Pres con la bava alla bocca iniziava a grugnire e l’Anto ribadiva al Simpatia che eravamo in un Paddock e non in un condominio, invitandolo ad andare a dormire in albergo, brandendo nelle mani un gambale della forcella Ohlins, prontamente smontata x l’occasione. Quest’ultimo di punto in bianco se ne va bestemmiando, tornando da li a poco con il custode x cercar di farci smettere, ricominciamo a discutere, accordandoci che non avremmo più martellato, però avremmo continuato a lavorare.
I due non erano soddisfatti , lamentandosi che non potevamo far casino e se dovevamo far rumore, saremmo dovuti uscire dal paddock, smontiamo anche l’altro gambale. Istantaneamente, mi viene alla mente la scena del film di Fantozzi quando si martella un dito in campeggio dopo aver bendato il picchetto della tenda, e corre in cima alla collina x gridare. Non ci restava altro che dar due martellate in testa al Simpatia e al custode, ma visto che siamo Guzzisti, e il nostro limite di sopportazione è elevato, scegliamo la via del dialogo, anche se questa ha rischiato di interrompersi quando ad un certo punto poche tende più in la qualcuno aveva acceso un 4 cilindri e stava sgasando.
Puntualizzando che anche il Jap stava facendo casino, il custode ci ha risposto che era fuori dal paddock, e non si è neppure degnato di andare a farlo smettere, continuando a fracassarci i maroni, finchè dopo una ventina di minuti, siamo riusciti non so come a levarceli dalle palle, senza l’ausilio di gambali, cardani o corpi contundenti simili.
Ricominciamo a lavorare, cercando di fare meno casino, riuscendo dopo qualche ora a sistemare il tutto per le prove dell’indomani, finita la birra, il Pres aveva preso possesso di una sedia, e si era messo a ronfare, rischiando di risvegliare il tipo e ricominciare a litigare, fortunatamente, non è accaduto.

Ad opera finita , l’orologio segnava le 4.00, e quasi albeggiava, quando esausti della giornata, il Sam e l’Anto decidono di tornare in albergo, x dormire quelle due 2\3 ore x riposarsi, mentre io e il Pres stendiamo materassino e sacco a pelo a fianco della MAS-12 e ci mettiamo a dormire.
Faccio x coricarmi, quando un rumore assordante mi fa pensare che avevamo lasciato acceso il compressore, ma mi sbagliavo, era il Pres che ronfava, impedendomi di prender sonno, quando all’alba delle 5.00, conscio che non avrebbe smesso e visto che il cardano era già stato rimontato, decido di mettermi i tappi nelle orecchie, e finalmente riesco ad addormentarmi, cercando di dormire un paio d’ore, prima dell’arrivo degli altri.
Mi sveglio, riposato come se avessi dormito 10 ore, mi alzo, sbaracco il mio giaciglio ed esco dalla tenda, il sole non c’è, e fa’ pure freddo, accendo il cell. e scopro che erano appena le 6.30, Maporcaputt.. ero sveglio, non avevo sonno e dovevo tirar le 7.00, quando sarebbero arrivati il Sam e l’Anto.
Inizio a girare x i paddock per far passare il tempo, incappucciato e con gli occhiali da sole, passo dal Box del Simpatia e mi vien voglia di pisciargli sul tendone, evito, proseguendo il giro e trovando da chiacchierare con un tipo, che aveva portato il figlio a correre con un KawaZ6r 600. Passa il tempo e si sveglia anche il Pres, mentre arrivano l’Anto e il Sam, ci prepariamo agli ultimi ritocchi della MAS, mentre il Pres è preoccupato che il baretto x la colazione non è ancora aperto, arriva Mauro, il pilota che dopo aver parlato con gli altri, sulla condizione della moto, si prepara alla gara.
Gli ultimi ritocchi, e arrivano le 9.30 , prima sessione di prove, che vedono Guareschi girare in 1’42, l’MGS Verde del 1000% , uscire x una rottura e la Mas-12, finire in 1’48, segnato dal trasponder del pilota, in quanto quello del circuito non aveva funzionato, non segnando il tempo.
Io e il Pres, dopo aver gioito con gli altri che il lavoro notturno aveva dato buoni frutti, e che il motore della MAS girava una bellezza lasciamo il Mandello Racing nel summit dopo prove, e andiamo a festeggiare con un bel panino al prosciutto. Andiamo a farci un giro per i paddock, soffermandoci dal Guaro x fargli i complimenti x Daytona e far due balle con lui, constatando la semplicità del suo “box”.
Passiamo inoltre davanti al box del Simpatia , e scopriamo che prima di tutto non correva lui ma il figlio, che avevano 2 R6 nuove di pacca pronto gara, con la scritta sulla carena “CAVALLI VERI” pieni di sponsor ovunque e dulcis in fundus, che purtroppo il tipo era caduto, in quanto girava x il box con un braccio fasciato, a me e al Pres scappa un sorrisino malefico e con gran “tristezza” andiamo a comunicare agli altri il misfatto.

Le prove pomeridiane, erano verso le 14.30, dopo aver pranzato, con una piada, ci rimettiamo a lavoro, Mentre il Pres e L’Anto preparano le carene, attaccando tutti gli adesivi degli sponsor, laviamo la moto, che si era imbrattata di olio, a causa di un blow-by che sfogava troppo, (scopriamo invece dalla telemetria che non era olio, ma era la bava dei cavalli imbizzarriti della MAS-12) nel mentre cercavamo rimedio, arrivano Alberto, Mauro ed Oscar, x assistere alle prove del pomeriggio, e documentare la grande presenza di Guzzoni nel Supertwin.
Purtroppo nelle prove del pomeriggio, la MAS, peggiora il tempo a causa della taratura sbagliata delle sospensioni e girando in 1.53, si qualifica al ventesimo posto mentre le due MGS, di Guareschi e Veghini, strappano un bel 1° e 2° posto in griglia x la gara del giorno dopo, girando rispettivamente in 1’42.10 e 1’42.90
Nel tardo pomeriggio, dopo aver salutato tutti e augurato in bocca al lupo ai nostri amici, io e il Pres ci rimettiamo in macchina, imbocchiamo l’autostrada in direzione nord, e arriviamo a Mandello del Lario, che il sole è tramontato di nuovo. Ci salutiamo e ci diamo appuntamento x l’indomani, visto che la domenica ci aspettava un’altra giornata Guzzista, al Porte aperte in riva al lago organizzato da Alis Agostini, x far provare la gamma Guzzi 2006, ma questo ve lo racconto un’altra volta.

La Nostra Tipica Vacanza

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AnimaGuzzista La Nostra Tipica Vacanza Tatuato Rosalba

Del Tatuato
Foto di Rosalba Gentile

Vi voglio raccontare la nostra ennesima avventura capitataci sempre perchè, in fondo, mi sento un piccolo meccanico mancato… per dimostrarvi l’ennesima volta che quello che racconto non sono mie fantasie ma reali cazzate che faccio… per cercare di riprendermi il trono da minchione che questo anno ho perso in favore di Enrico che ha REGALATO un Daytona nero… robetta. Scusate… non sono uno scrittore ma proverò lo stesso a raccontarvi…

Allora tutto comincia il giorno prima della partenza… dopo un anno veramente particolare non vediamo l’ora di partire… tutte le persone di questo mondo il giorno prima di partire che fanno???… bravi risposta esatta… PREPARANO I BAGAGLI… ma noi non siamo di questo mondo allora decidiamo di liberare un pò il frigo e preparare qualcosa per non buttare tutto al nostro ritorno… ancora ricordo le parole famose:”non ci mettiamo tanto”… alle sette di sera stavamo ancora facendo… stavamo?!?!… diciamo che solo Rosalba stava ancora lavorando dopo aver fatto la marmellata, le melanzane in tutte le sue varianti… fritte, a polpetta, impanate… due me le sono anche messe in …. per farle sparire… non mi è dispiaciuto affatto.

Ma finalmente tutti puzzolenti di fritto e di cotture varie cominciamo a preparare i bagagli… io che sono una mente fine più di Ghandi e del commissario Rex decido di andare a controllare la moto… il vero guzzista lo fà… anche se ci hai viaggiato fino a 10 minuti prima… non si sa mai cosa possa succedere durante la sosta in garage… allora è sicuramente meglio assicurarsi che tutto sia posto… anche se non sai quale è il posto giusto… ma lo controlli uguale. Tutto perfetto tranne che manca un milligrammo di olio nel motore… cosa gravissima per un vero guzzista minchia… la sua guzzi alla partenza deve essere perfetta… e io che so perfetto nella mia imperfezione, ci aggiungo un pò d’olio.

Finalmente arriva il giorno della partenza… lei mi chiede:”Posso partire con i scarponcini nuovi”… dubbio amletico… io:”ma certo non c’è problema”… puzziamo ancora di fritto al gusto melanzana… ma ora cominciano le vacanze. Siccome io sono per le partenze intelligenti decidiamo per partire alle 08:00… è Venerdì… e siccome de intelligente non me vengono neanche le partenze decido di prendere la litoranea, per non fare tutta autostrada… so una cima… de Venerdì… alle 09:00… di Agosto… prendere la litoranea è da menti superiori… l’unico piccolo intoppo è che c’è un traffico della zozza… chissà perchè… forse so tutti intelligenti come me… oppure stanno andando al mare???… ma siccome sò bono dentro penso che il tutto sia causato da una concentrazione di intelligenze superiori.

Arrivati vicino Napoli decido di prendere l’autostrada per evitare quella massa di menti superiori che affolla la litoranea… prendo er biglietto ar casello e comincio a camminare… deciso a superare Napoli e poi riuscire e fare qualche strada carina… comincio a viaggiare sui 150/160 km/h di contakm… effettivi saranno stati 130… dopo un pò sento la moto che perde dei colpi ogni tanto… strano… comincio a controllare e a stare più attento… mi guardo la moto… ma niente, sembra che vada tutto bene… mi guardo il panorama… forse è solo l’impressione… la paura… il meccanico che è in me che vuole aggiustare per forza qualcosa… l’unica cosa che mi da fastidio sono gli specchietti un pò annebbiati… dopo poco un altro piccolo strattone… e mi si affianca una moto… rallento… quello mi urla:”FAI FUMOOOOOOOOO”… cazzo non erano gli specchietti annebbiati… era fumo bianco… mi fermo alla piazzola(si è fermato anche l’altro motociclista grazie)… guardo la moto… e mi si ferma il cuore… guardo gli scarponcini di Rosalba ed er core prima ricomincia a battere e poi se suicida… TUTTO IMBRATTATO D’OLIO… dopo essermi ripreso dall’infarto ecco la frase micidiale di Rosalba:”non ti preoccupare per le scarpe, pensa alla moto”… no cazzo… NOOOOO… stè frasi buoniste noooo… insultame… mename… ma stè frasi noooo… me sento più merda di quello che sono. Controllo e vedo che l’unico problema è che la moto ha risputato solo l’olio in più che qualche minchione gli aveva aggiunto… basta svuotare la bottiglietta del recupero olio(io non ho più il filtro dell’aria e ho fatto la modifica per il recupero dell’olio) e dare una lavata alla moto imbrattata… riferisco a Rosalba della mia minchiata e lei mi risponde:”vedi non ti sei fidato di lei e lei ti ha punito”… cazzo ma il guzzista non ero io??? Rosalba comincia a saperne troppo sul guzzismo… dovrò eliminarla.

Ripartiamo e arriviamo fino al primo autogrill… dove a fronte del pagamento del pedaggio si offrono infiniti servizi… COR CAZZO… l’unico servizio per un motociclista è er bagno. Neanche un imbuto per l’olio… e un litro d’olio te costa un rene… fanculo… di una pompa per lavare un pò la moto non se ne parla. Allora decidiamo di ripartire e uscire al primo casello e andare in cerca di un autolavaggio. Usciamo a Capua e andiamo in cerca di un autolavaggio… lo troviamo lontano dall’autostrada… perchè fa più figo. Ci fermiamo e spiego quale è il mio problema, il tizio dell’autolavaggio mi risponde che non lavano le moto… io gli spiego che devo solo levare un pò d’olio dalla moto e dalle mie orecchie… lui molto gentilmente accetta e mi dice di aspettare il mio turno. Arrivato il mio turno gli dico se vuole che lavi io la moto:”non le voglio creare disturbo ci penso io”… lui:”non ti preoccupare sono un mago con le moto”… accende la lancia… e io chiudo gli occhi… li riapro e vedo lui che aggredisce la mia moto con la lancia termica alla barda spaziale de Goldrake… io:”no non si preoccupi li sotto non c’è bisogno che la lavi”… lui:”non ti preoccupare sono un mago con le moto”… io:”non c’è bisogno di lavare la strumentazione”… lui:”non ti preoccupare sono un mago con le moto”… io:”NO DIRETTO SULLO SPINTEROGENO”… lui:”non ti preoccupare sono un mago con le moto”… io:”ALLORA SPARISCIIIIIIIIII”… lui:”scusa che hai detto???”… io:”ehm… grazie può bastare così”… è stato di un gentilezza unica peccato che lui con le moto era un mago… ora sotto il sole aspetto che si asciughi l’acqua, con la speranza che la moto riparta. Intanto svuoto la boccetta dello sfiato dell’olio… cosa semplice basta sfilare il tubo, svuotare l’olio e rimettere la boccetta. La moto riparte… ringrazio il signore per la gentilezza e per avermi fatto scoprire parti cromate che non pensavo avere sulla mia CaliII… poi ora dovrebbe andare tutto bene l’olio in più è tutto uscito.

Riprendiamo l’autostrada, siamo in forte ritardo, ma siamo in vacanza. Provo la moto sembra andare bene, controllo se vedo dell’olio ma sembra tutto a posto. Dopo un centinaio di km sento di nuovo la moto balbettare… prego che non sia vero… ma purtroppo guardo in basso e vedo olio ovunque… anche sui pantaloni di Rosalba… il prossimo autogrill è troppo lontano… mi fermo ad una piazzola di sosta ATTREZZATA… DU ALBERI DE MERDA(paghi quindi hai dei servizi)… guardo attentamente la moto la boccetta dello sfiato è vuota… da do cazzo viene tutto st’olio???

Decido di tirare giù il serbatoio… che è un operazione semplice… basta tirare su la sella… che è un operazione molto semplice… basta staccare il bauletto dietro… che è una cosa molto semplice… basta sganciare tutti i legacci che hai fatto… ma quanto è semplice dire una fila di parolacce infinite. Dopo tutto stò sempliciume, tiro giù il serbatoio e vedo subito il problema… per tirare facilmente fuori la boccetta dello sfiato olio… HO STACCATO ER TUBO DELLO SFIATO DELL’OLIO… però vuoi mettere che la boccetta è asciuttissima. Il problema adesso è che non riesco ad infilare più il tubo nella sua sede con tutto l’olio e poi IL TUBO si è anche rovinato un po’. Riesco a sistemare, almeno per arrivare a destinazione, poi provvederò meglio… rimangono due problemi, uno sono quasi senza olio e due siamo di nuovo imbrattati come patatine fritte. Dei signori fermi in sosta con il loro camper ci vengono in soccorso e recuperiamo dei tovaglioli di carta per togliere almeno un po’ di olio e decidiamo di ripartire per arrivare fino all’autogrill… sono con pochissimo olio ma non possiamo restare lì.

Arrivati all’autogrill compro un litro d’olio in cambio gli lascio un polmone, due denti d’oro e una sorpresina Kinder… che servizi… metto l’olio con un giornale arrotolato… l’imbuto è da fighetti. Decidiamo di ripartire ed uscire al primo casello per trovare un autolavaggio… c’è chi gira per i musei, chi per le montagne… a me e Rosalba piace girare gli autolavaggi di Italia… tutti hanno una loro caratteristica e se non lo fate anche voi almeno una volta nella vita, non potete capì che ve perdete. Arrivati all’autolavaggio chiedo se è possibile lavare la moto… mi rispondono di si… io:”non si preoccupi la lavo io”… lui:”mi dispiace ma l’addetto sono io e solo io posso usare la lancia”… MA CHE CAZZO… ma sò capitato in un mondo parallelo dove tutti sono gelosi de sta cazzo de lancia… come se fosse un simbolo fallico… cazzo ma proprio per quello prestalo… io il mio simbolo lo darei in mano a tutti… io:”guardi solo una pulita alla ruota e al freno”… lui:”fidati”… intanto prende la boccetta di un prodotto, la sta per spruzzare sopra la moto… faccio in tempo a metterci la mano davanti che lui dà una spruzzata… io:”FERMAAA… AAHHHHHH”… che cazzo di dolore, me sembra che me se stà a dissolve la mano… corro a lavarmi le mani… torno e lui mi ha spruzzato tutta la moto cò stò prodotto importato da Plutone… lui:”Devi stare attento questo prodotto è una bomba”… lo volevo uccidere… ma anche lui imbraccia la sua poderosa arma, scettro del potere e comincia a lavarmi la moto… ce mancava solo che ce lanciava due lame rotanti…

Alla fine del lavoro il risultato è stato che… la moto non era più sporca d’olio… che ho i copri testa color ferro zincato(ora si che ho un vero cancello)… e che me s’è persa la vite del parabrezza(ma come cazzo ha fatto a svitare una vite dal parabrezza che non doveva neanche lavare)… me ne vado… ma mi devo fermare subito perchè er parabrezza non parabrezza più… vibra e basta… trovo uno che fa impianti GPL gli chiedo una vite e stringo il parabrezza… riparto ma per paura che il tubo non regga non tiro tanto… dopo diversi autolavaggi veramente caratteristici, 29 euri di autostrada… anzi di servizi, 50 di benzina e 250 euro di acqua e Gatorade (cazzo che caldo faceva!) arriviamo a destinazione.

Dopo diversi giorni di riposo, rismonto la moto, sistemo la bottiglietta con nastro isolante e uno straccio Vileda… perchè quello de Dolce e Gabana era finito… in modo che se perdiamo un pò d’olio non ci crei dei problemi… l’accendo… tutto a posto… spengo… chiamo Rosalba per andare a mare, accendo la moto e va uno… che simpatico diversivo… la paura mi assale… ma fortunatamente è solo una candela incrostata da tutto l’olio finito nel cilindro passando dai filtri del carburatore… Il giorno prima di partire mi ritrovo completamente la moto incartata con la carta igienica… gli amici sono previdenti e delicati… magari così non sporcavo in giro le autostrade italiane…

Ripartiamo per casa e l’ultimo colpo me lo dà Rosalba sull’autostrada… come controllo sicurezza faccio alzare, ogni tanto, la gamba di Rosalba e guardo lo scarponcino… pulito!!! nessun problema… viaggiavamo a velocità fissa per non sforzare la moto… ma ad un certo punto si fulmina la lampadina del contakm… era ancora quella originale ma era cosa buona e giusta che si rompesse in quel momento… ero troppo attento a guardare la velocità, ora non vedo più la velocità ma vado ad orecchio… dopo un paio di parolacce sento Rosalba che mi chiama… rallento… lei:”BUTFSGUDJIOAO”… io:”che hai detto???”… rallento ancora… lei:”BUTTAFUORI”… cazzo mi fermo di botto bestemmiando… cazzo se lo dice lei sta buttando fuori tutto l’olio… mi fermo alla piazzola… scendiamo e comincio a guardare la moto… ma niente olio… io:”Rosalba che c’è???”… lei:”pensavo che avessi capito?!?!” io:”Che cosa???”… lei:”Devo far registrare BUTTAFUORI, il programma che fanno su Raitre, da mio padre”… sorriso… parolaccina… e si riparte.

La morale è sempre la stessa… la nostra Guzzi riesce sempre a riportarci a casa, nonostante le mie minchiate… sono un vero minchia!!!

Il valore delle “cose”

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Di Marco D’Anella

L’ho sempre pensato ed ora ne sono ancora più convinto che le “cose” che ci appartengono ed a cui siamo legati hanno un valore intrinseco che va al di là del loro valore strettamente commerciale, in particolare per me, anzi noi (la mia famiglia tutta), la Moto Guzzi V65 di mio fratello.

Chi di voi mi conosce meglio infatti sa che ho perduto mio fratello 21 anni fa proprio in sella alla V65 che da allora custodisco in maniera maniacale e resterà a dispetto delle leggi sempre sua.

Quello che sto per raccontare diciamo che ha del grottesco, pur tuttavia ha provocato in me un disagio che mai avrei potuto immaginare.

Mio cognato, ragazzo aspirante Guzzista di soli 25 anni, martedì scorso prende la moto per andare a sostenere l’esame della patente. Dopo le prove di rito, ottiene immediatamente l’agognata tesserina (ah come cambiano i tempi..) e felice felice se ne va a zonzo per due giorni scorrazzando per mezza provincia.

Il venerdì vado per prendere la moto e immediatamente mi salta all’occhio che manca il fianchetto destro!

Sono immediatamente pervaso da una sensazione di sconforto mista ad incredulità, prendo il telefono e comincio a chiamarlo sperando di sentirlo dire che lo ha tolto e appoggiato da qualche parte ma la sua risposta è laconica: “Quale fianchetto?”.

A quel punto ha capito che bisognava intervenire subito per porre rimedio e già il sabato mi sono attivato in tutti i modi per reperire il pezzo.

Concessionari, amici, mercanti di pezzi usati, (trovate il post anche nel mercatino) insomma era come se mi mancasse un braccio…

Con il passare delle ore, pur collocando il fatto nella giusta gerarchia (in fondo è una ca..ata rimediabilissima) non mi scrollavo di dosso la sensazione di aver fatto una cosa brutta, in altre parole di non aver custodito a dovere la moto.

La mattina di domenica mi sono alzato di buon ora ed ho svegliato mio cognato.

“Vieni con me e ripercorriamo tutta la strada che hai fatto, dobbiamo ritrovarlo”, queste sono state le mie parole e lui un po’ assonnato ed un po’ esterrefatto (ha provato a dire: “Ma ho fatto un sacco di km e poi è come cercare un ago in un pagliaio e….”) si è accomodato in macchina e siamo partiti. Mentre andavamo con andatura adagia e percorrevamo i km, un pensiero ricorreva nella mia mente: “Non può finire così, non deve finire così”, quando ad un tratto dopo circa 40 Km, nel centro di un paesino la mia tenacia è stata premiata, adagiato su un lato della stradina di pavé, eccolo, lo vedo e sembra come un miracolo che sia stato per ben cinque giorni lì ad aspettarmi.

Era un po’ malconcio a causa di qualcuno che c’è passato sopra ma a mezzogiorno era già stato riparato ed era di nuovo al suo posto sul lato destro della moto.

Quanto vale per voi un fianchetto di plastica?

Meditazioni di viaggio

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Di Nonno Ennio

Domenica di giugno, le tre del pomeriggio, più o meno. Autostrada Aosta-Santhià. Il vento ti arriva addosso di traverso e ti fa sbandare. Impossibile tenere la velocità che avevi preventivato. Ti fermi a fare il pieno e mandi un sms alla dolce (?) metà per avvertire che farai più tardi del previsto e pensi che, all’arrivo, avrà il muso lungo. E ti chiedi chi te lo fa fare, soprattutto alla tua età over sessanta, di andare a cercare i raduni più lontani.

Come ti salta in mente di metterti in sella il venerdì mattina e farti una dozzina di ore di viaggio, in assoluta solitudine, per andare ad incontrare gente mai vista prima a quasi 900 km da casa? E poi rifare la stessa cosa, in direzione contraria, quarantotto ore dopo, con in più gli strascichi di due notti in cui hai dormito pochino e di una serata passata a tirare tardi e bere birra insieme ad altri motociclisti.

Già, chi te lo fa fare? Ovviamente nessuno. Te lo fa fare forse il pensiero che, magari, la pianura padana non sarà la Desert Valley e che il tuo California non sarà l’Electra Glide ma l’emozione di stare in sella ad una moto per andare finché la voglia ti spinge è proprio la stessa, a qualsiasi latitudine, in qualsiasi paese. Te lo fa fare il piacere sconfinato di arrampicarti (con calma, senza dover piegare a tutti i costi) su per i tornanti del Gran S. Bernardo con la neve ai due lati della strada e l’occasionale marmotta che non si sposta più di tanto al tuo passaggio. Oppure l’improvvisa folata che ti arriva alle narici con il profumo del fieno tagliato di fresco in una vallata svizzera.

E poi – perché non confessarlo? – ti spinge quel sottofondo di esibizionismo che ti fa sentire diverso da tanti, che ti fa sentire una punta di orgoglio quando ti guardano con un po’ di invidia quelli che sanno che non ci riuscirebbero mai, a farsi tutta quella strada. La stessa punta di orgoglio che provi quando il ragazzino che ti vede arrivare davanti all’autogrill tira il babbo verso la tua Guzzi e gli fa notare, con la meraviglia negli occhi, che è proprio grossa, e che c’è l’autoradio ed anche il navigatore satellitare. Sì, non è un’Harley e neppure una BMW ma ha tutto e mi ha sempre portato dove volevo senza mai lasciarmi per strada. E sicuramente c’è anche qualcosa in più che mi spinge sulla strada, ma vallo a capire!

Resta solo il fatto che, se pure, verso la fine del viaggio, quando sembrava che casa tua non arrivasse mai, hai maledetto il momento in cui hai deciso di partire, ti basta una notte di riposo per cominciare a fare i piani per la prossima uscita. E ti dici che, in fondo, questa volta saranno poco meno di ottocento, i chilometri da fare, per arrivare in Germania. Ben cento in meno della volta scorsa. Roba che, quasi quasi, invece di partire il venerdì, ti potrebbe bastare partire il sabato e tornare la domenica!

Nonno Enio
California 1100 (carb) ’96 “Italian Eagle”

Con la Guzzi nel cuore

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di Daniela “Mayer” Manzotti

Qual è stato il motivo che mi ha fatto innamorare della Moto Guzzi?

Perché deve esserci un motivo per innamorarsi di una moto?

Perché si cerca sempre di trovare l’inizio di una fedeltà verso il marchio che da una vita è nella storia dell’Italia?

E’ difficile riuscire a spiegare cosa ti spinge a preferire una bicilindrica rispetto ad un’altra moto, spesso si dice che è una questione di pelle, qualcosa che hai già dentro e che cresce insieme alla tua vita.

Forse è il desiderio che ti rimane dentro quando, poco più che bambina e digiuna di motori, vista una California hai detto : <<…da grande voglio QUELLA moto…>>.

Forse è l’avere avuto un padre vespista – 180.000 km di strada con due Vespe – ma nel cuore guzzista convinto, che aveva gli occhi che brillavano di passione quando mi presentai sulla mia Breva nuova…mica una moto qualunque! Penso che gioia per lui aver scoperto che anche Dio viaggia su una Guzzi.

Forse è avere uno zio che, beato lui, ha posseduto un Galletto ed ora a 70 anni, con gli occhi umidi, mi dice : <<…metti in moto, che voglio sentire il suono della belva…>>.

Forse è ascoltare una vecchia signora parlare di tempi passati popolati di Guzzi, del fatto che anche lei le usava, dell’amato fratello volato via con la sua Guzzi, di un padre autoritario ma che sul serbatoio della sua 500 monocilindrica orizzontale l’aveva portata a vedere una gara e lì – bambina di 8 anni – aveva ricevuto un “buffetto” da un certo Tenni.

Forse è che quando dici Guzzi non c’è bisogno di precisare il modello, perché una Guzzi è una Guzzi…e basta.

Forse è che quando sei su una bicilindrica tutti ti chiedono come ti ci trovi, quanto ci viaggi, coma va, ma poi…ti chiedono posti da visitare, luoghi dove fermarsi a mangiare e ti diventano subito amici?

Forse perché non è la moto di tutti e quanto hai un’aquila ti senti e sai di essere un privilegiato, un essere superiore, alla faccia di tutti quelli che smanettano e si mettono in mostra con le loro moto.

Forse…forse…forse sono solo affascinata e di parte e per me Guzzi è bellezza, storia, italianità (anche all’estero la riconoscono TUTTI).

E‘ stata e sarà la moto di un piccolo mondo esclusivo, ma amo questo mondo che non segue le mode, che non ha la due ruote perché fa tendenza, che non cambia moto ogni anno perché la nuova è più figa.

Per finire, cosa può rappresentare meglio una Guzzi se non il suo marchio?

Un’aquila con le ali spiegate, un rapace fiero e con potenti artigli, forte di volare più in alto degli altri e di una vista acuta che sembra immobile nell’aria ma quando vede una preda diventa un “bolide” in cielo : proprio un bell’abbinamento…più mito di così !

Quando i Ricordi

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di Nonnoenio2000
Quando i ricordi si allungano nel tempo.

La mia casa era l’ultima della via, una via ovviamente non asfaltata. Poco più in là quella strada si trasformava in un sentiero che si infilava fra i canneti e conduceva al greto del fiume. Sul fondo di ghiaia di quella strada noi ragazzini giocavamo a pallone oppure a “pindolo”, un gioco strano a metà fra il baseball ed il tiro a segno. Avevo forse dodici anni e la guerra era finita da un decennio ma ancora si avvertivano le sue conseguenze. Soprattutto nella disponibilità di denaro. La certezza di uno stipendio regolare rendeva
benestante, nella considerazione dei vicini, anche la famiglia di un operaio ferroviere ma, se si saliva un po’ nella scala delle professioni, le differenze di reddito familiare diventavano spesso barriere insormontabili. Per molti di noi le due ruote della bicicletta erano l’evasione dal quartiere: ci facevamo anche trenta chilometri in un pomeriggio pedalando su bici pesanti e dure pur di avventurarci sulle colline e in mezzo alla campagna. Giocavamo a pallone sulla ghiaia, come ho detto, e nessuno voleva –
comprensibilmente – fare il portiere: chi poteva essere tanto incosciente da tuffarsi su quel letto di sassi aguzzi per evitare un gol?

Quell’incosciente, con le ginocchia eternamente sbucciate, chissà perché, ero io, anche se, a volte, mi distraevo e Giancarlo mi infilava un gol approfittando del fatto che la mia attenzione era stata deviata dal rumore di un motore. Il dottore che abitava nella villetta d’angolo aveva un “Galletto” ma non era quello il rumore che mi faceva scattare qualcosa dentro: troppo modesto, troppo educato. In fondo il “Galletto” era una moto da famiglia; unica moto ad avere la ruota di scorta così che ci potevi portare la moglie (o la fidanzata) e non rischiare di restare per strada per colpa di una banale foratura. No, quello che mi faceva girare lo sguardo di colpo era ben altro rumore. Pochi anni prima sarebbe stato il battito rallentato di una moto massiccia, enorme, abbandonata da qualche militare americano magari perché sembrava troppo difficile da riparare, abbandonata chissà dove e recuperata chissà come dal cugino di Giancarlo.

Quando la tirava fuori dal cancello di casa noi bambini ci fermavamo a rispettosa distanza, guardando con una punta di timore la testa piumata dell’indiano applicata sulla punta del parafango anteriore, e non ci perdevamo un solo attimo del cerimoniale della messa in moto: la regolazione della levetta dell’anticipo, il “cicchetto” al carburatore, un paio di giri a vuoto della pedivella con il “clic – clic” del ritorno e poi quel gesto che ci era diventato così familiare e sembrava quasi un momento di un balletto: quel salire in alto di tutto il corpo, appoggiato su un solo piede alla stessa pedivella, per poi scendere con forza mentre il primo tossire della marmitta ci teneva con il fiato sospeso. Si sarebbe trasformato, quel tossire esitante, nel pulsare regolare oppure si sarebbe spento quasi con un sospiro di rassegnazione?

Il più delle volte ci nasceva un sorriso a sentire la macchina che prendeva vita e rimaneva lì, col suo “tunf – tunf” in attesa che il cavaliere si riparasse il volto con gli occhialoni e poi salisse in sella. Ma questo accadeva anni prima. A dodici anni l’Indian era sparita, finita chissà dove insieme al cugino di Giancarlo ed il rumore che mi faceva distrarre era ben altro. Non era più il pacioso, cupo battito del bicilindrico americano e non era ancora un ruggito ma aveva una tonalità più secca, più grintosa. Lo si sentiva arrivare da lontano e cresceva man mano che si avvicinava. E poi, di colpo, eccola lì che ti passava a poche decine di metri e facevi appena in tempo a cogliere una visione fugace del motociclista leggermente chinato in avanti con le mani strette sulle manopole ed i capelli scompigliati dal vento. Non era la figura avvolta da un lungo pastrano con la sciarpa avvolta intorno al viso e svolazzante sopra le spalle che Fellini avrebbe più tardi trasformato in una icona in “Amarcord”.

No. Questo aveva una giacca di pelle nera ed un fazzoletto che gli copriva il viso fino al
naso. Ma poi che cosa importava sapere chi fosse o come si vestisse? Quello che importava era che, in basso, di fianco al motore ci fosse quell’enorme disco del volano, rosso e cromato – scherzosamente chiamato l’affettatrice – che girava vorticosamente. Ma soprattutto importava che sul serbatoio ci fosse quell’aquila con le ali spalancate, la stessa aquila che campeggiava sulle carene che vincevano il mondiale in quegli anni. Pochissimi anni dopo, insieme al misterioso motociclista che passava così spesso in quel quartiere, avrei tradito quell’amore per l’aquila e l’avrei sostituito con i due cerchi legati dalla scritta “Gilera”.

Ma come si faceva a restare indifferenti al ringhio di quel motore stranamente battezzato col nome di un satellite lontano e silenzioso: Saturno? L’aquila, improvvisamente, sembrava avere ripiegato le ali incapace di fronteggiare le vibrazioni di quel suono prepotente. Ed anche in pista ormai c’era ben poca gloria da raccogliere. Le immagini di quegli anni erano sempre le stesse: il “Duca” Jeoffrey e Libero Liberati affiancati nella piega di una curva, le carene quasi a contatto, a giocarsi la vittoria. E su quei gusci a forma di uovo, al posto dell’aquila c’erano quei due cerchi parzialmente sovrapposti. Più tardi la passione fu assorbita dal dualismo Benelli-MV abbinato a quello Paso-Ago e l’aquila sembrava essere definitivamente sparita. Ma il seme guzzista piantato nella mia infanzia aveva evidentemente una scorza non indifferente. Un giorno d’estate, alla fine degli anni ’60, l’amico Luciano un giorno mi arriva in sella ad un V7 bianco e lì la vecchia attrazione si rivela fatale. Mi è toccato aspettare un bel po’ di anni prima di poterla soddisfare – all’inizio del 2000 – ma, in fondo, gli amori facili durano poco. Ed invece credo proprio che quella creatura nera coi filetti bianchi che, fra qualche settimana, nel mio garage, sostituirà quella rossa e nera del mio ritorno sotto l’ala dell’aquila, troverà un compagno fedele dispostissimo a soddisfare la sua voglia di chilometri di asfalto, in sole e pioggia, in freddo e caldo finché ……………… la vecchiaia non ci separi.

Il Decimo Incantesimo

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di CinCin

Le previsioni meteo non erano certo delle migliori, quel pomeriggio.

Le stava trasmettendo la radio a valvole e lei ascoltava sonnecchiosamente rannicchiata sul vecchio divano spelacchiato del salotto, avvolta in una coperta di lana, ereditata dalla sua bis-bis-bisavola, che presentava democraticamente un eguale numero di buchi tra quelli dell’antica lavorazione all’uncinetto e quelli delle tarme.La scopa di saggina, era lì, pronta già da qualche giorno, con il sacco pieno di carbone e dolci che avrebbe dovuto consegnare tutti in una notte, perché il magico mezzo di trasporto funzionava solo un giorno all’anno.La guardò pigramente, poi altrettanto lentamente alzò gli occhi verso il cielo, grigio e per nulla invitante.”… e con questo è tutto. Grazie e buonasera”, quel presentatore con la voce da ranocchio, aveva giocato i soldi dell’università del proprio figlio in una partita a poker, il mercoledì scorso.Lei pensò: “Carbone”, spegnendo la radio.

Aveva solo ancora un “incantesimo festeggevole” dei dieci a sua disposizione, prima dello scadere del 6 gennaio. Poi fino al 24 dicembre prossimo, più niente.

Il primo era stato bruciato subito la sera della vigilia precedente: l’aeroporto era stato del tutto ripulito dalla neve (“Un miracolo!!” dicevano tutti, meravigliati) e quel padre aveva potuto tornare a casa dalla sua famiglia, in tempo per aiutare la propria compagna a mettere i regali per i suoi figli sotto l’albero. Ricordava ancora il loro sorriso dolce, quando lei aveva aperto la porta. “Ma.. come hai fatto? Era tutto bloccato!!… Bentornato!” e lui “Non sanno spiegarlo… vediamo domani al telegiornale. Sarà stato Babbo Natale!!”

Guardando nella sua sfera di cristallo, lei non si era offesa più di tanto: “E’ dagli anni trenta che quel simpatico ciccione vestito di rosso e con la pancia piena di birra, mi frega la vigilia… ahah! Bene ragazzi, domattina i vostri bimbi vi abbracceranno e passerete una bella giornata insieme” e se la rise, perchè non si arrabbiava mai.

Il secondo era servito a riappacificare qualche migliaio di coppiette che avevano litigato nei mesi precedenti ma che desideravano profondamente vincere il rancore e le ripicche, per finire l’anno in serenità.

Il terzo, il quarto ed il quinto erano serviti per far trascorrere un buon Veglione a milioni di persone. Ce n’erano voluti tre, per i troppi fusi orari: “Uno ogni otto ore, potrebbe bastare” aveva pensato.

Purtroppo il mondo aveva in sé troppa infelicità e lei aveva calcolato male, per cui non tutti si erano divertiti.

“L’anno prossimo ne uso quattro: uno ogni sei fusi orari. Speriamo che vada meglio”.

Con il sesto ed il settimo, aveva tentato di rendere più buona un po’ di gente l’anno successivo, ma anche questa volta era andata male.

“Ci proverò sempre, comunque”.

Era una gran testarda.

Per fortuna.

L’ottavo era servito per dare del buon sano (tanto) sesso a Capodanno: un’elargizione di felicità in formato globale. Per fortuna ne bastava uno solo, il resto era semplicemente amore o desiderio, o anche solo una gran voglia di divertirsi.

“Funzionassero tutti così bene, sempre…” sorrise. Era la più giovane della sua categoria, e le altre – più vecchie e ciniche – le rimproveravano sempre di usarne uno per quel motivo, considerato inutile, praticamente uno spreco.

Lei rispondeva, sorridendo: “Sì, sì. Pensate pure che sia futile. Ma se ognuna di noi riservasse un incantesimo al buon sesso, sarebbero tutti più tranquilli e sereni… e ne dovremmo usare molti meno per risolvere gli altri problemi”…

Il nono, come da tradizione, dava pace, serenità e armonia. Inoltre per qualche giorno permetteva di poter sopportare senza troppi problemi parenti fastidiosi, cene o pranzi noiosi e, soprattutto, di offrire una buona digestione, in caso di cuoche non troppo esperte. Era un incantesimo obbligatorio.

“Ok, è quasi l’ora. Ne ho ancora solo uno”.

La regola era che uno dei dieci, generalmente l’ultimo, venisse riservato a se stessi. Era il premio, il bonus. L’unica forma di pagamento per le Befane di tutto il mondo. Bisognava pensarci molto bene, formulare bene le parole.

Lei, ingenuamente, il primo anno l’aveva rovinato chiedendo per sé soldi e nient’altro. Ma aveva perso i veri amici, gli unici che non si possono comprare e alla fine anche i soldi erano finiti.

Il secondo anno aveva chiesto un bell’uomo. Ma la richiesta era stata troppo generica e sulla sua strada era capitato un bellissimo e muscolosissimo uomo abbronzato che, però, non aveva mai letto libri, né era mai andato a teatro, parlava solo di palestra ed esercizi, e non amava il sesso, né la buona cucina e non riusciva a distinguere un brano di Mozart da una canzoncina dello Zecchino d’oro. Aveva avuto conferma della sua totale inutilità quando aveva scoperto che non sapeva fare nemmeno le pulizie di casa e non amava viaggiare. Insomma, un intero anno chiusa in casa ad annoiarsi.

“Quest’anno non posso sbagliare. E’ già il terzo: non oserei più guardare in viso le mie colleghe”

Scrutò ancora il cielo, plumbeo, la scopa di saggina, il sacco dei regali per i buoni ed i cattivi. Si scervellò per qualche minuto ancora e, alla fine, con il sole nel cuore, decise per qualcosa che le avrebbe dato felicità, viaggi continui, amicizie, buone mangiate in compagnia, qualche birretta scherzando e ridendo, la possibilità di raggiungere luoghi per ascoltare musica. Magari anche sesso (non si sa mai).

Sorrise e solennemente pronunciò il decimo desiderio, sapendo che – questa volta – sarebbe stata la scelta giusta.

“Una Guzzi”.

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