By Antonio “Bicilinder”
Ma cosa ci facevo, verso la metà degli ottanta, poco più che vent’enne, con la mano sulla fronte per ripararmi dai riflessi della luce, appoggiato ad una vetrina di un negozio che vendeva moto in Milano? Era nella zona dove si teneva un tempo la fiera di Sinigallia … ma non ero lì per caso. Non ricordo, non riesco proprio a ricordare, quale evento, quale apparizione o esperienza o cos’altro, mi spinse a cercare negli annunci del settimanale “Secondamano”, una Moto Guzzi California 2. Ne trovai una proprio lì, vicino a quel mercato di vecchie cose che già da tempo frequentavo. Era esposta in primo piano, bianca, bellissima.
E’ una cosa piuttosto strana perché le mie radici motociclistiche erano di ben altro genere.
Verso la metà degli anni settanta, mio cugino, circa ventenne all’epoca ovvero col doppio dei miei anni, aveva messo in piedi, in una cascina del sud milanese nella quale vivevamo, quello che oggi mi verrebbe da chiamare un “circolo culturale”. Tutti i fine settimana si trovavano in una quindicina nella “Rimessa” dell’azienda agricola, fra un trattore e l’altro, spesso con morose la seguito, a smontare, rimontare, modificare, elaborare e testare nei campi e nelle sterrate, le loro motociclette. Si trattava esclusivamente di moto non stradali. Il termine “enduro” non era ancora stato coniato. Parliamo di moto da cross e da regolarità.
Erano tempi nei quali il “GS” era un KTM, rosso, blu o bianco. C’erano poi i Maico, le Moto Villa, le Gilera Elmeca e i Fantic. Un tale aveva addirittura una Zundapp 125 da regolarità. Me ne stavo lì a guardare i “grandi” alle prese con le loro moto. A volte penso che il fumo di miscela che ho respirato in quel luogo, per me affascinante, ancora adesso mi annebbi i pensieri e mi fa comodo pensare, quando ragiono col c…, quando ragiono poco, che in parte non sia colpa mia ma una conseguenza di tutta la nebbia che si è evidentemente depositata ai tempi attorno al mio permeabile cervello.
Ad ogni modo, era difficile per me “vedere” una moto che non avesse i tasselli sulle gomme o che fosse dotata di frecce. Solo mezzi trasgressivi, randagi.
Proprio in considerazione di ciò, trovo ancora oggi difficilmente spiegabile come possa, non molti anni dopo tutto sommato, essere stato attratto dal “California”.
Veniamo così ad una precisazione: io non sono Guzzista ovvero non lo sono nel senso che non ho mai provato un amore viscerale per il marchio tout court. Non fosse per Lei, evidentemente “randagia” ai miei occhi, non sarei Guzzista.
E non è l’unica Guzzi che mi piace sia chiaro. Considero ad esempio il V11 la Guzzi più bella.
Sta di fatto che, qualunque cosa fosse, gli stessi stimoli, li provai anni dopo per la 1100 che poi presi. Si, parecchi anni dopo: quella bianca nella vetrina rimase un sogno. Da un lato costava parecchio, dall’altro, soprattutto, quella inspiegabile attrazione era contrastata da quelle mie origini motociclistiche che mi portavano ad identificare in una enduro anni ’80 la più naturale o forse “comoda” evoluzione.
Il seme però non morì. Rimase latente e quando le “condizioni ambientali” lo permisero, germogliò rigoglioso.
Nel lontano 2010, nel mio messaggio di presentazione in questa bella Comunità, con queste parole spiegavo la mia scelta. A distanza di anni e quasi 180milakm percorsi, riconfermo tutto:
“…Perchè Guzzi California? Perchè le altre moto arrivano passano e se ne vanno, lei resta. Perchè può essere la moto della vita, o ti piace o non ti piace. Se ti piace ti piacerà per sempre. Perchè a mio avviso è uno stile di vita. Fuori dalle convenzioni, dalle mode. E’ una custom ma non di quelle per andare al bar e basta. E’ turismo. Non è un purosangue dello
0-100, è un mulo, una compagna di viaggio…”
Ciò che invece non avrei mai potuto immaginare è che grazie a questa moto sarei entrato a far parte di un bellissimo gruppo di motociclisti appassionati, quelli di “Anima Guzzista”.
Senza di lei mi sarei perso un pezzo di vita importante.