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Millepercento Store e… Scighera!

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di Alberto Sala

foto di Alberto Sala e Millepercento

 

AnimaGuzzista Maestri Millepercento Store __020

Milano, quartiere Isola, maggio duemilaquattordici

Metti un nuovo negozio, curato e fatto bene. Con dentro motociclette. A due passi da via Thaon di Ravel, la via motociclistica milanese. Ah, ho capito, allora le moto saranno Harley, oppure Triumph. Fighette.
E invece le moto sono Moto Guzzi, ma non solo. Sono Moto Guzzi e Millepercento. Ma non solo. Sono Moto Guzzi, Millepercento, e Rossopuro. Quindi… porcatroia!
Volevo dire: piuttosto degno di un certo qual interesse, nevvero Lamberto?
Siamo all’angolo tra piazza Lagosta e via Trau. Due vetrine belle calde, con tanto legno, un Big Bore, due Alba, due V7 personalizzate, una scrambler serie piccola da semiurlo, una Scighera. Ma cusa l’è la Scighera?!?
Spèta, andèm in ordin.

“Non vogliamo vendere moto ai milanesi, ma vendere moto al mondo”. Questa la sintesi del pensiero di Stefano Perego, titolare di Millepercento. Mantenendo la sede principale in piena brianza velenosa, soprattutto per la parte di rivenditore autorizzato Moto Guzzi, Millepercento per le sue special apre un nuovo negozio nel quartiere Isola di Milano, che era già bello ancor prima che catalizzasse l’attenzione degli amanti delle due ruote. Il posto giusto per le moto non di serie, per quelle fatte a mano, uniche o in tiratura limitata. In più un po’ di contorno fatto di accessori, abbigliamento e altre cosucce carine col sottofondo eco-friendly come gli orologi in legno WeWood, le scarpe Hey Dude, le bici elettrice Wayel e il negozio stesso che è pensato secondo i dettami del rispetto dell’ambiente.

Ma veniamo alla Scighera; non la nebbiolina brianzola ma un gran bello e inedito agglomerato di ferro come piace a noi: cattiva corta e raffinata, disegnata da quello che ben sappiamo quanto agglomera bene; insomma la “special col botto” giusta per partire alla grande e strappare l’applauso.
Dopo la presentazione di Riccardo Biffi, responsabile del negozio, e di Stefano, è il momento di togliere il velo rosso alla nuova creatura, frutto del desiderio di creare una “nuda” su base Alba, non semplicemente come pezzo unico ma come moto omologata e “di serie”, quindi special però mica una sola, ecco.


E siamo di fronte a una moto dalle linee inequivocabilmente in puro stile Filippo Barbacane. Nel senso migliore del termine: curata ed armonica come sempre, corta e caricata in avanti, appartenente alla sua “corrente interna” di moto non appariscente e creativamente esagerata come una Bellerofonte ma semplicemente personale e “fatta bene”. Non ti fa urlare di botto ma ti conquista man mano che l’assimili. L’urlettino di gaudio e tripudio lo levi per la soluzione inventata per le prese d’aria di raffreddamento, qui ben integrate nel serbatoio e nel sottocoppa (con il radiatore spostato in basso sotto al cambio), per il codino che per quanto un po’ ricordi quello di una Speed Triple resta molto ben fatto e particolarmente piacevole sia nella vista laterale che in quella posteriore, fatto salvo una certa impressione per lo spigolo vivo finale; per i soliti dettagli maniacali da orologiaio farmacista col bilancino dell’orefice come il sistema di aggancio dei due semimanubri che faranno rosicare in Rolex, o il cruscotto sostanzialmente inesistente visto che l’unico strumento (bello ed essenziale) è di fatto annegato nella curatissima piastra superiore di sterzo; nei cerchi Borrani con quei raggi ciccioni da acquolina in bocca come gli spaghettoni al sugo, e vado avanti in uno dei periodi senza interruzione più lunghi della storia passando dal taglio del parafango posteriore come un mantello svolazzante, alla scelta di pittare di nero la forcella Ohlins (che quel giallo non può stare su tutto), allo scarico sinuoso come una murena, al faro allungato in avanti come avesse fretta di far strada, alle frecce agli estremi delle manopole che ti strizzano l’occhiolino… più il resto ereditato da Alba: il suo telaio che la rende la Guzzi monobraccio più corta, i luccicanti attacchi delle pedane e i comandi a pedale. Forse al serbatoio manca qualcosa. Magari solo il logo. E magari chissà che più avanti Filippo mi ridisegni i coperchi teste del quattro valvole. Unico dettaglio un po’ ridondante, i collettori di aspirazione.


“Sono partito dal faro posteriore di Alba. Da lì ho disegnato il codino, eppoi tutto il resto. Poi, alla fine, ho buttato il faro. Non disegno prima, io lavoro così, sulla moto”. Un rapporto fisico con la materia, che richiede più tempo ma francamente, visti i risultati, io sarei per lasciare a Filippo tutto il tempo che vuole.
Apro una piccola parentesi citando anche la scrambler su serie piccola che mi strappa qualche urletto di piacere. Che stile. Come fa con le sue caffè racer, anche questa scrambler spazza via tutta la pletora di scrambler banali e scontate che pullulano la rete. Trovo che uno dei suoi assi nella manica siano le selle. Le sa disegnare proprio bene. Tutte. E ti verrebbe da partire con disquisizioni su quanto conti il dettaglio o quali ingredienti servano per fare una bella moto… facciamo anche no e mi gusto questo bello spettacolo senza tante balle.
Esco fuori e mi soffermo sulla Big Bore esposta fuori. E’ bianca, mi sembra la su colorazione più bella e mi verrebbe da saltar su e sparire su quel razzo in direzione Poseidon. Mi porterebbe in un paio d’orette e chissà cosa farebbero quel paio di pistoni grandi come fornaci sulla Scighera.
Sì, gran bel negozio!

 

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