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Piero Pomi

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Colnago e Piero Pomi a Monza nel 1957
di Vanni Bettega

La moto ferma sul cavalletto scandisce il suo minimo.
Il minimo è come un prestigiatore che ti mostra il gioco lentamente, per spiegartelo bene: “Ecco, adesso fffft aspiro, poi tappo le orecchie,spingo forte e pum!! Dai che riproviamo!!” Ecco, adesso fffft…”
Questo discorso lo sento fare migliaia di volte, mentre guardo il volano della Sport 15 del Cechin tulèe, il lattoniere.
La moto la lascerà accesa tutto il giorno, per sfottere il Giorgio macellaio che ha la bottega qui di fronte, perché lui ha la Gilera 4 bulloni che il minimo non lo tiene per niente.
Questi sono i primi ricordi che ho della Guzzi.
Io abito sul lago, mi piace pescare e sto appunto pescando presso casa mia, in corrispondenza della curva di Morcate, la curva più brutta di tutta la litoranea.
Sulla Statale non passa nessuno. A un tratto sento un rombo di moto, tante moto.
Allora mollo la canna e su a vedere: sono i collaudatori della Moto Guzzi, con una decina di Trialce, i motocarrozzini. Nell’affrontare la curva, un collaudatore esce di strada e cade in acqua. È in difficoltà. Tolgo la giacca e mi butto. Gli dò una mano a trascinarsi a riva.
Io non dico niente in famiglia anche perché ci può scappare qualche scapaccione, ma dopo qualche giorno si presenta in casa un signore: sta cercando quel ragazzo che si è buttato in acqua. Mio padre mi chiama e devo ammettere che sono stato io.

Allenamenti: Montanari in piedi con la tuta nera,  Colnago con la moto e Piero Pomi in tuta blu
Allenamenti: Montanari in piedi con la tuta nera, Colnago con la moto e Piero Pomi in tuta blu
Piero Pomi col mono, Ippolito Pomi con l'8 cilindri; Diki Dale secondo a destra in maniche di camicia  e Keith Brian primo a destra con tuta
Piero Pomi col mono, Ippolito Pomi con l’8 cilindri;
Diki Dale secondo a destra in maniche di camicia
e Keith Brian primo a destra con tuta

Quel signore, (saprò dopo che si tratta di Battista Gatti, detto Gurlet, Capo collaudo della Guzzi) vorrebbe in qualche modo sdebitarsi. Mio padre allora sbotta: ” se proprio vuol fare qualcosa, gli trovi un posto in Guzzi, a ‘sto lazzarone!”

Siamo nel 1941, il primo di marzo, ho 14 anni e finalmente io, Piero Pomi, sono assunto qui alla Guzzi. Il sig. Mondo mi accompagna al Reparto assistenza clienti, subito a destra appena entrati dal cancello principale. Clienti, per la verità ce ne son pochini, il reparto è occupato dai tedeschi che portano qui le loro BMW, Zundapp e DKW, ma anche Bianchi e Benelli, da revisionare o riparare.
Il Maresciallo Urbasky, la sera, ci controlla il fiato per capire dall’odore se abbiamo “cannettato” la benzina. Noi però abbiamo aggirato l’ostacolo: appoggiamo uno straccio sul foro del serbatoio, infiliamo il tubo e poi appoggiamo sul tutto un tappo dell’olio. Facendo il più possibile tenuta con lo straccio, soffiamo nel serbatoio: dal tubo in uscita sgorga il prezioso liquido e il maresciallo, la sera, sarà molto contento perché siamo stati bravi.
Sebbene il lavoro sia molto vario e s’impara molto nel metter mani a tutte queste moto, i tempi morti sono tanti e, quando capitano, a me piace andar giù da Bacchi, in Sala Prova.
Bacchi, già amico di Carlo Guzzi da prima dell’Avventura, ha al suo attivo diversi brevetti inerenti il motore a scoppio: in campo motoristico le sa proprio tutte.
Ha costruito moto per conto suo, nel ’24. Quello oggi comunemente denominato “sistema Puch ” o “DKW competizione”, in realtà è stato inventato e messo in produzione già da lui.
È una persona molto simpatica e me lo vedo lì, col suo grembiule nero tenuto stretto tra le ginocchia per non farselo ” mangiare ” dal mulinello, che mi mostra trionfante che con la fase che dice lui i cavalli son saliti!

Carlo Bacchi quando lavorava in Frera
Carlo Bacchi quando lavorava in Frera
Colnago e Piero Pomi a Monza nel 1957
Colnago e Piero Pomi a Monza nel 1957

A me insegna un sacco di cose; come si calcola il rapporto di compressione, come si regola l’anticipo, perché si disassa il motore e perché lui lima i pistoni nella zona dello spinotto.
Lui dice di fare attenzione anche alla lunghezza delle astine, che devono lavorare col bilanciere in modo di avere il massimo braccio al momento opportuno. Astine troppo lunghe o troppo corte rallentano la velocità di apertura e chiusura delle valvole. Io, appassionato come lo si può essere a 15 anni, tutti questi insegnamenti li divoro.
Era un grande, Bacchi.
Finisce la guerra.
Come dopo l’inverno viene la primavera, dopo la guerra scoppia la pace. Già nel mese di maggio, sparite le moto tedesche, si pensa alle corse. Già, le corse. Sembrava che tutti le avessero dimenticate, invece non si vedeva l’ora e, finalmente, si comincia.
Il reparto si popola di moto da corsa. Sono Albatros, 250SS a 3 marce, Condor: sono bellissime.
Bisogna smontarle, ripulirle, aggiornarle e rimontarle. Io non sono ancora autorizzato a ” chiudere ” i motori, devo solo fare piccoli lavori e pulire bene i pezzi.
Quando Gem l’operaio anziano si assenta, dò un’occhiata in giro e furtivamente mi appresto a montare completamente il motore. Poi altrettanto furtivamente e velocemente lo smonto. Metto in ordine sul banco i pezzi ripuliti, prima che l’anziano ritorni. Gem trova i suoi pezzi ben ripuliti e non s’accorge mai di nulla. Faccio questo giochino un sacco di volte ed è così che acquisisco velocità e pratica su questi motori.
Viene il giorno che a Lecco si organizza una corsa su circuito cittadino. Stiamo assistendo alle prove dei Clubman, terza categoria. Io sono lì con degli amici, come spettatore. C’è un capannello di gente, andiamo a vedere, è un concorrente che ha grippato il suo Airone: si tratta, lo saprò poi, del dott. Zoboli, che si diletta a partecipare alle corse. Subito gli amici a indicarmi: “Lui, lui è meccanico in Guzzi!” Allora non mi posso più tirare indietro. Mi metto all’opera. Il pistone è grippato proprio in prossimità del foro dello spinotto. Memore degli insegnamenti di Bacchi, mi faccio dare una lima e aggiusto il pistone. Rimonto pistone, cilindro e testa, una registratina alle valvole e ooplà, la moto è pronta per la gara.

Al lavoro sulla 8 cilindri il fotografo/corridore è Baviera
Al lavoro sulla 8 cilindri
il fotografo/corridore è Baviera
Imola, 2 aprile 1955
Imola, 2 aprile 1955
Da destra: Bianchi (autista),  Ippolito e Piero Pomi,  la locandiera e Cantoni ad Assen
Da destra: Bianchi (autista),
Ippolito e Piero Pomi,
la locandiera e Cantoni ad Assen

Il concorrente arriverà secondo e io sarò oggetto di ammirazione, da ora un po’ più considerato…

Vengo contattato via via da diversi corridori privati per assisterli sui campi di gara. Attrezzo lo stallino in disuso (la mia casa era il luogo di posta per il cambio dei cavalli) con un banchetto per la moto, piazzo un vecchio tavolo e mi organizzo per poter lavorare sulle moto. Il Mondo, quando chiedo il permesso per il week-end, me lo accorda senza tanto discutere. Io non perdo occasione: seguirò Claudio Mastellari, Nino Martelli, Duilio Agostini, anche Dario Ambrosini non ancora accasato, poi Perosino di Asti e un tedesco di nome Torn Prikker. Sono a Berna con Torn Prikker nel giugno 1948 quando succede la disgrazia a Tenni. A parte la tristezza per la morte del grande campione, io passo il periodo più bello della mia carriera. Questi corridori hanno tutti l’automobile, io patentato faccio comodo e ho l’occasione di girare l’Europa, seguendo questi ragazzi.
Mi è capitato di seguire anche un certo Camillo Olivetti, di Ivrea. Non era un gran pilota e aveva un solo gran tifoso. Era un certo Bialetti, che un giorno ti arriva dicendo di aver messo a punto una caffettiera rivoluzionaria. Altro che la Napoletana! Mi regalerà una decina di Moka. Per la verità il Camillo non andava proprio e io mi vergognavo. I miei amici mi sfottevano! Con dei pretesti sono riuscito poi a mollarlo.

Poli sulla 8 cilindri sul set  del film "I fidanzati della morte"
Poli sulla 8 cilindri sul set
del film “I fidanzati della morte”
Giulio Cesare Carcano
Giulio Cesare Carcano

Chi non era troppo contento era mio padre. In busta paga mancavano spesso otto o dieci giornate lavorative e lui si domandava se veramente l’avesse indovinata a farmi assumere lì!
Bazzicavo nel frattempo il Reparto Corse, sia pure in maniera non ufficiale. Nel reparto di Carcano c’erano un paio di meccanici veramente completi, Pomi Ippolito e Agostini, oltre al Bettega di Dorio. Gli altri erano specialisti di vari settori della moto. Così Fattore era specialista di freni e ruote, il Berto, che per via del claudicare era soprannominato “la camme “, era specialista dei carburatori e si portava appresso un grosso tubo forato e filettato con avvitati in buon ordine tutti i getti, i ‘gigleur’ li chiamava.
Nelle trasferte si portavano tutti questi specialisti, addirittura si portava il tecnico dei tubi di scarico, il Bara, quello che riempiva di sabbia i tubi prima di piegarli. A me non piaceva tanto dover sottostare a ogni singolo specialista, tendevo a far la moto tutta da me. Una volta l’avevo detto anche all’Ing. Carcano. Comunque non legavo molto con gli anziani anche per la differenza di età. Poi, un giorno, siamo a fine maggio del ’51, entrano in reparto il sig. Mondo con il Dottor Giorgio Parodi. “È lui!” dice il Mondo indicando me. “Che cavolo avrò combinato”, penso io girandomi verso di loro, allorchè prende la parola il dottor Parodi: “Ti va di andare al TT?” “Anche gratis!!” rispondo io.
Mancano pochi giorni alla partenza, bisogna fare i documenti per la trasferta.
Il Pistono mi accompagna col carrozzino al tribunale di Lecco. Non mi vogliono rilasciare il passaporto perché ho una pendenza per pesca abusiva. Mestamente il Pistono mi riporta a casa col motocarrozzino e senza passaporto. A casa, mi chiama a rapporto il dott. Bonelli. Severo, mi dice: “Cos’hai combinato coi pesci?” Io gli espongo i fatti e lui esplode in una risata. “Vai a firmare, è tutto a posto!”

T. Provini, Carcano, Lomas e Ippolito Pomi
T. Provini, Carcano, Lomas e Ippolito Pomi
Tourist Trophy, 5 giugno 1957
Tourist Trophy, 5 giugno 1957
Ermanno Ozino, concessionario di Ivrea
Ermanno Ozino, concessionario di Ivrea
Dickie Dale al TT '55 classe 350 al Ballough Bridge
Dickie Dale al TT ’55 classe 350 al Ballough Bridge
Imola, 22 aprile 1957
Imola, 22 aprile 1957
Reims 1955, Duilio Agostini primo nella 350
Reims 1955, Duilio Agostini primo nella 350

Sono l’unico del reparto in possesso di patente auto. Allora non s’usava ancora. Si parte. Io sono in macchina col sig. Gino, il suocero di Lorenzetti. L’auto è la 1100 furgonata del genero.

Sul furgone ci sono le 2 moto di Lorenzetti, pilota semiufficiale. Sono un Albatros 250 e uno maggiorato a 317 cc. Noi forniamo i materiali e il sior Gino assembla a casa di Lorenzetti.
Si va a Berna, il 27 si corre il Gran Premio di Svizzera. Nelle 500 Anderson parte male, alla prima curva, però, stupisce tutti e si porta in testa. All’arrivo lo sento raccontare che su quella curva ha imbroccato un folle. Ha affrontato la curva a velocità elevatissima ed è riuscito a rimanere fortunosamente in piedi. Gli altri, vedendolo andare così forte, han quasi rinunciato all’inseguimento e lui è arrivato primo.
Finita la festa si riparte, finalmente, alla volta del TT.
Arriviamo a Dunquerque. Nel porto un camion, facendo manovra, rompe il parabrezza della macchina. Piove,maledizione. È difficile guidare e in città non troviamo ricambi. Poi verso sera, scorgo delle gru allineate sulla banchina. ” Gino, guarda che belle gru!” “Che?!?!?'” mi fa lui che non ha afferrato. “I vetri, i vetri sono come il nostro!!!” È così che a notte fonda, furtivi, togliamo un vetro alla gru. Mancano due centimetri per parte,comunque lo fissiamo col nastro adesivo in modo che funzioni anche il tergicristallo. La parte migliore al lato guida.

Dedica di Duilio Agostini alla partenza della Milano-Taranto con la moto preparata da Pomi a casa sua (1° al traguardo)
Dedica di Duilio Agostini alla partenza della Milano-Taranto con la moto preparata da Pomi a casa sua (1° al traguardo)
Imola, 2 aprile 1955 si scalda il motore (Agostini, Pomi e Todero)
Imola, 2 aprile 1955 si scalda il motore (Agostini, Pomi e Todero)

Sbarchiamo a Dover e ci reimbarchiamo a Liverpool per poi sbarcare sull’Isola. Qui ci aspetta Lorenzetti: “Cos’è successo alla mia macchina?!” “È stato lui” è la risposta simultanea che gli diamo, indicandoci l’un l’altro io e il Gino. Il pilota si scioglie in una risata. Raccontiamo gli antefatti, il parabrezza non lo troveremo né sull’isola né in Inghilterra. Torneremo a casa rabberciati e ripareremo la macchina a Milano. “Toh, Piero, questo è per te” mi dice il Bettega porgendomi un motore dell’Albatros; “dai una mano a quel ragazzo lì, si chiama Tommy ed è un privato. È tutto tuo.”

Non mi pare vero. Ci sono in giro i furgoni delle Case fornitrici, io ho fatto amicizia con i rappresentanti più giovani: al box della Champion per scroccare candele nuove, a quello della Avon per le gomme, a quello della Ferodo per le guarnizioni freni, e via via man mano che mi servivano componenti e che comunque tutti questi fornitori ufficiali eran ben contenti di fornire.
Giù la forcella Brampton e su una del Gambalunga. Alla fine la moto vien pronta sul campo.
Sul Libro d’oro della Guzzi oggi c’è scritto che il TT classe 250 cc , svoltosi il 6 di giugno del 1951 all’isola di Man fu vinto da Tommy Wood.
La Gazzetta dello Sport, il 7 giugno, titolava pressapoco così:
VINCE (PURTROPPO) LA GUZZI (Wood non era italiano).

Monza, 9 settembre 1956, Piero Pomi è il primo da sinistra
Monza, 9 settembre 1956, Piero Pomi è il primo da sinistra
Umberto Todero al cronometro
Umberto Todero al cronometro