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Motogiro 1° tappa

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il racconto secondo Luca Formenti

 

Mentre scrivo queste poche impressioni la pioggia si fa sentire ancora: presenza inquietante e insistente della prima tappa del Motogiro Guzzi 2002.

 

Lascio gli impegni universitari alle 11.40, mi fiondo a casa, mi vesto e metto nello zaino la tuta antipioggia: a Cinisello non pioveva e la fretta di arrivare a Mandello in orario era proprio tanta, per cui non la indosso.

Arrivato a Mandello già bello bagnato (forse era meglio mettersi subito la tuta antipioggia?!) lascio timidamente la moto nel parcheggio esterno allo stabilimento.

Mentre si partiva l’intensità della pioggia era aumentata parecchio, quando una mezz’ora prima si poteva parlare quasi di pioviggine: come si suol dire, la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede parecchio bene.

Per i primi km chiudo il gruppo e ho alle spalle la Volvo bianca di Flavio, agghindata con delle bandierine Moto Guzzi. La colonna di moto fa uno strano effetto, in condizioni meteo così poco motociclistiche. A me fa un piacere enorme già il fatto di essere in un gruppo di sole Moto Guzzi; a ciò si aggiunge lo scopo del viaggio, per cui sto al settimo cielo.

Entriamo in autostrada e ricomincia ben presto a piovere: ma il peggio doveva ancora arrivare. Passiamo l’uscita di Novara est, leggendo a fatica il cartello, e poi passiamo quella di Novara Ovest, con un cartello ancora più nascosto dal muro d’acqua. Dopodichè accade l’incredibile: acqua a secchi! Avete presente gli autolavaggi? Quando l’acqua arriva da sopra, da sotto, destra e sinistra e non riuscite a vedere a più di un metro davanti a voi? UGUALE !!!

Si procedeva a 120- 130 km/h tenendo d’occhio le piccole luci posteriori delle auto che ci precedevano e grazie alla quali l’acqua ci investiva anche da sotto, alzata dalle loro ruote. Io cerco di nascondermi dietro al cupolino fumè del mio 1100 sport, ma è tutto inutile: la visiera resta comunque coperta d’acqua e il cupolino annegato nella pioggia mi copre due volte la visuale. Procedo con enorme attenzione alle condizioni dell’asfalto: con le gomme che mi ritrovo, una pozzanghera un po’ più profonda del solito presa a 120 km/h potrebbe mandarmi a gambe all’aria in un secondo; in effetti la EVO anteriore e il GTS posteriore hanno una scolpitura poco profonda, quindi l’aquaplaning interviene piuttosto facilmente. Un momento di brivido mi pervade la schiena: la moto che mi precede comincia a sbandare vistosamente, spostandosi dentro la corsia di mezzo metro. Il pilota riesce poi a riprendere la traiettoria, ma inizia a procedere più piano. Il conducente non si spiega quello che è successo, considerato che il vento, la pioggia e la velocità a cui si andava non erano così forti. Forse quindi la sbandata è stata causata da una imperfezione dell’asfalto.

All’uscita ho una nuova piccola soddisfazione quando il cameraman del motogiro mi riprende mentre pago il casellante: lo prendo come il riconoscimento per essere arrivato fin lì.

Ci immettiamo sulla SS10: le poche curve che incontriamo mi danno la possibilità di usare una buona parte del battistrada delle gomme, e di osservare con quale facilità il Le Mans scende in piega. Questa nuova versione del V11 riesce ad amalgamare bene sia le necessità turistiche che sportive di chi sceglie l’aquila di Mandello: Alberto riusciva a zigzagare in rettilineo con elevata scioltezza, mantenendo comunque un’ottima stabilità nei curvoni da 3° piena. Il mio trattore non mi stupisce per quanto riguarda la saldezza dell’avantreno né l’agilità (poca) della ciclistica: ciò che mi resterà in mente sono le Pirelli. Sull’asfalto poco bagnato riescono ad avere un’aderenza fantastica, trasmettono una elevata confidenza anche in frenata e perdono presa solo nelle accelerate in prima marcia date senza un minimo di “gentilezza”.

Finalmente arriviamo a Torino: Dolza ci accoglie con tè caldo e pasticcini: aspettiamo la partenza della seconda tappa, facciamo qualche foto di rito e poi ci rimettiamo in sella. Al ritorno siamo in due, accompagnati dalla Volvo di Flavio con a bordo Alberto e Giancarlo. Al casello di entrata Alberto mi dà un’importante missione: portare il rullino a sviluppare da Brambillasca. Caricato da questo onere-onore, saluto l’altro motociclista e parto ad andatura allegra alla volta di Milano: riesco a tenere questo ritmo perché non piove; schiacciato sul serbatoio mi gusto il rumore d’aspirazione della scatola filtro: un invito ad aprire di più! Peccato che alla tuta antipioggia si sono aggiunti dei copristivali e il tutto mi fa sentire una vela del Moro di Venezia. A 60 km ritorna “l’amica” del viaggio d’andata. Oddio, niente di particolare rispetto a prima, infatti non ho calato molto il ritmo. Invece arrivato al tratto milanese della A4 e passato il casello, incontro il secondo autolavaggio della giornata: quantomeno andavo piano, zigzagando in mezzo alla fila di macchine. Ad un certo punto vedo sulla destra un motociclista che spinge una moto antica e non italiana visto che aveva anche la targa sul parafango anteriore: chiaramente è in panne. Mi butto dalla sua parte, su un pezzo dell’autostrada che doveva corrispondere alla corsia d’emergenza e a quella dei camion, ma che in quel momento è quasi una piscina: una grossa pozzanghera, con una profondità d’acqua di almeno 30 cm. Le ruote andavano così tanto a fondo che i miei piedi erano letteralmente immersi e la ruota anteriore alzava un muro d’acqua a 180 gradi: non solo a destra e a sinistra, ma anche davanti al cupolino e sulla mia visiera, praticamente mi stavo buttando secchiate di pioggia in faccia!! Appena mi sono reso conto di dove mi trovavo, ho tirato un poco la frizione e aperto il gas: se il motore si spegneva ero fottuto. Ne sono uscito in pochi attimi, che però mi sembravano un’eternità. Passato il laghetto, non mi sono fermato a soccorrere quell’altro, perché mi sarei dovuto immergere a piedi là dentro,e io purtroppo non sono un buon nuotatore. Poco dopo sorpasso e saluto i tre motociclisti in sardomobile e mi dirigo a Cinisello. Fermatomi davanti al negozio mi tolgo i copristivali, li giro e stranamente escono un paio di litri d’acqua: ma come, con quelle quattro gocce che ho preso??!! Dopo pochi minuti vedo arrivare gli altri guzzisti e li saluto al volo, per buttarmi il più velocemente possibile sotto una doccia bollente. E’ stata una giornata storica, sia per la Moto Guzzi che per me e la mia Moto Guzzi.

Mi auguro che la Moto Guzzi ripeta al più presto un’iniziativa simile.

Luca Formenti