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Aaaaaaragoooon!!

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endurance 2013 aragon
Testo di Alberto Sala
Foto di Cristina Cortinovis e Alberto Sala

PROLOGO
15 giorni alla partenza. Mi chiama Antonio. “c’è un problema, non ho passato la visita medica”. Da vero minchia, si agita quando gli misurano la pressione. Deve fare analisi approfondite. 
Una settimana dopo, non ha ancora il via libera: gli hanno montato il “walkman” che monitorizza 24 ore, l’endurance della pressione, ma si vede che ha riconosciuto il pastrugnatore incallito di motori: nessuna registrazione… tutto da rifare. 
5 giorni alla partenza. Il walkman stavolta registra ma non basta: quelli del centro sportivo sono ossessivi, vogliono altri esami. Prendiamo in considerazione l’ipotesi di non farcela in tempo e fare quindi la gara io e Mattia. 
Martedì, due giorni dalla partenza, finalmente abbiamo il nulla osta, tutto ok!!
1 giorno dalla partenza. Mi chiama Mattia. “Ho una riunione di lavoro fondamentale venerdì mattina, non posso partire”. Zio cantante, adesso che facciamo? Cerchiamo un volo aereo il venerdì sera, c’è solo il Bergamo Girona, fa niente, andremo a prenderlo a tutti i costi.
Giovedì mattina, Mattia mi chiama. Dobbiamo metterci d’accordo con l’orario, ci accompagnerà lui all’aeroporto. “Fanculo, vengo!” Grande Mattia!!

MOTORLAND ARAGON
Giovedì tardo pomeriggio, trafilati ma al completo, io Antonio Mattia e Cri ci ricongiungiamo all’autodromo con Luigi e Giorgio che hanno divorato i millecinquecento chilometri con moto e attrezzature sul groppone. Tutto già bello e che scaricato: Orfeo, Brigida e il Segolo (vedrete cos’è dalle foto… geniale!). 
”Motorland Aragon” suona come un parco di divertimenti, in un territorio vasto e assai poco densamente abitato, fatto di terreno arido e ondulato dipinto di tutte le varianti dell’ocra. Non c’è molto da ipotizzare come cose da fare, dopo l’agricoltura. Scelta intelligente quella di impiegare le risorse economiche della comunità europea per costruire un impianto comprendente un gran bel circuito di velocità più kart e quant’altro serva per accontentare tutti. Non solo perché qui il clima è ottimo, piove poco e la temperatura lo fa fruttare molti mesi l’anno, ma scopriremo anche che dalla metà del secolo scorso è territorio di competizioni: nell’appartamento dove alloggiamo fanno bella mostra di sé tante foto di gare d’auto su circuiti cittadini e non mancano neppure le moto. Nei garage degli abitanti non è difficile trovare auto d’epoca tenute religiosamente, così come all’autodromo oltre ad altre moto brillano un sacco di modanature cromate e splendidi esemplari di auto d’epoca preparate da competizione. Insomma, il circuito di Aragon non è una cattedrale nel deserto come all’apparenza appare. Tutt’altro. Lo si vedrà anche dalla grande professionalità del personale del circuito.
Ma torniamo a noi, perdiana. Tra la quarantina di bolidi astanti, ci siamo noi, Stella Pende, Mario e Pippo Santonast… ehm volevo dire: fanno parte dell’allegra brigata italiana the Licini Brothers con il combo Moto Europa, i vitelloni (Pane e Nutella) al completo compreso il grande Ruzza, i Taurus Globetrotters All Stars con la cartucciera a tre colpi (Sardi Zaccarelli Cantalupo, sembra la firma di un grande successo di Sanremo… intanto il successo c’è ed è quello del Bol d’Or), l’inedita coppia Wess & Dori Ghezzi (Poldo e Graziano, quest’ultimo finalmente tornato su una Guzzi che stava così sciupato sulle Bimota) e nos otros tri bigùl. Dal territorio italico provengono anche il team Segale e il team Officine Toscane. Tra le presenze d’oltralpe non potevano mancare Moto Bel, i due Segarra junior col box celebrativo del grande Manel senior (ne parleremo più avanti), il Phase One e un’altra trentina abbondante di bolidi piuttosto puzzoni e rumorosi, tra cui una spettacolare Gold Wing (premio simpatia sicuro!) e i sempre chiassosi R’N’R’ High School GG team.
Bene. Cominciamo ad inserire alcune frasi-chiave. “io lo so quello che devo fare, il problema è farlo” “il cambio va bene perché ci abbiamo messo le mani” “l’alternatore di scorta c’è” “ci vuole la 9/34!!”. Mettiamole intanto lì e veniamo al dunque.
9:30 del venerdì mattino, primo turno di prove libere. Esco Orfeo dal box e mi avvio al checkpoint Charlie in fondo alla pit-lane. Il commissario (anzi, la commissaria, pure gnocca) mi rimbalza. Manca un adesivo sulla carena e la fascia sul braccio. Azz… deluso dalla mancata conquista, giro il battello e mi avvio a spinta verso il nostro box, che è il numero 1, quindi esattamente dall’altra parte della pit-lane. Sono troppo distante per farmi sentire dai miei soci, quindi spero si accorgano che non sono affatto in pista… box 25, niente. Box 15, ancora niente, tutti col naso sul muretto… box 10, si accorgono e mi guardano. E, per quel mistero più insondabile di Fatima e Medjugorje messi insieme, non si muovono. Avete presente la scena, con le fronti come display dove leggere i pensieri (“ma, accipicchiolina, perchè sta tornando indietro?” “ma cosa sarà mai successo, perdindirindina?”) Ma POOORCAPUZZOLONADIQUELLAZOCCOLAAAA ALLORAAAAA?!? Finalmente Mattia mi viene incontro. 9:35 e sono già tutto sudato. Recuperiamo l’adesivo che pensavo servisse per il parcheggio dell’auto nel paddock (… first moment of the minchia) e la fascia gialla e finalmente la cortina gialla di commissari si apre, VIA!
Che spettacolo.
Prima curva a sinistra a 90 gradi dopo breve rettilineo di arrivo, poi gas con la moto che sbacchetta, su una marcia e dentro a gas aperto nella prima curva a destra in salita, da raccordare con la seconda tenendo (quasi) aperto, tanto la pista qui è larga, su su su e poi curva a sinistra veloce ma occhio che c’è subito da staccare per la seguente a sinistra che un po’ chiude, via di nuovo di gas due marce curvando larghi a destra e nuova staccata con l’asfalto chiaro che indica la traiettoria a destra, di nuovo gas fino allo scollino, staccata e giù in discesa dentro il lento cavatappi. Qui stretti e poi gas porcozzio che pelo sullo stomaco: curvone ampio a sinistra in accelerazione, bisogna riuscire a stare larghi accelerando per uscire giusti in piega veloce con un po’ di sobbalzi, su ancora due marce e poi… non si vede unamminchia, a parte un cartello con scritto 150. Ma bisogna tenere aperto alla cieca e staccare ai 100 (“io lo so cosa devo fare…” sic) e dentro secchi a sinistra sotto al muro, dove è appena volato Pedrosa col cavo USB staccato: la figata di queste curve (relativamente) lente è che quella dopo è sempre più larga, quindi si SPALANCA e dentro a manetta a destra tirando gli ottomila, frenafrenafrena e dentro nel destra-sinistra che immette sul lungo rettilineo.
Parentesi. Dovete sapere che ogni sabato mattina, attorno a mezzogiorno, nell’officina degli allegri chirurghi (Antonio e Giorgio) si perpetua la terapia settimanale a base di litanie sulle resistenze delle leghe metalliche, sacri rituali dell’elaborazione libera, liturgie dell’alleggerimento, cagadubbismo libero fino ai racconti mistici, come la Lunghezza del Rettifilo di Aragon. Man mano che ci si addentra nel mistero, il chilometraggio aumenta, sfiorando i sette chilometri (perdippiù in discesa!!) e sale il terrore del deflagrante Big Bang della Grande Caldaia a tutta manetta. “vabbeh, su Orfeo montiamo la 9/34 e su Brigida proviamo la 8/33”. “Pazzo!! Vuoi fare la fine del Columbia?!?” 
Insomma, quel rettilineo appariva come un Golem tenebroso, un buco nero che inghiotte ogni fascia e valvola, una strada lastricata del nichel-cromo fuso dei cilindri dritta per l’inferno.
Questo era il riverbero quel venerdì mattino, attorno alle 9 e quaranta, prima di quell’ultima svolta.
Groppo in gola e srotolo tutte le marce (almeno credo…), mi accuccio e man mano che passa asfalto, mi dico “beh, fin qui tutto bene”. Scopro che il problema non era il rettilineo, del tutto innoquo. Il difficile è dopo il rettilineo: infilarsi in quel megapiegone galattico di ritorno, stupendo raccordo al rettilineo d’arrivo ma anche un po’ bastardo, perchè chiude sul finale così che va preso largo anche questo, per evitare l’esondazione nella via di fuga. Mortacci… anche qui, che pelo!! 
Bellissimo. 
Insomma pista stupenda ma prima di cavarci un tempo dignitoso ne servono di turni… allora giù il crapone e vai di lima. Tra l’altro all’imbocco del rettilineo c’è a terra una fascia gialla. “chissà che sarà quel pirla che l’ha persa”. 
RIentro dopo l’esperienza lassativa del primo turno e Giorgio si avvicina. “Che fine ha fatto la fascia?!?” Here is the second Moment of the Minchia..
”cavoli, avevate ragione, serve la 9/34, stavo a settemila abbondante prima di staccare…” già. Solo che, in realtà, ero in quarta. Oro, argento e bronzo.
E’ sufficientemente chiaro che in sostanza non avevo capito una fungia di pinolo di niente? Poi la devono smettere di fare domande imbarazzanti. Io non sono mica lì per contare le marce, ecco.
Tocca a Mattia. Entra ed esce semisconvolto. Solo che non è semplicemente l’effetto della pista. Lo stress del periodo gli causa qualche lieve problemino, tipo vedere le tribune annodarsi, o percepire il Tatuato nudo in fondo al rettilineo. Neanche il tempo di ragionarci che è ora delle prove ufficiali. Suona la campana per Antonio, accendiamo Orfeo che fa uno strano rumore. Oh-oh. C’è qualcosa che non va dalle parti del motore. Scaldiamo immediatamente Brigida e via col muletto. A disposizione sul muretto c’è il canale a circuito chiuso che mostra oltre alla videata dei tempi anche il Pac-Man: il tracciato del circuito coi numerini che si rincorrono e si ingroppano. Veramente comodo! Ti segnala anche immediatamente se si ferma qualcuno ai box e anche lungo il circuito, figo! Difatti leggiamo “Number 12 stopped into the track”. Occazzo. Tempo pochi minuti e Anronio arriva sullo scooter col commissario. E’ rimasto senza freni alla staccata prima del cavatappi. Restiamo senza fiato. La via di fuga è asfaltata, poi c’è una striscia di ghiaia, infine il muro di gomme. Ha scalato tutte le marce, retro compresa, spento il motore gettato l’ancora e infine si è tuffato nella ghiaia riuscendo a fermarsi lì. Siamo di sasso, anzi di ghiaia. Vado a recuperare Brigida e sento a spinta che la ruota davanti non gira bene. Cuscinetto sbrindellato. Anzi, disintegrato! Ecco il perchè. La ruota non più ferma longitudinalmente ha allargato le pastiglie lasciandolo nellammerda. A fatica Giorgio elimina col flessibile quel che resta del cuscinetto fuso sul perno ruota, Antonio lava la tuta internamente e montiamo le gomme buone sui cerchi di scorta. Brigida è pronta per le prove notturne; intanto alla fine delle qualifiche ci troviamo 29° e un pilota in meno. Mattia non è a posto, non se la sente di rischiare la gara. Azz… nel mentre, la diagnosi sui rumori molesti di Orfeo è: boccola dell’alternatore sbrindellata. “Ce l’abbiamo l’alternatore di scorta?” “Sì, a casa”. Vabbeh tanto il problema è la boccola, non l’alternatore.
Intanto, a fianco, i vitelloni triturano il cambio. Com’era la frase? “il cambio va bene perché ci abbiamo messo le mani”…
Anche Wess & Dori non stanno messi proprio tanto bene, almeno così parrebbe girando al largo dell’esploso di moto steso nella loro parte di box. Problemi di fasce. Fasce e fasci sono spesso un problema. Lavorano un casino: esco a fare pipì e sono lì di brugole, prendo il caffè e vanno di dinamometrica, pranziamo e armeggiano di chiavi… c’est la gussi, baby. Oddio, pure i Globetrotter c’hanno i loro problemi col cambio e con hanno più la gussi. C’est l’endurance, baby.

BUIO
Ascolta, si fa sera. E’ ora del turno notturno. Uscendo al tramonto, godo di un certo vantaggio di memorizzazione, forse fondamentale perché in pratica col buio non si vede una fava. A parte qualche luce parassita (sostanzialmente in fondo al megarettilineo e ultimo curvone), per il resto non si riesce a vedere letteralmente il cordolo interno. Incominciano strane visioni: equipaggi allo sbando al largo di Tannhauser, gente che ti passa per poi finire nella via di fuga… molti li senti sopraggiungere alle tue spalle e vedi che si accodano… sono velocissimo, li tengo tutti dietro!! :-))
Alla fine del doppio turno (nel quale ogni tanto non mancavo di saggiare preventivamente il freno anteriore) il Taurus si fa carico di sondaggiare i team e proporre o una partenza anticipata di un’ora, o la riduzione di un’ora della gara. Per quanto personalmente non abbia avuto grossi problemi, oggettivamente non si vedono sufficienti punti di riferimento. A Spa mi raccontano esserci i catarifrangenti nell’asfalto, così che il tracciato sia sempre visibile al passaggio con le luci. Qui niente. Mi sembra una discreta leggerezza degli organizzatori… possibile che nessuno abbia fatto un test preliminare?
Al briefing di sabato mattina diventa l’argomento principale. Purtroppo per via del programma della giornata, non è possibile anticipare la partenza, né ricavare del tempo per installare i catarifrangenti, così si va a votazione tra i team manager. Mi raccontano di frasi irripetibili… la discussione va avanti piuttosto a lungo, e mi chiedo se era pure il caso di andare a votazione. Riporto quella più intelligente che mi è giunta, detta dal Phase One (gente che ha fatto le 24 ore del mondiale): “come posso garantire la sicurezza ai miei piloti in queste condizioni?”
Alla fine viene presa la decisione di accorciare la gara a 3 ore. Termine ore 20. A metà giornata ci spariamo i due warm-up, poi l’attesa della partenza.
”io lo so quello che devo fare, il problema è farlo”. A dirlo è Petugo. A pensarlo saremo in sessanta. La pista è notevole anche per questo. Ci vuole pelo e freddezza per fare la differenza… anche tempo per provarci, girare, riprovarci e girare. Dài, sono sicuro che nel 2019 farò un buon tempo!
Nel primo pomeriggio ci allineiamo tutti sulla linea del traguardo a rendere omaggio a un grande pilota.

MANEL SEGARRA

Il box del team Motobox era piano delle moto di Manel; alle pareti tante foto aiutavano a ricordare la persona speciale che era. Su un tavolo erano esposti alcuni dei suoi trotei; mi ha fatto molto piacere vedere tra questi il nostro premio Anima Guzzista – Bicilindrica. 
Del pilota conosciamo tanto: l’incredibile velocità fatta di stile e rotondità: ti passava facendoti il pelo per il semplice fatto che quella era la linea perfetta per quella curva. Guardandolo ti faceva pensare che fosse facile. Era bello fotografarlo: indossava la moto come un uomo ragno. Era il nostro riferimento, a Cartagena. Chiunque di noi minchioni ha sognato almeno una volta di fare una curva – anche una sola – come la faceva lui.
Il mío ricordo personale è per l’uomo. Cartagena, gennaio 2005. Fa un freddo becco, attorno ai 3-4 gradi. Rientro ai box per regolare meglio la forcella. Bruno svitavvita; pensavo di fermarmi invece rientro tanto per testare la differenza. Alla prima curva dopo il rettifilo Manel cade poco avanti a me. Io freno e piego per evitarlo. Non ci fosse stato freddo sarebbe stata una manovra efficace. Invece il freddo e la gomma non più calda per la sosta mi fanno volare a terra rompendomi la clavicola.
Tornato dall’ospedale, Manel mi viene a cercare e con molta umiltà mi chiede come sto chiedendomi scusa più volte. Per almeno tre anni mi verrà sempre a salutare e a sentire come va, come se si sentisse in colpa. Ma non era colpa sua… mica era scivolato apposta. 
Sulla linea del traguardo credo molti dei presenti (se non tutti) avranno riscaldato il proprio ricordo personale di una bella persona, che ha lasciato un segno. Grazie, Manel!!

START
E’ ora. Manco a dirlo naturalmente la partenza tocca a me, nel senso che mi tocca sempre correre col pieno di benzina… Due passi e VIA! Guadagno sullo scatto un po’ di posizioni per poi – come spesso accade – riperderle alle prime curve; comunque sia il mio primo turno rende sette posizioni: al mio cambio siamo 22° e stampo qualche 2.29. Brigida ha meno cavalli ma ha una forcella più efficace soprattutto sullo sconnesso nel curvone veloce dopo il cavatappi, e stanca meno di Orfeo. Passo ad Antonio che veleggia anche lui bene. Nel frattempo nonostante un muletto giallo tirato fuori dal sacchetto delle patatine, il Taurus trincia ingranaggi ed è già costretto al ritiro. In testa è una storia a tre: Phase One, i fratelli Segarra e Moto Bel (madonna quanto curvano bene… uno spettacolo). Anto rientra e mi cede il bolide con la spia rossa del generatore acceso. Non c’è tempo di controllare: andiamo sperando che la batteria regga o che succeda qualche miracolo. Esploro un po’ tutte le varianti del “lo so cosa devo fare, il problema è farlo”. Che è un po’ la storia della vita. In realtà almeno qualche volta, i due curvoni veloci sono presi meglio, complice anche la fiducia nella forcella. Tranqiulli, compenso con altre cazzate sparse per la pista… raramente stacco ai 100 metri al muraglione, per esempio. 
Alla curva prima del cavatappi mi passa Moto Bel, alla grande naturalmente. Cerco di incollarmi ma in uscita dal cavatappi rallenta e tira dritto nella via di fuga. Peccato, la gara perde un gran protagonista. Intanto GG Team mette a frutto alla grande l’allenamento su questa pista e l’aver fatto diverse gare di recente: vanno molto forte e veleggiano poco oltre la decima posizione. Un bel salto di qualità, sciapò! Vanno gran bene anche i vitelloni, attorno al 15° posto, mentre i Liciiiiiis e Wess & Dori sono indietro. Risalgo dal curvone ante-rettilineum e improvvisamente a destra sento baccano. E mò che succede? Non abbiamo spaccato abbastanza?!? Istintivamente rallento, dò uno sguardo rapido ma non capisco cosa si sia rotto. Raggiungo con cautela i box (anche se la moto sembra andare bene), guardo meglio: ziocàn, ho perso lo scarico destro! Si è proprio rotto il collettore tra l’incrocio e il silenziatore, con tanto di bordo frastagliato, così come si è tranciato il supporto del silenziatore! Ma come è possibile? E soprattutto: speriamo di non aver centrato nessuno! Credo sia volato via lungo il curvone (eeeeh lo so, la forza centrifuga era tropp… ehm ok) immagino ruzzolando fuori dalla pista. Meno male porto sempre gli scarichi di scorta: adrenalinico per la soluzione, investo il Mattia (che aveva in mano la batteria, pensando mi fossi fermato per cambiarla) di una duecentina di decibel tanto che lo spingo con le onde sonore a recuperarli. Quei bastardi dei liciis e W&DG ne approfittano per infilarsi nel nostro stesso giro. Rientro stampando di nuovo buoni tempi (si fa per dire) per poi passare i semimanubri ad Antonio che resiste bene, siamo attorno alla 25° posizione e si fa buio, bisogna accendere le luci. Antonio ne usa una sola per risparmiare watt e rientra. Salgo e riparto e già in pit-lane vedo che il contagiri comincia a fare le bizze. Brutto segnale, sta calando la corrente. Resta un faro davanti e due pilette del Brico acquistate la mattina nella vana illusione che ci aiutino a vedere i cordoli interni. Non serviranno quasi a niente. Si vede ancora meno e mi affido, come quando si guida nella nebbia, alle luci di chi incontro davanti. Meno male non si resta spesso da soli… sento sorvolarmi gli avvoltoi visti il tardo pomeriggio prima (spettacolari!!) e mi arrabatto. So che manca poco, cinque-sei minuti, purtroppo non c’è nessuna segnalazione del tempo sul traguardo, incrocio di tutto sperando che la batteria regga…

MEZZO.
In fondo al megarettilineo vedo la luce diventare fioca. Ahia. Passo sul traguardo nella speranza di vedere la bandiera a scacchi, niente. Mi inoltro in salita con più luce di pilette che di faro, e improvvisamente alla curva 6 la moto strattona, si spegne tutto a singhiozzo. Intanto sul traguardo sventolano la bandiera a scacchi: gara finita! Fine del cinema. Fa talmente buio che manco mi notano i commissari. Poi mi prendono e mi piazzano sullo scooter, a Brigida ci pensano loro. Molto professionali. Il viaggio lungo le stradine di servizio è momento di tristezza e pensieri. Abbiamo commesso un errore, dovevamo cambiare la batteria in una delle soste, oppure in fondo abbiamo fatto bene a tentarla, visto che avremmo perso posizioni con la sostituzione? Quel che è certo è che non abbiamo visto la bandiera a scacchi che è una cosa bellissima e che un po’ mi manca, dato che difficilmente tocca a me questo bel momento.
Rientro in tempo per i festeggiamenti al team Motobox. Hanno vinto loro e mi viene da pensare che a volte le cose non accadono per caso. Li festeggiamo tutti, vedo presenti anche Teto e Javier, altri due gran pilotoni del gruppo di Cartagena. Phase One secondo, splendidi undicesimi i Ramones GG Team, diciassettesimi i vitelloni. I Liciis e W&DG non li cito, ecco. Poi mesti leniamo la delusione caricando le carabattole sul camion finchè passa. Sfiga, certo, e ti resta sempre il dubbio se dovevamo fermarci o no; comunque sia la gara ce la siamo goduta tutta (meno un minuto), siamo tutti interi, la pista è splendida e stramerita la trasferta, e la terra di Spagna ha sempre qualcosa di speciale, anche negli angoli più brulli.

CLASSIFICHE

 

GALLERY

100 anni in due, a capo nord

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100 anni in due, a capo nord

di Mirco Spinelli

 

Ho da anni una guzzi california 850, alla fine di giugno mi sono detto “ la moto compie 40 anni io ne ho quasi 60, 100 anni in due” facciamoci un regalo e una scommessa ,andiamo e torniamo a capo nord senza nessuna organizzazione e in solitaria.
Detto fatto porto la moto da Ettore Pierone di Bovolenta (PD) che da diverso tempo la taglianda e lo fa con professionalità e passione,gli dico, cambio gomme tagliando completo revisione contachilometri che venerdì voglio partire x capo nord .mi raccomando fai un buon lavoro, dimenticavo era sabato mattina 29 giugno io partivo il 5 di luglio.
Fugaci sbirciatine su internet x calcolo km itinerari strade e varie notizie che possono sempre servire,mercoledì in tempi record tralasciando altri lavori la moto è pronta e si ritira , giovedì si lavora normalmente acquisto cartina della Scandinavia ,è vietato GPS e modernità varie.
Mi preparo in completo silenzio le borse con pochi cambi di vestiti x lo più invernali tuta anti pioggia completo moto tenda sacco a pelo fornelletto caffè alcune cibarie in scatola frutta fresca e secca cioccolata nutella.
Notte fonda sistemo le borse della Givi e la tenda sul portapacchi del California si sistema la borsa sul serbatoio con sigari cartine stradali penne blocco x annotare e controllare consumi km fatti costo benzina.
Due ore di sonno alle sei silenzio totale tutti dormono vestizione sistemata al casco si parte, il tempo a disposizione è di 10 giorni da venerdì 5\7 a domenica 14\7 calcolando che all’incirca tra andata e ritorno sono 9000 km dovrei tenere una media di 900 km al giorno, non voglio fare il turista non voglio fermarmi in ogni città ,non voglio vedere tutti i fiordi, voglio mettermi alla prova stare da solo e pensare.

Normale sino a trento autostrada sino confine con Austria passata velocemente poi Germania tutta d’un fiato, sosta dopo Hannover poche ore di sonno su una panchina in area di servizio caffè da moca cioccolata e via traghetto Putgarden x Rodbyhavn Danimarca, Copenaghen tunnel e ponte foto confine Svezia Malmo dritto come un fuso verso Stoccolma , giratina in centro foto e via frutta al volo soste ogni 250\300 km, mi fermo a dormire all’incirca presso forse Hudiksvall non tengo conto dei paesi e villaggi dove passo guardo con piacere e soddisfazione il paesaggio stupendo. Fumatina poche ore di sonno caffè passeggiata e via si passa in Finlandia arrivo a Rovaniemi alle 23 penso di trovare babbo natale sveglio ma purtroppo stava dormendo quel po\po di consumismo che ci gira intorno è completamente sbarrato, visto che c’è ancora luce proseguo mi fermo verso le 24 è giorno area di servizio prato pianto tenda battaglia con zanzare giganti foto in notturna paesaggio e nuvole stupende silenzio rumoroso.
Tre ore di sonno ristoratore e si riparte rifornimento colazione alla finlandese e via, verso capo nord strade deserte poche macchine molti camper ,4 renne spelacchiate che attraversano la strada e sembrano messe dall’ente del turismo finlandese x i turisti. dopo tre giorni di sole inizia a piovere bene, la meta si avvicina rifornimento sotto una pioggia ghiacciata x arrivare in sicurezza al globo.
Piove sempre di più tira un vento che sposta la moto la foschia lambisce la strada rombo del motore perfetto ,prima di affrontare il tunnel sotto il mare mi accorgo che le frecce e il clacson non funzionano più e che il faro manda una luce sempre più fioca che fare? Intorno il deserto bufera di pioggia nubi sempre più basse ghiaccio in lontananza ,e se l’alternatore non carica corro sino a che tiene la batteria poi mollo la moto e torno in autostop. Inizia il tunnel mi accodo dietro un camper a distanza di sicurezza e inizio a scendere nelle viscere della terra i pensieri si sovra pongono velocemente e se si ferma nel tunnel? Come fanno quelli in bici o a piedi che ho trovato lungo la strada? il tunnel diventava sempre più buio e freddo, confesso ho avuto timore ma mi sono detto che la vecchia non mi avrebbe mollato e se fosse successo non mi sarei incazzato sono partito da casa con lo spirito leggero “quel che succede succede” si prende tutto con filosofia.

Finalmente fuori dal tunnel ma mi aspetta una pioggia e un vento che mi sembra ancora più forte , da bora di trieste, manca una trentina di km tra tornanti ,vento che sposta la moto e freddo che entra nelle ossa ,incrociando le macchine o i pullman che scendevano bisognava fare molta attenzione, gli ultimi km non finivano mai,poi all’improvviso un casello dell’autostrada ti si para dinanzi pago passo parcheggio e mi avvio verso il mappamondo CI SONO ARRIVATO bagnato fradicio infreddolito stanco ma soddisfatto, foto di rito e poi al caldo perché il vento soffiava sempre più forte o almeno mi sembrava.
Al calduccio finalmente rifocillarsi e scaldarsi sms al meccanico ettore del problema moto, risposta velocissima fusibili saltati, rigirata e foto al mappamondo fumatina e poi via a cambiare i fusibili mi sembrano tutti a posto ne cambio due a caso e come x incanto la luce funzione non cosi le frecce, embè viaggeremo senza frecce ,sollevato e sempre più bagnato mi accingo a lasciare quel sasso tanto desiderato ma inospitale .riparto con lo stesso tempaccio della salita e penso ho quasi 60 anni con la moto fanno 100 sono partito da padova 4 giorni fa e alle 18 sto scendendo da capo nord avendo vinto la scommessa con me stesso.
TOTALE KM PADOVA NORDKAPP 4250.
Non funzionano le frecce ma il resto è ok, pensavo di incontrare qualche italiano ma targhe italiane non ne spuntano, x fortuna non soffro di solitudine. Il motore canta che è un piacere si scende facendo ancora più fatica che in salita ma mi sento leggero leggero e mi dico stasera niente tenda dopo tanto vento e pioggia al primo albergo mi fermo doccia bollente pasto passeggiata a mezzanotte come fosse mezzodì fumatina decisione tragitto x l’indomani e poi a letto in un albergo senza lode ma con tanta infamia caro come un 5 stelle in italia.
La meta e stata raggiunta , decido di scendere dalla Norvegia giro fiordi, sempre purtroppo sotto una pioggia incessante e siamo a martedì, paesaggi stupendi viste mozzafiato freddo e vento, norvegesi che campeggiano in mezzo al nulla più assoluto venditori di souvenir che spuntano da una curva nella solitudine totale,e si va via fiordi tra lavori in corso x rendere una strada normale in qualcosa di più sofisticato i paesi e i villaggi si susseguono tutti uguali anonimi ma lindi puliti e silenziosi .
Sosta a 4800 km x controllo olio x sicurezza il livello è lo stesso della partenza quindi tutto a posto ,piove piove piove arrivo in un paesino anonimo mangio e dopo altro giornata di pioggia cerco un albergo caldo caldo,purtroppo ancora più caro dell’altro ,poche ore di sonno fumatina ricca colazione e si parte ,fiordi fiordi e ancora fiordi un po’ mi sono venuti a noia e riscommetto con me stesso”dopo tanto freddo voglio essere a padova x sabato così domenica vado a crogiolarmi al caldo.

Corro sino a che ce la faccio area di sosta prato tenda poche ore di sonno ricca colazione e via verso Oslo direzione centro come arrivo in centro la moto non rende bene oddio non è una moto da città, e mi accorgo che si è allentato un tubo di scarico sosta x raffreddare tubi avvitamento e si riparte direzione Goteborg x Frederikshavn traghetto alle ore 16, ma l’avvitamento non regge che fare? altra sosta, cercare pezzo di ferro x legare ghiera tubo scarico trovato x caso una fascetta fissata sulla testa e via un po rumoroso ma efficace.
Ore 20 traghetto Goteborg si traghetta in Danimarca caffè con moca con motociclista finlandese che vive in spagna cena e poi via in strada tenda fumatina poche ore di sonno e si riparte, si riattraversa la Germania sosta sopra monaco riposino 4,30 sveglia 5 pronto x partire messaggino a Ettore arrivo prima della chiusura aspettami .
Sabato mattina ore 12,20 arrivo di fronte officina di Ettore pietrone via padova Bovolenta meccanico di moto con una certa età ,km 8720 percorsi padova capo nord-Bovolenta giorni 8 1\2 stanco ma soddisfatto, vestito come arrivassi dal polo nord.
Un viaggio da fare magari con più tempo ma assolutamente da fare…….

Uinterparti 2013: commenti

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uinterparti 2013

Video di Anima Guzzista
Born to be wild

Chitarra

uinterparti 2013 – Nello
Video di Antoncave
Seiesimo Uinterparti 1

Seiesimo Uinterparti 2

Seiesimo Uinterparti 3

Foto

Album di Anka su Facebook(occorre essere registrati per vederlo)

Album di Antoncave

 

Commenti

cipo

vi amo bastardi!!!!!!!
come sempre è stato un successo!!!!
ma non ho capito cos’è il fisting????? pandora mi fai un disegno????

Maelganis

Rientrato ora,è incredibile come ogni uinter sia un’esperienza unica,e quello che lo rende così sono mille piccoli particolari ed esperienze irripetibilie
siccome come sempre non sono un granchè a scrivere passo solo a ringraziare:
Il Verde,sempre perfetta cornice dell’evento e luogo incantevole
Il locale “Alvi” per il buonissimo pranzo del sabato
Stefano della Millepercento per avermi fatto sedere sull’MGS e per le mille spiegazioni che solo un concessionario costruttore può dare
Lo shop della Guzzi per la bellissima giacca che indosserò per i prossimi 100 anni 😀
Goffredo e Daniele, perchè anche solo a sentirli parlare ho imparato un milione di cose
Il presidente per la sua passione immensa che rende possibile tutto questo
la vice presidentessa per la sua pazienza immensa che rende possibile tutto questo :clap:
Nello…perchè è Nello,Grazie di esistere!!!!! :volemose:
La Band per la grande musica,le canzoni,gli assoli,la tastiera leopardata,la chitarra alluvionata….E mille altre cose che li rendono unici
Scurzon per Born to be Wild,che mi è piaciuta più dell’originale,e la performance di altissimo livello,Grazie
Skleros per il passaggio e la pazienza,anche se sei per metà francese sei un grande!! :volemose:
La gentile consorte per il duetto “Simpaty for the Devil” grazie infinite! :ok:
La gurdia della fabbrica che ci è venuta ad aprire…Mi è sembrato di entrare a casa di un vecchio amico invece che in una fabbrica
Il Monza per il più bel complimento che mi sia mai stato fatto
E poi…e poi Beppe,Pandora,Pandoro,Lino,Tatiana,Cipo,Mario,Daniele,Anka,Francesca,e tutti voi…Siete Grandi…Grazie ancora una volta!

BeppeTitanium

Nonostante l’influenza (che ha scassato molto), non si può mancare al Uinterparty
Non si può raccontare, si può solo vivere!!
Ma ‘st’Anima Guzzista quanto è ….. IMMENSA!!!
Grazie a tutti, non vi posso nominare uno a uno, ma una nota particolare a Skleros è doverosa: pur essendo (anche) francese … direi che si merita di essere un Guzzista!!
Finalmente posso cambiare l’Avatar (anche se la differenza è sottile :rollin )
Chi c’era sa, che non c’era deve e può solo immaginare chi sia la mia controfigura 😉 :b

Grazie a tutti

P.S.
Ma perchè non facciamo un doppio appuntamento Uiterparty 1 e Uinterparty 2 ???

nuradler » domenica 13 ottobre 2013, 17:48

Serata bellissima e piena di emozioni è sempre bello partecipare ,rivedere poi qualche amico convalescente mi ha fatto immenso piacere

Un grazie a tutto lo staff e a tutti i partecipanti, uno in particolare …quel …ormai famoso… e navigato Guzzista ..ANDREA LIVIO , che ho fatto alzare o per meglio dire … sgombrare dal tavolo, perché aveva messo le sue cose…era in moto… sulla sedia che avevo riservato ad un partecipante..non sapendo chi fosse , con garbo ho chiesto se scriveva sul forum.. lui mi dice..con una calma da filosofia zen.. non conosco nessuno …sono qui per unirmi a voi dopo due anni in giro per il mondo in moto e + di 100k km fatti con la Guzzi Stelvio …..

poi sempre molto serafico e garbato mi porge un cartoncino tipo brochure con tutto il percorso mondiale che ha fatto in moto ….

Sulla brochure c’è anche un link molto bello dove si ammirano gli eventi del mitico viaggio con foto e filmati.

http://www.stelvio2stelvio.it

Azz…. scusa Andrea :volemose: sono stato veramente felice di conoscerti e spero di rivederti tra di noi in AG,
poi la presentazione di Goffredo ha fatto il resto.
Grazie a tutti, un arrivederci e felice di aver partecipato.

Goffredo

Al solito: le parole non renderebbero giustizia all’evento.
dico solo GRAZIE allo staff per avermi assecondato nell’unica data libera che avevo! :volemose:
Grazie alla band più figa dell’universo mondo! Rompere una chitarra custom made di Enrico… Per tutto il resto c’è mastercard… :asd: :volemose:
Ah, poi però mi sono dimenticato però due cosette: un grazie alla MPC per l’accoglienza al sabato mattina e per la pazienza!
Un inchino al grande Ettore che si è di nuovo superato con il gesso della Le Mans 850..

Poi volevo istituire una sorta di Swat Team Anima Guzzista dedicata agli eventi: no dico ma vi pare possibile che si faccia un uinterparti senza Tatuato? Senza Gasgas? Iko? Vladi? E… non li dico tutti ma c’erano assenti pesanti (intendevo metaforicamente, non solo Fange!).
Che non accada mai più: ve mannamo i ninja a rapirvi.

E poi porca zozza: Un brindisi per Giovanni, Mirko e gli altri amici e fratelli che ci hanno lasciato. Mi ero ripromesso di dedicargli sempre un momento, me lo sono dimenticato :wall:

Scusa Claudio, fratello mio che te sei andato il giorno del primo uinterparti, questa è per te e la canteremo al prossimo:

My baby was there, she shown me the way,
I promise I’ll never let your memory fade away
Wherever we’ll go, you come along, there’ll always be a bike for you
Whenever we’ll raise our glasses, that’ll be a toast for you
And in the end because of you, I’ll understand at last
The meaning of that poetry that we printed on a t-shirt
Just because it sounded cool:
We few, we happy few
We few, we happy few,
We band of brothers

Un abbraccio a tutti e a tutti grazie di essere Anima Guzzista.

G&F
PS: Uinterparti bis a gennaio? parliamone…. 😉

Tonirag

La colonna Romana è rientrata a casa.

Ovvero Tonirag, Artack, Nello e la tenda ritrovata (‘tacci sua… :b )

che è diventata la nostra mascotte…. :asd:

E siccome la sempiterna pioggia di Mandèl anche stavolta ci ha

disintegrato i maroni, proporrei caldamente un soleggiato SpringParty…. :ok:

A presto per qualche commento.

Che figata!!
innanzitutto grazie al sempre grande Guzzirock e la bend, Goffredo e Fra spettacolo sempre garantito
Carla e Aidan che ci hanno dato una mano tra gadget e iscrizione, il concessionario Millepercento, la Moto Guzzi, Scurzon che non la dice tutta, Tatiana e Pierluigi, Licio bello il pezzo nuovo, Anka, Andrea Livio… tutti, tutti, tutti. Sì, vien voglia di replicare…

Poi, infine, il numero uno, la sintesi suprema della minchitudo:
http://www.youtube.com/channel/UCMxRwqlU2a56G1_VuPUwA8Q

(domani altri video)

V
Alberto & Rosella

Anka

beh che dire, dopo l’incontro di primavera in Toscana, quest’anno avevo deciso di non mancare assolutamente all’ Uinterparti. (l’anno scorso era saltato all’ultimo giorno ahimè)
come alcuni sanno per non farmi mancare niente sono partito venerdi dal primo pomeriggio in moto, per poi ritornare sui miei passi appena un’ora dopo la partenza per problemi alla mia amata 850T. (cosa che peraltro non ha fatto che rafforzare il mio anno orribilis in fatto di sfighe certificato anche dalla targa ricordo che mi avete donato)

sabato mattina visita alla millepercento, bella colazione offerta dai ragazzi e curiosata alle moto in mostra nel loro bellissimo spazio.

sono salito sulla MGS01 e la Alba, beh che moto ragazzi!!!

fare il giretto in auto non è proprio come passeggiare sgroppando sulla mia Guzzi in giro per le valli!!!

pranzetto veloce da Alva, una sorta di rosticceria formaggeria negozio guazzabuglio dai mille odori e sapori.

visita di rito al museo Guzzi e al negozio per alcuni acquisti

partenza direzione Al Verde per prendere possesso della camera dove già si erano sistemati i miei compagni di stanza, Maelganis e Beppino.

poi la serata la conoscete tutti, risate, racconti, minchiate da guzzisti, magnata e grazie anche a 5 birrette una mia performance canora da pelledoca, (nel senso più dispregiativo del termine) poveri voi.

mi sono trovato proprio a mio agio tra amici non solo più virtuali, e non posso non dire che aspetterò con ansia il prossimo incontro, al quale spero di conoscere il fantomatico Tatuato del quale tutti voi narrate le gesta. (ma esiste davvero?)per adesso mi sono accontentato di prendere il suo posto a letto con BeppeTitanium che anche complice il suo malanno non mi ha fatto chiudere occhio, mannaggia a lui e al trattore Landini che ha in corpo.

un saluto e un ringraziamento ad Alberto the President, Rosella e allo staff tutto per la targa Quadrifoglio della quale sono stato insignito, (mia moglie stà ancora ridendo dalle due del pomeriggio), ad Enrico e la Band per avermi lasciato rovinare la storia della musica, Nello, Scurzon (che bella sorpresa), Maelganis, Backstreet, Lino, Aidan, Ticcio, Tonirag e tutti quelli dei quali non conosco e non ricordo il nome, Goffredo e la Francesca che mi hanno fatto compagnia fino a Milano nel viaggio di ritorno.

GRAZIE

Anka.

Macio

Grazie a tutti, anche da parte di Antonella, il Macio jr, fratello, cognata, amica e relativo bimbo. Ci siamo trovati benissimo come sempre, il solo cruccio delle assenza storiche, speriamo sia la prima e ultima volta.

Grazie anche per l’immeritata targa, inaspettata quanto gradita.

Vi lovvo tutti!!!

antocave

A Mandello durante l’anno ci sono moltissime giornate di sole, 😀
ma se si prospetta un qualsivoglia evento guzzista…
si aprono le cateratte del cielo, arriva il vento gelido del nord e chi più ne ha più ne metta

Anche stavolta nonostante fosse ottobre
Uinterparti era e WINTER è stato!

In ogni caso è sempre fantastico ritrovarsi tra vecchi e nuovi amici

Skleros

Che dire ragazzi che non abbiate già scritto… 😀
Anche se sono a casa con l’influenza (ricordo dei baci appassionati con il grande BeppeTitanium ) è da ieri che ho un sorrisone stampato in faccia che non va più via!
Conoscervi di persona mi ha reso ancora più fiero di considerarvi la mia famiglia e ancora più convinto di aver condiviso con voi le esperienze più importanti (positive e negative) della mia Vita!
Mando un grandissimo abbraccio commosso di gioia ai “Pandori”, BeppeTitanium, Maelganis, AgenteWilma, TotoGigi, Guzzirock (+tutti i musicanti, le/i cantanti e coriste/i), la colonna romana, e tutti gli altri con i loro volti ben scolpiti nel mio Cuore :foryou: …ma proprio tutti eh!!!
Non vorrei cadere nel melenso ma una cosa fatemela dire: VI VOGLIO BENE!!!

P.S. A furia di insistere e grazie al vostro “lavoro ai fianchi” mia moglie forse forse si è convinta per la Bellagio infatti mi ha detto “guarda pure se trovi un’occasione”!

TATOoine

Ciao 🙂
io ho vissuto con voi solo … il venerdi sera e il sabato mattina
e posso solo immaginare il resto

grazie per la compagnia a cena, per lo spettacolo dopo cena, per …. com’è il California?
grazie a tutti

p.s. mi permetto di far notare che Nello stava “armeggiando” con la tenda in compagnia femminile

Pandora

I Pandori sono tornati a casa sani e salvi con il Bestio ed Eugenio.

Mi sa che eravamo quelli in moto da più lontano.

Vraaaaaaaaaaaaaa

Parlo anche a nome del Pandoro nel ringraziarvi e lovvarvi cosmicamente.

Solo alcuni appunti:

A- Io mi faccio tutti i raduni guzzisti del mondo (“mi faccio tutti i raduni”, non “tutti i guzzisti” :b ) e appena il Pandoro si compra una Guzzi lo premiate?

B- Da “Due guzzisti e un camper” a “Un guzzista e una tenda”, resta sempre protagonista indiscusso Nello.

C- Cipo credeva di sapere tutto, invece… Grazie a IlMario.

D- Grazie ad AgenteWilma di tutto.
A presto per tutto il resto.

Renato
E che dire se non GRAZIE a tutti ? 😀

La mia iscrizione al forum risale al 2006 (quando avevo la prima Guzzi da 3 mesi scarsi), ma solo quest’anno, dopo essere passato alla Norge, ho cominciato a vivere Anima Guzzista nella realtà, coi giri organizzati più o meno al volo e più o meno lunghi (da 80 a 640 km…), qualche aperitivo e, dulcis in fundo, il Uinterparti in versione autunnale.

Devo un grazie particolare ad Aidan :foryou: : nei girelli primaverili varesotto-lariani lanciati da lei ho conosciuto, tra i primi, Backstreets, ilmitico, Diegodelson, Aires, e via via tutti gli altri nelle diverse occasioni che si sono create durante l’anno.

La Guzzi crea dipendenza. Anima Guzzista… ne crea di più.

Diegodelson

Grazie a tutti !!!

Ero un po’ fuori forma, ma è stato bello rivedervi tutti :volemose:

Mi spiace solo di essere stato limitato dall’influenza .. nell’interagire con tutti
Vi abbraccio
a presto

Scurzon

anche da parte mia un grandissimo grazie a tutti

e ora posso dirlo
anzi, posso dirla tutta
addirittura posso anche cantarla tutta:
mi è piaciuto e mi sono divertito parecchio
è stato bello bello bello

essendo io particolarmente timido, quando sto in mezzo a molta gente sono un po’ in difficoltà
cerco di rimediare con lo humour
che però è molto mio e molto elvetico
per cui a volte funzia a volte ti trovi gente come Nello che ti guarda con espressione stralunata,
come a pensare: ma che è scemo questo?
e un po’ c’hai ragione di sicuro

per me sono anche stati 2 giorni senza accesso web
ora, di nuovo a un pc, vorrei ringraziare in ordine sparso quelli che mi vengono in mente
e già mi scuso con chi dimenticherò

Tattoine, che sa solo lui il nome del paese dove vive …
Nello con la mastercard per lo show della tenda …
Toni il cui humour va vissuto dal vivo per capire poi cosa scrive nel forum …
Artack attrattattacck per la grande simpatia e per lo stupore per mangiare un piatto sconosciuto fino ad allora (ma che è ‘sta robba?? PIZZOCCHERI !!)
Ledzep … che addirittura ci somiglieremmo …
Skleros e Artack per l’approfondimento scentifico sulle sigarette elettroniche …
Pierluigi, Tatiana, Andrea, Francesca per la simpatia …
Pandora per avermi aspettato quando tutti sono sgommati dopo una sosta di 10 secondi …
Pandora per il concerto del Nevada nelle gallerie …
Pandoro per il miglior sosia di Elvis del Uinterparti …
Scarface per avere illuminato gli ignoranti in merito al V11 …
Mek per i Veglia Borletti del Cali …
Beppe perchè esiste solo una moto al mondo … la sua !!!
Giako che come me aveva voglia, tanta voglia di km in sella …
il griso arancio per aver scelto me per scaricarmi adosso tutto il suo bagaglio che poi si è sciolto sulla marmitta …
Linolemans il condottiero che voleva portare il gruppo per pascoli …
Totogigi, il capitano, per richiamare all’ordine Linolemans con la dovuta autorità …
Ticcio per essersi offerto di ospitarmi nella sua magione per la notte …
Backstreets e (mannaggia, quando un nome non mi entra in testa c’è poco da fare) per il giro supplementare a Civenna ..
Goffredo per la tolla immensa che ne avessi la metà io …
Anka e Backstreets per gli uuuuh uuuuh su sympathy for the devil …
La moglie di Skleros per quanto canta bene … ma che non è facile quando i pezzi non sono nella tua tonalità …. ma sopra tutto perchè leggo che le piace la Bellagio :ok:
Guzzirock e la band per avermi permesso di fare una schitarrata insieme …
Ray Manzarek alle tastiere che ha scoperto che non è solo al mondo a conoscere Django Rheinard …
Tutti quelli che si sono complimentati per il delirio chitarristico … non sono abituato ai complimenti … grazie a voi …
Renato per il Montenegro e per aver resistito al wall of sound da stadio …
Antoncave per la presenza continua e per fotro e video … tenchiu so much …
Andrea Livio che sarà anche più timido di me che non so chi è lo saluto due volte ma non mi risponde … ma poi arriva a scroccare le sigarette :asd: …
e ancora Giulio, Luca …
quelli che erano malaticci ma non son voluti mancare a tutti i costi …
quelli che la Bellagio ce l’hanno …
quelli che la Bellagio la vorrebbero …
quelli che c’hanno il centauro …
quelli che c’hanno centauro e bellagio …
quelli che ho dimenticato …
quelli che non ho conosciuto e sarà per un altra volta …

Sharp dressed man era per … Beppetitanium, perchè ci vuole un certo look …
Born to be wild era per … tutti selvaggi …
wish you were here era per … tutti quelli che non hanno potuto esserci

domenica rientro in solitaria
3 ore sotto l’acqua
anche questo l’ho apprezzato enormemente

grazie, grazie, grazie e alla prossima

MEK1

Ecchime, ho “fatto solo” il giro del sabato pomeriggio, ma come sempre è superbello rivederti tutti….o quasi
Al prossimo sarò presente anche per la cena …….ciao belli….

E la Guzzi logora chi non c’è l’ha ………..

Grazie a te! Di cuore

CapMarvelJr.

E ribadisco: ‘STI CAZZI! Che voce, accidenti! E che stile!

E aggiungo: GRAZIE A TUTTI!!!

E auguri al presidente, visto che non glieli ha fatti nessuno

P.S: Propongo una petizione: vogliamo AgenteWilma come PRESIDENTE INTERGALATTICO!

Come si sbatte lei non si sbatte nessuno (e non me ne vogliano gli altri)

ilmario

😀 poche parole ma sincere GRAZIE !!! a tutti e stato come sempre,ovvero molto bello x i maschi un grande abbraccio e alle femmine un grosso bacio :kiss:
ciao a tuch

V-007

Bello come sempre, vorrei dire di più ma non ne sono capace.
Un saluto ed un abbraccio a tutti!

Mingus tra i minkions, grazie Guzzirock!

matte73

E con grande felicità posso urlare…….io c’ eroooo!!! grazie a tutti, tutti grandi

Pandoro

In ritardo ma arrivano i ringraziamenti sparsi anche dal Pandoro.

L’Uinterparty è sempre L’Uinterparty!!! Evento mitico in un posto altrettanto mitico, ( Il verde a Mandello), con un tempo unico (Piove sempre)!

Emozionato e felice per aver riportato a “casa” per la prima volta la mia Guzzi e altrettanto per aver rincontrato i vecchi amici e averne conosciuto di nuovi.

Un grandissimo grazie a tutta Anima Guzzista per il solo fatto che esiste e “vale!!!” e anche per il premio assolutamente immeritato.

Un grazie estremamente particolare e sentito (vraaaaaaa) alla Pandora $:-}8 ! Senza di lei non sarei tra voi e giustamente non avrei vinto il premio.

Speriamo ci sia presto l’occasione per ritrovarci tutti insieme.

Salutoni!

Igor alias il Pandoro

Aidan

Scusate il ritardo, ma volevo postare una foto e nonostante abbia fatto l’upgrade ai capelli, ho avuto i tipici problemi da bionda. $:-}8

Che dire?
Sinceramente non ho parole.
Non mi aspettavo il premio
http://imageshack.us/a/img826/8257/dp7b.jpg
In fondo non ho fatto niente per meritarmelo se non fracassare la moto su un apecar quasi fermo, in sorpasso. Ma si sa: la classe non è acqua

Grazie a tutti per la bella serata, in particolare grazie a Rosella che ha molto insistito per farmi partecipare nonostante io nicchiassi, e a Beppe che ci ha messo del suo. Ero un po’ scoraggiata per le condizioni della mia mano che migliora molto lentamente e parlare con Ticcio mi ha fatto bene… Perchè è vero che condividendo le sfighe, sembrano pesare un po’ meno.
Sto facendo riabilitazione ed è una cosa dolorosa. Per rendervi l’idea, è come schiacciarsi le dita in un cassetto.
So che va fatto e che se anche ora non vedo progressi, li vedrò presto. Ho solo bisogno di tempo per convincermi.

Sabato è stata una serata di ordinato (non certo ordinario) casino degna di AG. Si è sentita purtroppo la mancanza di alcuni pittoreschi soggetti, ma mentirei se dicessi che i presenti non hanno comunque dato il meglio di sè.

Mi sono divertita un mondo a vendere magliette e spero di poter praticare ancora questa attività in futuro. Mi sono anche fatta autografare il libro d’argento da Goffredo, posso chiedere di più?

Confesso che sono fuggita prima del gran finale, ovvero prima che il BAR venisse ufficialmente aperto. Ero molto stanca e atrocemente raffreddata. Ma me ne sono un po’ pentita. Mi ha fatto davvero piacere rivedervi tutti.

In questo ultimo periodo sono stata un po’ assente dal forum. Avevo bisogno, come si dice, di riordinare le carte sparpagliatemi dal vento.
Magari adesso ritorno.
Piano piano.

A.

PS: scusa Pandora se per avere un premio a me basta fare un volo tra gli alberi e tu invece sei costretta a scarrozzarti dietro il Pandoro, non è mica colpa mia!

Carthago

Tenchiuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu
Per rimanere in tema di UINTERPARTI, grazie a tutti, mi ha fatto piacere rivedere persone convalescenti e non, è sempre bello ritrovarsi.
Grazie per la bella serata, anche da parte di mia moglie e mia figlia, anche se sono rimaste poco ad assaporare le prelibatezze del Verde, sempre all’altezza della ristorazione guzzista.
Grazie ai musicisti, sempre pronti e bravi, ma mi sono perso la performance di Scurzon.
Grazie in particolare al Presidente, Goffredo e Rosella. ( DIETRO AD UN GRANDE UOMO, C’E’ SEMPRE UNA DONNA CHE … )
Alla prossima.
Luca

fighter

Un saluto ed un ringraziamento alla “famiglia” di Anima guzzista che nel Uinter party il mio compare guzzista (che da domenica chiamo per scherzo..”zainetto fumante”… griso arancione ) ed io (V11 bianco) abbiamo conosciuto ed apprezzato. Un grazie anche alla organizzazione. Alla prossima, sperando che il tempo ci assista infatti dopo le GMG 2011 e questo ultimo week end, noi Mandello, o la strada per arrivarci, l’abbiamo vista sempre sotto l’acqua CIAO

P.S. domenica mattina sulla serravalle sotto l’acqua.

Greta

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immagine-racconto

di Grigiotopo

 

Questa è una bella storia con un lieto fine. Ieri ero impegnato in un bel giretto con dei guzzisti smanettoni. Dico impegnato perché per stargli dietro con il mio Cali T3 del ’75 ho fatto un bel po’ di fatica. Tant’è, abbiamo fatto sera e via via il gruppo scemava. Un bivio, un colpo di clacson e via che il gruppo diminuiva. Sulla via del rientro, con già il sole basso, mi perdevo a guardare la mia ombra sull’asfalto, con la ruota che girava. La degna conclusione di una giornata coi fiocchi, con le minchiate che solo un gruppo di animeguzziste sanno dispensare con tanta abbondanza. Freccia, ed ecco che il capofila accosta per un’ultima sigaretta. Rallento, scalo 1, 2 marce, scalo la terza ed il bilanciere si affloscia come una medusa al sole. Uh oh.
Guardo gli altri con lo sguardo tipo labrador della scottex. Capiscono che qualcosa non va. Subito si forma un capanello di espertoni meccanici, ma la diagnosi è rapida e dolorosa. Un braccetto del leveraggio del cambio ha deciso di crepare lì, a San Casciano , a fianco di una panchina, con l’ora già tarda, ma sopratutto a 54 chilometri da casa.
Mentre mi sdraio per terra, nella più meccanichesca delle pose, gli espertoni di cui sopra iniziano il valzer delle ipotesi. Si va da suggerimenti sulle più estemporanee riparazioni, al prelievo con carro attrezzi, al deposito forzoso nella vicina casa di una AnimaPiaGuzzista, al trasporto con elicottero, alla baratto del bestio con una tenda, all’accampamento sulla panchina per una improvvisata Oktoberfest.
Mentre, tra una Madonna e l’altra, io sto valutando la scelta tra Oktoberfest e l’elicottero, nel frattempo il gruppo aumenta. Guzzisti che, visto un loro fratello sdraiato con le mani sulla moto, si fermano e nella migliore tradizione Italiana, secondo la quale siamo tutti CT della nazionale, si fermano e dispensano consigli. Il capannello aumenta, gli accenti si mescolano e nel frattempo, il mio perno rotto è diventato un grippaggio, il cambio rotto, una ruota sgonfia, una scarpa slacciata, mio nonno aveva un Falcone.
Abbandono l’ipotesi Oktoberfest, a pagare da bere a tutti mi ci vole uno stipendio. Per l’elicottero è tardi.
Apro la bibbia che mi porto sempre dietro per cercare altre Madonne, ma in un versetto dei SS Carlo e Giorgio trovo l’ispirazione. “L’Aquila riportò sempre Zaccaria al tempio, egli, quando era colto da sventura, era solito rovistare nella borsa degli attrezzi per trovare aiuto e conforto”.
Mi riavvicino al Cali con rinnovata Fede, il capannello ha oramai quasi deciso che si tratta della famigerata molletta del V11. Mi faccio largo, apro le sacre borse laterali ed estraggo il borsino degli attrezzi. Lo apro e… miracolo… nemmeno un pezzetto di fil di ferro. Che guzzista del piffero sono. Adesso il capannello mi deride ed aprendo ciascuno la propria borsa degli attrezzi escono fuori, lime, salami, fiaschetti, cotton fioc, ma del fil di ferro nemmeno l’ombra. E poi il fil di ferro non basta, ci vuole un bastoncino, abbastanza robusto, per steccare il perno e permettermi perlomeno di inserire una marcia. Gia’, infatti la sfiga vuole che scalando dalla seconda sia entrato il folle, che a beccarlo alla prima nel mio Cali è più difficile che fare un numero di telefono a caso e beccare quello della Canalis, libero e libera anche lei per cena.
Ci vorrebbe un tubicino, esclama un vecchio canuto. Già, un tubicino rigido sarebbe perfetto, ma l’ora è tarda, è domenica e di ferramente aperte non ce ne sono. Parte il secondo valzer di perlustrazione nelle borse. Il bottino ammonta ad una lucertola, un peluche, un imbuto per damigiane e delle fascette.
Le fascette possono sostituire il fil di ferro, ma il tubicino?Arrivano ancora motociclisti, ed ogni volta occorre rispiegare tutto, confesso che mi sembrava di essere nel Monopoli, Imprevisti, arretra di dieci caselle e attendi 2 turni. Intanto le romantiche ombre lunghe erano ormai sparite… sta facendo buio penso ed urge tornare al tempio per i vespri.
“Va per le piazze e per le strade a diffondere la buona novella” Omobono 30, 12.
La bibbia mi viene in aiuto. Decido che è giunto il momento di chiedere supporto alla popolazione indigena. Scatto con un vermiglio V11, accompagnato da un guzzista, presso un gruppo di case vicine. Il compagno guzzista mi indica una porta, schiaccio un campanello.
La serratura scatta, la porta si apre. Entriamo e sulla destra un bambino che gioca col suo Gameboy non si cura di noi. Nell’altra stanza una donna indaffarata a pulire.
Che merda sarà suo marito penso, lei qui a sgobbare e lui al circolo a vedere la partita.
La donna si volta e dice, ciao amore. Mi sbagliavo, il marito non è una merda, e non è al circolo. Era in moto con me, dalla mattina.
Dopo i convenevoli di rito ci mettiamo alla ricerca del tubicino. Purtroppo la sfiga ha voluto che il guzzista non avesse in casa nemmeno un cacciavite. La cosa più vicina ad un attrezzo era una curiosa farfalla vibrante in silicone, utile in certi momenti, ma inutile per il mio frigido cambio.
Il tempo scarseggia, ho già in mente il lungo viaggio che mi attende, forse con una marcia sola, magari la seconda… o la terza. Le sole che permettano al Cali di partire da fermo, specie se zavorrato da 120 chili di panzuto bipede toscano.
Mentre la disperazione a grandi passi si sta facendo largo nel mio cuore di fedele, la donna, l’unica ancora con i nervi saldi, esclama: “Questa puo’ andare bene? È la cerbottana di Greta?”
Greta… le parole mi suonano come miele. Capisco che è fatta. Tuttavia è curioso penso, in questo villaggio anche le giovani femmine sono dedite alla caccia… ma che diamine… SIII!!!! La cerbottana altro non è che un tubicino di alluminio, appena più grande del necessario, ma si può e deve adattare. Penso che la fortuna inizia a girare, ma ancora una volta mi sbaglio. La donna esige un pagamento per la cerbottana, dopo una breve contrattazione gli lascio il guzzista, con casco in carbonio e tuta di pelle. Un affare mi dico.
Torno dal Cali, dove il gruppetto ancora discute. Hanno chiamato Murri, Scola, Letta, Scalfari, Bergoglio. Quest’ultimo non l’hanno chiamato, ha chiamato lui come da tradizione, allertato da Murri.
Iniziano alacri le operazioni di riparazione. La cerbottana viene tagliata alla giusta misura con una lima da unghie, sul marciapiede, mentre sulla panchina si affetta un salame.

Un po’ di grasso sulle mani, un po’ di sporco sui polsi. 2 fascette. 1 fetta di salame e l’archibugio è pronto.
Una rapida prova ed appare subito chiaro a tutti, tranne a quelli già in overdose per le emosuine del salame, che la cerbottana fa il suo dovere… permettendo di salire di marcia, ma le fascette non reggerebbero alla pressione del mio 46 a pianta larga per scalare. Maledetta carenza di ferro… di fil di ferro.
Si prospetta un mesto ritorno in 3 marcia… ma sarò comunque al tempio prima di notte fonda. E così, come i 3 re magi, monto sul mio CaliCammello e lo avvio. Una pressione sul bilanciere e la seconda entra senza esitazione. I guzzisti intorno sono euforici e da sotto una sella esce un prosecco. “Lo tenevo per un’occasione del genere”, dice un guzzisto con accento Pisano.
Ma io ormai non penso alle bolle, immagino l’ingresso del tempio davanti a me, sgasso, tengo su i giri ed in una fumata grigia di olio come le frecce tricolori, decollo, tra guzzisti brilli e le luci della sera ormai avanzata.Il ritorno è stata un’avventura. 1 ora e venti tra stop in salita da bestemmie, vecchini che saltano gli stop, partenze bruciafrizione e 20 chilometri in superstrada a 60 all’ora, scortato dal guzzista canuto e con un’occhio al contagiri ed un pensiero alla piccola Greta, al quale ho sottratto la cerbottana senza nemmeno chiedere il permesso e senza nemmeno conoscerla.
Adesso sono a casa, il pezzo è già stato rifatto dal mio affamatissimo carpentiere di fiducia (lo pago in cene di pesce), e tutto è bene quel che finisce bene. Qualcosa mi manca però, ho la cerbottana di Greta senza la possibilità di sdebitarmi in modo adeguato, alla fine quel pezzetto di alluminio mi ha salvato le chiappe e non ho nemmeno la certezza che lei capisca l’importanza ed il valore di quel gesto. Allora le scrivo.
In mare, si è soliti dare alle barche nomi di donna, perché questo porta buon vento. Quindi ho deciso che del pezzetto di cerbottana farò un portachiavi e che da oggi il nome della mia moto sarà Greta, attrice anche se inconsapevole, di una storia di buoni amici e di sani valori. Forse adesso piccola Greta non capirai il succo di questa storia, ne tantomeno alcuni mie vaneggiamenti letterari, ma ti voglio ringraziare di tutto cuore e ti auguro di crescere con i sani principi che solo le animeguzziste ti garantiscono sempre.

Grazie ancora ed un abbraccio. Gianluca

Per dovere di cronaca
Grigiotopo nel ruolo del predicatore
Valtertre nel ruolo del Guzzista venduto per una cerbottana
TotoV11 nel ruolo del Canuto guzzista e dell’affamato carpentiere
Luca39, Reverendo e Zar75 sono stati il capannello
Guzzisti vari nel ruolo di comparse
Greta Veltre nel ruolo di se stessa

Tra Italia e Austria

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Tra Italia e Austria 5

Ovvero: 1660 km su e giù per le Alpi con la NORGE 1200
Di Renato, alias Renato

Tra Italia e Austria

Dopo alcuni anni in cui, per un motivo o per l’altro, non facevo più viaggi di qualche giorno in moto (ne feci un paio col V65 Florida, nel 2006 e nel 2007, poi solo uscite in giornata), presa la Norge, ho voluto prendermi anche il tempo di viaggiare di nuovo con un raggio d’azione un po’ più largo. Detto, fatto.
Ecco un piccolo resoconto e qualche foto (l’album completo è qui: http://flic.kr/s/aHsjHxTF4A ) del mio “Viaggio tra Italia e Austria, ovvero 1660 km su è giù per le Alpi con la NORGE 1.200”.
 

Domenica 11 agosto 2013, km 253
Un rientro fin troppo tardo da Verona (sono andato ad assistere ad “Aida”, all’Arena, sono rientrato alle 5.15!) mi costringe a riposare un po’ e a partire solo nel primo pomeriggio: sono quindi le 13.30 do domenica quando sono pronto e accendo la moto. Il tempo è ottimo e non troppo caldo.
Parto da casa e passo da Ponte Tresa, Lugano, Porlezza, Menaggio per raggiungere la Valtellina, che mi accoglie con il suo nuovo ramo di superstrada che permette di evitare Piantedo e Delebio per sbucare direttamente a Cosio.
Risalgo tutta la valle, nella sua lunghezza quasi noiosa, e sono le 17 passate quando supero Bormio e salgo allo Stelvio. E’ una tappa doverosa: 10 anni fa, lo Stelvio fu teatro di uno dei miei primi giri “memorabili”. Allora ero con la mia Vespa PX125 del 1981, la cui velocità massima era, stante la marmitta ormai “piena”, di 70 kmh…
Sono in cima alle 18.00, foto di rito, panino e via! Scendo dal versante atesino per sbucare in Val Venosta. Mi fermo a Glorenza, la città murata, per una birra (festa in piazza con musica dal vivo!) e inizio a cercare posto. Trovo una stanza a Malles Venosta quando sono ormai le 19.30.

Tra Italia e Austria

Lunedì 12 agosto 2013, km 417
Il lunedì mattina mi accoglie con un cielo terso. Preparo il bagaglio, impego più del dovuto a pagare l’albergo per un malfunzionamento del terminale POS ma alle 9 sono comunque in marcia. Salgo verso il Lago di Resia. Una sosta a Curon Venosta è d’obbligo, con il suo campanile immerso nel lago artificiale. Pochi km ed entro in Austria: scendendo verso Landeck, mi fermo per il pieno e ricevo i complimenti da un motociclista austriaco stanco delle solite BMW (a proposito, ho incrociato decine di GS in tutto il mio giro…. e solamente 3 Norge…).
Esco da Landeck e mi dirigo verso Est, verso la famosa Oetztal, che risalgo in direzione del Timmelsjoch. La cima, a 2500 m, mi accoglie nella nebbia e fa piuttosto fresco. Ricordo dopo un attimo di avere le manopole riscaldate, così le accendo e non devo nemmeno cambiare i guanti: non sono ancora abituato a certi comfort, dopo anni con Vespa e Florida!
Arrivo a San Lorenzo in Passiria giusto per l’ora di pranzo. Vedo qualche moto ferma oltre il ponte e mi incuriosisco: c’è una birreria artigianale… aggiudicata!
Riparto dopo una buona pizza e un’ottima birra e salgo verso il Passo Giovo. Sosta di rito, qualche foto poi scendo verso Vipiteno da dove imbocco la strada del Passo Pennes. Lungo la salita assisto a un investimento di un capriolo, sbucato all’improvviso dal bosco mentre passava un’auto: fortunatamente non è stato preso in pieno, e subito si è rialzato ed è tornato sui suoi passi. Un bel monito: sempre massima attenzione e non esagerare col gas…
Arrivo in cima per scendere in Val Sarentino. Da lì scopro per caso una strada che sale a Vanga per portare sul bellissimo altopiano del Renon, dove ero stato in vacanza da ragazzino, nel 1997. Da Collalbo prendo per Barbiano, su una stradina strettissima quanto panoramica, e scendo verso la valle dell’Isarco.
Giunto a Ponte Nova imbocco la Val d’Ega per salire al Costalunga. La Val di Fassa, dove ho passato molte vacanze ciclistiche, mi accoglie con la solita coda del tardo pomeriggio. Il pieno a Canazei quando sono ormai le 19 e poi via, sui tornanti del caro, vecchio Pordoi. Scendo su Arabba per dirigermi a Selva di Cadore (BL), dove sorella, cognato e nipotini mi stanno aspettando, e dove arrivo poco dopo le 20. Poco prima di Colle Santa Lucia incrocio una Norge rossa, la prima delle appena tre che troverò sulla mia strada.

 

Mercoledì 14 agosto 2013, km 183
Dopo un giorno e mezzo passato in famiglia, riparto nel pomeriggio di mercoledì. L’intenzione è di entrare in Austria via Brennero e cercare posto da qualche parte tra Innsbruck e Mayrhofen, più o meno.
Scendendo dal Giau trovo la pioggia: mi fermo per mettere la cerata, che potrò togliere presto, una volta passato il Falzarego e Valparola. C’è traffico anche in Val Badia, e probabilmente i fumi di un vecchio fuoristrada, che ho dovuto tenermi “davanti” per parecchio, saranno una concausa di un mal di testa che non se ne andrà facilmente. In questo tratto incrocerò altre due Norge, una 8V bianca e una nera.
Percorro parte della val Pusteria, arrivo a Vipiteno e salgo in direzione Brennero. Sul confine mi fermo, mi copro un po’, compro la “vignetta” per l’autostrada (solo 4,80 Euro per 10 giorni!) e proseguo: sono le 18 ed è ora di cercare una “zimmer frei”.
Nella discesa trovo un posto di blocco della polizia: dopo un momento di imbarazzo su quale lingua usare, l’agente mi chiede in inglese i documenti di rito. Mi chiede cosa sto facendo e gli rispondo di essere in vacanza. Essendo tutto regolare, mi saluta augurandomi, con una gentilezza esemplare, buon viaggio e buon soggiorno in Austria.
Scendo su Innsbruck, attraverso la città e, dopo un paio di tentativi andati a vuoto, trovo posto alla Gasthof Schatz, a Hall in Tirol. Scopro dalle foto che è anche luogo di ritrovo di un gruppo di bikers, uno dei quali ha in garage un Nuovo Falcone ex polizia stradale.
Metto la moto in garage, ceno e vado a dormire. Sarà una notte un po’ tormentata, non sto granchè bene.
Tra Italia e Austria

Giovedì 15 agosto 2013, km 399
La sveglia suona comunque presto, le campane a festa ancora prima (alle 6!). Faccio colazione, preparo la moto, pago il soggiorno e poco dopo le 8 sono in strada. Seguo la statale attraversando Schwaz, Wattens e entro nella Zillertal. Mi fermo per il pieno prima di salire verso il Gerlospass. Sosta per un caffè “austriaco” ammirando il panorama prima di passare il casello e scendere verso Mittersill. Le strade di fondovalle sono molto scorrevoli e veloci (spesso il limite è di 100 kmh), così i trasferimenti passano in fretta. Arrivo a Bruck an der Grossglocknerstrasse. La mia meta principale di oggi è infatti la famosa strada alpina del Grossglockner, che avevo percorso solo in parte e sotto l’acqua, col Florida, nel 2007.
Pago il pedaggio e via! Ci sarebbe da fermarsi a ogni curva ad ammirare i panorami! Salgo in cima ma a causa del traffico evito di raggiungere il Biker’s point all’Edelweiss-Spitze (sarà una scusa buona per tornarci un’altra volta, no?), mi fermo giusto per qualche foto qua e là. Passo la vetta dell’Hochtor e poco avanti decido di fermarmi per mangiare. Una leggera e calda “gulaschsuppe”, una bottiglietta d’acqua e una pagnotta sono il mio pranzo di ferragosto: non è un pasto luculliano, ma mi aiuterà a rimettermi in sesto. In effetti, dopo mangiato sto decisamente meglio.
Scendo verso Lienz e devio per la Kaiser Franz-Joseph-H?he, che mi accoglie con un po’ di comprensibile traffico ma senza le nubi e la pioggia dell’altra volta! Splendido.
Lascio la superba strada alpina per arrivare a Lienz. Da lì decido di rientrare in Italia: passo da San Candido, Sesto/Sexten e salgo al passo Montecroce. Giunto ad Auronzo, mi dirigo verso Cortina, risalgo il Giau, dove mi fermo ad ammirare lo spettacolo dei “monti pallidi” al tramonto, e torno a Selva di Cadore, dove passerò la notte.
Tra Italia e Austria
Venerdì 16 agosto 2013, km 410
Si apre un’altra giornata splendida che mi vedrà percorrere la strada verso casa.
Un momento di gioco coi nipotini che per lo zio, martedì, hanno messo entrambi la loro bella maglietta “Moto Guzzi”! Sono così le 9.30 quando lascio Selva di Cadore. Su consiglio di mio cognato, scendo a Caprile per fare il pieno dove la benzina è la più economica della zona. Controllo la pressione delle gomme e prendo la strada che mi porterà di nuovo sul Pordoi. Ad Arabba c’è l’autovelox attivo, credo di non averlo “preso” (andavo a 50 e qualcosa) ma, anche se fosse, è tardi per rimediare, arriverà una letterina a casa… Salgo al Pordoi superando una coppia che affronta la salita su un cinquantino di quelli minimalisti: “giù il cappello” e saluto motociclistico di rito durante il sorpasso.
Dato il traffico, evito di fermarmi in cima e così anche sul passo Sella, dove accosto solo lungo la discesa per scattare qualche foto.
Scendo lungo la Val Gardena per sbucare a Ponte Gardena, attraversare Bolzano e imboccare la Strada del Vino: a Caldaro nacque nel 1919 la mia nonna materna, e questa regione fa quindi un po’ parte della mia storia familiare. Salgo al passo della Mendola, passato il quale trovo una pizzeria e mi fermo per il pranzo.
Riprendo la strada e proseguo verso la Val di Sole e il passo del Tonale. Mi fermo a Edolo per riposare e prendere un paio di bottigliette d’acqua fresca. Riparto salendo ad Aprica, scendo in Valtellina e litigo un po’ col suo immancabile vento. Ancora una fermata in cima al lago di Como per una birra, poi dritto a casa, dove arrivo alle 20.30 circa.
La Norge, al suo primo viaggio di più giorni, si è dimostrata una eccellente viaggiatrice, senza alcun complesso di inferiorità rispetto alle solite BMW o alle varie giapponesi.
Spesso, quando è parcheggiata, ci sono persone, sia motociclisti che semplici passanti, che si avvicinano per curiosare, alcuni chiedono informazioni, altri fanno i complimenti. Di sicuro non è una moto che passa inosservata. Di sicuro mi sta dando molte soddisfazioni.

Tra Italia e Austria

Con la Guzzi oltre le porte della percezione

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Racconto per niente serio di Nedo
Prologo

15/08/2013 ore 7.30 a.m.

“E’ che sei una maiala e una vipera…”
queste parole provenienti dal davanzale del terrazzo entrano dal padiglione auricolare destro e si infilano nel quarto settore dell’emisfero cerebrale sinistro esattamente in diagonale producendo una serie di punti di domanda sotto le palpebre arrossate dalla prima luce del mattino. Mi sveglio convinto che qualcuno sia entrato in casa mia a rubare. Due zingare! Certo! Appizzo l’udito per percepire rumori…colgo dalla finestra le risatine portate dalla brezza di terra di due ragazze che si allontanano.
Dunque ragioniamo: ho sentito distintamente una voce femminile calda ed ammiccante dire :-“è che sei una maiala e una vipera!”…uhm devo dire due ottime qualità in una donna sola, davvero le apprezzo. Le vere sante non mi hanno mai interessato…prendiamo Madre Teresa per esempio, era tutto fuorché arrapante.
Le zingare escono di scena e vi entrano invece due donne col tacco alto (ma anche no), poco vestite (certamente), col trucco sfatto che tornano a casa dopo una lunga nottata di festa nella quale una delle due certamente si è “scop…ehm si può dire?…ato” probabilmente il ragazzo o il marito di una sua amica alla quale ha probabilmente insinuato il dubbio di essere cornuta…altre possibilità? mi giro nel letto pensandoci su…
Non ripiglio sonno. Ho fatto tardino e volevo dormire almeno un’ora ancora. Ho un impegno a metà mattina, ma non c’è verso di riprendere sonno. Vabbé mi alzo e sfilo davanti allo specchio, chi è quel cesso lì?? Metto gli occhiali e mi vedo con il segno del lenzuolo lungo la guancia destra e la solita protuberanza barzotta del mattino…uhmmm non sarebbe neanche male se non fosse un’illusione prostatica…

Ore 12.00 On the road verso il Brattello

Dennis Hopper si materializza all’uscita dell’autostrada di Pontremoli alla guida di una Moto Guzzi California 1064 del 2003 smarmittata. Senza casco, ha una fascia stretta in fronte ed una vecchia giubba verde dell’esercito, un sacco marrone legato sulla sella nel posto del passeggero.
Curva a sinistra imboccando il passo del Brattello e sale veloce pennellando le curve come Modì i quadri sotto l’effetto della fata verde e della mescalina. Vola oltre le porte della percezione nel fresco del sottobosco.
Più sopra in senso inverso due grossi motocicli emittenti un suono simile ai dischi volanti della serie UFO, nella loro colorazione di ordinanza da carro funebre (nere e grigie), piene di tubi argentati, luci blu e verdi, montate da due cyborg dell’Impero Colpisce Ancora, provenienti direttamente dalla Morte Nera, seguono con allarmata curiosità già da alcuni chilometri l’oggetto scoppiettante proveniente dall’iper spazio. Sui loro radar le traiettorie risultano incompatibili con qualsiasi mezzo di trasporto conosciuto guidato da un umano.
Intanto Hopper gratta le pedane sul terreno, spezza uno specchietto ad un ramo e sorseggia da una bottiglia il suo miscuglio di erbe e fagioli; quando vede i due cyborg nel senso inverso, percepisce immediatamente che non è aria. Ingolla l’ultima sorsata dalla bottiglia e salutando da buon biker emette un rutto che sovrasta il rumore dei Lafranconi RC e scompare tra gli alberi nel bosco.
I cyborg su Bmw inglobati nel sapore dolciastro del rutto di Hopper, si incollano filamentosi al terreno come mosche nella tela del ragno. Dart Fener in persona li libererà verso le 19.
Ore 13.15 Su per i monti

Scavallo dal destriero davanti al bar ristorante. Moto sportive fuori ed una stelvio rossa. Dentro tutti a sedere ai tavoli con piattate di pecorino e salami. Mi appoggio al banco del bar. Arriva un tipo segaligno. Chiedo un panino. Arriva una tipa indaffarata dalla pelle chiara e dagli occhi blu. Noto che ha una mutanda leopardata sotto il vestito bianco; sono pignolo per cui guardo ancora incuriosito, non riesco a capire se è leopardata o giaguarata. Cactus lo devo capire! Lei si accorge che sto cercando di capire e fa un risolino nervoso. Quando glielo sto per chiedere sopraggiunge un altro tipo segaligno, “il signore desidera?”. “Sì, certo!”.
Torna il tipo col mio panino; pago e per mia fortuna esco. Mi piazzo su una pietra lì davanti alla porta. Ad un tavolo fuori c’è un terzetto, due uomini ed una ragazza che trincano da un fiasco di vino. La camieriera esce e noto in controluce attraverso la trasparenza del vestito che la mutanda è troppo stretta per essere leopardata, per cui certamente è una giaguara. Me lo conferma la luce nei suoi occhi quando si gira a guardarmi mentre con l’anca apre la porta. Un’ancata ad un pelo dal muso!
Mi alzo a buttare la carta nel cestino. L’uomo maturo al tavolo mi rivolge la parola: sembra Pernat, assomiglia proprio a Pernat e parla esattamente come Pernat! Per me è “Pernat”.
“Milleedue?” indicando la mia moto,
“no milleecento”.
Il trio si alza e si avvia sopra la collina. “Pernat” si attarda e passando vicino alla mia moto “Bella bestia! Mi son sempre piaciute le Guzzi! Ah il V7!”. Sorrido e rispondo cordiale. Parla ancora un po’ …ha “quattordici cavalli” mi dice,“No settantaquattro”, “no io ho quattordici cavalli veri”. “Ah ecco ora comprendo perché stai vestito come Zeb Macahan…”.
I due amici sulla collina sembrano Bo e Daisy di Hazzard lo chiamano e salgono su.
Certamente rimonto in moto convinto che la tv mi ha fottuto troppi neuroni perché debba pagare ancora il canone.
Ore 14.15 Bedonia o giù di lì

Io non sono il Signor Lebowski…Io sono Drugo!!! E’ cosi che dovete chiamarmi, altrimenti chiamatemi drughetto drugantibus oppure drughino se siete di quelli che mettete i diminutivi in ogni cosa…
Il drughetto scende dal Brattello stupito dalla bellezza della strada, con l’asfalto caldo e rosso ed il silenzio dei paesi che attraversa.
Ordunque, in teoria avrei un appuntamento telefonico con la Susi di Lerici da queste parti verso le 14.30/15.00, ma sapete, questo è un giro molto, molto complicato. Ci sono un sacco di input ed output…fortunatamente “io rispetto un regime di droghe piuttosto rigido per mantenere la mente flessibile”. Devo andare a Bedonia. Bedonia 10. Poi Bedonia 6. Poi Bedonia 5…poi la mente è talmente flessibile che vedo a sinistra un’indicazione per Alboreto, Albareto, Albereto, Alberito, uno di questi è giusto. Non so, mi piace, vado. Poi vedo “passo centocroci”? Come? Ma il centocroci è sopra Brescia!? Cioè ci si va ogni anno col calincontro erotico. L’estro mi fa curvare verso il passo. Bedonia 7, poi 6 poi 8. Più mi avvicino più si allontana. Ma esiste Bedonia? Esisterebbe se seguissi le indicazioni…
Mi ritrovo su un rettifilo, tolgo il gas, cioè a filo di gas, vedo il benzinaio che cercavo. Ad un certo punto un dolore acuto, quasi una lama mi sale alla testa lungo il trigemino. Un’aperonza, è finita nella mia basetta destra e mi ha pinzato proprio lì. Pompo la benza con la sinistra mentre con la destra mi massaggio la guancia maledicendo le api bedonesi.
Dato che è assodato che se vado piano sono a rischio puntura, decido da lì in poi di tenere il gas aperto e cerco di mirare ad ogni insetto che vola.
Per vendetta!
Passo Colla. Giro per il passo Colla. Vetta. Torno indietro. Bedonia 7. Telefono a Susi. Wind segreteria telefonica. “Susi sono a Bedonia, fatti viva se no riparto.”
Ore 14.45 finalmente Bedonia. Tutto chiuso.
Ore 15.00 Passo del Tomarlo

“Drugo: Sai cosa diceva Lenin? “Tu cerca la persona che ne trae beneficio, e…, e… insomma…
Donny: Obladì Obladà!
Drugo: …insomma… avrai… Walter, capisci cosa voglio dire?
Donny: Obladì Obladà!
Walter: Quella fottuta puttanella!
Donny: Obladì Obladà!
Walter: Quella… vuoi chiudere quella boccaccia? Non Lennon, Lenin! Vladimir Ilyich Ulyanov!
Donny: Ma di che cazzo sta parlando?”

Lennon e Lenin su una moto sportiva rossa fiammante, sfrecciano davanti a me. Lenin è il passeggero appollaiato sul sellino posteriore, sporge il culo in fuori. Dal bordo superiore del jeans di Lenin emerge il Sol Levante! È un Sol Levante sorridente e femminile. Mi butto all’inseguimento dell’Utopia.
L’Utopia piega con discrezione permettendo che io la segua, ma appena mi avvicino troppo al Sole lei allunga. Teme che mi bruci al calore della Verità? Boh chissà. Però non posso fare a meno di rincorrere quel sorriso verticale che apre il mio sorriso orizzontale e promette sommosse inebrianti nelle viscere.
Il paradiso si chiama Passo del Tomarlo da Bedonia! Oh come mi diverto oh come mi diverto. Piego e piego e me ne fotto se sono uscito col casco jet, coi jeans strappati, le scarpe da tennis e la camicia verde. Se devo cadè voglio morì qui inseguendo l’Utopia ed il Sol Levante per queste meravigliose strade. Viva Lennon, Viva Lenin, ma soprattutto Viva il Culo della Passeggera…digiamolo.
In cima al passo l’Utopia è svanita ed il sole è calante sul mare ligure.
La regia mi avverte che sono fuori strada che devo tornare indietro e prendere il Bocco o il Centocroci per andare verso La Spezia. Ringrazio la regia e mi rifaccio il Tomarlo rewind.
Ore 17.15 Passo Centocroci o giù di lì

Aquile. Ascolto le Aquile quando guido la moto.
D’altronde su un Aquila mi pare opportuno, un minimo di coerenza! O il Bepi o le Aquile.
Peraltro il bergamasco lo capisco esattamente come l’inglese: ne capisco solo alcune frasi qua e là.
Another tequila sunrise mi scalda l’Anima Guzzista mentre salgo al Centocroci.
Non tutti sanno cos’è una Tequila Sunrise:
preparare un bicchiere highball con ghiaccio. Versare la tequila, il succo d’arancia ed infine versare lo sciroppo di granatina. La granatina andrà a depositarsi sul fondo donando al drink l’effetto sunrise (alba). Completare con mezza fetta d’arancia ed una ciliegina al maraschino.

It’s another tequila sunrise
Starin’ slowly ‘cross the sky
I said goodbye

Sarà il tramonto, sarà la tequila che “ricorda tempi andati e giovani fegati”, ma sul Centocroci ho un dolce magone nel groppo e mi lancio in autoscatti adolescenziali col cellulofono sotto il cartello del Passo, quando mi avvedo di due ragazzine distanti una cinquantina di metri con un aggeggione lungo e nero per le mani puntato verso di me: uno zoomone per una Nikon Reflex millemilapixel acchiappa bischeri! Di colpo mi vedo coi loro occhi: un uomo di mezza età vestito una via di mezzo tra Rambo I e Jerry Cala in Sapore di mare 2, prossimo protagonista di filmato su youtube. Camaleonte mi trasformo in Piero Angela e fotografando coccinelle ipotetiche rimonto in moto e me ne vò. Mi fermo accanto a loro e dico “io almeno lo so dove devo andare, voi lo sapete dove dovete andare?”. Al che si guardano interdette e stupite, ma le nuove generazioni hanno il buonsenso di non rispondere, perché ce l’avevo sulla punta della lingua la controrisposta. Sono ripartito urlando nel casco “A FANCULO dovete andare!”.

Desperado why don’t you come to your senses?
You been out ridin’ fences for so long now
Oh you’re a hard one…
Son lì che canto a squarciagola e con trasporto quando entro in una galleria…la galleria della Madonna delle Acque!!!

La galleria Madonna delle Acque ha le seguenti caratteristiche:
– lunghezza seimilasettecentonovantatre piedi e tre dita;
– altezza caverna dai nove ai due metri a seconda della lunghezza delle stalattiti;
– colatura di goccioloni d’acqua a mezzo grado centigrado di dimensioni variabili tra scaracchio di lama e bustata di nylon media dell’ipercoop;
– ampia scelta di gas di scarico dei decenni scorsi, condensati e perfettamente conservati: ho aspirato un gas derivante dalla combustione di benzina sintetica ottenuta con processo Bergius-Fisher/Tropsh proveniente da un panzer del 1943! Un’autentica prelibatezza.

Ma soprattutto il freddo, miiiii che freddo. Sono tutto ristretto, rimpicciolito, nanesco. Ma l’umore resta buono e canto “Congelado oh you ain’t getting’ no younger Your pain and your hunger
They’re drivin’ you home “.
Ore 18.40 Passo del Bracco

Una moto nera, bellissima, con un aquila sul serbatoio, volutamente rumorosa. Una moto da cattivo. Sono in due sopra quella moto. Guida un bianco con gli occhi chiari semichiusi dal vento e perché gli va così. Dietro c’è un nero coi riccioli corti da ebreo lo sguardo intenso da matto. Entrambi vestiti in smoking, senza casco. L’asfalto è ottimo, il tracciato piacevole, i due sfrecciano e parlano tra di loro. “Ehi Vincent, ascolta bello, Non è neanche lo stesso campo da gioco, cazzo. Ora senti, forse il tuo metodo di massaggi è diverso dal mio ma sai… toccare i piedi di sua moglie e infilare la lingua nel più sacro dei suoi buchi non è lo stesso fottuto campo da gioco, non è lo stesso campionato, e non è nemmeno lo stesso sport.”
Vincent si volta di trequarti per rispondere “Ok bello. Sai cosa mi sono detto? :Essere leali è molto importante. Perciò, tu ora vai fuori e dici: “Buonanotte, ho passato una bellissima serata”, infili la porta, entri in macchina, vai a casa, ti fai una sega e finisce la storia. Così ho fatto”.
Mentre i due parlano, tre miglia più sopra un tipo allampanato, pelato e coi ciuffoni sopra le orecchie sale in cima ad un rudere. C’è un cartello lì :“ATTENZIONE FABBRICATI PERICOLANTI. Divieto di Accesso”. Sotto, dietro ad un masso, c’è parcheggiato un Gs.
Jules Winnfield, il nero, nota il tipo in cima al rudere. “Ferma Vincet Ferma!”
La Guzzi sferragliando, si ferma sotto il rudere, “Ehi amico tutto bene?”
Il tipo dall’alto inizia ad urlare “VOGLIO UNA DONAAAAA!….VOGLIO UNA DONAAAAA!”
Vincent guarda Jules e si mette a ridere. “Ehi calmo amico, vieni giù dai!”
E l’altro sempre più disperato e lamentoso: “Voglio una donaaaaaaaaa….voglio una donaaaaaaa”
Jules nota il Gs : “ Ehi amico è tua la…ehm…moto?”
“Voglio una donaaaaaaa”. Vincent:“Jules certo che è sua, non c’è nessuno qui”
“Ehi amico sai chi sono io? Lo sai? Eh? Io Mi chiamo Jerda, e non è con le chiacchiere che uscirai da questa merda!!”
Il nero scende dalla moto e si arrampica sul rudere mentre Vincent cerca di dissuaderlo; intanto il bmwista continua a piangere “voglio una donaaaaaa”.
Jules:” Ezechiele 25.17: “il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre; perché egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te.” Ora, sono anni che dico questa cazzata, e se la sentivi significava che eri fatto. Non mi sono mai chiesto cosa volesse dire, pensavo che fosse una stronzata da dire a sangue freddo a un figlio di puttana prima di sparargli. Ma stamattina ho visto una cosa che mi ha fatto riflettere. Vedi, adesso penso, magari vuol dire che tu sei l’uomo malvagio e io sono l’uomo timorato, e il signor 9mm, qui, lui è il pastore che protegge il mio timorato sedere nella valle delle tenebre. O può voler dire che tu sei l’uomo timorato, e io sono il pastore, ed è il mondo ad essere malvagio ed egoista, forse. Questo mi piacerebbe. Ma questa cosa non è la verità. La verità è che TU sei il debole, e io sono la tirannia degli uomini malvagi. Ma ci sto provando, Ringo, ci sto provando, con grande fatica, a diventare il pastore.”
BANG.
Epilogo

Ore 20.00 Garage
Pulisco veloce la moto. Esco e mi avvio lungo la strada. Alla finestra del primo piano del palazzo una bambina di 4 o 5 anni piange e geme “voglio mio babbo! Dov’è mio babbo? Babboooo…” La mamma arriva urlando “piantala!” e le tira due schiaffoni. La bimba scompare dalla finestra singhiozzando in silenzio. Vado all’orto ad annaffiare i peperoni.

Omobonin

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AnimaGuzzista Racconti omobonin

di Marco Valdemi

 

AnimaGuzzista Racconti omobonin

C’è nebbia, anche se è strana, non è come quella del T.T., no, quella era un’altra cosa,
e neppure quella che viene dalla valle quando arriva la brutta stagione. È bagnata,
tanto da restare sugli occhiali, e poi compare e scompare all’improvviso, così come viene,
spessa da far paura, se ne va lasciando comunque un cielo grigio come i miei pensieri.
Sento male dappertutto, me l’han detto in tanti a casa che son vecchio per ste cose,
avevan ragione, forse, i dolori delle tante cadute si stan facendo sentire con questo tempo
infame. Magari è solo colpa di sta nuova moto che m’ha dato l’ingegnere che di bello ha
solo la velocità, per il resto vibra come una cinquecento e si muove troppo in curva, gli ho
detto a Franco che c’è qualcosa che non mi convince nel posteriore, ha detto che non ci
sono abituato e girando l’avrei capita di più. Gepin invece m’ha detto, con la solita mezza
cicca spenta in bocca, che era come una ragazza giovane, tutta da conoscere e poi m’ha
dato una pacca sulla spalla e il solito: va la va la ca tià indrisi tuti anca sta volta Bono!
Poi me l’ha accesa e ha buttato la sigaretta in terra. Ho abbassato gli occhiali, come tante
volte, l’ho guardato, m’ha passato i guanti e ho dato un colpo di gas leggero innestando
la prima. Il motore era freddo, alcuni erano già scesi in pista anche se iniziava a piovere,
una pioggia leggera, come l’astio che avevamo notato nei nostri confronti, colpevoli
d’essere italiani; che coraggio da parte di gente neutrale per interesse, e poi gli inglesi con
le loro nuove moto forti come le vecchie. Avrei voluto nel box anche l’ingegnere, ma sarà
per la prossima, m’ha detto, aggiungendo che avrei avuto la moto nuova da testare
subito e di portarmi anche la mia per poi decidere, visto che il circuito era da
considerarsi nuovo, come nuovi erano i concorrenti di questo primo campionato del
mondo. Già, i giovani, ne ho visti tanti in questi ultimi giorni, qualcuno m’ha
riconosciuto e m’ha allungato la mano, altri m’hanno evitato, di solito son quelli che poi
in pista durante le prove ti si attaccano dietro e tirano le staccate alla fine; vedremo se
sarà così anche oggi. Il motore sale di giri, le marce entrano un po’ ruvide, saranno gli
ingranaggi nuovi, apro con decisione il gas, va davvero forte sta moto, ecco il primo
pilota, posso già sentire il rumore del suo motore avvicinarsi a gran velocità, magari è un
italiano, magari no, provo a non mollare la staccata e vediamo come va in curva la mia
moto e lui. Freno quando devo frenare, lui lo fa con più facilità e mi passa all’esterno,
io arranco un po’, la moto si sposta molto: o è il fondo o è troppo dura nell’inserimento,
tanto da perdere troppo tempo nel riaprire il gas, si mette anche la pioggia e la nebbia,
e dopo qualche attimo lui è sparito davanti a me! Mi sento lento, giro dopo giro,
non prendo confidenza né con lei né con la pista, sento solo il freddo che mi penetra e un
indolenzimento alle braccia, le vibrazioni sono solo aumentate con il passare dei minuti,
ho cercato di impostare le curve in modo diverso, sono stato dietro a Pagani per un po’,
e a Woods ma avevano un altro passo rispetto al mio, ora mi sto innervosendo, rientro ai
box, tanto spingere di più non ha senso, piove ancora di più e questa nebbia, che si
ferma lungo i lunghi rettilinei del tratto di foresta, m’ha solo rallentato e la curva veloce
a destra l’ho percorsa in modo diverso cercando la miglior traiettoria ma non ne ho
ricavato nulla di buono; tanto che mi sono messo a pensare al Mountain, al Lario,
a Monza, ma ogni volta ho dovuto alzare un pelo di gas, meglio la mia, non c’è dubbio,
rientro e la riprendo. Franco deve aver sentito il rumore, è già li con la moto accesa che
m’aspetta, il fumo è pulito, è già calda, sembra contenta come Bilu, quando rientro
a casa la sera, che sa che lo porto a correre nei campi della Marisa, dietro il ponte.
Non ci parliamo, tolgo gli occhiali, sono troppo sporchi per continuare, Gepin mi allunga
gli altri insieme ai guanti asciutti, ne ho davvero bisogno, sento le dita fredde
e indolenzite. Hanno capito dai tempi dei cronometristi e dal mio sguardo che non sta
andando affatto bene, gli faccio segno che il problema è dietro e che si muove troppo
anche sullo sterzo quando apro. Franco mi sorride porgendomi la mia Albatros; sa che lei
non mi deluderà di certo, Gepin invece mi sembra contrariato, crede nel potenziale del
nuovo mezzo, è da un anno almeno che me lo dice. Monto in sella, piove come se fossimo
nella terra d’Albione, avrebbero detto i radio cronisti dell’era fascista, piove come se
fossimo all’epilogo di una tragedia iniziata troppi anni fa, ormai per me, sono del cinque,
accidenti, qui c’è gente che potrebbe essere mio figlio! Ingrano la prima, poi la seconda,
la terza e inizia la sinfonia del mio motore. Sembra che la pioggia neppure mi colpisca,
sembra che il dolore alle braccia sia svanito, sembra che riesca a vedere oltre la fitta
nebbia che si sta parando davanti ai miei occhi mentre entriamo nella foresta, curva
dopo curva riprendo gli automatismi. D’un tratto m’accorgo che non sto guidando da
solo, davanti a me vedo un altro pilota, provo a raggiungerlo, anche se dovrò spingere
parecchio per come si butta nelle curve senza badare troppo al fatto che ne uscirà vivo,
è terribilmente veloce e la sua moto ha qualcosa di famigliare da dietro, anche se la
nebbia e gli occhiali, di nuovo sporchi, non mi fan ben capire che moto stia guidando.
Passiamo sotto il traguardo, gli sono in scia ormai, dai box non mi segnalano niente,
Franco m’ha sorriso e Gepin di sicuro sta sistemando l’altra moto pensando a tutto il
lavoro dell’ingegnere. Magari con un altro anche quella moto diventerà vincente, io non
ho più tempo d’aspettare ormai, è l’ultima occasione, l’ho detto e soprattutto me lo son
detto: o la va o la spacca e dopo il T.T. vedrò se continuare o meno. Accidenti piove
ancora di più e lui non molla di un metro, è bravo, vola davvero e non si volta indietro,
passiamo alcuni concorrenti con facilità, ora è il momento di attaccarlo e di vedere se
sono ancora io visto che lei è lei. Apro senza pensare a niente; al freddo di questi lunghi
anni lontano dalle gare; al freddo che ti lascia la guerra nel cuore; al freddo dei cari amici
persi per le gare su strada; al freddo della rabbia di dover svegliarsi da un sogno e di
trovarsi in un incubo che ti strappa i parenti e la gioia di vivere. Apro che di più non si
può e non ce n’è. Lo affianco, ha il mio vecchio numero, il 29, guida una moto guzzi
rossa, quella del 36, della candela bruciata ad un soffio della vittoria che m’avrebbe fatto
diventare ciò che sono, ciò che gli altri vogliono che sia. Lo guardo in viso, lui non fa lo
stesso, anzi si allunga sul serbatoio e prende ancora più velocità. Entriamo in un banco
di nebbia fitta, chiudo un pelo il gas, rallento, non ha senso, spero che anche lui abbia
fatto lo stesso, non sento più il rumore del suo motore, l’Albatros perde giri, procedo ad
un’andatura da pilota modesto, dietro nessuno mi raggiunge, davanti a me pioggia,
nebbiolina, freddo. Alzo gli occhiali, tanto son sporchi ed appannati. Mi ricordo di mio
figlio ancora piccolo che se li infila e mi chiede perché non corro più, gli rispondo che c’è
la guerra e a nessuno viene in mente d’andare a correre in moto, lui mi sorride, gli do un
bacio sulla testa pensando se un giorno farà quello per cui ho vissuto io. Manca ormai
poco al traguardo, saranno due chilometri, dietro ancora nessuno, strano, vuoi dire che
tutti questi giovani hanno paura di un po’ d’acqua? Impossibile, gli inglesi ci nuotano da
quando son bambini! Eccoli i box, chiudo quasi del tutto la manopola del gas, Franco
non c’è ad aspettarmi, strano, neppure Gepin è li con lui, saranno di sicuro al muretto,
adesso vedrai che arrivano con i tempi. Non scendo per scaramanzia, se i commissari si
sono sbagliati a cronometrarmi come a Roma devo rientrare. Eccoli che arrivano, hanno
le facce tristi però, vuoi dire che sono fuori dalla griglia, impossibile, mi è sembrato di
volare, sono sicuro d’aver fatto un buon tempo, con l’altra no ma con l’Albatros non
posso non entrare in griglia, so quando vado forte, sono nato per farlo. Perché non mi
prendono gli occhiali e i guanti, perché Gepin bestemmia e da i calci al bidone della
benzina, perché Franco è andato dal Silvio che si dispera, perché la mia Albatros è ferma
nel box, perché si è spenta, perché non riparte? Perché nessuno mi vede e crede a ciò che
dicono adesso gli altoparlanti?
Non doveva finire così, senza neppure poter portarmela con me………

 

Un breve racconto romanzato e per nulla veritiero sull’ultima gara di Omobono Tenni.
E’ un mio personalissimo omaggio a ciò che è stato probabilmente il più grande pilota dell’inizio secolo, saluti

Io viaggio da solo

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di Riccardo Bartolini

 

E’ stato più di un anno fa: rimesso a posto il Cali II, la “Vecchia Signora”, moto della mia vita, a cui sono collegati tanti ricordi, mi è frullata per la mente l’idea di tornare a Capo Nord, meta di un gran numero di motociclisti e sogno, più o meno vagheggiato, di un numero ancor maggiore di centauri.
Ci ero già stato, nel 1985, col Cali che aveva ancora le cromature brillanti ed io che ero un giovane leone rampante. Ci ero stato di contrabbando: ero militare ed ero pilota, e per andare in licenza all’estero avrei dovuto ottenere il nulla osta dallo Stato Maggiore e non solo dal mio Ufficiale in comando; inoltre non avrei potuto avere più di 15 giorni di licenza, a causa dei turni di servizio. Caricata la moto, partii alle 04:00 di una bella mattina di Giugno dal mio Reparto e percorsi tutta l’Italia sino al Brennero, attraversai il Tirolo e mi fermai a Kempten, nella Germania meridionale. Ad ogni rifornimento, dall’inizio alla fine del viaggio, telefonavo ad un mio collega consenziente (complice sembra troppo brutto!) per avere la certezza che non sorgessero problemi di servizio e che mi richiamassero, pronto a mollare la moto lì dove mi trovavo ed a prendere il primo aereo disponibile per tornare. Il viaggio mi è costato più in telefonate che in benzina. Il secondo giorno sono arrivato in Danimarca, dove mi sono imbarcato su un traghetto per Oslo, e una dozzina molto abbondante di ore dopo ho preso terra in quel della Norvegia. Tre giorni per risalirla, ed eccomi a Capo Nord!
La prima cosa che mi è venuta da pensare, durante l’attraversamento della Germania e della Danimarca, è stato:”…Ho problemi alla strumentazione della moto. Il tachimetro ed il contagiri segnano meno del reale; vado più veloce, ed il motore gira di più, di quello che leggo. Ho percorso più di ottocento kilometri ed ancora non è arrivata sera….” Poi mi sono reso conto di essere salito di questa ventina di gradi di latitudine e che il sole tramonta sempre più tardi, e che infine rimane costantemente sopra l’orizzonte una volta superati il Circolo Polare.
La seconda cosa, assurda, che ho pensato una volta arrivato all’agognata meta, è stato di dare degli imbroglioni a quelli dell’ Ente Turismo norvegese, che spacciano Capo Nord per l’estremo lembo dell’Europa continentale. Bugiardi! E’ il promontorio, e nemmeno quello più settentrionale, di un’isola! In altri tempi unita alla terra ferma da un traghetto, ora da un tunnel! Poi, affascinato dalle desolata maestosità del luogo, con gli occhi persi sulle scogliere brulle e quel mare grigio piombo che sembrava quasi alieno, mi sono detto che era da imbecilli spolparsi un viaggio del genere e farsi venire certe idee…
Il sole di mezzanotte? Manco a parlarne!… Nuvole, nuvole, e ancora nuvole…
Per il ritorno: stessa strada, stessi tempi, stesso affanno….. Ma, all’arrivo, che goduria!!!!! Unico neo: non ho potuto raccontare ai miei colleghi (a parte il complice) cosa avevo fatto. Sarei stato crocifisso dal mio Capo… E con i chiodi arrugginiti!!!
27 anni dopo (l’anno scorso), e prossimo alla pensione, esterno il progetto ad un po’ di amici (un bel numero, in realtà!): un anno di pianificazione/preparazione, e poi partenza a Giugno 2013! Dalla Sardegna, dove ormai vivo, questa volta. Una parte di loro, molto realisticamente, declina l’offerta guardando alla situazione familiare, a quella lavorativa o alle condizioni del ferro che cavalcano. Altri danno assicurazione della loro partecipazione, alcuni anche con frasi roboanti… E quindi, come mio solito, parto in tromba (tara caratteriale, o deformazione professionale?) con la pianificazione del viaggio: date, tragitto, tappe, soluzioni per l’alloggio e per i pasti…
… Peccato che con l’avvicinarsi del giorno della partenza siano saltate fuori le migliori scuse per ritirarsi. E’ mancato solo che venissero accusati sintomi di una qualche malattia dei pesci o dei polli per giustificarsi. Morale della favola: IO VIAGGIO DA SOLO!!!
Anzi: la “Vecchia Signora” ed io viaggiamo da soli. Eh, sì! 28 anni dopo ci siamo tornati insieme: più vecchi, più saggi e… più pieni di acciacchi!
Qui sotto il diario del viaggio, se vi va di leggerlo, e qualche foto. Poche, in verità.

Venerdì 07 giugno 2013
Gomme nuove:        montate.
Olio motore:            cambiato.
Olio cambio e cardano:    cambiato.
Cavi gas e frizione:        lubrificati e scorrevoli….
La moto è un po’ disarmonica, quindi la porto dal mio amico Vannino, meccanico in Telti. Meccanico automobilistico e di mezzi pesanti, non di moto; ma è motociclista sfegatato, con una passionaccia per il suo lavoro e con una sensibilità ed una attenzione che molti meccanici moderni “computerizzati” manco se le sognano….
“…Vieni a prenderla verso le 17:00…” Ed io a quell’ora vado…
Il motore non sembra più nemmeno il mio: accordato come un violino.
Torno a casa, carico il bagaglio, mi infilo la tuta e via verso il Traghetto. Il viaggio inizia senza nulla di rilevante. La faccenda sembra irreale…

Sabato 08 Giugno 2013
Sono le 07:00: sbarco a Livorno con il sole che splende. Promette bene…
Ho appuntamento per pranzo Con Rugi56 a casa sua, a Montecchio Maggiore. Devo sbrigarmi… imbocco l’autostrada e mi dirigo verso La Spezia, per poi proseguire per Parma, Modena, Verona, Montecchio. Sto per arrivare ad Aulla, e guardo le montagne di fronte: “…Azz… la Cisa! E che fai, te la vuoi perdere?…” E’ un attimo: svincolo, casello, pedaggio e via! Appena fuori dall’abitato frusto i vecchi cavalli e mi godo le curve fino a Fornovo. A quel punto, con la Pianura Padana (non Padania, badate bene, come alcuni decerebrati amano dire…) davanti, rientro in autostrada e apro quanto posso per riguadagnare i minuti perduti, ma non sprecati.
Pranzo con Rugi e la sua bella famiglia, e riparto da Montecchio intorno alle 14:00 scortato dal mio anfitrione. Il Rugi mi accompagna da Montecchio sino a Recoaro e, nel lasciarmi alle falde delle Piccole Dolomiti, mi dice: “… Quella lì è la strada che porta a Rovereto: è un po’ curvosa. Vedrai che ti diverti…” E mi sarei anche divertito se non mi fossi beccato il diluvio universale!!!

Da Rovereto sino a Bolzano è sembrato che il pomeriggio volgesse al meglio, e invece mi è di nuovo piovuto addosso il mondo sino al Brennero. Lì ho deciso che non ce la facevo più, mi son trovato un posto per dormire e per cenare, ed ora sto scrivendo queste cose. Anzi! Ho finito di scriverle. Buona notte.
Domenica 09 Giugno 2013
Partito dal Brennero, ho preso la statale per Innsbruck che, a metà strada, era interrotta da una frana. E allora prendi l’autostrada e annoiati sino ad Innsbruck! , Però, anche dall’autostrada il Tirolo è uno spettacolo di montagne, di pascoli e di boschi, con questi paesini, che sembrano finti tanto sono lindi e pinti, incastonati nel verde.
A ovest di Innsbruck lascio l’autostrada e mi immetto sulla statale che mi porterà a Reutte, al confine austro-germanico, e poi a Fussen. Lì avrei voluto andare a fotografare il Neuschwannstein, il castello più famoso di Ludwig, il re pazzo di Baviera; ma il tempo, che sembrava buono, si è messo al peggio e mi di nuovo è arrivato addosso il diluvio. Saluti e baci al castello di Ludwig; lo fotograferò al ritorno. Cerco di precedere il maltempo e mi fiondo sulla A7, una delle tre autostrade che attraversano la Germania da sud a nord. Il viaggio lo potete immaginare: una noia mortale, anche se con bei panorami. Viaggio rilassato: gli automobilisti tedeschi sono molto disciplinati; nessuno che mi viene sotto sino a sfiorarmi il parafango, nessuno che mi gratta il fianco sorpassandomi sulla mia stessa corsia, nessuno che cerca di spingermi avanti, quando sono sulla corsia di sorpasso, perché arriva in supersonico e non vuole rallentare; l’ambiente è irreale: niente clacsons impazziti e niente lampeggi fra il forsennato e l’incazzato…. Quasi come in Italia.
Mi sono spolpato i miei 500 e rotti kilometri pianificati, e mi sono fermato in questo posto a nome Kircheim a riposare le mie stanche ossa. La “Vecchia Signora” regge bene; anzi, sembra essere ringiovanita. Domani altri 500 km fino a Kiel, dove prenderò il traghetto per Goteborg, in Svezia. Buona notte…

Lunedì 10 Giugno 2013
Partito da Kircheim alle 09:00, dopo una abbondante colazione. Tanto per cambiare piove ma, qualche kilometro dopo Kassel, smette e si alza questa tramontanina fredda fredda…. Fortuna che ho indossato una felpa. Il paesaggio è splendido: ha un andamento collinare dolce e mi ricorda le campagne in provincia di Pesaro, le coltivazioni sono ordinate e curate, come nelle Marche, solo che qui tra le fattorie ci sono dei boschi che lévati; noi non abbiamo questa abbondanza di alberi. Fra Gottinga ed Hannover ci sono lavori in corso (pesanti) e rimango bloccato per strada (letteralmente fermo) per quasi un’ora. E qui ho l’ennesimo riscontro che i Tedeschi non sono proprio come gli Italiani: niente scene di impazienza, niente incazzature, bestemmie o parolacce, niente isteria e niente sceneggiate di morte per disidratazione. Stiamo messi lì, buoni buoni, a parlare ed a chiederci cosa sta succedendo; quelli con l’auto sintonizzano la radio sulla isoradio tedesca per sentire se il loro CCISS dà notizie sul perché del blocco, i motociclisti mettono le moto sul cavalletto e tutti lì, sull’autostrada, a parlare del più e del meno aspettando che la situazione si sblocchi. Nessun automobilista prova a fare il furbo sulla corsia d’emergenza, nessun motociclista ha prova a fare la gimcana tra le auto in fila…. Quasi come da noi, eehhh?
Dopo aver attraversato tutta la Germania del nord arrivo a Kiel, industrioso porto sul Baltico. La gente è educata ma inflessibile: un paio di volte, non conoscendo la città, cambio corsia senza segnalare e mi becco una collezione di vaffa in tedesco che mi basterà fino al prossimo viaggio.


Comprato il biglietto per il traghetto sino a Goteborg, in Svezia, fatta cena con una delle pietanze spacca fegato che usano da queste parti, finisco di scrivere, mi butto in branda e domani mi imbarco per la civilissima Scandinavia. Buona notte (si dice per dire: sono le 22:00 ed il sole ancora non ha toccato l’orizzonte).

Martedì 11 Giugno 2013
Oggi, in attesa di imbarcarmi, ho visitato Kiel e dintorni. E’ la tipica città anseatica: architettura nordica, tutta a mattoni e quindi toni di marrone su marrone, pavimentazione stradale a pavè (nel centro storico), niente di antico, poco di storico. Le uniche cose notevoli sono il porto ed il suo accesso al mare, il Canale di Kiel (appunto). Il porto è stato per tutte e due le guerre mondiali la principale base di U-Boot della Kriegsmarine, e durante l’ultimo conflitto anche base navale. E si vede ancora oggi: infatti esso è strutturato in maniera estremamente compartimentata. Il Canale è una cartolina: su entrambe le sponde i boschi arrivano fino all’acqua; mentre la riva occidentale è più industrializzata e dedicata al porto commerciale, quella orientale è residenziale, con questi cottages e queste ville in stile attrezzate di porticciolo. Le barche a vela non si contano.

Ora sono sul traghetto. La nave è il doppio di quelle della Tirrenia; pulitissima ed attrezzatissima (QUASI come quelle della Tirrenia); con due ristoranti a buffet, non self service aziendale, ed uno a là carte che servono dell’ottimo cibo (QUASI come su quelle della Tirrenia); il biglietto per moto, passeggero e cabina in esclusiva, per una tratta corrispondente ad un Livorno-Cagliari, se esistesse, mi è costato € 187 e spiccioli (QUASI come con la Tirrenia); il personale è gentilissimo, educato e parte di esso raggiunge, per i maschietti interessati, l’ottavo o il nono grado della Scala Gnokker (QUASI come quello della Tirrenia); il personale non parla italiano (PROPRIO COME QUELLO DELLA TIRRENIA!!!). Continua domani, in terra di Svezia…

Mercoledì 12 Giugno 2013
Sbarcato a Göteborg perfettamente in orario. Fatto un giro per la città, che è bella e vivibile ma non ha nulla di particolarmente interessante. In Svezia la rete stradale è molto ben tenuta, sebbene qui la neve ed il ghiaccio debbano far danni non da poco. La segnaletica è spartana ma chiara e la lingua è un casino anche solo a leggerla, per cui chi viaggia deve stare all’ occhio; in compenso gli Svedesi sembrano essere ancora più pazienti dei Tedeschi.
Sono stato a fare un giro per la regione, mentre mi avvicinavo alla città dove abita un mio collega di corso, ed ho consolidato l’ opinione che mi ero fatto sul traghetto prima, e poi stamane a Göteborg: gli Svedesi sono educati, gentili, seri, e anche fisicamente bellocci, ma SONNOLENTI!!!
Le campagne sono ottimamente tenute, ed allevano un sacco di cavalli e bovini di varie razze. Mai visti così tanti in Europa.


Il diario si interrompe qui, per il momento. Riprenderò il viaggio, ed a scrivere, il 17 p.v.
Lunedì 17 Giugno 2013
Mi sono svegliato tardi, poi ho preparato i bagagli, fatto i saluti ed è arrivato mezzogiorno! E che vuoi partire senza niente nello stomaco? Il mio amico e collega Marcos, da bravo Italiano, non me lo permette. E così si risolve che parto alla una, ed invece che farmi in surplace i 700 e spiccioli kilometri preventivati ne percorro solamente 550, e col rischio di farmi strappare la patente dalla polizia svedese.
In compenso lascio il Väster Gotland, terra di fattorie, anche se separate da ampi boschi, e mi avvio verso nord attraversando il Gävleborg per addentrarmi nel Västernorrland. Ci sono sempre meno coltivazioni e sempre più foreste anche se la flora, a causa del clima più freddo, è sempre più nana. Anche la tipologia degli alberi cambia con l’andare sempre più verso nord: la percentuale delle conifere diminuisce ed aumentano le betulle.
Con la moto attraverso paesaggi veramente belli ma, per via della partenza ritardata, mi fermo poco e scatto solo due o tre foto durante il viaggio. Tra l’altro la metà del tragitto è sulla costa, ma non ci sono spiagge: solo alberi che mettono le radici a mollo nell’acqua. I colori, sia il verde delle foreste che l’azzurro dell’acqua, sono cupi; ma prendono il cuore lo stesso.

Mi sono fermato in questo alberghetto sulla riva sulla riva di una specie di …. Fiordo? Canale? Budello? (non so definirlo)… Con queste casette color pastello che si specchiano nell’acqua. Mentre sto scrivendo sono le 22:30 ed il sole è ancora alto e c’è luce come da noi alle 18:00. Io sono abbastanza stanco, compatite un povero vecchietto, e vado a dormire. Continua domani.
Martedì 18 Giugno 2013
Colazione abbondante e parto da Herrskog, dove ho dormito, alla volta di Rovaniemi, in Finlandia. La giornata è soleggiata ma ventosa e, anche col tutone in goretex e le imbottiture, la temperatura non proprio italiana si sente! Attraverso il Västerbotten ed il Norrbotten godendomi il freddo ed un panorama sempre uguale: foreste, foreste ed ancora foreste. Anche se sono sulla costa del Baltico il mare non si vede: gli alberi precludono la vista, a parte un paio di scorci. Un territorio così boscoso che, se fosse un po’ più secco, farebbe la felicità di quei bei tipi che d’estate, in Italia, giocano con i fiammiferi…
Entro in Finlandia dalla città di Tornio. Nulla a che fare con le officine meccaniche… la Finlandia: il paese europeo dove, a detta di tutti i sondaggi, si vive meglio. In effetti è tutto curato, pulito e perfettamente in ordine; la gente è educata e civile, ma mi sembrano un po’ più chiusi degli  Svedesi. Volgo il muso della moto verso nord-est e mi faccio gli ultimi 100 km con in faccia questo venticello che arriva da Polo Nord, affilato come un rasoio, e col cielo che si va rannuvolando. Arrivo a Rovaniemi (foto 8), il paese di Babbo Natale, poco prima che inizi a piovere: salvo!!! Super sauna (siamo in Finlandia, belli!!!), doccia e vado a cena, ad assaggiare la cucina finlandese: ho aggiunto alla collezione di carni mangiate in giro per il mondo anche quella di renna e di alce. Buone. Ora sono a letto a finire di scrivere della giornata, e fra un po’ mi addormento. Domani sveglia presto: ultima tratta verso Capo Nord, e non sto nella pelle.

Mercoledì 19 Giugno 2013
Partenza da Roveniemi alle 07:30, e ci sono: vento freddo da Grecale, nuvole basse e quella pioggerellina fine fine, quasi nebulizzata, che quando ti arriva addosso non ti bagna ma evapora praticamente all’istante, abbassandoti drasticamente la temperatura corporea. Una goduria. 5 km dopo Rovaniemi c’è questo paesino attraversato dal Circolo Polare, e segnato sulla pavimentazione della piazza principale. Non mi va di perdere tempo in deviazioni, così mi accontento di fare la fotografia al portale in legno, che identifica lo stesso Parallelo, sulla strada che sto percorrendo. Sono entrato nell’Artico! Dove d’inverno c’è la notte perenne, e d’estate il giorno pergì (una notte che dura sei mesi non è perenne, ma il calambour è riuscito bene!)!!!
La Lapponia è una regione affascinante e selvaggia: è territorio dalle migliaia di laghi, e la maggior parte di essi sono estremamente piccoli, ma molto belli. Il terreno che divide i laghi è principalmente permafrost: d’inverno ghiacciato e duro come la roccia, d’estate cedevole ed imbevuto di acqua; se ci finisci dentro, mi sa che gli archeologi ti troveranno tra diecimila anni e si chiederanno che ci facevi lì. Ma dove c’è tanta acqua ci sono anche tante zanzare, a milioni. E non sono fastidiose o aggressive. SONO VORACI!!!! Mi sono fermato un paio di volte per fare pipì, e mi anno attaccato ANCHE LI’!!!

Arrivato a Kaamanen svolto verso la Norvegia. Il territorio cambia: diviene ancora più boscoso e collinare e, al riparo dei rilievi che separano Norvegia e Finlandia, anche la temperatura migliora, anche se di poco. Entrato in Norvegia, volto verso nord, verso CAPO Nord, per i rimanenti 290 km. Per gli ultimi 200 costeggio il Porsanger Fjørden, che è il secondo del Paese in ordine di lunghezza, e finalmente, dopo 3976 km dal primo giro di ruota, arrivo, per la seconda dopo 28 anni, alla meta. E con la stessa moto!!!!

Faccio un po’ di fotografie e poi “volto la capa al ciuccio” per andare a cercare da dormire e mangiare. Tornerò per le 23:30, per immortalare il sole di mezzanotte: nel ’85 non ce l’ho fatta per via delle nubi. Speriamo bene.
Giovedì 20 Giugno
Immortalato il sole di mezzanotte, me ne sono andato dopo 10 minuti: c’era il mondo!!!
Per inciso, mi prendo lo sfizio di guidare fra mezzanotte e la una, per la seconda volta in vita mia e per 35 km di curve, tornanti e saliscendi, COMPLETAMENTE A LUCI SPENTE!!!!!

Stamane sono partito da Honningsvag alla volta di Narvik. Tira un forte vento da sud che, non ostante sia meridionale, è freddo ed affilato come una lama. Il paesaggio è bellissimo e desolato: non c’è un albero, non c’è un’anima in giro; solo il mare dai colori quasi mediterranei (non fosse per la neve sulle colline lungo il fiordo…), io, la motociclona e…. LE RENNE!!!! Fatta una curva me ne trovo un gruppetto che non sta attraversando sulle strisssie! Fortuna che andavo piano: mi fermo, prendo la macchina fotografica ed immortalo l’evento.

Altri 200 km di nulla sino ad Alta; passata la città percorro il Kåfjørd, dove è stata affondata la corazzata tedesca Tirpitz dalla Royal Air Force nel 1944; dopo un po’ inizia a piovere, ma la cosa è sostenibile; dopo un po’ ancora si mette a piovere ancora più forte, e la cosa diventa meno sostenibile, anche se ancora fattibile; dopo un altro po’ la pioggia continua e diventa violenta, come in un temporale estivo, ed è gelida, come d’inverno, e la faccenda diviene insostenibile! Vado avanti percorrendo kilometri di foresta, ed alla fine mi fermo davanti ad un albergo, a Bardufoss, e chiedo una stanza: la receptionist, gentile ma spietata, mi notifica che non ci sono stanze disponibili e, con una punta di crudeltà, mi suggerisce di proseguire per Narvik, che è una “grande” città SOLO 100 e fischia km più avanti, ed ha disponibilità di alberghi.
Scoraggiato, risalgo in moto e mi faccio forza. Dopo una sessantina di kilometri ho una visione: a lato della strada c’è questa bella casona con davanti un cartello, e sul cartello la parola magica… ROM! CAMERE! Mi infilo nello spiazzo con la motociclona, e prego mentre suono alla porta. Mi apre questo signore sulla settantina e, alla mia richiesta di alloggio, mi fa cenno di entrare ed annuisce. Sono salvo! Sua moglie mi chiede se gradisco un caffè o del tè, ma io gli chiedo solo una doccia bollente ed un letto caldo; lei, gentilissima mi mostra la camera ed il bagno e mi lascia. Penso di avergli consumato tutta l’acqua calda, ed ora sono sotto un piumone e sto scrivendo queste righe. Sono stremato e penso che tra poco mi addormenterò.
E invece non mi addormento. Bussano alla porta, ed il padrone di casa mi invita a cena. Parlando, durante il pasto, gli dico che sono stato in Aeronautica e lui mi risponde che ha servito nell’Esercito norvegese. Una tradizione di famiglia: c’era anche suo padre, ed è stato uno dei sopravvissuti alla battaglia di Narvik, nell’inverno 1940: un corpo di spedizione anglo-francese, assieme a Reparti dell’Esercito norvegese, è stato sbaragliato dalla Whermacht tedesca durante l’occupazione della Norvegia. L’uomo mi racconta un sacco di altre cose: ha una gran voglia di parlare. Credo che non vedano molta gente, non ostante affittino camere.
Ora sono a letto, e credo che tra un paio di minuti perderò conoscenza.

Venerdì 21 Giugno
Ho dormito 10 ore filate. Non mi accadeva da anni. Caricata la motociclona, riprendo la mia strada verso il meridione: percorsi una cinquantina di kilometri passo da Narvik: il posto, d’estate, è incantevole, soprattutto perché ormai sono ben al di sotto della linea di crescita degli alberi e lo Oforfjørd, alla cui fine sorge la città, è circondato da boschi. Proseguo il mio viaggio lungo la costa che costa non sembra, perché il mare nei fiordi sembra essere lago, e perché boschi di betulle e di pini si tuffano in quel mare che non pare mare. Paesaggi alpini che sorgono dall’oceano.

Dopo un’altra ottantina di kilometri arrivo a Skarberger, dove la strada si interrompe per… Fiordo! E’ l’unica interruzione di una strada di circa 2000 km che unisce il nord al sud del Paese. Da qui ci vogliono circa trenta minuti di traghetto sino a Bognes, sull’altra riva.
Ripartito da Bognes continuo lungo la strada dei fiordi sino a dopo Fauske; da qui la strada per Mo i Rana sale in montagna, un altopiano brullo, ventoso ed innevato per nulla attraente. A circa 100 km da Mo i Rana, nel bel mezzo del nulla, si erge questo edificio a pagoda circondato da un mucchio di auto, campers e roulottes; più mi avvicino e meno ci capisco, poi un cartello mi apre la mente: Circolo Polare Artico. E’ il corrispettivo norvegese, ma molto meno romantico, del finlandese villaggio di Babbo Natale; tutti e due  prosaici centri commerciali per turisti babbioni.
Sto uscendo dall’artico, dunque, e scendo dall’altopiano desolato verso Mo i Rana e la costa, dove riprendono i bei panorami di mare e boschi che si lambiscono. Dopo la città si rannuvola e comincia a gocciolare: non vorrei ripetere il numero di ieri… Decido quindi di fermarmi a Mosjøen e trovare riparo, ed ho fatto bene: ora sono in albergo che sto scrivendo e fuori piove niente male. Le previsioni per domani non sono buone: nuvolosità consistente e piogge più o meno forti su quel pezzo di Norvegia che devo percorrere. In Svezia, oltre le montagne che fanno da barriera alle perturbazioni atlantiche, il tempo è buono. Sto contemplando l’idea di attraversare le montagne e rientrare in Svezia per l’ultima parte del mio tragitto in Scandinavia: sono stufo della pioggia. Domani vedrò…

Sabato 22 Giugno
Partito da Mosjøen con una leggera pioggia. A qualche kilometro dalla città smette, anche se rimane nuvoloso e freddo. Percorro circa 300 km senza prendere una goccia d’acqua attraversando le Alpi scandinave, che hanno da invidiare alle nostre solamente l’altezza. Per il resto sono di uguale bellezza e fascino: addirittura in alcuni scorci ci si accorge della differenza solo perché le case che punteggiano i pascoli sono di stile diverso dal nostro. In certi momenti mi sembra invece di essere in Canada, con questi fiumi ampi, con qualche isolotto irto di abeti, e le foreste di conifere che si tuffano in acqua; o con il fondale roccioso, costellato di grandi massi, ed il corso più stretto a formare una serie di cascate e di rapide che farebbero la felicità di qualunque rafter. Anche se a malincuore, non mi fermo a prendere foto: c’è in atto una gara ciclistica sulla strada che percorro, una specie di maratona lunghissima, ed il traffico automobilistico ci deve convivere; se mi fermo sono perduto.
Anche se rimane nuvoloso, il tempo regge; decido quindi per il programma originale di attraversamento della Norvegia tutta e supero il fatidico bivio che mi porterebbe in Svezia e verso un cielo sicuramente più limpido. PRECISO!!!!! Percorsi una quarantina di kilometri, appena a nord di Trondheim, si aprono le cateratte. Comincio a bagnarmi e incazzarmi, ma ormai ci sono, e decido di continuare verso Lillehammer, 300 km più giù, sperando che la pioggia diradi o smetta. Giove Pluvio mi ascolta e riduce la portata d’acqua ad un livello quasi accettabile, ma il fantasma del barone De Goubartain insiste nel mantenere alto lo spirito agonistico dei ciclisti, dilettanti di tutte le età ed ambo sessi, i quali non mollano non ostante la pioggia ed il vento freddo e continuano ad incasinare il traffico. Morale della favola: rinuncio a raggiungere Lillehammer, tanto sono in anticipo sulla tabella di marcia, e mi fermo in un improbabile motel in un borgo dal nome ancora più improbabile: Kvam.
Mentre scrivo queste righe la roba che ho steso, zuppa a dire il vero, si sta asciugando, e di là in sala stanno approntando per la cena: stasera menù norvegese… Serviranno bistecche di balena e grasso di tricheco, oppure cibo più civile? Ve lo saprò dire….

Domenica 23 Giugno
Il menù norvegese non era niente di speciale: una zuppa di asparagi visti col binocolo (gli asparagi, non la zuppa), uno pseudo prosciutto di Praga di produzione locale e due pomodori. In compenso il tempo stamane promette… ACQUA!!!, come i giorni scorsi. Mi faccio forza e mi metto in moto, iniziando il mio attraversamento della parte sud delle Alpi scandinave. I paesaggi sono la replica di quelli visti ieri: in sostanza, bellissimi e selvaggi. Peccato per questo diluvio continuo che non me li fa godere. Percorro i primi 300 km passando Dombås, Lillehammer e Hamar, che sono i tre centri maggiori che hanno ospitato le Olimpiadi invernali del ’94; costeggio un fiume sbarrato nel suo corso da varie dighe a formare bellissimi laghi, ma me ne sbatto perché l’acqua viene giù a catinelle. Ad Hamar non ce la faccio più: abbandono la strada per Oslo e volto verso la Svezia, dove le previsioni del tempo sono migliori. I temporali mi inseguono (e tartassano) sino a Charlottenberg, città confinaria tra Norvegia e Svezia. Appena passato il confine le nubi si diradano e la pioggia cessa, come se il dio nordico delle tempeste, Thor, fosse rimasto confinato in Norvegia. Io esulto e lo mando italianamente a cag@re fuggendo verso una terra più ospitale e lui, bastardissimo vikingo (giusto per non dire cornuto), con un ultimo colpo del suo mitico martello, mi manda un ultimo super temporale giusto a cento kilometri dal mio arrivo! Morale: mi inzuppo in una sola volta come nei precedenti giorni messi assieme!!!
Arrivo a casa del mio amico e collega Marcos bagnato come un pulcino, non ostante gli ultimi 60 km li abbia fatti col sole (foto 21). Però, che belle estati che hanno in Scandinavia…. Mi faccio un doccione caldo ed usciamo con la famiglia a mangiarci una pizza svedese preparata e consumata in un locale gestito da irakeni: viva la globalizzazione! Però almeno la birra è un prodotto locale, ed è buona. Ora, come al solito, sto scrivendo queste righe prima di addormentarmi. Domani viaggio (corto) sino a Göteborg, traghetto, e dopodomani un Germania. Ci vediamo.

Lunedì 24 Giugno 2013
Partito da casa di Marcos Musmeci a mezzogiorno tra abbracci , baci e promesse di rivederci presto, magari in Italia e con la moto (lui è mukkista. Ma tant’è…). Mentre inforco la motociclona lui mi fa: “… Oggi viaggi tranquillo: guarda che bel sole…”. Si! Proprio! Mentre durante il viaggio mi prendo la mia passata d’acqua quotidiana, vorrei telefonargli per dirgli: “Guarda che, dalle mie parti, Tranquillo ha fatto una brutta fine! Li mortacc…”.
Arrivo al porto di Göteborg alle 14:00 o giù di lì; faccio il biglietto per la nave (sempre quella QUASI tipo Tirrenia), che pago con banconote umide, e mi imbarco. Un motociclista tedesco, che  si è imbarcato con me, mi dice di stare tranquillo: in Germania fa tanto caldo, e c’è tanto sole, che l’asfalto sta saltando via dalle strade. Io sono un po’ scettico: vista la maledizione di Giove Pluvio (o dovrei dire quella di Thor, visto dove mi trovo) che mi sto portando appresso da una settimana, magari da domani l’aria in Tedeschia rinfresca e l’asfalto rimane compatto nella sua sede… Magari anche un po’ bagnato!
Mentre ceno il traghetto salpa alla volta della Germania. Finito di abbuffarmi, passo davanti al Duty Free e vedo delle bottiglie di acquavite danese: ne compro una per il Calincontro Eridico. Visto che Fabio il Califoggiano è così gentile da occuparsi della mia sistemazione, il minimo che io possa fare è offrire da bere. Ora sono a cuccia, pieno come un otre e, come finisco il resoconto giornaliero, cioè ORA, chiudo baracca e burattini e stacco i contatti. Buona notte nordica: tanta luce e poco buio…
Martedì 25 Giugno
LA MALEDIZIONE DI THOR SI E’ AVVERATA!!!!!!!!!!!!!!!
Alla faccia delle temperature africane e dell’asfalto che salta. Sceso dal traghetto, a Kiel, guardo il cielo e vedo nuvole a perdita d’occhio, la temperatura non è certo estiva, ed io ho certezza di incontrare pioggia, tanto per cambiare….
Infatti, fino ad Hannover viaggio bello fresco e non vedo sole; da lì in poi inizia il calvario: 30 km di pioggia e 30 km di vento freddo, e così via. Ne ho le tasche piene: do gas alla motociclona, mi metto a 140 e decido di non fermarmi fino a Füssen, ai confini con l’Austria. In 10 ore mi sono spolpato 955 km, mandando a quel paese l’andatura turistica, i panorami e le fotografie….
Ora sto cenando, in questo ristorante a Füssen, mangiando specialità balcaniche (il proprietario ed il cuoco sono Serbi), e tra una portata ed un’altra sto aggiornando il diario di viaggio. Finito di cenare mi aspetta una docciona super, e mi sa che anche qui gli consumo tutta l’acqua bollente, ed una cuccia calda calda. Intanto mi sto intontendo con un litrozzo di weissbier… Poi si vedrà… Domani attraverso il Tirolo ed invado l’Italia, mi fermo a Riva del Garda un giorno a fare il turista, e poi  mi incontro con Rugi per andare al Calicontro Eridico. Non vedo l’ora di rivedere Fabio e gli altri amici. E poi, dopo due settimane a parlare inglese ed a mangiare strano, un (bel) po’ di sana italianità  ci vuole!!!
Domani mattina, se il tempo è bello, vado a fotografare il castello di re Ludwig, che ho mancato all’andata. Se il tempo è cattivo… A quel paese Ludwig, il suo castello e la Baviera tutta!!! Per ora ho finito di cenare, ed anche di scrivere. Ci rivediamo domani, magari più sereni, pioggia permettendo.
Mercoledì 26 Giugno
Credo che il castello di Ludwig non lo fotograferò. Mi sono svegliato alle 06:00 ed ho guardato fuori dalla finestra: nuvole basse e pioggia battente. Non ce la faccio più: è una settimana che non faccio che beccarmi acqua. Ma che estate è mai questa?
Mi metto in viaggio verso le 09:00: non piove, ma fa freddo; mi dirigo non ostante le precedenti intenzioni, verso il Königschlosser, il castello di Ludwig di Baviera. Anche qui niente più cultura, ma solo turismo di massa: per parcheggiare, € 5,00; non puoi andare da solo sino al castello, ma solo con la navetta, e sono altri soldi; al bar ti vendono cibo e beveraggi a prezzi da usura; il biglietto per la visita pare che costi, così ho sentito ma non mi sono accertato, € 20,00. E poi ci sono i negozietti che vendono i ricordini paccottiglia, tipo quelli che si vedono sulle bancarelle davanti al Colosseo. Solo che, e scusate si è poco, er Colosseo fa tutta ‘n’antra figura!!!

 

L’omino al parcheggio, col suo cappellino da Tirolese e il naso a bulbo da persona avvezza all’alcohol, si è permesso di incazzarsi quando, alla sua richiesta di € 5,00 per il parcheggio, gli ho risposto che nemmeno sarei sceso dalla moto, figurarsi poi spegnere il motore, per prendere una foto del castello. L’ho mandato a quel paese con una delle più forbite espressioni nel miglior dialetto romanesco. Il tutto accompagnato dalla migliore gestualità trasteverina.
Parto per il confine austriaco (nemmeno 2 km da dove mi trovo), l’attraverso ed invado il Tirolo. Memore dei grandiosi risultati della 1^ Guerra Mondiale, intimo agli autoctoni di arrendersi ma, chissà com’è, nessuno mi da retta. Attraverso Reutte, poi valico il passo di Fassberg per scendere nella valle dell’Inn; il cielo è sempre nuvoloso e spira un vento freddo da settentrione, ma non piove. Supero Innsbruck e sono costretto a prendere l’autostrada perché la statale del Brennero è interrotta, autostrada che abbandono per la SS 12 appena superato il confine. Giù per la valle dell’Isarco sino a Bolzano. Avvicinandomi alla città le condizioni meteorologiche migliorano nettamente: finalmente un po’ di caldo e di sole. Mangio un boccone e poi proseguo per Trento e Riva del Garda; arrivato qui mi dico: “… Perché non arrivare sino ad Idro, visto che lì ho appuntamento con Rugi per il Calicontro?…”. Detto e fatto: risalgo la Val di Ledro, supero il lago omonimo, sconfino in Provincia di Brescia e finalmente arrivo al lago d’Idro dove, indovinate un po’? Prendo la mia bella passata di pioggia quotidiana!
Ora sono qui, docciato e rilassato, a completare la pagina quotidiana di questo mio travel log, diario che interromperò per la durata del Calincontro, evento complementare ma estraneo al mio raid a Capo Nord, per riprenderlo poi per il tratto di rientro in Sardegna, e chiuderlo con il mio arrivo a casa. Saluti dalla Lombardia: terra di gente che ce l’ha duro….
Domenica 30 Giugno
Riparto da Brescia, dopo tre giorni di Calincontro, per rientrare in Sardegna. Mi lascio convincere da Rotondo, anche lui al Calincontro, di imbarcarci assieme a Genova.
La prima parte del viaggio è senza cronaca: autostrada sino a Piacenza; sotto Cremona attraversiamo il Po, dove vedo l’ampolla, riempita dal Senatùr e dai suoi accoliti sul Monviso, che galleggia placida nella corrente verso l’Adriatico… O è una bottiglia di plastica???… A Piacenza usciamo ed imbocchiamo la SS45 verso Bobbio e poi Genova: ecco un’altra strada dove riesco di nuovo ad usurare anche i lati delle mie gomme!
Percorriamo la Val Trebbia vedendoci sfilare gradevolissimi scorci del fiume e dei colli circostanti, sino a quando Sandro non si ferma per un caffè. Ad un tavolino del bar ci sono due coppie di mukkisti che ci guardano con aria di sufficienza, le loro moto tirate fuori dal lavaggio 5 minuti prima, le nostre piuttosto sporche (la mia specialmente); passando loro davanti li saluto e loro manco rispondono. A quel punto esprimo ad alta voce a Sandro che ciò che si diceva sulla maleducazione e sulla spocchia dei BMWisti e degli Harleyisti era fondato, e quei signori non fanno nemmeno una piega: senza dignità, oltre che senza educazione. Preso il caffè (e Sandro anche la sua droghetta tabacchifera) ci rimettiamo in moto verso Genova, dove arriviamo verso le 19:00, e lì, al porto, comincia il bello: c’è la ressa!! Dicono che c’è la crisi ma l’Italia va in vacanza. Andiamo alla biglietteria della Moby Lines, per il cui traghetto Sandro ha già il biglietto, e ne chiedo uno anch’io: io si, ma la moto no! Son già pieni di veicoli. Allora vado alle Grandi Navi Veloci, ma il traghetto parte l’indomani. Non mi rimane che la Madre Di Tutte Le Compagnie Di Traghetti: la TIRRENIA!!!! La signora allo sportello mi guarda scettica poi decide che possiamo salire a bordo, me e la motociclona, e ci vende il biglietto. Sono salvo! Solo che, invece di sbarcare ad Olbia, prenderò terra a Porto Torres. Pazienza. Vuol dire che mi fermerò a farmi pagare la colazione da Bos Taurus.
Ora sono sul traghetto (QUASI come quello preso per attraversare il Baltico) in attesa di avere una sistemazione migliore della poltrona che ho acquistato, ed intanto finisco di scrivere questo mio report. Se riesco ad avere una cuccetta potrò stendermi, dopo tante ore in sella. Speriamo bene….
Lunedì 1 Luglio
E’ andata bene: sono riuscito ad avere una cuccetta, ed ho dormito decentemente. Sbarco dal traghetto alle 08:15 e mi avvio verso Sassari. La giornata è soleggiata ma non calda, ed è un vero piacere sentirsi di nuovo a casa e percorrere itinerari già noti, e subito riscopro il fatto che noi siamo, come scritto sul frontone del Palazzo delle Civiltà all’EUR, un  popolo di poeti, di scienziati, di navigatori, di eroi…. Ed anche un popolo di incivili maleducati al volante!!! Appena uscito dal porto, non rispettano la mia precedenza ed provano a farmi fuori; dopo un po’, sulla strada per Sassari, mentre sorpasso un camion, avverto l’onda d’urto di quest’auto che mi arriva da dietro in supersonico e che, non ostante io non abbia ancora terminato il sorpasso, non accenna minimamente a rallentare. Più tardi sulla strada che da Sassari porta ad Olbia, un signore tanto bravo e carino mi sorpassa in curva, con la doppia striscia continua, e spingendomi all’esterno per cercare di farsi spazio. Alle mie rimostranze si permette anche di arrabbiarsi e continua per la sua strada. Lo ribecco qualche kilometro più avanti, fermo in coda per degli autocarri in manovra. Mi affianco, gli  stampo un dito medio sul finestrino e gli chiedo, con una delle mie espressioni più gentili ed educate, di scendere dall’auto a discutere del suo bel sorpasso. Sgrana gli occhi come un gufo e mi risponde che non l’ha fatto apposta; alla mia domanda, molto interessata, su quali siano i sistemi di bordo che permettono alla sua auto di sorpassare senza il consenso ed il controllo del conducente, mi guarda evidentemente in difficoltà ma, certa gente è proprio fortunata, il traffico si sblocca e lui riparte. Va via inseguito da una espressione molto colorita, ed anche io proseguo, per i pochi kilometri che mi rimangono, il mio viaggio. Altri 20 minuti e sono davanti la porta di casa e, dopo 8602 km (traghetti esclusi), il mio viaggio finisce. Un viaggio che mi ha portato ad attraversare terre che già conoscevo, ed altre da scoprire. Un’avventura rivissuta dopo 28 anni, ma che mi ha fatto sentire giovane, vista con occhi più saggi ed animo più pacato. Guardo la motociclona, che ha retto così bene: è sporca, lercia da fare pena, ma esprime ancora, non ostante i suoi trent’anni di età, una forza indomabile. La guardo ed il mio cuore scoppia di orgoglio: è la mia moto! La moto della mia vita…

 

Riccardo Bartolini

Analisi Guzzista

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di Ledcloud

 

Una bellissima canzone di James Taylor narra di momenti tristi e bui dove la ricerca di un amico è un ancora di salvezza per ridare fiducia nelle giornate tempestose ed allontanare lo spettro della solitudine e la malinconia che spesso nei cuori alberga in un angolino non sempre remoto.

Capita allora di scendere in garage aprire il lucchetto ed accendere la luce che illumina quel mondo fatto di una piccola passione che profuma di ferro, olio e benzina. Le cromature più o meno pulite luccicano amorevolmente sotto la luce del neon mentre l’odore del “garage” penetra dentro all’anima accelerando il battito e facendo venire la voglia di inserire la chiave nel blocchetto giusto per sentire il ronzio della pompa che mette pressione l’impianto, vedere la spia rossa accendersi e la tentazione di premere l’avvio. Ma no, non è il momento e la mano scivola lungo la sella, il serbatoio e accarezza lo specchietto che riflette un sorriso sornione.

La vetrina nell’angolo raccoglie i modellini raccolti negli anni che raccontano una storia fatta di motori, ferro, passione, sogni, ricordano gli incontri con gli amici su per le curve delle montagne e delle colline, di serate passate a raccontare di leggende metropolitane di motori esplosi per il cambio di un semplice cuscinetto o di un ingranaggio spaccato sotto il peso degli anni e del carico abbondante trasportato dal sud al nord, mentre i cavalli allineati d’avanti a noi sono la materializzazione di quei modellini.
No, qui non c’è il vezzo di esporre l’ultimo grido in fatto di moda, non c’è quella presunzione di essere alla moda all’ultimo grido tecnologico alla vanitosa elargizione di centinaia e centinaia di cavalli. C’è solo la fierezza di esporre una umile passione fatta di storia, pochi cavalli potenti e di razza che senti scalpitare a bassi giri e marce alte nei cilindri che spuntano a volte lucidi a volte sporchi. Ferri accoppiati come nei peggior incesti che partoriscono meraviglie potenti e veloci, magari non da circuiti famosi imputtanati da soldi e loschi traffici di mercato. Ma le gomme sbrindellate, i cavalletti limati e le marmitte scartavetrate non nascondono affatto timidezza, no. E nel silenzio della notte da sotto le tende le senti mormorare delle pieghe fatte sui passi alpini o sui colli degli Appennini tosco romagnoli, delle salite sul Gran Sasso o dei scorci panoramici del golfo del Salento. Le senti bisbigliare che domani…. sulle curve del monte Amiata ci sarà da divertirsi.

La sera scivola lentamente sui pendii intorno mentre il cielo regala qualche stella che ruba la scena alle nuvole che corrono ad inseguire una luna pacioccona e guardi lei tranquilla dalle linee morbide che nascondono il suono di un tuono e l’agilità di una tigre che mansueta ed obbediente ti fa accarezzare e pennellare quelle curve che portano nei luoghi così lontani ma pur sempre vicini. Prendo il tre piede e mi siedo la di fianco a lei chiedendole come sta, sfiorando con le dita quelle parti nascoste dove cavi e fili scompaiono alla vista per servire chissà quale accrocco ma nell’immaginario sono vene, arterie, nervi e tendini che danno vita a qualcosa di innaturale qualcosa che nella realtà non parla, non respira ma pulsa forte, è più le pulsazioni aumentano più l’adrenalina sale.
Ma so che non è così, son tante le circostanze che mi hanno fatto pensare e credere che forse questo pezzo di ferro forse non è poi una “cosa” senza vita, come quando non entravano le marce dopo una sosta e fui costretto a fermarmi a bordo strada e scoprire di avere il casco slacciato, per poi riprendere la marcia senza alcun tentennamento del cambio (o quasi!), oppure quando il tempo è avverso e la moto sembra non avere forza oppure ancora entrare in una galleria a tutta velocità in mezza piega e trovarmi sopra una lastra di ghiaccio e lei qualche colpo di coda e tirarmi fuori indenne dal buio mentre il puzzo della biomassa espulso si sentiva uscire dal giubbino. Son cose successe realmente senza invenzione alcuna.

Così le parli della tua giornata, dei tuoi guai sul lavoro, degli amici bicilindrici che non vedi da tempo perché di tempo non ne hai. Si corre in continuazione ma senza di lei e la senti al venerdì che scalcia sulla porta del garage anche se stai a chilometri di distanza, la senti, la calmi, le chiedi di avere pazienza.
Poi arriva il momento. Apri e lei e lì che saltella gioiosa, non sta nel telaio, vibra tutta. E’ ora; infilo la chiave, sblocco, giri il manubrio ed accendo il quadro. Luce rossa e ronzio. Sfioro il pulsante ed ella si anima con un boato che tuona nell’aria mentre le montagne e le strade sorridono voltandosi a guardarci e si preparano ad accoglierci con i sui profumi ed il loro nastro d’asfalto. Ed all’improvviso tutto svanisce, il buio dei tuoi pensieri scompare per lasciare posto a Lei che chiede di andare lontano, lontano da tutto e da tutti.

Ed il mio spirito si rasserena davanti ad un altro tramonto.

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