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L’onore della Moto Guzzi

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di StepV11

 

 

Sto andando al Mugello, l’occhio sullo specchietto a vigilare i sussulti del mio V11 fissato sul carrello con così tanta preoccupazione che ancora non mi fido di aver fatto un buon lavoro. Ma forse mi preoccupa di più il fatto che domani debutto nel Campionato Naked, e mi ripeto in continuazione: “Ma sei impazzito? Ti massacreranno senza pietà…” Ma indietro non si torna, non è nel mio carattere, e poi è troppo tardi per cambiare idea. Il mio meccanico mi sta aspettando ai box.
Quando arrivo nel paddock riconosco al volo alcuni sguardi di consapevole ammirazione e commiserazione allo stesso tempo, del tipo :”Ecco un’altra vittima di un sogno, strana gente questi guzzisti, strana gente….”
Tutto a posto, ci mettiamo subito a lavorare, verifichiamo un ultima volta tutti i serraggi e la pressione delle gomme. Faccio le verifiche, poi mi vesto, ho una tuta fantastica, residuo degli anni ‘70, nera attillata e senza protezioni omologate, speriamo non mi rompano le scatole, perché io senza quella tuta perdo due secondi al giro. Ma qui mica siamo al TT che verificano anche le tute…
Esco dai box, ed il rombo dei miei Mistral in carbonio è bellissimo. Secondo me come il due a 90 non suona nessun altro. Faccio due giri per scaldare le gomme ed alla fine del secondo esco come un siluro dalla Bucine e mi lancio sul rettilineo: inizia la battaglia, anche se sono prove libere non valide per lo schieramento. Ecco il cartello dei 100 alla S. Donato, pinzata pesante e giù a sagomare lo scarico di destra, poi volo alla Lugo, e mi presento alla Materassi in pieno orgasmo, sto godendo della mia guida. Ora viene il difficile, la Savelli e poi l’Arrabbiata. Esco dalla esse in discesa troppo forte, ma apro di brutto lo stesso, sennò perdo troppi giri e la salita si sa che non è il pane del V11. Sbacchettata furibonda. Non ci siamo. Ed anche al Correntaio allargo troppo e mi presento quasi impiccato alla Biondetti.
Finisco il giro deluso ed entro ai box. Breve conciliabolo e decidiamo di togliere un po’ di precarico di dietro al mio adorato Ohlins. Io indurisco anche l’ammortizzatore di sterzo.
Vado. Giro come un ossesso, ma non sono convinto. Tanto che il mio miglior tempo è ancora lontano, sono troppo teso, guido male. Basta mi fermo, devo riflettere. Penultimo. E’ vero che sono l’unico con il V11, ma quei maledetti con le Tuono mi stanno massacrando, e non solo loro, anche i ducatisti. Non lo posso sopportare, almeno non in questa misura. Sono seduto sulla mia sedia da campo, lo sguardo nel vuoto a pensare che era meglio se stavo a casa.
“Scusi, è lei che guida la Motoguzzi?” Mi scuoto dal mio torpore e scorgo un signore distinto con la giacca in spalla, camicia celeste perfettamente stirata e cravatta. Con lui ci sono due persone, due visi noti, che però fatico a inquadrare. L’uomo in camicia chiede se può darmi una mano, così per passione, “Sa sono un vecchio guzzista, e mi dispiaccio quando vedo una Motoguzzi che prende le paghe”. Come dargli torto?
Evidentemente è un tecnico ed anche autorevole, lo si intuisce da come impartisce gli ordini ad uno dei due, che arrotolatosi le maniche della camicia inizia ad eseguire gli ordini del Capo. “Sfila la forcella, dài più freno davanti, indurisci anche dietro…”. Poi una serie di maledizioni quando osservando il motore non trova i carburatori, ma i corpi farfallati dell’iniezione elettronica. Il capo tuona “Bruno, telefona a Mandello, che cazzo hanno fatto al mio motore?”
Ragazzi, ho l’Ing. Tonti nel mio box e sulla mia moto sta lavorando il grande Bruno Scola, che è uno spettacolo. Ma allora l’altro individuo… Ma si, ora lo riconosco bene, è Vittorio Brambilla, il grande Vittorione. Una fetta della gloriosa storia della Motoguzzi è dentro il mio box.
Stanno iniziando le prove ufficiali e si mette a piovere. Panico. Ecco che mi si accende la lampadina: “Vittorio vai tu al posto mio, io mi nascondo nei box, facciamolo per l’onore della Motoguzzi”.
I tre si appartano a decidere. L’Ing. Tonti sentenzia “Questa cosa la facciamo, ma lei si assume tutte le responsabilità, è chiaro?”.
Chiaramente Vittorio non entra nella mia tuta antidiluviana e devo dargli la Spidi che tengo di riserva, così mentre lo aiuto a entrarci tirando con tutte le mie forze, sento l’Ing. Tonti dire a Scola : “Ma l’Aprilia non fa i ciclomotori? Che è questa Tuono? Ma…”
Iniziano le prove che piove forte. Nascosto in un giaccone impermeabile, con il bavero rialzato e gli occhiali da sole mi apposto sul muretto dei box. Ecco che finito il giro di lancio “mi” vedo sfrecciare, in una scia di spruzzi. Mi vengono i brividi, è passato pieno come sull’asciutto. Vittorione fa quattro giri ed è pole. Non ho parole. Mi metto a ridere come un pazzo. Eccolo rientrare e mentre scorre nella pit lane tutti lo guardano increduli, ha rifilato quasi quattro secondi al secondo.
Entra nel box e si precipita al bagno dove lo sto aspettando già pronto ad indossare la tuta.
E poi viene il godimento: è una processione di appassionati, piloti e meccanici, tutti a battermi pacche sulle spalle ed a farmi complimenti, con uno sguardo di esclusiva ammirazione, si perché stavolta quello di commiserazione lo possono riservare a se stessi. In disparte “il mio team” osserva visibilmente soddisfatto.
L’onore della Motoguzzi è salvo.
Ma domani si corre, ed io come faccio? Li vedo che se ne vanno, li chiamo due, tre volte, ma non mi ascoltano. Tornate qua! Poi una voce nota mi scuote: babbo, forza, svegliati che oggi ci devi portare tu a scuola, tutte le volte arriviamo per ultimi….