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Io viaggio da solo

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di Riccardo Bartolini

 

E’ stato più di un anno fa: rimesso a posto il Cali II, la “Vecchia Signora”, moto della mia vita, a cui sono collegati tanti ricordi, mi è frullata per la mente l’idea di tornare a Capo Nord, meta di un gran numero di motociclisti e sogno, più o meno vagheggiato, di un numero ancor maggiore di centauri.
Ci ero già stato, nel 1985, col Cali che aveva ancora le cromature brillanti ed io che ero un giovane leone rampante. Ci ero stato di contrabbando: ero militare ed ero pilota, e per andare in licenza all’estero avrei dovuto ottenere il nulla osta dallo Stato Maggiore e non solo dal mio Ufficiale in comando; inoltre non avrei potuto avere più di 15 giorni di licenza, a causa dei turni di servizio. Caricata la moto, partii alle 04:00 di una bella mattina di Giugno dal mio Reparto e percorsi tutta l’Italia sino al Brennero, attraversai il Tirolo e mi fermai a Kempten, nella Germania meridionale. Ad ogni rifornimento, dall’inizio alla fine del viaggio, telefonavo ad un mio collega consenziente (complice sembra troppo brutto!) per avere la certezza che non sorgessero problemi di servizio e che mi richiamassero, pronto a mollare la moto lì dove mi trovavo ed a prendere il primo aereo disponibile per tornare. Il viaggio mi è costato più in telefonate che in benzina. Il secondo giorno sono arrivato in Danimarca, dove mi sono imbarcato su un traghetto per Oslo, e una dozzina molto abbondante di ore dopo ho preso terra in quel della Norvegia. Tre giorni per risalirla, ed eccomi a Capo Nord!
La prima cosa che mi è venuta da pensare, durante l’attraversamento della Germania e della Danimarca, è stato:”…Ho problemi alla strumentazione della moto. Il tachimetro ed il contagiri segnano meno del reale; vado più veloce, ed il motore gira di più, di quello che leggo. Ho percorso più di ottocento kilometri ed ancora non è arrivata sera….” Poi mi sono reso conto di essere salito di questa ventina di gradi di latitudine e che il sole tramonta sempre più tardi, e che infine rimane costantemente sopra l’orizzonte una volta superati il Circolo Polare.
La seconda cosa, assurda, che ho pensato una volta arrivato all’agognata meta, è stato di dare degli imbroglioni a quelli dell’ Ente Turismo norvegese, che spacciano Capo Nord per l’estremo lembo dell’Europa continentale. Bugiardi! E’ il promontorio, e nemmeno quello più settentrionale, di un’isola! In altri tempi unita alla terra ferma da un traghetto, ora da un tunnel! Poi, affascinato dalle desolata maestosità del luogo, con gli occhi persi sulle scogliere brulle e quel mare grigio piombo che sembrava quasi alieno, mi sono detto che era da imbecilli spolparsi un viaggio del genere e farsi venire certe idee…
Il sole di mezzanotte? Manco a parlarne!… Nuvole, nuvole, e ancora nuvole…
Per il ritorno: stessa strada, stessi tempi, stesso affanno….. Ma, all’arrivo, che goduria!!!!! Unico neo: non ho potuto raccontare ai miei colleghi (a parte il complice) cosa avevo fatto. Sarei stato crocifisso dal mio Capo… E con i chiodi arrugginiti!!!
27 anni dopo (l’anno scorso), e prossimo alla pensione, esterno il progetto ad un po’ di amici (un bel numero, in realtà!): un anno di pianificazione/preparazione, e poi partenza a Giugno 2013! Dalla Sardegna, dove ormai vivo, questa volta. Una parte di loro, molto realisticamente, declina l’offerta guardando alla situazione familiare, a quella lavorativa o alle condizioni del ferro che cavalcano. Altri danno assicurazione della loro partecipazione, alcuni anche con frasi roboanti… E quindi, come mio solito, parto in tromba (tara caratteriale, o deformazione professionale?) con la pianificazione del viaggio: date, tragitto, tappe, soluzioni per l’alloggio e per i pasti…
… Peccato che con l’avvicinarsi del giorno della partenza siano saltate fuori le migliori scuse per ritirarsi. E’ mancato solo che venissero accusati sintomi di una qualche malattia dei pesci o dei polli per giustificarsi. Morale della favola: IO VIAGGIO DA SOLO!!!
Anzi: la “Vecchia Signora” ed io viaggiamo da soli. Eh, sì! 28 anni dopo ci siamo tornati insieme: più vecchi, più saggi e… più pieni di acciacchi!
Qui sotto il diario del viaggio, se vi va di leggerlo, e qualche foto. Poche, in verità.

Venerdì 07 giugno 2013
Gomme nuove:        montate.
Olio motore:            cambiato.
Olio cambio e cardano:    cambiato.
Cavi gas e frizione:        lubrificati e scorrevoli….
La moto è un po’ disarmonica, quindi la porto dal mio amico Vannino, meccanico in Telti. Meccanico automobilistico e di mezzi pesanti, non di moto; ma è motociclista sfegatato, con una passionaccia per il suo lavoro e con una sensibilità ed una attenzione che molti meccanici moderni “computerizzati” manco se le sognano….
“…Vieni a prenderla verso le 17:00…” Ed io a quell’ora vado…
Il motore non sembra più nemmeno il mio: accordato come un violino.
Torno a casa, carico il bagaglio, mi infilo la tuta e via verso il Traghetto. Il viaggio inizia senza nulla di rilevante. La faccenda sembra irreale…

Sabato 08 Giugno 2013
Sono le 07:00: sbarco a Livorno con il sole che splende. Promette bene…
Ho appuntamento per pranzo Con Rugi56 a casa sua, a Montecchio Maggiore. Devo sbrigarmi… imbocco l’autostrada e mi dirigo verso La Spezia, per poi proseguire per Parma, Modena, Verona, Montecchio. Sto per arrivare ad Aulla, e guardo le montagne di fronte: “…Azz… la Cisa! E che fai, te la vuoi perdere?…” E’ un attimo: svincolo, casello, pedaggio e via! Appena fuori dall’abitato frusto i vecchi cavalli e mi godo le curve fino a Fornovo. A quel punto, con la Pianura Padana (non Padania, badate bene, come alcuni decerebrati amano dire…) davanti, rientro in autostrada e apro quanto posso per riguadagnare i minuti perduti, ma non sprecati.
Pranzo con Rugi e la sua bella famiglia, e riparto da Montecchio intorno alle 14:00 scortato dal mio anfitrione. Il Rugi mi accompagna da Montecchio sino a Recoaro e, nel lasciarmi alle falde delle Piccole Dolomiti, mi dice: “… Quella lì è la strada che porta a Rovereto: è un po’ curvosa. Vedrai che ti diverti…” E mi sarei anche divertito se non mi fossi beccato il diluvio universale!!!

Da Rovereto sino a Bolzano è sembrato che il pomeriggio volgesse al meglio, e invece mi è di nuovo piovuto addosso il mondo sino al Brennero. Lì ho deciso che non ce la facevo più, mi son trovato un posto per dormire e per cenare, ed ora sto scrivendo queste cose. Anzi! Ho finito di scriverle. Buona notte.
Domenica 09 Giugno 2013
Partito dal Brennero, ho preso la statale per Innsbruck che, a metà strada, era interrotta da una frana. E allora prendi l’autostrada e annoiati sino ad Innsbruck! , Però, anche dall’autostrada il Tirolo è uno spettacolo di montagne, di pascoli e di boschi, con questi paesini, che sembrano finti tanto sono lindi e pinti, incastonati nel verde.
A ovest di Innsbruck lascio l’autostrada e mi immetto sulla statale che mi porterà a Reutte, al confine austro-germanico, e poi a Fussen. Lì avrei voluto andare a fotografare il Neuschwannstein, il castello più famoso di Ludwig, il re pazzo di Baviera; ma il tempo, che sembrava buono, si è messo al peggio e mi di nuovo è arrivato addosso il diluvio. Saluti e baci al castello di Ludwig; lo fotograferò al ritorno. Cerco di precedere il maltempo e mi fiondo sulla A7, una delle tre autostrade che attraversano la Germania da sud a nord. Il viaggio lo potete immaginare: una noia mortale, anche se con bei panorami. Viaggio rilassato: gli automobilisti tedeschi sono molto disciplinati; nessuno che mi viene sotto sino a sfiorarmi il parafango, nessuno che mi gratta il fianco sorpassandomi sulla mia stessa corsia, nessuno che cerca di spingermi avanti, quando sono sulla corsia di sorpasso, perché arriva in supersonico e non vuole rallentare; l’ambiente è irreale: niente clacsons impazziti e niente lampeggi fra il forsennato e l’incazzato…. Quasi come in Italia.
Mi sono spolpato i miei 500 e rotti kilometri pianificati, e mi sono fermato in questo posto a nome Kircheim a riposare le mie stanche ossa. La “Vecchia Signora” regge bene; anzi, sembra essere ringiovanita. Domani altri 500 km fino a Kiel, dove prenderò il traghetto per Goteborg, in Svezia. Buona notte…

Lunedì 10 Giugno 2013
Partito da Kircheim alle 09:00, dopo una abbondante colazione. Tanto per cambiare piove ma, qualche kilometro dopo Kassel, smette e si alza questa tramontanina fredda fredda…. Fortuna che ho indossato una felpa. Il paesaggio è splendido: ha un andamento collinare dolce e mi ricorda le campagne in provincia di Pesaro, le coltivazioni sono ordinate e curate, come nelle Marche, solo che qui tra le fattorie ci sono dei boschi che lévati; noi non abbiamo questa abbondanza di alberi. Fra Gottinga ed Hannover ci sono lavori in corso (pesanti) e rimango bloccato per strada (letteralmente fermo) per quasi un’ora. E qui ho l’ennesimo riscontro che i Tedeschi non sono proprio come gli Italiani: niente scene di impazienza, niente incazzature, bestemmie o parolacce, niente isteria e niente sceneggiate di morte per disidratazione. Stiamo messi lì, buoni buoni, a parlare ed a chiederci cosa sta succedendo; quelli con l’auto sintonizzano la radio sulla isoradio tedesca per sentire se il loro CCISS dà notizie sul perché del blocco, i motociclisti mettono le moto sul cavalletto e tutti lì, sull’autostrada, a parlare del più e del meno aspettando che la situazione si sblocchi. Nessun automobilista prova a fare il furbo sulla corsia d’emergenza, nessun motociclista ha prova a fare la gimcana tra le auto in fila…. Quasi come da noi, eehhh?
Dopo aver attraversato tutta la Germania del nord arrivo a Kiel, industrioso porto sul Baltico. La gente è educata ma inflessibile: un paio di volte, non conoscendo la città, cambio corsia senza segnalare e mi becco una collezione di vaffa in tedesco che mi basterà fino al prossimo viaggio.


Comprato il biglietto per il traghetto sino a Goteborg, in Svezia, fatta cena con una delle pietanze spacca fegato che usano da queste parti, finisco di scrivere, mi butto in branda e domani mi imbarco per la civilissima Scandinavia. Buona notte (si dice per dire: sono le 22:00 ed il sole ancora non ha toccato l’orizzonte).

Martedì 11 Giugno 2013
Oggi, in attesa di imbarcarmi, ho visitato Kiel e dintorni. E’ la tipica città anseatica: architettura nordica, tutta a mattoni e quindi toni di marrone su marrone, pavimentazione stradale a pavè (nel centro storico), niente di antico, poco di storico. Le uniche cose notevoli sono il porto ed il suo accesso al mare, il Canale di Kiel (appunto). Il porto è stato per tutte e due le guerre mondiali la principale base di U-Boot della Kriegsmarine, e durante l’ultimo conflitto anche base navale. E si vede ancora oggi: infatti esso è strutturato in maniera estremamente compartimentata. Il Canale è una cartolina: su entrambe le sponde i boschi arrivano fino all’acqua; mentre la riva occidentale è più industrializzata e dedicata al porto commerciale, quella orientale è residenziale, con questi cottages e queste ville in stile attrezzate di porticciolo. Le barche a vela non si contano.

Ora sono sul traghetto. La nave è il doppio di quelle della Tirrenia; pulitissima ed attrezzatissima (QUASI come quelle della Tirrenia); con due ristoranti a buffet, non self service aziendale, ed uno a là carte che servono dell’ottimo cibo (QUASI come su quelle della Tirrenia); il biglietto per moto, passeggero e cabina in esclusiva, per una tratta corrispondente ad un Livorno-Cagliari, se esistesse, mi è costato € 187 e spiccioli (QUASI come con la Tirrenia); il personale è gentilissimo, educato e parte di esso raggiunge, per i maschietti interessati, l’ottavo o il nono grado della Scala Gnokker (QUASI come quello della Tirrenia); il personale non parla italiano (PROPRIO COME QUELLO DELLA TIRRENIA!!!). Continua domani, in terra di Svezia…

Mercoledì 12 Giugno 2013
Sbarcato a Göteborg perfettamente in orario. Fatto un giro per la città, che è bella e vivibile ma non ha nulla di particolarmente interessante. In Svezia la rete stradale è molto ben tenuta, sebbene qui la neve ed il ghiaccio debbano far danni non da poco. La segnaletica è spartana ma chiara e la lingua è un casino anche solo a leggerla, per cui chi viaggia deve stare all’ occhio; in compenso gli Svedesi sembrano essere ancora più pazienti dei Tedeschi.
Sono stato a fare un giro per la regione, mentre mi avvicinavo alla città dove abita un mio collega di corso, ed ho consolidato l’ opinione che mi ero fatto sul traghetto prima, e poi stamane a Göteborg: gli Svedesi sono educati, gentili, seri, e anche fisicamente bellocci, ma SONNOLENTI!!!
Le campagne sono ottimamente tenute, ed allevano un sacco di cavalli e bovini di varie razze. Mai visti così tanti in Europa.


Il diario si interrompe qui, per il momento. Riprenderò il viaggio, ed a scrivere, il 17 p.v.
Lunedì 17 Giugno 2013
Mi sono svegliato tardi, poi ho preparato i bagagli, fatto i saluti ed è arrivato mezzogiorno! E che vuoi partire senza niente nello stomaco? Il mio amico e collega Marcos, da bravo Italiano, non me lo permette. E così si risolve che parto alla una, ed invece che farmi in surplace i 700 e spiccioli kilometri preventivati ne percorro solamente 550, e col rischio di farmi strappare la patente dalla polizia svedese.
In compenso lascio il Väster Gotland, terra di fattorie, anche se separate da ampi boschi, e mi avvio verso nord attraversando il Gävleborg per addentrarmi nel Västernorrland. Ci sono sempre meno coltivazioni e sempre più foreste anche se la flora, a causa del clima più freddo, è sempre più nana. Anche la tipologia degli alberi cambia con l’andare sempre più verso nord: la percentuale delle conifere diminuisce ed aumentano le betulle.
Con la moto attraverso paesaggi veramente belli ma, per via della partenza ritardata, mi fermo poco e scatto solo due o tre foto durante il viaggio. Tra l’altro la metà del tragitto è sulla costa, ma non ci sono spiagge: solo alberi che mettono le radici a mollo nell’acqua. I colori, sia il verde delle foreste che l’azzurro dell’acqua, sono cupi; ma prendono il cuore lo stesso.

Mi sono fermato in questo alberghetto sulla riva sulla riva di una specie di …. Fiordo? Canale? Budello? (non so definirlo)… Con queste casette color pastello che si specchiano nell’acqua. Mentre sto scrivendo sono le 22:30 ed il sole è ancora alto e c’è luce come da noi alle 18:00. Io sono abbastanza stanco, compatite un povero vecchietto, e vado a dormire. Continua domani.
Martedì 18 Giugno 2013
Colazione abbondante e parto da Herrskog, dove ho dormito, alla volta di Rovaniemi, in Finlandia. La giornata è soleggiata ma ventosa e, anche col tutone in goretex e le imbottiture, la temperatura non proprio italiana si sente! Attraverso il Västerbotten ed il Norrbotten godendomi il freddo ed un panorama sempre uguale: foreste, foreste ed ancora foreste. Anche se sono sulla costa del Baltico il mare non si vede: gli alberi precludono la vista, a parte un paio di scorci. Un territorio così boscoso che, se fosse un po’ più secco, farebbe la felicità di quei bei tipi che d’estate, in Italia, giocano con i fiammiferi…
Entro in Finlandia dalla città di Tornio. Nulla a che fare con le officine meccaniche… la Finlandia: il paese europeo dove, a detta di tutti i sondaggi, si vive meglio. In effetti è tutto curato, pulito e perfettamente in ordine; la gente è educata e civile, ma mi sembrano un po’ più chiusi degli  Svedesi. Volgo il muso della moto verso nord-est e mi faccio gli ultimi 100 km con in faccia questo venticello che arriva da Polo Nord, affilato come un rasoio, e col cielo che si va rannuvolando. Arrivo a Rovaniemi (foto 8), il paese di Babbo Natale, poco prima che inizi a piovere: salvo!!! Super sauna (siamo in Finlandia, belli!!!), doccia e vado a cena, ad assaggiare la cucina finlandese: ho aggiunto alla collezione di carni mangiate in giro per il mondo anche quella di renna e di alce. Buone. Ora sono a letto a finire di scrivere della giornata, e fra un po’ mi addormento. Domani sveglia presto: ultima tratta verso Capo Nord, e non sto nella pelle.

Mercoledì 19 Giugno 2013
Partenza da Roveniemi alle 07:30, e ci sono: vento freddo da Grecale, nuvole basse e quella pioggerellina fine fine, quasi nebulizzata, che quando ti arriva addosso non ti bagna ma evapora praticamente all’istante, abbassandoti drasticamente la temperatura corporea. Una goduria. 5 km dopo Rovaniemi c’è questo paesino attraversato dal Circolo Polare, e segnato sulla pavimentazione della piazza principale. Non mi va di perdere tempo in deviazioni, così mi accontento di fare la fotografia al portale in legno, che identifica lo stesso Parallelo, sulla strada che sto percorrendo. Sono entrato nell’Artico! Dove d’inverno c’è la notte perenne, e d’estate il giorno pergì (una notte che dura sei mesi non è perenne, ma il calambour è riuscito bene!)!!!
La Lapponia è una regione affascinante e selvaggia: è territorio dalle migliaia di laghi, e la maggior parte di essi sono estremamente piccoli, ma molto belli. Il terreno che divide i laghi è principalmente permafrost: d’inverno ghiacciato e duro come la roccia, d’estate cedevole ed imbevuto di acqua; se ci finisci dentro, mi sa che gli archeologi ti troveranno tra diecimila anni e si chiederanno che ci facevi lì. Ma dove c’è tanta acqua ci sono anche tante zanzare, a milioni. E non sono fastidiose o aggressive. SONO VORACI!!!! Mi sono fermato un paio di volte per fare pipì, e mi anno attaccato ANCHE LI’!!!

Arrivato a Kaamanen svolto verso la Norvegia. Il territorio cambia: diviene ancora più boscoso e collinare e, al riparo dei rilievi che separano Norvegia e Finlandia, anche la temperatura migliora, anche se di poco. Entrato in Norvegia, volto verso nord, verso CAPO Nord, per i rimanenti 290 km. Per gli ultimi 200 costeggio il Porsanger Fjørden, che è il secondo del Paese in ordine di lunghezza, e finalmente, dopo 3976 km dal primo giro di ruota, arrivo, per la seconda dopo 28 anni, alla meta. E con la stessa moto!!!!

Faccio un po’ di fotografie e poi “volto la capa al ciuccio” per andare a cercare da dormire e mangiare. Tornerò per le 23:30, per immortalare il sole di mezzanotte: nel ’85 non ce l’ho fatta per via delle nubi. Speriamo bene.
Giovedì 20 Giugno
Immortalato il sole di mezzanotte, me ne sono andato dopo 10 minuti: c’era il mondo!!!
Per inciso, mi prendo lo sfizio di guidare fra mezzanotte e la una, per la seconda volta in vita mia e per 35 km di curve, tornanti e saliscendi, COMPLETAMENTE A LUCI SPENTE!!!!!

Stamane sono partito da Honningsvag alla volta di Narvik. Tira un forte vento da sud che, non ostante sia meridionale, è freddo ed affilato come una lama. Il paesaggio è bellissimo e desolato: non c’è un albero, non c’è un’anima in giro; solo il mare dai colori quasi mediterranei (non fosse per la neve sulle colline lungo il fiordo…), io, la motociclona e…. LE RENNE!!!! Fatta una curva me ne trovo un gruppetto che non sta attraversando sulle strisssie! Fortuna che andavo piano: mi fermo, prendo la macchina fotografica ed immortalo l’evento.

Altri 200 km di nulla sino ad Alta; passata la città percorro il Kåfjørd, dove è stata affondata la corazzata tedesca Tirpitz dalla Royal Air Force nel 1944; dopo un po’ inizia a piovere, ma la cosa è sostenibile; dopo un po’ ancora si mette a piovere ancora più forte, e la cosa diventa meno sostenibile, anche se ancora fattibile; dopo un altro po’ la pioggia continua e diventa violenta, come in un temporale estivo, ed è gelida, come d’inverno, e la faccenda diviene insostenibile! Vado avanti percorrendo kilometri di foresta, ed alla fine mi fermo davanti ad un albergo, a Bardufoss, e chiedo una stanza: la receptionist, gentile ma spietata, mi notifica che non ci sono stanze disponibili e, con una punta di crudeltà, mi suggerisce di proseguire per Narvik, che è una “grande” città SOLO 100 e fischia km più avanti, ed ha disponibilità di alberghi.
Scoraggiato, risalgo in moto e mi faccio forza. Dopo una sessantina di kilometri ho una visione: a lato della strada c’è questa bella casona con davanti un cartello, e sul cartello la parola magica… ROM! CAMERE! Mi infilo nello spiazzo con la motociclona, e prego mentre suono alla porta. Mi apre questo signore sulla settantina e, alla mia richiesta di alloggio, mi fa cenno di entrare ed annuisce. Sono salvo! Sua moglie mi chiede se gradisco un caffè o del tè, ma io gli chiedo solo una doccia bollente ed un letto caldo; lei, gentilissima mi mostra la camera ed il bagno e mi lascia. Penso di avergli consumato tutta l’acqua calda, ed ora sono sotto un piumone e sto scrivendo queste righe. Sono stremato e penso che tra poco mi addormenterò.
E invece non mi addormento. Bussano alla porta, ed il padrone di casa mi invita a cena. Parlando, durante il pasto, gli dico che sono stato in Aeronautica e lui mi risponde che ha servito nell’Esercito norvegese. Una tradizione di famiglia: c’era anche suo padre, ed è stato uno dei sopravvissuti alla battaglia di Narvik, nell’inverno 1940: un corpo di spedizione anglo-francese, assieme a Reparti dell’Esercito norvegese, è stato sbaragliato dalla Whermacht tedesca durante l’occupazione della Norvegia. L’uomo mi racconta un sacco di altre cose: ha una gran voglia di parlare. Credo che non vedano molta gente, non ostante affittino camere.
Ora sono a letto, e credo che tra un paio di minuti perderò conoscenza.

Venerdì 21 Giugno
Ho dormito 10 ore filate. Non mi accadeva da anni. Caricata la motociclona, riprendo la mia strada verso il meridione: percorsi una cinquantina di kilometri passo da Narvik: il posto, d’estate, è incantevole, soprattutto perché ormai sono ben al di sotto della linea di crescita degli alberi e lo Oforfjørd, alla cui fine sorge la città, è circondato da boschi. Proseguo il mio viaggio lungo la costa che costa non sembra, perché il mare nei fiordi sembra essere lago, e perché boschi di betulle e di pini si tuffano in quel mare che non pare mare. Paesaggi alpini che sorgono dall’oceano.

Dopo un’altra ottantina di kilometri arrivo a Skarberger, dove la strada si interrompe per… Fiordo! E’ l’unica interruzione di una strada di circa 2000 km che unisce il nord al sud del Paese. Da qui ci vogliono circa trenta minuti di traghetto sino a Bognes, sull’altra riva.
Ripartito da Bognes continuo lungo la strada dei fiordi sino a dopo Fauske; da qui la strada per Mo i Rana sale in montagna, un altopiano brullo, ventoso ed innevato per nulla attraente. A circa 100 km da Mo i Rana, nel bel mezzo del nulla, si erge questo edificio a pagoda circondato da un mucchio di auto, campers e roulottes; più mi avvicino e meno ci capisco, poi un cartello mi apre la mente: Circolo Polare Artico. E’ il corrispettivo norvegese, ma molto meno romantico, del finlandese villaggio di Babbo Natale; tutti e due  prosaici centri commerciali per turisti babbioni.
Sto uscendo dall’artico, dunque, e scendo dall’altopiano desolato verso Mo i Rana e la costa, dove riprendono i bei panorami di mare e boschi che si lambiscono. Dopo la città si rannuvola e comincia a gocciolare: non vorrei ripetere il numero di ieri… Decido quindi di fermarmi a Mosjøen e trovare riparo, ed ho fatto bene: ora sono in albergo che sto scrivendo e fuori piove niente male. Le previsioni per domani non sono buone: nuvolosità consistente e piogge più o meno forti su quel pezzo di Norvegia che devo percorrere. In Svezia, oltre le montagne che fanno da barriera alle perturbazioni atlantiche, il tempo è buono. Sto contemplando l’idea di attraversare le montagne e rientrare in Svezia per l’ultima parte del mio tragitto in Scandinavia: sono stufo della pioggia. Domani vedrò…

Sabato 22 Giugno
Partito da Mosjøen con una leggera pioggia. A qualche kilometro dalla città smette, anche se rimane nuvoloso e freddo. Percorro circa 300 km senza prendere una goccia d’acqua attraversando le Alpi scandinave, che hanno da invidiare alle nostre solamente l’altezza. Per il resto sono di uguale bellezza e fascino: addirittura in alcuni scorci ci si accorge della differenza solo perché le case che punteggiano i pascoli sono di stile diverso dal nostro. In certi momenti mi sembra invece di essere in Canada, con questi fiumi ampi, con qualche isolotto irto di abeti, e le foreste di conifere che si tuffano in acqua; o con il fondale roccioso, costellato di grandi massi, ed il corso più stretto a formare una serie di cascate e di rapide che farebbero la felicità di qualunque rafter. Anche se a malincuore, non mi fermo a prendere foto: c’è in atto una gara ciclistica sulla strada che percorro, una specie di maratona lunghissima, ed il traffico automobilistico ci deve convivere; se mi fermo sono perduto.
Anche se rimane nuvoloso, il tempo regge; decido quindi per il programma originale di attraversamento della Norvegia tutta e supero il fatidico bivio che mi porterebbe in Svezia e verso un cielo sicuramente più limpido. PRECISO!!!!! Percorsi una quarantina di kilometri, appena a nord di Trondheim, si aprono le cateratte. Comincio a bagnarmi e incazzarmi, ma ormai ci sono, e decido di continuare verso Lillehammer, 300 km più giù, sperando che la pioggia diradi o smetta. Giove Pluvio mi ascolta e riduce la portata d’acqua ad un livello quasi accettabile, ma il fantasma del barone De Goubartain insiste nel mantenere alto lo spirito agonistico dei ciclisti, dilettanti di tutte le età ed ambo sessi, i quali non mollano non ostante la pioggia ed il vento freddo e continuano ad incasinare il traffico. Morale della favola: rinuncio a raggiungere Lillehammer, tanto sono in anticipo sulla tabella di marcia, e mi fermo in un improbabile motel in un borgo dal nome ancora più improbabile: Kvam.
Mentre scrivo queste righe la roba che ho steso, zuppa a dire il vero, si sta asciugando, e di là in sala stanno approntando per la cena: stasera menù norvegese… Serviranno bistecche di balena e grasso di tricheco, oppure cibo più civile? Ve lo saprò dire….

Domenica 23 Giugno
Il menù norvegese non era niente di speciale: una zuppa di asparagi visti col binocolo (gli asparagi, non la zuppa), uno pseudo prosciutto di Praga di produzione locale e due pomodori. In compenso il tempo stamane promette… ACQUA!!!, come i giorni scorsi. Mi faccio forza e mi metto in moto, iniziando il mio attraversamento della parte sud delle Alpi scandinave. I paesaggi sono la replica di quelli visti ieri: in sostanza, bellissimi e selvaggi. Peccato per questo diluvio continuo che non me li fa godere. Percorro i primi 300 km passando Dombås, Lillehammer e Hamar, che sono i tre centri maggiori che hanno ospitato le Olimpiadi invernali del ’94; costeggio un fiume sbarrato nel suo corso da varie dighe a formare bellissimi laghi, ma me ne sbatto perché l’acqua viene giù a catinelle. Ad Hamar non ce la faccio più: abbandono la strada per Oslo e volto verso la Svezia, dove le previsioni del tempo sono migliori. I temporali mi inseguono (e tartassano) sino a Charlottenberg, città confinaria tra Norvegia e Svezia. Appena passato il confine le nubi si diradano e la pioggia cessa, come se il dio nordico delle tempeste, Thor, fosse rimasto confinato in Norvegia. Io esulto e lo mando italianamente a cag@re fuggendo verso una terra più ospitale e lui, bastardissimo vikingo (giusto per non dire cornuto), con un ultimo colpo del suo mitico martello, mi manda un ultimo super temporale giusto a cento kilometri dal mio arrivo! Morale: mi inzuppo in una sola volta come nei precedenti giorni messi assieme!!!
Arrivo a casa del mio amico e collega Marcos bagnato come un pulcino, non ostante gli ultimi 60 km li abbia fatti col sole (foto 21). Però, che belle estati che hanno in Scandinavia…. Mi faccio un doccione caldo ed usciamo con la famiglia a mangiarci una pizza svedese preparata e consumata in un locale gestito da irakeni: viva la globalizzazione! Però almeno la birra è un prodotto locale, ed è buona. Ora, come al solito, sto scrivendo queste righe prima di addormentarmi. Domani viaggio (corto) sino a Göteborg, traghetto, e dopodomani un Germania. Ci vediamo.

Lunedì 24 Giugno 2013
Partito da casa di Marcos Musmeci a mezzogiorno tra abbracci , baci e promesse di rivederci presto, magari in Italia e con la moto (lui è mukkista. Ma tant’è…). Mentre inforco la motociclona lui mi fa: “… Oggi viaggi tranquillo: guarda che bel sole…”. Si! Proprio! Mentre durante il viaggio mi prendo la mia passata d’acqua quotidiana, vorrei telefonargli per dirgli: “Guarda che, dalle mie parti, Tranquillo ha fatto una brutta fine! Li mortacc…”.
Arrivo al porto di Göteborg alle 14:00 o giù di lì; faccio il biglietto per la nave (sempre quella QUASI tipo Tirrenia), che pago con banconote umide, e mi imbarco. Un motociclista tedesco, che  si è imbarcato con me, mi dice di stare tranquillo: in Germania fa tanto caldo, e c’è tanto sole, che l’asfalto sta saltando via dalle strade. Io sono un po’ scettico: vista la maledizione di Giove Pluvio (o dovrei dire quella di Thor, visto dove mi trovo) che mi sto portando appresso da una settimana, magari da domani l’aria in Tedeschia rinfresca e l’asfalto rimane compatto nella sua sede… Magari anche un po’ bagnato!
Mentre ceno il traghetto salpa alla volta della Germania. Finito di abbuffarmi, passo davanti al Duty Free e vedo delle bottiglie di acquavite danese: ne compro una per il Calincontro Eridico. Visto che Fabio il Califoggiano è così gentile da occuparsi della mia sistemazione, il minimo che io possa fare è offrire da bere. Ora sono a cuccia, pieno come un otre e, come finisco il resoconto giornaliero, cioè ORA, chiudo baracca e burattini e stacco i contatti. Buona notte nordica: tanta luce e poco buio…
Martedì 25 Giugno
LA MALEDIZIONE DI THOR SI E’ AVVERATA!!!!!!!!!!!!!!!
Alla faccia delle temperature africane e dell’asfalto che salta. Sceso dal traghetto, a Kiel, guardo il cielo e vedo nuvole a perdita d’occhio, la temperatura non è certo estiva, ed io ho certezza di incontrare pioggia, tanto per cambiare….
Infatti, fino ad Hannover viaggio bello fresco e non vedo sole; da lì in poi inizia il calvario: 30 km di pioggia e 30 km di vento freddo, e così via. Ne ho le tasche piene: do gas alla motociclona, mi metto a 140 e decido di non fermarmi fino a Füssen, ai confini con l’Austria. In 10 ore mi sono spolpato 955 km, mandando a quel paese l’andatura turistica, i panorami e le fotografie….
Ora sto cenando, in questo ristorante a Füssen, mangiando specialità balcaniche (il proprietario ed il cuoco sono Serbi), e tra una portata ed un’altra sto aggiornando il diario di viaggio. Finito di cenare mi aspetta una docciona super, e mi sa che anche qui gli consumo tutta l’acqua bollente, ed una cuccia calda calda. Intanto mi sto intontendo con un litrozzo di weissbier… Poi si vedrà… Domani attraverso il Tirolo ed invado l’Italia, mi fermo a Riva del Garda un giorno a fare il turista, e poi  mi incontro con Rugi per andare al Calicontro Eridico. Non vedo l’ora di rivedere Fabio e gli altri amici. E poi, dopo due settimane a parlare inglese ed a mangiare strano, un (bel) po’ di sana italianità  ci vuole!!!
Domani mattina, se il tempo è bello, vado a fotografare il castello di re Ludwig, che ho mancato all’andata. Se il tempo è cattivo… A quel paese Ludwig, il suo castello e la Baviera tutta!!! Per ora ho finito di cenare, ed anche di scrivere. Ci rivediamo domani, magari più sereni, pioggia permettendo.
Mercoledì 26 Giugno
Credo che il castello di Ludwig non lo fotograferò. Mi sono svegliato alle 06:00 ed ho guardato fuori dalla finestra: nuvole basse e pioggia battente. Non ce la faccio più: è una settimana che non faccio che beccarmi acqua. Ma che estate è mai questa?
Mi metto in viaggio verso le 09:00: non piove, ma fa freddo; mi dirigo non ostante le precedenti intenzioni, verso il Königschlosser, il castello di Ludwig di Baviera. Anche qui niente più cultura, ma solo turismo di massa: per parcheggiare, € 5,00; non puoi andare da solo sino al castello, ma solo con la navetta, e sono altri soldi; al bar ti vendono cibo e beveraggi a prezzi da usura; il biglietto per la visita pare che costi, così ho sentito ma non mi sono accertato, € 20,00. E poi ci sono i negozietti che vendono i ricordini paccottiglia, tipo quelli che si vedono sulle bancarelle davanti al Colosseo. Solo che, e scusate si è poco, er Colosseo fa tutta ‘n’antra figura!!!

 

L’omino al parcheggio, col suo cappellino da Tirolese e il naso a bulbo da persona avvezza all’alcohol, si è permesso di incazzarsi quando, alla sua richiesta di € 5,00 per il parcheggio, gli ho risposto che nemmeno sarei sceso dalla moto, figurarsi poi spegnere il motore, per prendere una foto del castello. L’ho mandato a quel paese con una delle più forbite espressioni nel miglior dialetto romanesco. Il tutto accompagnato dalla migliore gestualità trasteverina.
Parto per il confine austriaco (nemmeno 2 km da dove mi trovo), l’attraverso ed invado il Tirolo. Memore dei grandiosi risultati della 1^ Guerra Mondiale, intimo agli autoctoni di arrendersi ma, chissà com’è, nessuno mi da retta. Attraverso Reutte, poi valico il passo di Fassberg per scendere nella valle dell’Inn; il cielo è sempre nuvoloso e spira un vento freddo da settentrione, ma non piove. Supero Innsbruck e sono costretto a prendere l’autostrada perché la statale del Brennero è interrotta, autostrada che abbandono per la SS 12 appena superato il confine. Giù per la valle dell’Isarco sino a Bolzano. Avvicinandomi alla città le condizioni meteorologiche migliorano nettamente: finalmente un po’ di caldo e di sole. Mangio un boccone e poi proseguo per Trento e Riva del Garda; arrivato qui mi dico: “… Perché non arrivare sino ad Idro, visto che lì ho appuntamento con Rugi per il Calicontro?…”. Detto e fatto: risalgo la Val di Ledro, supero il lago omonimo, sconfino in Provincia di Brescia e finalmente arrivo al lago d’Idro dove, indovinate un po’? Prendo la mia bella passata di pioggia quotidiana!
Ora sono qui, docciato e rilassato, a completare la pagina quotidiana di questo mio travel log, diario che interromperò per la durata del Calincontro, evento complementare ma estraneo al mio raid a Capo Nord, per riprenderlo poi per il tratto di rientro in Sardegna, e chiuderlo con il mio arrivo a casa. Saluti dalla Lombardia: terra di gente che ce l’ha duro….
Domenica 30 Giugno
Riparto da Brescia, dopo tre giorni di Calincontro, per rientrare in Sardegna. Mi lascio convincere da Rotondo, anche lui al Calincontro, di imbarcarci assieme a Genova.
La prima parte del viaggio è senza cronaca: autostrada sino a Piacenza; sotto Cremona attraversiamo il Po, dove vedo l’ampolla, riempita dal Senatùr e dai suoi accoliti sul Monviso, che galleggia placida nella corrente verso l’Adriatico… O è una bottiglia di plastica???… A Piacenza usciamo ed imbocchiamo la SS45 verso Bobbio e poi Genova: ecco un’altra strada dove riesco di nuovo ad usurare anche i lati delle mie gomme!
Percorriamo la Val Trebbia vedendoci sfilare gradevolissimi scorci del fiume e dei colli circostanti, sino a quando Sandro non si ferma per un caffè. Ad un tavolino del bar ci sono due coppie di mukkisti che ci guardano con aria di sufficienza, le loro moto tirate fuori dal lavaggio 5 minuti prima, le nostre piuttosto sporche (la mia specialmente); passando loro davanti li saluto e loro manco rispondono. A quel punto esprimo ad alta voce a Sandro che ciò che si diceva sulla maleducazione e sulla spocchia dei BMWisti e degli Harleyisti era fondato, e quei signori non fanno nemmeno una piega: senza dignità, oltre che senza educazione. Preso il caffè (e Sandro anche la sua droghetta tabacchifera) ci rimettiamo in moto verso Genova, dove arriviamo verso le 19:00, e lì, al porto, comincia il bello: c’è la ressa!! Dicono che c’è la crisi ma l’Italia va in vacanza. Andiamo alla biglietteria della Moby Lines, per il cui traghetto Sandro ha già il biglietto, e ne chiedo uno anch’io: io si, ma la moto no! Son già pieni di veicoli. Allora vado alle Grandi Navi Veloci, ma il traghetto parte l’indomani. Non mi rimane che la Madre Di Tutte Le Compagnie Di Traghetti: la TIRRENIA!!!! La signora allo sportello mi guarda scettica poi decide che possiamo salire a bordo, me e la motociclona, e ci vende il biglietto. Sono salvo! Solo che, invece di sbarcare ad Olbia, prenderò terra a Porto Torres. Pazienza. Vuol dire che mi fermerò a farmi pagare la colazione da Bos Taurus.
Ora sono sul traghetto (QUASI come quello preso per attraversare il Baltico) in attesa di avere una sistemazione migliore della poltrona che ho acquistato, ed intanto finisco di scrivere questo mio report. Se riesco ad avere una cuccetta potrò stendermi, dopo tante ore in sella. Speriamo bene….
Lunedì 1 Luglio
E’ andata bene: sono riuscito ad avere una cuccetta, ed ho dormito decentemente. Sbarco dal traghetto alle 08:15 e mi avvio verso Sassari. La giornata è soleggiata ma non calda, ed è un vero piacere sentirsi di nuovo a casa e percorrere itinerari già noti, e subito riscopro il fatto che noi siamo, come scritto sul frontone del Palazzo delle Civiltà all’EUR, un  popolo di poeti, di scienziati, di navigatori, di eroi…. Ed anche un popolo di incivili maleducati al volante!!! Appena uscito dal porto, non rispettano la mia precedenza ed provano a farmi fuori; dopo un po’, sulla strada per Sassari, mentre sorpasso un camion, avverto l’onda d’urto di quest’auto che mi arriva da dietro in supersonico e che, non ostante io non abbia ancora terminato il sorpasso, non accenna minimamente a rallentare. Più tardi sulla strada che da Sassari porta ad Olbia, un signore tanto bravo e carino mi sorpassa in curva, con la doppia striscia continua, e spingendomi all’esterno per cercare di farsi spazio. Alle mie rimostranze si permette anche di arrabbiarsi e continua per la sua strada. Lo ribecco qualche kilometro più avanti, fermo in coda per degli autocarri in manovra. Mi affianco, gli  stampo un dito medio sul finestrino e gli chiedo, con una delle mie espressioni più gentili ed educate, di scendere dall’auto a discutere del suo bel sorpasso. Sgrana gli occhi come un gufo e mi risponde che non l’ha fatto apposta; alla mia domanda, molto interessata, su quali siano i sistemi di bordo che permettono alla sua auto di sorpassare senza il consenso ed il controllo del conducente, mi guarda evidentemente in difficoltà ma, certa gente è proprio fortunata, il traffico si sblocca e lui riparte. Va via inseguito da una espressione molto colorita, ed anche io proseguo, per i pochi kilometri che mi rimangono, il mio viaggio. Altri 20 minuti e sono davanti la porta di casa e, dopo 8602 km (traghetti esclusi), il mio viaggio finisce. Un viaggio che mi ha portato ad attraversare terre che già conoscevo, ed altre da scoprire. Un’avventura rivissuta dopo 28 anni, ma che mi ha fatto sentire giovane, vista con occhi più saggi ed animo più pacato. Guardo la motociclona, che ha retto così bene: è sporca, lercia da fare pena, ma esprime ancora, non ostante i suoi trent’anni di età, una forza indomabile. La guardo ed il mio cuore scoppia di orgoglio: è la mia moto! La moto della mia vita…

 

Riccardo Bartolini