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Uniterpart 2012: i commenti

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Video

Antocave  video1  video2  video3  video4 ,   Goffredo

Foto

Antocave  BeppeTitanium  Tonirag

 

 

Licio 33
Altra bella serata tutti insieme.
Chiedo venia per la voce
Al mio Amico Guzzirock dedico questa foto, lui capirà 😉

 

Isa
era una vita che non facevo una serata guzzistica come si deve… 😉
grazie a tutti, e un abbraccio a quelli che non sono riuscita a salutare.

MEK1
Bella, e come non potrebbe essere, serata, grazie a tutti…….
Jacopo, il mio bimbo, stamattina mi ha chiesto se tutti quelli che c’erano ieri sera erano piloti. Ed io ovviamente ho detto di sì……e lui:
“tutti tranne te, vero papà……”.
I figli “sò piezzi e core…”
ciao
Marco
Ps. saluti e scuse se me ne sono andata senza salutarli al “MITICO” e a “CANE”….ciao alla prossima.

cipo
ogni volta è sempre meglio.
vi amo bastardi!!!

Aidan
Anche io vi amo tutti!!!!
…e sono stata illuminata sulla via di Damasco, finalmente ho conosciuto il TATUATO!!!!
A.
PS: la mia amica spadara continua a chiedermi di cosa avrebbe dovuto impressionarsi…

Scurzon
bello, bello, bello
unico peccato l’aver dovuto andar via presto per mancanza di alloggio per la notte
un grazie a tutti
un grazie agli organizzatori
bell’evento
tanta bella gente
ottima cena
ottima musica (band e ospiti schitarratori di alto livello)

BeppeTitanium
Grazie a tutti !!!
come al solito non si sbaglia mai a partecipare anche in condizioni di salute …. non eccellenti!!
Un grazie partecolare a tutti i bastardi cui avevo affidato la mia salute (mentale), avevo implorato di non farmi salire sul nuovo Cali, ma non ha cagato nessuno ….
comunque vi amo tutti ugualmente !!!!

Maelganis
Tornato ora…Che emozione,come ogni volta…Grazie a tutti,siete fantastici,anche quelli che mi hanno mentito dicendo che canto bene GRAZIE A TUTTI,Alla prossima!!!
GuzziRock
sono appena arrivato a mosca, grazie ancora a tutti siete meravigliosi.Dasviidania Anima Guzzista. Un grazie speciale anche alla mia nuova “band of brothers”

Pask73
Sono in treno, rientrando a casa.
C’ho un cerchio alla testa, e sono ancora stordito dall’esperienza ad alto tasso guzzista.
La nuova California, Mandello ed il Carletto, i guzzisti e le guzziste, la band estesa..
X il momento, GRAZIE!
Pask

Diegodelson
Grazie a Voi per quanto ci avete donato
E grazie a tutte le Anime Guzziste, l’amore cosmico esiste eccome
Vi voglio bene

gasgas
NON sono quel vecchio barbogio rimbambito di Gasgas bensi’ la Contessa CRIS, che ne usurpa il login 😀
Siamo arrivati a casa anche noi e voglio ringraziarvi tutti della splendida serata, ma soprattutto voglio scusarmi con chi non ho salutato (e sono tantissimi) visto che il mio sposo (ormai vecchio e stanco) mi ha trascinato via con un blitz approfittando di un passaggio estorto a Valerio e consorte. Un abbraccio immenso che vi stringe tutti quanti!!!!!
A presto e un mare di bacini

Aires
Eh sì, ANIMA GUZZISTA dà dipendenza… Non si può starle lontani troppo a lungo…
Un’altra serata magica.
Grazie a tutti
PS: Dolce Isa, urge cambio di foto: vogliamo quella col nuovo impeccabile look… e pure l’eyeliner, neh!

totogigi
Uno che arriva apposta da Abu Dhabi (un pelo più in là di Abbhadia), l’altro che trova il tempo tra il Kazakistan e Mosca… questi due credo meritino un pensiero speciale. Pensate cosa avremmo potuto perdere!! Che giornata e che serata! Grazie anche al Verde, sono sempre grandi con noi, al World Club e alla Moto Guzzi, grazie al concessionario Agostini (cosa farebbe questa Guzzi senza i suoi concessionari?) per la California, e stanting ovescion anche per Red27 che ha saputo lenire alla grande la dipartita di Enrico! Peccato per la processione di cornacchie ai microfoni

Elk
Bella serata e in generale bel week pregno di emozioni. Sono stato contento di poter associare finalmente qualche volto ad un nickname!!
Pensavo però di riuscire a diventare finalmente un socio tesserato anche se extracomunitario…. 🙁
Bella serata, bella gente, ottima musica e che menù!!

Frenk_MI
Grande Red, ma anche grande Bruce Goffredo Springsteen che l’ho visto fare un paio di discreti numeri acrobatici con la sua Telly….
Grande anche il trio! Avessi saputo sarei venuto un attimino prima per chiedere al grande Enrico delucidazioni su quella bella testatina blu…

carmine
Apprendo Da Califoggia e da Edo della targa. Sono Onoratissimo. Grazie per il pensiero, gentile e graditissimo. Sono felice di far parte di questa ottima famiglia di fratelli Guzzisti.

AlcideX
Finalmente tornato a casa.
semplicemente GRAZIE

Tonirag
Rientrato stasera alle 20, dopo aver fatto un piacevole viaggio col Tatuato, Nello, Goffredo e Francesca…
Solo 2 parole: bello come sempre, mapporcatroia troppo breve…
e la prox volta facciamolo ad ottobre così anche chi è lontano e vuol venire in moto non schiatta di freddo….

tacchinobicilindrico
riesco a trovare requie dall’odissea attraverso l’italicostivale soltanto ora .. poi ci torno su con calma,nn credo purtroppo prima di domani sera,reputo però doveroso tributare un abbraccio circolare a tutti coloro che rendono ogni volta epica una VeraCatarsiMinchia™ che si rispetti,ovvero ognuno dei presenti.
A domani per commenti più o meno sensati e spero anche un paio di fotine di quelle due di numero che ho fatto ..
vi amo.
anzi no.
ci amo.

pirriaturi
Il ritorno è andato bene (il viaggio); l’arrivo un po’ meno: ho avuto la conferma di avere smarrito il Telepass. Nel senso che stamattina, non trovandolo, ho imputato la cosa al mio eccessivo essere diversamente ordinato; in garage e poi a casa ne ho avuto la conferma: me lo sono perso.
L’ho già bloccato e domani farò la denuncia da inviare alla società.
A parte questo, sono riuscito a portare non “sminchiato” (leggasi non gualcito) il calendario.
Al sestesimo. E rilancio l’idea: datosi che i partecipanti al UinterParti sono un numero certo e stabilito, perché non fare un qualcosa – adesivo, medaglietta (forse meglio perché, avendo due facce, su una si potrebbe imprimere anche qualcosa di particolare), patch – commemorativa ed a tiratura limitata all’edizione?
Grazie a tutti/e. Di cuore. e si, dai: anche di fegato, di reni, di … … …
Peccato non avere potuto salutare i partiti prima del mio sorgere dalle lenzuola: scusatemi.
almeno mi consolo così.

Macio
Le cose belle durano semrpe troppo poco.
Scorrono come sabbia tra le dita, coem lacrime nella pioggia.
Si sciolgono come neve al sole… (neve? chi ha detto neve??? )
Grazie a tutti/e, come sempre, siete stati/ e fantastici/e.
Il mio piccolo è diventato il fan n.1 della Guzzirockband!!!
P.S. Come al solito non avrò salutato qualcuno collezionando figure di m…a a ripetizione… ma se l’ho fatto è stato solo perchè c’era troppa roba in troppo poco tempo e troppa poca lucidità mentale!

Carthago
Che dire, mah!
Primo winterparty, mia moglie mi dice: ” vai tu che ti diverti, io cosa c’entro?” e poi scoprire come tutti i Guzzisti ti coinvolgono in una serata magica, fatta di persone, con la P maiuscola, che anche se ti vedono 5 minuti (mia moglie)ti fanno sentire come uno di famiglia, grazie a tutti.
Peccato siamo dovuti andare via presto, ma impegni con le nostre bimbe non ci hanno permesso di restare più a lungo.
Peccato perchè avrei sicuramente alzato il tasso tecnico del Karaoke
Mi ha emozionato una cosa su tutte: le persone che ci sono venute a salutare quando hanno saputo che ce ne saremmo andati, una ad una, con un sorriso, una pacca sulla spalla, man mano si alzavano dal tavolo, bellissimo grazie… e poi il riconoscimento a Califoggia, con quegli occhi lucidi del ” Generale”, è stato emozionante e Fabio te lo meriti davvero: la passione che ci metti la si vede, la si sente, la si coglie.
Luca e Ombry

Red27
Buongiorno a tutti. Sono rientrato senza problemi, l’adrenalina era talmente tanta che non è stata nemmeno necessaria la sosta sonno. Un caffettino a Melegnano e via.
E’ stata una bellissima serata, e l’unico rimpianto è che non se ne fa una alla settimana!Menzione d’onore per quel triangolo delle Bermuda della serieta’ che erano i miei commensali!
Ed ovviamente un inchino al mitico Enrico e la band che mi hanno concesso il gusto di farmi una suonata che mi sono goduto alla grande.
Iko che canta Immigrant Song non ha prezzo ma per il piccolo Macio che mi scorda la chitarra non basta nemmeno la mastercard! Un grande!
Ve vojo bbbene!

enrIK0
Purrr… Vi gVaffio tutti!
Che spasso. Ma Red che non conosce i Doors… che colpo… Visto che comunque ormai il gruppo è una dittatura dei chitarristi, l’anno prossimo vengo con l’ocarina, per amor di giustizia! 😎
Iko a me il figlio di Macio fa paura…

JackDrodemberg
Cari amici Guzzisti, apprendo solo ora da Rosella del “Uinterparty”…
Mi scuso e m’inginocchio col capo cosparso di cenere per non esserci stato.
Sto passando un brutto periodo sul lavoro, l’azienda per la quale lavoro mi ha d’apprima spostato da Beverate a Melzo e ora sta “ipotizzando” Verona… Potete immaginare quindi per quale motivo sono stato latitante sul forum, e mi dispiace moltissimo.
Desidero ringraziare davvero di cuore tutti voi per il riconoscimento conferitomi con la “Targa” per l’evento “UnitedEurope ~ Mandello-Lampedusa-CapoNord”, non sarei mancato per nessun motivo ma… non sapevo della cena organizzata.
Vi ringrazio ancora davvero tanto, non ho parole.
(Tirerò però le orecchie a qualche amico per non avermi fatto uno squillo per dirmi:” ma che caxxo… Non vieni?!?”)
Un forte e sincero abbraccio a voi tutti, da me e dall’AceCafeMandello (che sta resuscitando)
Pandora
Vi voglio bene!
E’ stato bellissimo!
A presto scritti e foto.

Goffredo
Tra due ore devo di nuovo essere con un microfono in mano di fronte ad un sacco di amici.
Stavolta non per fare festa ma per ricordare un’amica.
Poi direttamente in aeroporto.
Che roba strana, la vita. E che fortuna sapere di non essere mai solo nell’affrontarla.
Grazie a tutti e a presto.
G.

titti
Ma quanto è bello il uinterparti???!!!!
Rivedere alcuni di voi e incontrarne di nuovi è stato un piacere…alla prossima!

califoggiano
Grazie grazie ad AG e a tutte le Anime Guzziste che han reso la serata indimenticabile
Mi son divertito davvero tanto, l’intrattenimento della band all’interno, i racconti del Tatuato davanti al fuoco all’esterno, gli amici vecchi e nuovi.. insomma c’erano tutti gli ingredienti giusti
La Domenica non so come mai, ma testa e stomaco non erano del tutto a posto
Una frustata a Red che mi si perde sulle variazioni, ma che mi assicura che sta già studiando per il prossimo anno
Alleluja Alleluja, finalmente la Puglia!! è stato un riconoscimento bellissimo, mi son commosso.. Grazie a tutto lo Staff
Ps: La Nuova Cali vista in fabbrica è davvero stupenda.

Pandora
Dopo un bel viaggetto in treno che fa molto hard-soft, come dicevo a Red, eccomi qui.
Menzione speciale al B&B Mammaciccia. Un gioiellino, consigliatissimo.
L’Uinterparty? E’ stato bellizzimo! Oltre 120 guzzisti uno più bello dell’altro (bello? Dei tipi, andiamo…).
Ecco quello che mi ricordo dopo svariato vino e vari cocktail carichi (caricati a mia insaputa).
Un tavolo che chiamarlo il triangolo delle bermuda della minchiaggine peccaminosa è francamente riduttivo.
Cipo superstar e idolo delle donne!
Tacchino e Red, la vera coppia mancata di Ag! Attendo i confetti.
Toni sempre polipone!
Le girl (Breeze, Ilaria, Spada Medievale, Aires)!
Io e Cipo che facciamo foto hard a insaputa di Toni!
Poi che dire, la Band… che Band! Con Red che sa pure suonare bene!
Ma il climax del godereccio è stato quando finalmente ho visto il pennuto del Tatuato. Ragazzi, ma è grossissimo!
Attendo con ansia i racconti del viaggio del Tatuato (se è tornato a casa). Ho avuto un assaggio delle disavventure e mi è venuto il mal di pancia per il ridere.
Poi… attorno al fuoco a parlare di oggettistica e di “sb….” le moto e delle mie avventure nei night club (ma è lavoro, che credete? io faccio la giornalista!).
Il climax di autostima è sceso ai minimi storici quando il Macio junior mi ha visto e ha preso paura. Il motivo? “Hai troppi capelli”. (Ettecredo abituato al padre). Invece i bambini di solito mi adorano! Poi ho scoperto che in verità è una tattica tipica maschile. Presa confidenza a un certo punto sento una pacca nel sedere: mi giro incarognita e c’era il padre che mi guarda terrorizzato indicando il Macio junior che era scappato ridacchiando. Insomma, il Macino cresce bene e pure buongustaio, se diventa musicista è finita.
Detto questo, vi voglio bene indistintamente e hardamente. A presto!
Ps: Un ringraziamento speciale a Carletto Guzzi & Co che quando ha “inventato” queste moto non sapevano certo quali conseguenze ne sarebbero venute.

edo1200sport
Io andrò contro corrente ma non mi è piaciuto niente di questo week-end.
Venerdi sono andato all’EICMA e la nuova CALIFORNIA 1400 non mi è piaciuta affatto.
Poi sabato, tanto per finire in bruttezza, al uinterparti non mi sono divertito e sono andato via prestissimo, accompagnato da mia moglie e dal Califoggiano!
La prossima volta non vengo tanto so gia come va a finire!!
PS: Vi amo tutti, dal primo all’ultimo

Zio Pirmin
Primo Uinterparti: bellissima esperienza.
Qualche losco individuo gia’ visto qua e la’ e…..un sacco di nuovi brutti ceffi.
Bravi
Ps: sono felice per il premio a Califoggia ( era nelle mie nonimescion), per il prossimo anno ricordatevi di Tiziano Incani e di Ube.

tatiana
perfetto …non ancora in piena forma ma…ci sono !
consapevole della figura di m.da fatta non mi resta altro che ringraziarvi tutti! quando”Tatiano” mi ha svegliato in piena notte in quella bellissima stanza calda confortevole del B&B ..con occhi vogliosi per dirmi………..che avevo ricevuto una targa …mi sono ulteriormente sciolta!!!
bando agli scherzi ! sono veramente contenta e cedo idealmente questa targa a tutte le donne, ragazze guzziste che avrebbero voluto partecipare al raduno, ma che per mille motivi validi, non sono state fortunate come me.
ringrazio il mio PP :b presidente preferito , Goffredo per la splendida presentazione fatta ! ma soprattutto Agente Wilma perchè senza di te A.G. non…. esisterebbe !!!

Skleros
Per motivi vari (soldini, lavoro e…salute) non sono riuscito ad essere dei vostri (pur volendolo con tutte le mie forze)…
Per giorni, leggendo questo thread, mi sono “disperato” per non essere venuto…
Voi per me siete come una Famiglia…
Voi che mi avete aiutato e continuate a farlo nell’affrontare al meglio le difficoltà che incontro…
A voi che avete sempre avuto una parola per me…
A voi che mi strappavate una risata nei momenti più “cupi”…
A voi che avete gioito con me quando “usciva il sole” nella mia Vita…
A voi…con cui posso condividere la mia Grande passione…
…GRAZIE!!!

Oggi ho saputo da AgenteWilma che avete fatto una targa per me!
NON CI POSSO CREDERE!
Quando l’ho saputo…ho pianto (potete non crederci ma è così)…
Non so perché mi merito questo Onore…mi sono comportato esattamente come avreste fatto voi…e voi lo avreste fatto meglio!
La Vita ha fortunatamente voluto che avessi il privilegio di conoscervi…ed è stato un grandissimo DONO!
Vi voglio bene
ilmario
tutto è già stato detto, mi unisco al coro, complimenti agli organizatori e ai partecipanti tutti abbraccio e a tutte le simpaticissime
un ciao e arrivederci a presto a tuch 😀
PS: dimenticavo i musicanti…. fantastici con loro ci si anima

Agentewilma
Sono due giorni che penso a cosa scrivere ma veramente non so da che parte cominciare.Certamente è un gran lavoro cercare di organizzare tutto al meglio consapevole anche che ci sarà qualcuno insoddisfatto (il cibo non è buono, le targhe non vanno bene, le coppe sono sbagliate, abbiamo dimenticato di premiare tizio caio e sempronio); ma questo fa parte del gioco: pensate se dopo aver organizzato tutto la sala è vuota.
A cosa servirebbe?
Solo un ringraziamento sopra a tutti: Francesca immensa e le mie “veline” (Nello, Tatuato e Pask)
Arrivo il sabato con gli stracci per fare la toilette a Carletto e lei via di spugna, arrivo al Verde con l’auto da scaricare e pronti tutti a fare facchinaggio, bisogna incassare i soldi per la cena e distribuire i calendare e tutti sempre operativi!!!!
Tatuato come lo sposo ai matrimoni che nemmeno riesce a mangiare un raviolo, Nello Pask etc etc etc etc
Davvero non ci sono parole.
Grazie
V
p.s.: ricevere fiori e cioccolatini da persone care ognuna a modo proprio mi ha fatto sentire come Wanda Osiris e forse qualcuno mi ha anche sentita cantare una delle sue canzoni verso l’alba…… ;-))

Frenk_MI
Questo è stato il nostro primo uinter, anche per me nonostante sia iscritto personalmente da 7 anni (SETTEEEEE???).
Praticamente tutte facce nuove (tranne pochissime eccezioni) anche per me, dato che per diversi motivi sono ormai quasi 2 anni che non saliamo più in sella e non giriamo più con nessuno.
Perciò voglio innanzitutto scusarmi se sono stato poco “presente” soprattutto con quelle poche persone già conosciute: mi riferisco a gasgas e consorte, albylemans, iko e verdenevada, chiaucese (che l’ho intravisto), red27 (fatto in tempo a conoscere in una delle mie ultime uscite), macio ed altri ancora che magari mi hanno riconosciuto ma che non sono stato in grado di “ricambiare”.
Un ringraziamento a Guzzirock per il gentile invito, declinato, a strimpellare sul palco anche una semplice scala maggiore; la voglia di provarci ammetto che ad un certo punto c’è stata, anche perché con un trio + special guests di quel livello, anche le imprecisioni e gli errori sarebbero diventati “uno dei migliori 100 licks della storia del rock”.
Un grazie ai nostri vicini di tavolo con i quali ci siamo scambiati anche alcune opinioni tecniche moto-chitarristiche molto interessanti.
Un paio di scuse ai due drivers in auto dietro di me al momento dell’arrivo visto che al primo tornantino ho avuto il terrore di toccare il muso della macchina e lasciarlo giù, quindi preso un po dal panico ho accostato pensando di farli passare (impossibile visto il poco spazio) e giustamente mi sono beccato una strombazzatina (ero su octavia station grigia) perchè oramai ero in ballo e si doveva ballare.
Un altro paio di scuse a, non ricordo che auto, chi ho incrociato salendo dal punto più basso del parcheggio perché avevo dimenticato gli abbaglianti accesi (nella prima parte della discesa volevo tenere sotto controllo praticamente tutto il territorio della provincia di lecco) e ho intravisto le facce accecate. Very sorry.
Un ringraziamento molto molto particolare allo staff, in particolare al Tatuato e ad Agentewilma da parte di nostro figlio SamueleV11.
Ho intenzione di farvelo fare “di persona”, datemi solo il tempo di prenderlo in un momento di “calma”
Considerato che s’è anche magnato bbbbene, ma molto bbbbene, l’intenzione di replicare anche il prossimo anno, nonostante forse, molto forse, avrò ahimè il garage “vuoto”, c’è. In fondo l’importante è l’Anima e ormai quella è irrimediabilmente compromessa.
Infine un grande PIRLA a me che non sono mai venuto alle precedenti edizioni.
Bravi bravi bravi.
PS per red: ma la tua è una Suhr????

Tatuato
Sono incasinato con il lavoro, ma due righe le voglio scrivere. poi racconterò meglio
Le prime vanno per il Comandante e Raffa… grazie mi avete fatto iniziare il fine settimana con un sorriso… poi certo ho dovuto riprendere il viaggio con Nello e Tonirag… ma il sorriso è rimasto.
Un grazie a tutti perchè ogni volta mi diverto, conosco gente nuova e conosco meglio quelli che già avevo incontrato.
Non ci sono parole per ringraziare Rosella,Alberto, Goffredo, Francesca, Nello, Enrico, Pask per il culo che si fanno.
Il primo e unico bastardo va a Valter… sei un bastrado infame… dopo tutto quello che ce stato tra noi mi hai scordato… ma non fa niente me ne ricorderò
A questo incontro ho scoperto una cosa… io anni a fantastica su lavori come l’idraulico che fa sesso sfrenato… ho sbagliato… il vero lavoro intriso di sesso e il GIORNALISA DI CRONACA in emilia… per chi è stato assente mentre ci scaldavamo fuori al fuoco delle mignotte, può chieder in giro.
Quest’anno ho scoperto che è stata anche aperta una sezione AGVM18… anzi che dico per quello che se diceva doveva essere VM35… per chi non c’era quì sarà più difficile trovare in formazioni… ma non riesco neanche a spiegarmi… ma forse qualche filmato o foto uscirà
Grazie a tutti per la pazienza e la gioia che portate a questi incontri.
Ora ve saluto perchè altrimenti non ce la faccio a finire il lavoro

LINOLEMANS
Mah…..per caso il prossimo fine settimana c’è ancora un posto per il Uinterparti pre-2013 ? Prenoto !!!
Camera 18 con Nello e Tatuato !!!!!
Vi voglio bene, grazie a tutti, tutti, tutti !!!!!!!!!!!!!!!!
AgenteWilma non ti preoccupare: l’unica lamentela è stata per le coppe bucate !
Un abbraccio. Lino

CapMarvelJr
Eccomi!
Mi sono ripigliato solo ora…
Che dire? Grazie a tutti, dal primo all’ultimo, dai miei commensali che mi hanno ed ho tirato matti, tra discorsi tecnici, recensioni di caschi, telefoni, autoradio…alla band, tecnicamente perfetta (sulle voci, beh, ecco… mettiamola così: l’anno prossimo ci organizziamo e metterò le mie doti al vostro servizio ), da certe facce ed espressioni (Cipo, Tatuato, Califoggiano…) alla pluripremiata Rosella che sopporta le mie continue domande e rotture di coglioni (però ho ottenuto l’ULTIMA MAGLIETTA V11!!! ).
Insomma, grazie a tutti: sono sempre bei momenti

Moto Guzzi California – Infinita, nuova California

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Moto Guzzi California presentazione EICMA
Foto e testo di Alberto Sala

 

“Siamo partiti dal motore. Questa è stata la chiave. Tutto è fatto per valorizzarlo” questa la sostanza delle parole di Miguel Galluzzi,

quando gli ho chiesto da dove era partito nel pensare la nuova California.
“La fortuna è questo motore che lo vedi sempre bello da qualsiasi angolo in cui guardi la moto. Guarda che spettacolo da qui sopra!”
Siamo dietro le quinte del palco dello stand Piaggio, in una calma quasi irreale, soprattutto se paragonata alla calca di tre ore dopo. Il clima giusto per assimilare, riflettere, prendere confidenza con questa nuova motocicletta così importante e simbolica.
Com’è questa nuova California? La guardi e da una parte percepisci qualcosa di famigliare e rassicurante;, la senti parte del tuo mondo, soprattutto la touring con la sella bicolore che commuove nella bella citazione di una delle sue progenitrici più riuscite, la California II; con le morbide borse dall’andamento come quelle di una delle meglio disegnate, la Special. Dall’altra senti che qualcosa è cambiato per sempre, come ti accade nella vita nei momenti di svolta. California III, 1100, EV, Special, Jackal, Stone, VIntage… tante versioni che abbiamo amato e amiamo tutt’ora,, ma che a ben vedere sono in sostanza tante visioni della stessa moto. Cosa avrebbe potuto dire ancora di più mantenendo lo stesso telaio, lo stesso motore, la stessa ciclistica, le stesse quote, la stessa… gabbia?

Così questa California finalmente libera da sè stessa può esprimere quello che in questi anni non ha mai potuto fare. Una posizione di guida finalmente davvero naturale, senza dover fare i conti con le tette sporgenti. Prima dicevo “libera da sè stessa”… ripensandoci correggerei in “libera da un telaio non suo”. A partire dalla metà degli anni ’70 ha ospitato il telaio (e conseguenti quote) di una sportiva. Vero è che questo ci ha consentito di divertirci di brutto, ma è l’angolo di piega quello determinante per l’appassionato di questo genere di motocicletta? O forse qualcos’altro,

forse il percepire la moto fatta per sè, sentirsi come sul trono, magari anche sfrontatamente, con sotto ferro e cromo scintillante e coppia strappacuore,

col petto e le suole e la faccia all’aria a raccogliere tutto il paesaggio, invece di fenderlo? Ora è libera di esserlo più di prima, e mi piace un sacco vedere che non si è svenduta al marciapiede delle altre. Il sapore prettamente custom non è dato dal faro uguale alle americane, da frontali sempre più uguali dell’uguale, da pinstripe o metalflake o panhead o trucchi per farla vibrare “come quella che più vende”. Quel faro davanti a led DRL veste pelle nera e stivali a punta e nel contempo è estremamente innovativo! Il serbatoio con i fianchi asportabili (e quindi personalizzabili… yum!) e gli incavi per le torri gemelle che non cadranno mai è da tatuaggi e anelli ai pollici ed è nuovo e geniale!

Come si fa a fare una custom e cruiser americana senza copiare? Si può se ti chiami Moto Guzzi California.

Dopo averla assimilata ben bene dietro le quinte sono andato a farmi un giro per gli altri stand, a caccia di animali simili. Massì, vedi qualche bel dettaglio interpretativo della singola marca, ma in sostanza spesso sembra che si rivolgano tutte dallo stesso fornitore di fari, serbatoi, fregi, parafanghi. La California è diversa. E’ rock senza clonare i Led Zeppelin, suona calda senza usare per forza un Marshall, la impugni come una Stratocaster ma è più bella di una Les Paul. Per forza, è una California. E corre libera. O preferite un faro tondo a palpebra?

Moto Guzzi California presentazione EICMA

Eppoi c’è il motore. E qui la tachicardia sale a livelli insostenibili, tipo novemilaquattrocento giri. Non avevo mai visto il bicilindrico di Carcano così bello, così prezioso, così imponente. Una vera scultura, bella come il nostro monumento. Non ho nessuna necessità (come mi era successo talvolta in precedenza) di andare a ripulire la vista da teglie rovesciate, o inserti in plastica, o improbabili anodizzazioni cremose (per non citare goffrati incubi!) riccorrendo a fresche oasi visive, tipo il motore del primo Le Mans. Qui non devo più guardarmi indietro, mai. Sono di fronte alla più bella testa mai disegnata. Oh non rompete se mi soffermo su dettagli. Spesso è nelle piccole cose che si vedono le verità. Che completano. Quanto impreziosiscono le alette dai bordi lucidi? Sono decenni che le aspettiamo, che ogni volta che guardavamo la raffinatezza estetica del motore Harley e pure dei suoi cloni del sol levante, paragonando le nostre fusioni grezze veniva la tristezza.

Ora finalmente godo di un motore che qui, in questo territorio, non è secondo a nessuno. Anzi. Questo motore così bello, personale, unico non ce l’ha nessuno.

Un motore a V stretta longitudinale ce l’hanno tutti, perfino la Hyosung. Mi spiace, signor Harley e signor Davidson, noi ce l’abbiamo più bello!

Indossando gli occhiali a raggi X dell’Intrepido, vediamo che la sostanza è quella del 4 valvole Griso/Stelvio, con in aggiunta una seconda candela per ogni loft di combustione (camera mi pare un filino riduttivo) e mi pare una buona idea, visto che siamo arrivati (finalmente!) ad un alesaggio di 104 mm! Prendiamo tre-quattro misure col metro a bindella e saltano fuori 1380cc, ma la misura che più ci farà sbrodolare è 120 Nm a 2750 giri che non vedo l’ora in strada di contarli tutti, quei niutonmetri che non sono altro! Non entro troppo nel merito tecnico, se non per elencare l’elettronica: ride by wire, tre mappature di gestione del motore, controllo di trazione. Istintivamente questi abusi di silicio non mi prendono bene, però se ci penso su un attimino, sul mio Centauro mi sono installato una eprom a 4 posizioni. Forse non è esattamente la stessa cosa delle tre mappe ma anche quasi, quantunquemente.

Per la cronaca, la distribuzione adotta la soluzione coi rullini.

Speriamo che, all’alba del 2013, i guzzisti non debbano più fare gratuitamente da tester.

Ora non è più concesso sbagliare: l’ho detto, e visto che Leo Mercanti ha citato questa mia frase nella presentazione stampa, dò per assoldato che il concetto è compreso. Altra nota tecnica degna di rilievo: la frizione monodisco ha un parastrappi integrato, che salutiamo con gran piacere, in attesa di verificarne i benefici su asfalto.
Per la prima volta (altra grande novità), il nostro amato motorone è montato non più rigidamente al telaio ma elasticamente, attraverso sei fissaggi con biellette. Qui garantiscono che si continuerà a godere della giusta quantità di vibrazioni. Sembra che al minimo la moto resti molto viva, con gli scuotimenti che spariscono al primo colpo di gas. Speriamo, perchè non c’è nulla di più triste di non accorgersi di aver acceso la moto.

Moto Guzzi California presentazione EICMA

Visto che mi sono addentrato in aspetti più tecnici, snocciolo anche le misure della supermaggiorata: interasse 1685 mm, angolo di sterzo 32°, avancorsa 155mm, peso superiore a 300 kg. Sono misure quasi abili all’atterraggio di un caccia militare, ma sono comunque molto fiducioso, non solo per le opinioni raccolte di chi l’ha già provata, ma ancor più conoscendo chi cura la ciclistica delle moto del gruppo. Hanno sempre fatto un lavoro spettacolare. Basta pensare alla Griso. Oppure basta guardare le saponette sotto alle pedane. Cioè, parliamone. Certo, sicuramente queste pedane toccheranno prima terra delle precedenti California, però piazzarci degli slider appositi suggerisce molto e mi strappa un sorriso malizioso. Sono curioso di provarla come un ragazzino per la prima volta davanti alla Polistil.

I freni prevedono l’abbandono, dopo 30 anni, della frenata integrale, sostituita dall’ABS. Non so se sarà la stessa cosa, vedremo. Visto che parliamo di freni, nulla da dire sul bell’impatto delle pinze radiali all’anteriore, anzi. Soprattutto se abbinate a una bella pista frenante, fa sicurezza. Fa meno bello la flangia dei dischi, dall’aspetto grezzo, poco sintonico col resto. Uno dei pochi punti dolenti (per il sottoscritto). Gli altri? Il parafango anteriore mi sembra un po’ troppo semplice, forse un accenno alle mantelline del precedente non sarebbe stato male; in più è in plastica, come il posteriore. Questioni di economie di scala, mi dicono. In pratica, dicono che la Piaggio non è la BMW nè l’Harley. Il drag bar della custom grigia è un filino lontano dalla posizione naturale, questo vale per uno della mia taglia. C’è da dire che sono previsti almeno tre manubri diversi. A proposito, era già presente un anticipo delle parti speciali che saranno prodotte per questo bolide, Scommetto che la prima cosa che sarà sostituita sono gli scarichi, molto lunghi, ma pare non si possa fare altrimenti, coi parametri da rispettare in tema di inquinamento. Difatti Miguel Galluzzi mi fa notare la loro complessità ben celata dietro le cromature.

Concludo citando chi è stato, anzi chi sono stati gli scellerati “profanatori”: a capo del progetto è Romano Albesiano, ingegnere proveniente da Cagiva: era sua la moto di Lawson, ora responsabile progettazione moto Piaggio.
Il motore è opera dell’ingegnere Federico Martini; il capo della sperimentazione su strada è l’ing. Calò, il design lo sappiamo, è opera di Miguel Galluzzi, mentre la traduzione in forma industralizzabile è opera di Marco Lambri, responsabile del centro stile e papà della nuova Vespa (davvero notevole), mentre il collaudo su strada è opera dei grandissimi Pellizzon e di Daniele Veghini, vecchia conoscenza del campionato Supertwins e gran macinatore d’asfalto su questo bolide.

“Ora ci sono gli uomini giusti”. Una delle frasi chiave della lunga chiacchierata con Miguel Galluzzi. Che, tra una riga e l’altra, mi ha fatto capire che gli errori del passato e la mentalità del tipo rastrelliamo subito e al dopo ci pensiamo dopo sono stati definitivamente accantonati. Che c’è una visione di quello che – compatibilmente con gli sviluppi del mercato – diventerà la Moto Guzzi. Gli fanno coro anche altri; “vogliamo vedere da qui a 10 anni” è la sintesi. Non più da qui a 10 mesi come finora. Il primo passo è questa nuova California a garanzia.

Un ringraziamento speciale a Daniele Torresan, preziosissimo!

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Ducati Speed Week 2012

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Non ce n’è per nessuno !!!
di Beppe Braga

 

Anche quest’anno arriva l’appuntamento estivo con il Ducati Speed Week che include la sezione per le moto classiche, il Classic Speed Week.
A differenza degli ultimi anni, la meta quest’anno non è stata l’Ungheria al Pannoniaring, ma si è andati in Slovacchia allo Slovakjaring, un nuovo circuito, il primo in Slovacchia, che consente una modulabilità della pista, tant’è che le moderne bicilindriche hanno utilizzato tutto il tracciato di quasi 6 km, e le nostre classiche hanno usufruito di un circuito ridotto di circa 4 km.
Il momento storico-economico ha segnato fortemente la manifestazione che, nonostante l’elevato numero di presenze, ha risentito di numerose defezioni, basti pensare che lo scorso anno solo nella sezione Classic eravamo 32 piloti in griglia e quest’anno solamente 19!!
Ma andiamo con ordine, non partiamo da Adamo ed Eva, ma da quando arriva la tanto attesa mail di invito alla manifestazione, e siamo al 25 novembre 2011.
Memore delle esperienze precedenti, e avendo subìto i limiti di partecipazione numerica dei piloti alle gare, decido subito di iscrivermi, bonifico bancario, mail di iscrizione, scelta del numero … ovviamente lo “storico” n. 27 del Tulla Nitro Team.
Con un po’ più di calma (a gennaio) mi dedico alla ricerca di alberghi in zona e, senza sapere se il compagno di viaggio delle ultime due uscite sarebbe venuto ancora, prenoto una bella camera doppia all’Hotel Ring, praticamente al circuito, ma su questo punto ci torneremo perché la minchitudo non può essere messa in bella mostra subito.
Passa il tempo e incominciano le preoccupazioni, il compagno di viaggio rinuncia, e ora con chi vado??? Ma si apre subito uno spiraglio, alla gara di Magione del Trofeo Guzzi c’è una sfida avvincente in pista con Michele Sfratta, rimane colpito dai sorpassi e controsorpassi che mi chiede info sulla Classic Speed Week.
Bene, così si dividono anche le spese di viaggio, oltre che avere un po’ di compagnia. Ma è anche la fine dell’attività lavorativa di Mauretta (la mia compagna di vita che tutto sopporta delle mie uscite in solitaria in moto), proprio nel mese di luglio, e allora la butto lì: ma perché non andiamo insieme, e portiamo anche Luana, e ci facciamo una decina di giorni con diverse tappe lungo il percorso??
Lo scoglio maggiore è Luana, quando le proponi qualcosa solitamente non risponde subito, non è mai convinta, ha paura di affaticarsi troppo, di allontanarsi da casa, ma ecco la sorpresa, quando le propongo il viaggio tutti insieme con il furgone (c’era salita una sola volta per pochissimi km) non ha una sola esitazione e dice di sì. Che phigata (come scriverebbe Ube)!!
Nel frattempo Michele cerca di sistemare e incastrare gli impegni famigliari e lavorativi: forse ce la faccio! E già, ma il furgone ha solo 3 posti!! e allora partono le idee e proposte indecenti: Michele con il furgone e le due moto, io, Mauretta e Luana andiamo in macchina, partiamo prima e ci godiamo il viaggio rilassati e con tante tappe, per Michele la cosa sembra allettante, ma …. “Ma forse non posso partire prima di giovedì” allora controproposta indecente: io, Mauretta e Luana con la mia moto e quella di Michele andiamo avanti e lui ci raggiunge in aereo. Ma come si fa a pensare a una idiozia del genere? Il mio furgone, il mio MITICO furgone è un Ducato del 1991, che raggiunge i 100 di velocità di crociera, che a 110 urla, che a 120 …. muore! e non ha l’aria condizionata, e neppure il servosterzo … E poi se si rompe?? No è da pazzi portare Luana, tanto se viene Michele e si parte giovedì, chissenefrega tanto ci si alterna alla guida e facciamo una tirata unica.
Ma Michele aveva fatto i conti senza l’oste (il lavoro) e l’ostessa (la famiglia) e ai primi di luglio …. “Beppe non ce la faccio proprio!!! Mi spiace un casino!!! Ci rifacciamo in pista a Franciacorta!!”
Ecchecca@@o ora mi tocca andare da solo, pagare tutto, pure la camera doppia nell’hotel del circuito che è tra i più cari … vabbè al momento mi riposo, sono in montagna al fresco e rientro sabato, come sabato io volevo partire martedì!!!
Ma la vita riserva sempre delle sorprese, eggià io ho due nipotesse, almeno una sarà così pazza da seguire lo zio?? E domenica alzo la cornetta del telefono “Pronto, ciao Cate (Caterina è mia sorella, la mia santa sorella) non è che in casa ci sono le mie nipotesse?? Perché mi piacerebbe portarle in vacanza per una settimana (che parac…lo che sono!!)”, Sofia è al lavoro, ma Irene è in casa te la passo” … e ora che cosa mi invento?? Come convincere una ragazza di 26 anni a seguire uno zio mezzo matto in un viaggio per andare a fare una gara di moto??? “pronto Irene, ciao sono lo zio, che ne dici se la prossima settimana andiamo a fare un bel viaggetto insieme, stiamo via 5-6 giorni, andiamo in Slovacchia, con il mio furgone così ne approfitto per portarmi la mia motina da pista e faccio anche una gara, così mi fai da ragazza ombrello?!?!” un attimo di silenzio, avrà capito che la porto in un paese estero, un bel viaggietto, l’opportunità di fare il tifo per lo zio, di fare una nuova esperienza, di visitare un paese straniero e la sua capitale Bratislava?? “Come sai zio, mi hanno appena licenziata e con i miei amici dovrei andare in Sicilia a metà agosto, però si potrebbe fare, quanto tempo ho per pensarci??” “diciamo 3 secondi” “ma quando vorresti partire” “martedì, ma se devi fare delle cose potremmo anche partire mercoledì” “dopodomani????? No, dai è uno scherzo!! No martedì non posso” “evabbè partiamo mercoledì” “OK”
Ha detto ok, allora ho pronto tutto, fammi controllare, la moto è ok, tuta e ammennicoli da pista, qualche attrezzo, fammi controolare booking.com se la prenotazione è a posto. Apro il portatile, la mail di conferma mi è arrivata subito, scorro la posta elettronica, ma quando l’ho fatta la prenotazione aprile-NO, marzo-NO, febbraio-NO, impossibile sono sicuro, proviamo con maggio-NO, ma dove l’ho messa ‘sta prenotazione, l’avrò fatta a gennaio … SIIIIII, “la vostra prenotazione per l’hotel ring per i giorni giovedì 26 e venerdì 27 in camera doppia è confermata”.
Ca@@o la gara è domenica!!!! E sabato dove dormiamo??? Riconnettiti con booking, lancia una modifica alla prenotazione, aggiungi sabato 28 …… camera NON disponibile!!!! Cerca un altro albergo, che bello questo: Amade Château, 3 notti in doppia … 660 Euro!!! Forse ce ne sono altri… e meno male che l’hotel ring era caro (180 euro … per 2 notti), questo non è male, è a circa 20 km dal circuito, 108 euro per tre notti in doppia, ultima camera … è miaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Almeno abbiamo dove dormire !!!
Visto che il viaggio è lunghetto (sono poco più di 1000 km da casa) telefonatina al Tulla Nitro Team, a Livio e Lalla: “se mercoledì passo a trovarvi ospitate me e mia nipote così spezzo il viaggio??” con loro si va sul sicuro, sono proprio degli Amici e delle persone accoglienti e disponibili.
E arriva il mercoledì, dopo le istruzioni sull’orario a Irene, alle 10.00 sono a casa sua, salgo a salutare anche la mia sister, e si scende verso il furgone: “ma cos’è quel “coso” lì????” “Irene ti avevo detto che andavamo in furgone, dai sali che si parte”, una volta salita e “blindata” la confessione “…. Mi ero dimenticato di dirti che non c’è l’’aria condizionata, … e nemmeno la radio, … e si deve andare a 90 km/h…” “ZIOOOOOOOOO”
Non si possono ripetere le parole gentili che possono uscire dalla bocca di una ragazza di 26 anni, si potrebbero lasciare una decina di righe in bianco, ma occuperebbero spazio prezioso sul sito, per cui lasciate libero sfogo alla vostra immaginazione…
Marco cresce bene, è proprio un bel bambino, così come i genitori
Passando da Livio e Lalla si allunga di qualche km ma almeno si spezza il tragitto, certo è che non sono a metà strada e il giovedì ci aspettano 778 km sul furgone, battezzato da Irene “Scassi” … da scassone…, per cui alzata alle 5.30 e partenza alle 6.00. Rimando alle righe precedenti per i commenti di Irene sull’orario.
Via autostrada, autostrada, autostrada, fortunatamente il cielo è un po’ coperto, così al posto dei 35° dei giorni scorsi ce ne sono fuori poco meno di 30, fuori, ma in cabina arriva il calore del motore, proprio all’altezza dei piedi, ma Irene non se ne accorge perché è una contorsionista, non si capisce come riesca a stare posizionata sul sedile. Dopo i primi 500 km, siamo abbondantemente in Austria (dove il gasolio costa meno) mezzogiorno è passato da un pezzo e sulla destra c’è un ipermercato con ristorante e un benzinaio che fa il gasolio a 1,369 quasi 20 centesimi in meno che in autostrada, leggera sterzata con frenata annessa, e all’ultimo si prende l’uscita, si fa il pieno e si mangia, ma ‘sto furgone è strabiliante non si era ancora accesa la spia, 816 km, 50,3 litri di gasolio (andare a 90 all’ora aiuta molto a contenere i consumi, ma mai avrei pensato che facesse i 16 con un litro!!!). Mi devo segnare sul TomTom la posizione così al ritorno … peccato che siamo ripartiti e dopo mi sono ricordato del TomTom!!
Via autostrada, autostrada, autostrada, alle 16.00 si entra in Slovacchia, c’è un cartello fuori Bratislava che dice Autodromo … a destra, il TomTom dice a sinistra stavolta seguo il TomTom, non so ancora che lo SlovakjaRing è il primo ed unico autodromo della Slovacchia!!
Dovremmo imparare a non lamentarci delle nostre strade, perché i circa 35 km da Bratislava al circuito sono … non so come dire … sembra di essere dentro un aggeggio di quelli che servono per shakerare i cocktail
A 300 metri girare a sinistra: ecco lo SlovakjaRing!!!!! Sono passate le 17.00 quando arriviamo, stanchi ma felici, subito alla ricerca di amici e avversari, troviamo l’X-Team di Stefano & co. Un gruppetto di amici marchigiani e bergamaschi conosciuti quando Lalla dava la pista a molti altri ducatisti nel campionato Supertwins, sono amici perché gareggiano solo con le Ducati moderne, non possono impensierirmi nella difesa del doppio titolo 2010 e 2011, e allora si va alla ricerca degli avversari di pista: “Franco (Bartoli l’organizzatore e avversario nelle storiche ma su una Ducati) quante sono le Guzzi quest’anno??” “Dovevate essere in 6 con Michele, ma non viene e anche l’altro ragazzo con il V35 dello scorso anno ha avuto problemi … per cui siete in 4, ci sono Giorgio (Sentimenti che di solito corre sia con una Ducati moderna che con una storica, ma quest’anno ha portato una Guzzi storica per battere il BeppeTitanium) con un 850 TS, Marco (Gallino che insieme all’altro ragazzo che non è potuto venire, lo scorso anno si era presentato con una gigantografia della mia moto affermando “è un anno che la stiamo studiando per copiarla”) che ha modificato il suo V35 mettendogli sotto un 750 P.A. e poi c’è Davide (Nanni lo sconfitto dello scorso anno e che non vede l’ora di ridarmi la pariglia).
Si scarica la moto e la si fa verificare perché dobbiamo ancora andare al Florian Pension & Restaurant e domani alla 9.00 siamo i primi a entrare in pista per le prove libere.
L’indirizzo del Florian Pension & Restaurant (Hlavná 208, 930 25 VrakúH) non si trova né sul TomTom né su Google maps, ma almeno la città si trova e siccome è molto noto i cartelli stradali integrano le indicazioni … e alle 20.00 prendiamo possesso della camera, doccia veloce e cenetta a base di filetto di manzo che rasenta l’eccellenza!!
Alle 8.00 siamo al circuito con la benzina (99 ottani super cazzulata a 1.716 euro/litro contro i 1.983 del distributore del circuito), caffè e poi controllo moto, mi affaccio così sulla pit lane, i profumi delle moto, della benza e degli olii incominciano a risvegliare il pirlota che è in me, e così mi affaccio sulla pista … e piango, piango perché vedo dal vivo il rettilineo, un conto è leggere i dati della pista e un conto è vedere dal vivo i 1144 metri di rettilineo!!! Ma dove vado con il V35, e mi rendo conto che quest’anno mi toccherà adbicare. È vero che la pista è modulabile e a noi storiche fanno fare il percorso medio da 3737 metri, ma di questi più di un quarto sono di rettilineo!!!
Vabbè proviamo, casco in testa e viaaaaa
Già la pit line è troppo lunga, e poi riesco a mettere la 5° dopo essere uscito prima della prima curva!!! Curvone, quasi un tornante sulla destra da fare in terza si apre un po’ e sono già a 8000 giri, IV semicurva a sinistra e cavalcavia dolce, prima della cima metto già la V un po’ di discesa con un curvone velocissimo che piega ancora a destra e sono a 8500 giri in V … di più non va il V35 che urla quando ai 50 metri scali in III per il tornante, apro ancora 8500 giri, IV pieghino a destra e curvone veloce sulla sinistra in IV piena a 8200 giri a metà curva metto la V il V35 scalpita, ma raggiunge subito il limite degli 8500 giri non si toglie il gas perché c’è una finta piega sulla destra e poi una chicane larga destra sinistra da fare in IV piena con curvone a destra sempre da IV piena che immette sul rettilineo, la V la metto prima che finisce il curvone così che all’inizio dei 1144 metri sono già in V a 8500 giri … e li devo tenere fino in fondo.
In realtà al primo giro all’uscita del tornante la moto scoppietta e non va più, che cosa sta succedendo??? Mi butto nell’erba fuori da una possibile traiettoria pericolosa e controllo … PIRLA apri la benzina, nel frattempo era già arrivato il carro di recupero che al mio cenno di “no grazie” mi saluta e riparto!!
Faccio 3 giri e vedo la moto n. 11 di Marco che va più piano della mia … ma non è un 750??? Con orgoglio lo passo, ma sento che il suo motore non gira bene, al 4° giro al tornantino becco un’imbarcata che mi fa fare un dritto nella ghiaia, io ODIO la ghiaia, ma riesco a rimanere in piedi, mi fermo a 50 metri dal fine ghiaia e affondo, metto la prima e do gas e sento i sassi che arrivano sul casco, ma riesco a uscire dalla situazione … imbarazzante. E dopo un altro paio di giri il turno finisce … e meno male.
Rientro al box le immagini dicono tutto!!
E mi merito un soprannome dal box vicino: FRANTOIO !!!!
Ma tutto quell’olio imbratta la moto solo nella parte posteriore, per cui non è un problema di motore irrisolvibile, togli il serbatoio e controlla la RedBull (recupero olio) è completamente piena!!!! 250 cc di olio nel contenitore di recupero, più tutto l’olio sulla moto (ecco perché stavo per cadere al tornantino!!!). Inoltre togliendo il serbatoio c’è un’altra sorpresa, la vaschetta dell’olio dei freni dell’integrale è completamente asciutta (foto 6 e foto7), rabbocca, anzi riempi la vaschetta, e con mosse molto abili riesco anche a togliere l’aria dalle tubazioni, così non devo spurgare l’impianto … tanto qui non si frena. Pulisci la moto, svuota la RedBull, pulisci la gomma posteriore, rimonta il tutto perché a mezzogiorno c’è un altro turno.
E via per il turno di libere successivo, non faccio tutti i 20 minuti perché sono un po’ preoccupato per l’olio, vediamo cosa succede e se risuccede il patatrac, ma a fine turno ci sono solo alcune goccioline di olio sulla moto per cui decido … di non fare niente!! Nel frattempo ospitati dall’X-Team si mangia un piatto di pasta veloce perché alle 14.00 tocca ancora a me.
E via di nuovo, stavolta li faccio tutti i 20 minuti e il risultato al rientro ai box è lo stesso … del primo turno, mister frantoio ha colpito ancora … e le spie vanno dal verificatore a lamentarsi … e fanno bene, sono il primo che non vuole farsi male né fare del male agli altri, ma insieme troviamo una soluzione, sostituire il raccoglitore con uno di almeno 1 litro … e dove lo trovo … e dove lo metto??? Intanto smonto, svuoto e pulisco la moto.
Vado a vedere come sono messi i miei “avversari” diretti, il V35 portato a 750 è out, valvola piegata, ma si rimedia con un paio di martellate, nel rimontare però la conclusione è: non parte, le candele scintillano, pare tutto a posto, ma la moto non parte!! “Domani sera arriva la mia ragazza e mi porta una nuova centralina”, non c’è da preoccuparsi per la qualifica, uno dei guzzisti in un turno porterà il transponder per consentire la qualificazione così se la moto riparte potrà gareggiare.
Il Davide ha un contenitore da litro che fa al caso mio, svuota il contenuto di olio da forcelle nel barattolo del caffè (vuoto) e mi consente di fare il tentativo per poter procedere.
L’ultimo turno di libere è sub judice: “entra e fai 4 giri, poi rientri che ti controllo” e al rientro per il controllo la moto è ancora pulita. “Ok, rientra e fai altri 4 giri e poi ti ricontrollo” e anche al successivo rientro per il controllo la moto è ancora pulita. “Ok domani puoi fare le prove cronometrate, ma ancora faremo come ora 4-5 giri e rientri per il controllo”.
Vado a dormire più tranquillo, almeno sono ammesso alle prove cronometrate!
Al solito alle 9.00 c’è il primo turno di cronometrate, 3 Guzzi in pista perché l’altra aspetta i pezzi di ricambio; il cronometro è impietoso: Davide Nanni 1:54.533, Giorgio Sentimenti 1:55.517, BeppeTitanium 2:07.295, posso solo sperare nella pioggia che lo scorso hanno mi ha consentito di battere alla grande il Nanni!!! intanto la moto non sputa più olio … sarà forse finito??? E allora dopo questo ulteriore turno mi accingo a rismontare tutto, a pulire (il Cali ha 6 anni e ha visto la spugna 3 volte, in due giorni mi è toccato pulire 3 volte il V35!!!!), a verificare quanto olio ha perso e fare un rabbocco, in realtà era … diciamo necessario (non si bagnava di olio neppure la punta dell’astina!!!). E il verificatore da l’ok definitivo per la gara (anche se mi vuole controllare ancora dopo l’ultimo turno facendomi fare tutti i 30 minuti!!).
Nel frattempo però si perde un’altra Guzzi, Giorgio rompe la coppia conica e non ha ricambio.
Irene sta reggendo bene, ma visto che le prove sono finite alle 14.30 andiamo a farci un giro a Bratislava, al rientro andiamo direttamente al Florian e mangiamo, e poi vado farmi fare il conto: 3 notti in doppia e 4 cene: totale 150 euro, passa la VISA senza chip … e non la prende, passa l’altra VISA con il chip … e non la prende, fortunatamente tra me e Irene abbiamo 150 euro in contanti!!!!
Nelle precedenti serate ci siamo accorti che la “vita” nel paesino non era molto … eccitante, non c’era in giro nessuno!!! Nessuno però poteva immaginare che il sabato sera il nostro Florian si trasformasse in discoteca con tanto di disk-jockey e di Karaoke, notare il Florian è su due piani, sotto il ristorante trasformato in discoteca e al primo ha le 6 stanze … vi lascio immaginare quanto abbiamo dormito visto che alle 3.00 è iniziato il karaoke in slovacco!!! Una cosa positiva però è avvenuta: la notte è stata funestata, anzi rallegrata da un temporale di quelli che sembra che venga giù a secchiate … e allora la mancanza di sonno viene compensata dalla speranza che la pioggia si prolunghi fino al mattino … ma la speranza è vana, la pista è asciutta.
È domenica, alle 11.00 c’è la gara, quest’anno che mi sono portato la ragazza ombrello, hanno cambiato le regole e nessuno entra in pista per accelerare i tempi, ma non fa niente. Ora sono preoccupato per i miei avversari, è arrivato il pezzo di ricambio a Marco?? Sì, ma la moto non va ancora … e allora la gara sarà tra me e Davide.
Di fianco a me ho un Benelli 6 cilindri che ha fatto solo un turno di prove per preservare la moto e sicuramente è rimasto anche con il gas poco aperto perché ha girato in 2:06.386, davanti a me ho anche il Bartoli che girava in 2:00.503 con un Pantah 650 e una Yamaha 250 che girava in 2:02.373 che sembravano, visti i miei tempi irragiungibili.
Ci allineiamo e via si parte, faccio la mia solita Lalla-partenza che brucia almeno 6-7 moto davanti a me, ma bastano 300 metri per essere addirittura dietro a due Pantah 500 che giravano sui miei stessi tempi, alla prima curva ri-supero i due Pantah 500 e mi attacco al Benelli 6 cilindri, a ogni sgasata alternativamente dai diversi scarichi arrivano fumate bianche, ma riesco ad attaccarmi al suo codino, dai che ce la faccio … ma dove lo passo?? Al primo giro entriamo quasi affiancati al curvone finale, ma sul rettilineo, ovviamente, mi stacca, ma prendo la scia e vedo i 9000 giri in V già a metà del rettilineo. Lui va un po’ più lento nei curvoni e mi avvicino sempre di più, e anche il Bartoli con l’altro pilota sulla Yamaha, si avvicinano sempre di più, all’ingresso del curvone che immette sul rettilineo rompo gli indugi e passo all’esterno il Benelli, V marcia e sono già al massimo, il risultato è che dopo 300 metri di rettilineo … lui è ancora davanti (foto 10).
Ci avviciniamo e raggiungiamo anche Bartoli, ma il Benelli passa molto facilmente e alla fine del 3° giro lui è avanti e io sono attaccato agli altri due contendenti, per tre giri mi avvicino, supero prima uno e poi l’altro al tornantino e all’ingresso del rettilineo, ma puntualmente sul rettilineo mi danno 200-300 metri, alla fine del sesto giro prima della staccata la moto passa dagli ormai standard 9000 giri a 7500 senza che io abbia tolto il gas, allora capisco che il V35 mi sta dando del pirla e urla BASTA!! Ma voglio, devo vedere la bandiera a scacchi per cui, mio malgrado mi faccio dare 26 secondi nei 3 giri finali (fortunatamente mi hanno doppiato altrimenti mi toccava un giro in più). Mi consola il fatto che, visto che anche quest’anno le Guzzi (teoricamente) sarebbero dovute essere 5, gli organizzatori hanno pensato di tornare a premiare i primi 3, una coppetta me la porto comunque a casa.
All’arrivo però mi aspetta una sorpresa il Nanni per alleggerire la moto ha tolto l’alternatore, ma la sera prima NON ha caricato la batteria che lo ha abbandonato al 7° giro, per cui anche quest’anno il re delle Guzzi nella Classic Speed Week e BeppeTitanium!!!

 

Lamps
BeppeTitanium

United Europe: Mandello del Lario – Lampedusa – Capo Nord

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AnimaGuzzista Eventi United Europe

Il progetto di Massimo, United Europe, è di unire i punti più a Nord ed a Sud dell’Europa, in sella alla sua Guzzi, per portare un messaggio di solidarietà e di pace.

Abbiamo ricevuto quindi la sua richiesta di patrocinare e pubblicizzare la sua iniziativa, richiesta ovviamente accolta con tutto l’entusiasmo che merita!

Potremo seguire il suo viaggio sul sito www.unitedeurope.it.

Riportiamo direttamente uno stralcio della sua e-mail.

In bocca al lupo per i preparativi, ma soprattutto
BUON VIAGGIO, Massimo

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Oggetto: “United Europe” ~ Mandello del Lario-Lampedusa-Capo Nord
Quando tutti i media scoraggiavano le vacanze nell’Isola di Lampedusa, io ci sono voluto andare per capire e rendermi conto di persona di cosa stavano passando i nostri connazionali e i migranti.
Così la visitai per la prima volta a Giugno e me ne innamorai.
Tornando in Lombardia un pensiero fisso non mi dava pace:

“Cosa posso fare io per l’isola? Posso fare la mia parte?”

Ho creduto, e credo, di sì. E così ci son tornato a settembre, per discutere personalmente col Sindaco De Rubeis di questa mia iniziativa.

Di seguito il progetto -il cui scopo è puramente umanitario- descritto nello specifico.

PROGETTO
Raid motociclistico in solitaria con partenza da Mandello del Lario (Lecco) a Lampedusa (Agrigento), passando per alcune principali città nazionali ed europee, per raccogliere “testimone” da portare a Capo Nord (Norvegia).
Giuseppe Garibaldi partì dalla spiaggia di Quarto per arrivare in Sicilia e unire l’Italia con l’aiuto di mille uomini: io partirò dal nord Italia, raggiungerò la punta più a sud d’Europa e da lì ripartirò alla volta dell’estremo nord europeo, in solitaria, ma con una moto d’epoca di 1.000 cc.

Il motivo del viaggio è affermare l’unione dell’Italia col resto d’Europa e diffondere il messaggio di solidarietà e pace tra i popoli.

MEZZO DI TRASPORTO
Moto Guzzi d’epoca, modello 1000 SP Teste Tonde del 1979 di mia proprietà. E’ in corso, da parte mia, la ricostruzione in stile “Cafe Racer ’70”, e per questo insolito per affrontare un viaggio di questa portata.

PERIODO
Giugno 2012.

KM. DI PERCORRENZA STIMATI
Da Mandello del Lario a Lampedusa        1.967 km.
da Lampedusa a Capo Nord
e da Capo Nord a Mandello del Lario        9.572 km.
totale km. previsti                     11.539 km.

SPONSOR
Dainese SpA ha dato benestare alla fornitura di tutto il materiale d’equipaggiamento tecnico; Andreani Group SpA fornirà coppia di ammortizzatori posteriori “Ohlins”; Asatek fornirà i cerchi a raggi; OMG sta realizzando tutti i particolari torniti e fresati dal pieno in alluminio (supporti, telai, piastre e modifiche varie); Mandello Racing contribuirà con l’impianto di scarico completo e messa a punto del motore; Tucano Urbano mi sosterrà con le borse.

Dell’Orto SpA, leader mondiale nei sistemi di carburazione per l’industria motociclistica e automobilistica, è entrata a far parte degli sponsor che sostengono il progetto.

PATROCINI
I Comuni di Lampedusa, Linosa, Mandello del Lario, la città di Roma e la Provincia di Lecco hanno già confermato il patrocinio all’iniziativa, ed Emergency avrà la meritata visibilità sul sito web.

Claudio Baglioni -sì, proprio lui- Presidente della Fondazione O’Scià, che da 9 anni si batte per Lampedusa e per i migranti, concede il Patrocinio all’Evento e sposa la causa.

Massimo Sgotto
http://www.unitedeurope.it/

C’è mancato poco che non succedesse mai

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Endurance 2012 Cartagena

XXI Trofeo Deccla Cartagena 2012

di Alberto Sala
foto di Cristina Cortinovis, Carmen Zirafi e Alberto Sala

“Nulla è per sempre.” (Mick Hucknall al concerto d’addio dei Simply Red)

Me parece una perfecta idea que sea Bruno Scola quien de la bandera de salida de la carrera, en esta ocasion no creo que haya romanos, pero estaria bien que lo hiciese vestido con sus mejores galas de MOTO GUZZI, el es quien mas lo merece.
Ademas en esta carrera, es la ocasion perfecta!! ya que he de adelantarte algo que aun nadie sabe, … sera la ultima carrera que DECCLA organice, sera mi despedida y la despedida de DECCLA en las carreras, asi que me parece perfecto que mi buen amigo Bruno me haga ese honor.
Un abrazo,
Miguel Angel
Questa è la risposta di Miguel Angel alla mia proposta di far fare da starter a Bruno Scola; risposta che mi ha infilato una lama di ghiaccio nel petto. Tutto quello che non avrei mai voluto leggere. In un attimo comprendo che spesso le cose belle sono rette da un filo esile e che non devi esitare, sennò le perdi. Avviso i miei soci. E’ l’ultima, ragazzi, divertiamoci! E’ la nostra parte.

Practice
Dopo una giornata passata ad accumulare il sole della Manga, venerdì mattina siamo lì, pronti al pieno d’arancio della terra murciana, stavolta muniti di due bolidi: Brigida col nuovo albero a camme da provare, e il nuovo missile made in Fratelli Alborghetti, che monta il motore teste quadre donato dalla loro special, con due carburatori Keihin che costituiranno la principale attrazione del nostro box. Ogni volta che si avvicinava qualcuno, ci strizzavamo l’occhio a vedere in quanti decimi di secondo li sgamavano.

Come al solito tocca a me fare da spazzasabbia, così VIA! ed è subito goduria. Questa pista ha qualcosa di speciale. Non ti annoia mai. Epperforza: alla prima curva, una Honda entra secca a passarmi e vola per terra. Dove ho già visto questo film? Una volta basta, grazie, per cui viro in tempo e mi eclisso a sgranchirmi i muscoletti. Cinque-sei giri, poi rientro a controllare che vada tutto bene. E non va tutto bene. Perdita d’olio dietro al motore, di nuovo. Si pensa subito al solito paraolio, volano le prime madonne… ma porcazza la miseria, l’abbiamo cambiato prima di partire! Vabbeh, giù tutto di nuovo. Meno male che tanto c’è tutta la giornata a disposizione per girare, così cambiamo il paraolio e rientriamo… col medesimo risultato. Di nuovo, olio extra a spasso. Partono le ipotesi più svarionate. Cricche nel carter, tappo dell’albero a camme… volo al colorificio a munirmi di solvente per sgrassare il tappo e ricoprirlo di pasta d’alluminio, sperando che tenga,; cambiamo anche il paraolio, tanto abbiamo smontato di nuovo tutto… ripartiamo e indovinate un po’? Di nuovo conditi! Ci voleva l’impeto deciso di Enrico, il meccanico del Trottalemme, a dare conferma all’altro sospetto: il tubo dello sfiato olio. Un piiiiiiiiccolo buchino bastardo ma dalla taaaaaaanta portata. Una bella guaina a rivestirlo e via, finalmente tutto asciutto e niente culetto irritato! Intanto si è fatto pomeriggio e durante le riparazioni ci siamo un po’ alternati con l’altra moto, tanto da capire che ha una discreta dose di cavalli in più e una ciclistica ancora da mettere a punto: soffre molto l’asfalto sconnesso.

E adesso viene il bello.
Antonio mi suggerisce di uscire in coppia, ravvicinati, così da studiarci a vicenda. E’ pomeriggio inoltrato, la luce è calda e la pista è semivuota. Iniziamo a girare, io davanti e Antonio dietro, dandoci sempre più dentro, stampando diversi 1.56″. Giorgio si mette le mani sui capelli… Un paio di volte mi volto indietro e quel finocchio mi sta incollato al culo, fino a una mia bella sfollata, mi passa e rientriamo. Giorgio ci cazzia. Anto si leva il casco, gli brillano gli occhi “mi hai fatto sudare, brutto vecchietto!!” e ci abbracciamo. Poi faccio lo stesso con Mattia, che difatti, come poi si vedrà anche in gara, lima alla grande i suoi tempi. Due moto uniscono meglio che uan. Il sole è basso e stampa il suo giallo sui nostri sorrisi, Brigida è in forma, l’albero a camme le ha dato più birra, il clima è una favola… insomma: Cartagena.

Ci prepariamo al turno notturno, verifichiamo le luci, un boccadillo con queso e jamòn e hasta pronto. Unico dubbio, il meteo. Sembra prevista pioggia proprio domani pomeriggio. Ci penseremo domani, ora mi gusto un giretto a lumare le altre spettacolari motociclette iscritte all’ultima sei ore spagnola: le bellissime Honda Segale col telaio cromato, la bella Triumph arancioazzurra iscritta nella nostra classe, le Ducati a coppie coniche sempre belle da morire, le Kawa cattive e sculettanti, lo strano telaio della Guzzi numero 74, l’impressionante parata bianconera delle Guzzi della famiglia Segarra, con la “mamma” sempre gentile e accogliente, i Pane e Nutella garanzia di fracasso, il GG Team tornato al loro posto naturale dopo l’assenza dello scorso anno, le tre moto del Classic Co di Abba e che bello che c’è anche Susana, i Trottalemme Mark III… team preparati e team sbrindellati… insomma, il paddock più bello del mondo.

Chi non crea non può fare a meno di distruggere. (Ray Bradbury, Fahrenheit 451)

E’ sabato. Ora del briefing. Miguel Angel, prima di passare alle consuete istruzioni d’uso, spiega la situazione. Tutti comprendono il perchè di questa decisione difficile, difficile, difficile. In Spagna le cose sono veramente complicate e bastarde: non c’è solo la federazione nazionale ma anche le federazioni regionali. Entrambe chiedono soldi. Entrambe si rimpallano responsabilità e colpe edificando un costoso muro di gomma ormai insostenibile. E’ con evidente emozione e rabbia a fatica celata che ci racconta i fatti, con loro costretti a stipulare assicurazioni private extra (coi relativi costi di cui si faranno carico solo loro) in modo da coprire tutte le responsabilità della manifestazione, con la federazione che cancella ufficialmente la gara e manda la polizia a casa sua, da dove se ne torneranno a mani vuote. Sei un grande, Michi. Comprendo quanto ti sia costato tutto, quanto sia costato a tutti voi, quanto siano stati anni difficili questi, con la miopia dei francesi del Bol d’Or che vi hanno costretto a spostare la gara dal suo periodo naturale, con la crisi pesante che ha falcidiato soprattutto gli spagnoli, con la griglia non più piena da tempo, con a volte critiche pesanti quanto facili, quanto esili. Faccio una gran fatica a trattenere l’emozione. Ricordo le difficoltà, ricordo quando Michi mi ha mostrato il costo vero delle richieste della federazione spagnola, nel 2008: 84 euro, e loro a noi ne hanno chiesti 60, il resto a carico Deccla. In quel momento ricordo tutto e so di non essere il solo, così parte spontaneo un fuerte applauso.

Lasciamo la tristezza al dopo, ora c’è ancor più da godersela. Primo turno di qualifica, arrivo senza fatica a 1.56 con ancora qualcosa in saccoccia, in gara dopato d’adrenalina facile che scenderò ancora ma per ora basta: visti i primi indolenzimenti fisici mi viene il braccino corto e salto il secondo turno. Siamo 13° e secondi della Open… niente male!
A pranzo, come previsto, cadono le prime gocce d’acqua e si alza un vento notevole. Ci è chiaro che ogni illusione di asciutto prende il volo definitivamente: di botto clima e temperatura si fanno atlantici. Comincio a pensarci su… uhm, una partenza sotto l’acqua mi fa non poca paura. Cambiamo le gomme: via le Bridgestone troppo poco intagliate, tenendo all’anteriore la Metzeller e montando al posteriore l’Avon comprata apposta per il bagnato. Mi vesto con un po’ di apprensione e nervosismo, mai fatta una gara sotto l’acqua e penso se non sia il caso di lasciar perdere. Ho paura della partenza: mi immagino qualcuno che non sa dosarsi a sufficienza e che faccia strike… una brutta prospettiva. Giro d’allineamento sulle uova, finchè, poche balle, è ora. Il Brunone Scola emozionato solleva la bandiera spagnola e poi l’abbassa… VIA!!!

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Corsetta e poi gas senza esagerare stavolta, via tutti verso la prima curva ma… pian piano tutti si incolonnano, in fila indiana, nessuno esagera, tutti sono prudenti. Tutti hanno capito che non vale la pena giocarsi le sei ore e le decine di ossa nella prima curva. Sorrido e mi tranquillizzo… e porca putrellina, non è mica così male andare sotto la pioggia! Pian piano, sparita la paura, comincio a prendere confidenza. La gomma davanti tiene benissimo, non fa nessuno scherzo; quella posteriore invece in accelerazione spesso scivola, soprattutto in ingresso della melanzana, ma basta dosare bene e si viaggia a velocità insospettabili… mi trovo sempre meglio, addirittura sorpasso qualcuno, prima Petugo poi addirittura, “para fuera” anche la Ducati di Fusco, Damiani e Rossi… incredibile!! C’è giusto da stare attenti al vento che soprattutto alla melanzana ti butta fuori pista. Ma neppure il tempo di tirarmela un po’ che il cavo del gas comincia a fare le bizze. Prima uno dei due si blocca (il che in staccata sul bagnato non è esattamente il massimo della simpatia…) e poi addirittura salta fuori dalla sua sede. Faccio due tentativi di reinserirlo al volo ma dura poco. Mi tocca rientrare, peccato ziocàn, stavo andando benissimo!! Vai di fascetta e finisco il turno verificando che tutto funzioni. Siamo comunque decimi, e terzi di categoria: davanti solo due dei tre Classic Co. mentre la Ducati è già finita in terra, con Rossi che ci rimette la clavicola. Passo la moto a Mattia che sul bagnato gira niente male! Smette di piovere e pian piano la pista si asciuga; in testa si alternano il Glam team e i Segarra, a un giro segue il Taurus con Samuele Sardi e Oreste Zaccarelli, assistiti ai box anche dagli special guest Giuseppe Ghezzi e Mir, mentre sul bagnato Mario Jack straccia una gran rimontona sulla 750 di Licio e la Triumph del teutonico Orange team ci supera, questi ultimi avversari diretti in classifica. Se la cavano niente male anche i Trottalemme, forti dalla sorpresa sull’acqua di Ledzep che d’ora in avanti, prima di ogni gara si farà precedere da un’autobotte. Mentre la Ducati si ritira definitivamente, prima vittima del maltempo.

Mattia rientra e cede i semimanubri a Antonio che trova la pista in stato di evaporazione, così pian piano scende coi tempi, mentre il Classic Co. 2 si attarda per un problema tecnico e passa dietro di noi. Davanti abbiamo il Classic Co. 1 e la Triumph tedesca. Tocca di nuovo al sottoscritto, la pista è quasi completamente asciutta, unico punto ancora umido la curva a destra in discesa dopo la salita ma per il resto si viaggia alla grande! Giù il crapone e inanello una bella serie di 58-59 fino al 56 dell’ultimo giro, riprendo la Triumph e la passo con mucho gusto… di nuovo cambio pilota mentre in testa Manel e famiglia continuano a condurre, seguiti dal Glam, dalla Honda del German Classic e dalla Kawa del team ACR1. Prima del sopraggiungere delle tenebre, il sole si decide a farsi vedere basso al tramonto, talmente forte da tagliare la vista in alcuni tratti. Spettacolare dai box, un po’ meno per chi conduce il ballo…

Ma è ora di accendere le luci. Al crepuscolo azzecco il trenino giusto, con Mario Jack e il Trottalemme cominciamo a macinare 1.58 al buio… mai andato così svelto tra le tenebre, ma Brigida sta andando benone, peccato solo che la forcella cominci a cedere. In alcuni tratti l’anteriore saltella ma la Metzeller ci mette non una ma più pezze, compreso quando becco un sassone in piena piega alla palma (EDIT: scopriremo in officina che non era la forcella, ma un bullone mancante del telaio, non serrato nel monta-smonta di venerdì… GULP!). Il giro dopo, alla curva a destra in discesa noto un bel polverone nel buio: è Clark del Glam che ha fatto Pss nella Gum (com’era la canzoncina?): scivolata e tuffo nella ghiaia: addio al primo posto! Poco dopo tocca a Manel junior fare lo stesso alla prima curva dopo il rettilineo: la moto cappotta ma hanno fortuna entrambi dato che riescono a riprendere la carrera.
Buio e luce
Stavo già pregustando il secondo posto di classe quando urge un rientro ai box. La luce posteriore non va, anzi, LE luci posteriori non vanno. Nè una nè l’altra. Dopo una palpatina al culo riproviamo ma dura dieci metri, poi si spegne di nuovo. Ci resta l’ultima spiaggia: la lucina della bici di Lorenzo, che serviva attaccata alla forcella per farsi riconoscere al muretto… una sana nastrata sul codone e… funziona! Ci salva la gara! Pazienza se abbiamo perso due giri dalla Triumph: veleggiamo al nono posto assoluto e terzo di classe… se va avanti così siamo sul podio, figata!!!
Un passo indietro. Ho fatto il mio ultimo turno in splendida forma fisica e godendomela alla grande. Avevo paura solo di quella scritta sul cartello, al muretto. Quella in rosso, tre lettere. Doveva arrivare e così è stato, ma l’ultimo giro “not only the last show, but the last we’ll ever do” citando David Bowie al termine del suo ultimo concerto come Ziggy Stardust, è stato comunque col sorriso e pieno di GIOIA, e non ho nessuna vergogna a dire di aver ringraziato Dio innanzitutto per avermi fatto finire tutto intero, eppoi per esserci stato, anche stavolta, al decimo anno per la tredicesima volta; per avermi fatto sentire, anche stavolta, *io veramente io* senz’altro attorno, senza altri pensieri, attaccato all’asfalto come fossi stato a piedi nudi e al contempo leggero nell’azzurro da non sentire più fatica.

Ognuno ha il suo modo di sentirsi vivo. Magari più d’uno. Questo, per me, è uno dei modi. Non so se il più intenso, sicuramente per me il più inaspettato, io che arrivo dal mondo delle cruiser e che mai e poi mai avrei pensato di girare in pista (grazie Roberto, sei un amico!), figuriamoci di fare una gara!
Ci saranno altre competizioni, ci saranno altri modi, lo so, ne sono sicuro. E’ vero, nulla è per sempre e forse è giusto così… in dieci anni di corse e dodici di pista, Cartagena è sempre stato il momento più bello, più autentico, più speciale: è stata la prima volta, è stato quel posto dove non dovevi essere un pilota per sentirti un pilota, dove tutti ci siamo sentiti tali perchè non è mica retorica dire che la vera competizione è con se stessi, dove vinci anche se sei diciassettesimo, e sono felice di essermi gustato l’ultimo giro fino in fondo, avendo fatto il pieno di ogni ben di Dio che offre, sapendo che la malinconia sarebbe arrivata irresistibile a casa, soprattutto al momento di radunare le idee e i ricordi e tramutarli in html… come ora.
Epilogo
L’ultima ora notturna ha registrato l’abbandono definitivo del Glam che si era lanciato in una furiosa quanto inutile rimonta, e del Taurus team per la rottura del captatore della centralina. Purtroppo una gran tritata d’ingranaggi ha messo fuoriuso anche i nostri compagni di box Trottalemme… gran peccato!! Manel ancora una volta brucia tutti sul tempo e si aggiudica il titolo assoluto e della classe Europen, seguito dal German Classic e dall’ACR 1, quarti di classe i Pane e Nutella, gran gara anche la loro!! Per la nostra classe, i due Mauri (Abba e Iosca) vincono meritatamente, seconda la Triumph e terzi NOIALTRIIIIIIIIIIIIII!!!!

Porca puzzola, anche stavolta Brigida ci ha portato a vedere la bandiera. Come sempre. E soprattutto, anche stavolta ci siamo un gran divertiti… anzi di più. Affiatati e complici. Grande innaffiata di spumante sul podio (azz devo ancora lavare la tuta) e a seguire la consueta bella cena dove, dopo i ringraziamenti e i riconoscimenti, è stata consegnata una bella coppa a Miguel Angel da parte di Manel Segarra.

XXI trofeo Deccla Cartagena 2012 classifiche finali e tempi

GRAZIE

Giorgio
Guidi per tremila chilometri senza sosta, fai tre-giri-tre di pista, smonti due volte la moto e non ti scappa un tempo sul giro al muretto… sei una certezza, che è uno dei valori più grandi.

Antonio, Mattia
E’ tutto racchiuso in quel venerdì pomeriggio, quando ci siamo tolti il casco. Quei sorrisi, proprio quelli.

Cristina, Carmen
Non ho ancora visto le foto ma non sono quelle che contano. Le donne ai box sono la nostra benzina.

Claudio
Catapultato a servizio di un manipolo di minchioni e anche lui coi suoi bei tremila chilometri sulle spalle, è stato paziente e prezioso.

Enrico, il meccanico del Trottalemme
Non solo perchè ha sgamato il tubo bucato. Enrico fa parte di quelle persone che definisci “belle”. Quelle che non hanno paura di essere generose. Quelle a cui non interessa mettersi in luce o sopravanzare. Quelle che fanno, prima di dire. Quelle che preferisco, di gran lunga.

Gigi mia
A lei va sempre l’ultimo pensiero prima di abbassare la visiera, e il primo al momento di risollevarla. Mi manca sempre al paddock.
DECCLA
Siamo noi, io e tutta la Deccla, che dobbiamo ringraziare tutti quelli che ogni anno sono venuti alla nostra gara a godere insieme a noi questa passione.
Specialmente voi, Anima Guzzista, e te, Mauro, ecc… perché siete stati un appoggio molto importante e speciale e perché in tutti questi anni ci avete fatto molto molto felici.

Ti ricordo la gente di DECCLA e l’occupazione di ognuno di loro:

– Melo Berlanga, passione per le classiche, per la moto, innamorato della competizione per divertimento, è il responsabile delle verifiche tecniche ed aiuta a tutti i team cha hanno bisogno per cercare pezzi, uffici, meccanici, ecc. Ha un titolo ufficiale di direttore gara, di verificatore tecnico e di ufficiale di gara.

– Lali, verifiche amministrative, è la persona che fa tutti i documenti e contratti: questa persona inizia a lavorare per la gara 2 mesi prima; è anche responsabile dei controlli ai box durante la gara.

– Zoe, è la traduttrice ufficiale. Zoe è inglese e vive a 150km da qui ed è una appassionata delle classiche. Lei ha una azienda di traduzione in Alicante. Quando ci sono le gare lascia tutto e viene con noi per aiutarci. durante tutto l’anno traduce i testi per il web, mail per tutti gli stranieri, ecc. Conosce perfettamente inglese, tedesco, francese e spagnolo.

– Benjamin e Carmen, sono sposati e sono le persone di appoggio per le verifiche tecniche e amministrative, sono anche verificatori di box. Benjamin ha il titolo di ufficiale di gara.

– Ci sono una serie di persone che sono venuti alle gare per aiutarci, come Isabel, Ismael ed Elena. Ci aiutano ogni tanto nelle verifiche, nei controlli di box in gara e nelle premiazioni.

– Marian, mia moglie, è la persona più importante della DECCLA. E’ stata il mio supporto quando le cose non andavano bene, quando c’erano problemi. E’ chi mi anima di più e mi aiuta, è sempre stata con me in questa follia chiamata DECCLA, semplicemente perché mi appassiona. Lei fa tutta la parte economica; insieme a Lali è la responsabile delle verifiche amministrative. E’ anche la responsabile di tutta la logistica ed è sempre dietro di me se ho bisogno di qualunque cosa.

– Io metto soltanto il mio entusiasmo, la mia passione, e provo a diffonderlo a tutta la mia gente, al circuito di Cartagena. Il mio lavoro è che una gara sia gara ma senza sembrare gara, che tutto vada bene, che la gente goda e si senta a suo agio, che tutti sentano il circuito e la gara come proprie.

C’è una persona molto importante, padre ed autore insieme a me del regolamento tecnico: Mauro Abbadini. Lui è molto importante in DECCLA, ma come succede sempre in questo mondo delle gare… quando sono iniziate le voci che dicevano che lui correva ed era dentro l’organizzazione… abbiamo deciso, io e lui, che era meglio se si metteva da parte “ufficialmente” dell’organizzazione e si dedicava a correre, ma… è lui chi mi aiuta con tutti i dubbi tecnici che io posso avere ed è chi decide insieme a me cosa modificare o cambiare. Mauro è una persona molto speciale.

Alberto, questo è come un sogno. E’ nato della sola idea di fare gare diverse.

Noi competevamo e non volevamo andare nei circuiti ed essere trattati come adolescenti che vogliono trovare la loro vita in questo mondo delle moto. Noi eravamo di classiche e volevamo un altro trattamento, altri ritmi, altri tipi di gare, ed è così che è nata DECCLA. La nostra passione per la resistenza ha aiutato a che noi facessimo gare per divertimento, come la prima in cui siete venuti voi…
Un forte abbraccio e GRAZIE
Miguel Angel Martinez

 

GRAZIE A VOI… e arrivederci!

DIECI ANNI DI CARTAGENA IN DIECI FOTO

 

endurance cartagena
2003: la Laverda di Michi, con Abba e Melo
endurance cartagena 2004
2004 vittoria!!
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Davide De Martin e Alessandra
endurance cartagena 2004
con il numero uno in carena…
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2006, il gelo
endurance cartagena 2006
2006, la prima notturna
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il gruppone degli italiani, 15 team
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2007: partenza
endurance cartagena TNT
TNT team con Lalla

GALLERY

Viaggio in Islanda

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di Leoguzzi

Viaggio in Islanda in moto: Un Isola forgiata dal tempo ai confini del Europa

 

Sono anni che passo le mie vacanze in giro per l’Europa con la moto e la mia ragazza, così ogni anno, in inverno iniziamo a pensare all’itinerario, e dopo Normandia/Bretagna, Spagna/Portogallo/ Grecia e Austra/Rep Ceca..iniziamo a pensare all’estate 2012..una probabile scelta era l’Irlanda; e proprio in quei giorni leggo sul forum del Moto Guzzi StelvioClub che se si raggiungono 18 moto l’ agenzia viaggi “EXODUS” organizza un pacchetto conveniente “l’Islanda di Alex”. L’idea diventa subito accattivante! Vedo che una coppia di miei amici, Massimo e Barbara si iscrivono subito. E si aggiunge un loro amico Andrea..assieme a loro faremo tutto il viaggio .e allora vai ne parlo con Sabrina, l’Islanda è cara, fredda, piovosa.. ma deve esser bella, lei mi dice se non approfittiamo di questa occasione non la vedremo mai in moto, e così in meno di un mese Alex ci conferma che ha riempito il Tir. Questa soluzione ci evita di sprecare 5 gg di viaggio per raggiungere l’isola e altrettanti per rientrare, in quanto l’itinerario più breve sarebbe imbarcarsi in Danimarca per un viaggio in nave.
E così già da febbraio 2012 inizia l’avventura; si iniziano a leggere guide e con l’amico Massimo, più esperto di me in viaggi verso il nord, iniziamo a discutere su che abbigliamento portare e come preparare la moto..Il tempo passa veloce entro il 1 agosto la moto carica di bagagli con gomme tassellate Heidenau Scuot viene portata dal corriere a Collecchio e l’8 agosto inizia l’avventura; si parte in aereo, volo Malpensa Reykjavik. E così siamo arrivati in Islanda, poche ore in albergo a Reykjavik e ripartiamo subito col volo interno per per Egilsstadir dove in nostro amico Eddy ci aspetta col suo tir carico delle nostre moto…nel viaggio facciamo amicizia con una coppia di ragazzi di Cesena Matteo e Benedetta che ritroveremo in viaggio con noi in alcune tappe..Evvai inizia l’avventura vera, ci cambiamo d’abito alla buona nel piazzale davanti all’aereoporto, la giornata è bellissima 22 gradi sole non si vede una nuvola..(che c..fortuna) questo tempo ci accompagnerà per i successivi 15gg.. un miracolo?’ o una disgrazia se si pensa che siamo a pochi km dal circolo polare..Addirittura nel pomeriggio si raggiungono i 24°.
Via scarichiamo le moto dal Tir, l’adrenalina di 18 motociclisti che accendono le loro moto in quel’istante è alle stelle..dopo pochi km il gruppo di motociclisti inizia a dividersi , ognuno verso il proprio tour, noi lo faremo in compagnia di Massimo Barbara con la loro Stelvio Ntx e Andrea col suo KTM. Ci dirigiamo verso l’interno Modrudalur. L’interno dell’isola è desertico, terra, sabbia pietre levigate dai venti nordici e dai ghiacci invernali non permettono la crescita di vegetazione se non di qualche ciuffo d’erba che trova riparo tra le pietre,. La strada diventa una pista sterrata..la polvere ci avvolge per una 40di km..Ci fermiamo a Modrudalru dalla mitica Elisabeth a pranzo, il piatto forte la zuppa d’agnello..non male.. Dopo chilometri e chilometri di nulla (ma, bisogna ammetterlo, di ottimo asfalto arriviamo in uno dei posti che avevamo sognato durante l’inverno.
E’ la zona vulcanica di Krafla. Percorrendo pochi chilometri saliamo infatti fino al cratere di Stora-Viti (oggi pieno d’acqua azzurrissima e dalle pareti vertiginose), brevesosta una passeggiata il vento sulla cima è fortissimo quasi si fatica a stare in piedi. In lontananza vediamo salire in cielo zaffate di fumo: sono le pozze di fango bollente di Namafjall, dove la moglie del Diavolo è sempre intenta a cucinare per il proprio sposo 🙂 L’odore di uovo marcio è nauseabondo, sembra di essere in mezzo al cartone animato l’era glaciale..col bradipo che fa il bagno in una pozza di fango, o ti aspetti di vedere un dinosauro da un momento all’altro.
Riprendiamo le moto e girando li intorno arriviamo davanti ad un crepaccio (spaccatura) lunga chilometri sotto ci sono delle grotte con pozze d’acqua calda 40°; dopo pochi chilometro raggiungiamo il Lago Myvatn… Un piccolo paradiso (se non fosse per miliardi di malefici moscerini molesti) costellato di migliaia di piccoli crateri vulcanici (spenti) ed alti pochissimi metri… doveva essere un vero e proprio ribollire, da queste parti!!! Lo costeggiamo e ci dirigiamo verso Husavik dove ci attente la fattoria B&B ( per contenere i costi abbiamo scelto la formula sleeping bag, ti danno la camera senza coperte si dorme con i propri sacchi a pelo). In realtà il B&B è un bellissimo appartamento con angolo cottura molto pulito e confortevole, ci passeremo 3 notti.

Il 10 Agosto partiamo con meta il Vulcano Askja (è raggiungibile solo da 2 piste , la famigerata F80 più breve ma con guadi profondi 1 metro e la F910 più lunga ma con fiumi meno profondi..optiamo per questa soluzione..per raggiungerla ripercorriamo la strada del giorno prima ci rifermiamo da Elisabeth a bere un caffè (americano) e ad assicurarci che l’ultima pompa di benzina della zona sia attiva. Imbocchiamo la F910; la strada da sterrata si trasforma in pietraia dobbiamo ridurre la velocità (con le nostre moto Stelvio cariche e passeggero si oltrepassano i 400kg). I primi due guadi si fanno senza difficoltà, il paesaggio che ci circonda è bellissimo desertico, dune di ghiaia e sabbia vulcanica in lontananza montagne innevate, niente vegetazione, sembra di essere su Marte; ad un certo punto perdo il controllo della mia moto e in una frazione di secondo io e Sabrina ci ritroviamo per terra, vah beh..a parte un po’ di spavento non ci siamo fatti nulla, rialziamo la moto e rialziamo la moto e ripartiamo..Il navigatore di Massimo dice che siamo a mento di metà strada, abbiamo fatto 40 km di ghiaione e sterrato ma ne mancano ancora 60.
Ci fermiamo per pranzare in riva ad un torrente che avremmo dovuto guadare dopo il pranzo veloce, qui l’acqua è talmente pulita che si può bere, lo facciamo e ci laviamo pure i denti con la gelida acqua del torrente, incrociamo dei turisti in fuoristrada che ci dicono che la pista da li a poco diventa sabbiosa visto la tempesta di sabbia del giorno prima. Allora dopo un breve consulto con il nostro “Tutor” Massimo decidiamo di cambiare meta, di rientrare e dirigerci verso la cascata di Dettifoss. Non sempre si riescono a mantenere i programmi decisi..Nel ripercorrere i 40 km della F910 la moto inizia a sbandare in un tratto di pista che nel frattempo era stato smosso dai fuoristrada dei turisti e riperdo il controllo e ricadiamo, anche questa volta senza conseguenze. E’ dura sta pista, almeno per le mie capacità. Era la prima volta che facevo del off road nella mia vita..Gli amici mi soccorrono, mi danno consigli che si riveleranno preziosissimi nei giorni successivi. Finalmente la pista 910 finisce si ritorna sulla strada sterrata, uno sterrato ben battuto, veloce, il paesaggio che ci circonda ritorna verde fino al bivio per Dettifoss da qui la strada è un po’ più impegnativa i fuoristrada che si incrociano non rallentano e sollevano nuvole di sabbia che ti entra nel casco e ghiaia che ti colpiscono. Per alcuni secondi non vedi più nulla solo polvere; la senti nel naso nella bocca..Ad un certo punto vedi una nube che si solleva in lontananza..man mano che ci si avvicina ci si rende conto che è una nube d’acqua..siamo nei pressi della cascata più grande d’Europa..in realtà in lontananza non perché è dentro ad un Canyon.
Dettifoss è, a mio avviso, la cascata più bella d’Islanda. Forse perchè ci si può portare fino alla sommità (ltosinistro controcorrente) dove si può toccare l’acqua (nerissima, a causa della finissima sabbia lavica trasportata) che sta per precipitare. Non smetteremmo mai di ammirare questa potenza della Natura…le immagini di questa cascata le ho poi riviste nelle prime scene del film Prometheus.
Il rumore della cascata, le gocce d’acqua polverizzata dalla pressione di un salto di oltre 45metri ti bagnano il viso..senti tutta l’energia e la forza della natura in quegli istanti..il paesaggio che vedi ti toglie il fiato. Ripartiamo, un’altra 15 di km di strada sterrata ma senza traffico e raggiungiamo Asbyrgi è un’impressionante depressione a forma di ferro di cavallo che si è formata, così dicono i geologi, a causa di un eruzione vulcanica che sciolse un ghiacciaio in 48 ore creando questa depressione con l’erosione delle acque. Pochi km dopo raggiungiamo la costa nord e ci dirigiamo verso Ovest e raggiungiamo Husavik percorrendo la strada costiera. Qui le falesie si scagliano nel mare Artico; a pochi km passa il parallelo 66° dell’ Artico; che in questi gironi è una tavola azzurrissima il sole qui dalla metà di giugno ai primi d’agosto non tramonta mai! L’orologio segna le 9 di sera,ma la luce è quella delle 5 del pomeriggio. Dopo cena usciamo a fare 4 passi; alle 11 di sera inizia ad abbozzare una specie di tramonto interminabile che si trasforma in alba nel giro di una mezzoretta..praticamente il buio non ci avvolge mai.
Il giorno dopo 11 agosto, io e Sabrina decidiamo di fermarci ad Husavik visitiamo il piccolo, ma coloratissimo, villaggio di pescatori e ci imbarchiamo per una gita che ci porta a “caccia” di balene. Qui da cacciatori di balene si sono trasformati in abili Whale Watching. La gita dura 3 ore; il giorno prima avevamo incrociato un gruppo di italiani che avevano ammirato un branco di balene per un oretta, noi siamo più sfortunati, abbiamo avvistato un branco di delfini con i loro piccoli e solo in lontananza osserviamo una balena emergere un paio di volte (col tipico spruzzo d’acqua a fontana) per respirare ed immergersi subito dopo. Comunque nonostante i ca 50 euro a testa ne vale la pena! Il paesaggio dal mare è incantevole e solo il pensare che siamo noi gli intrusi e non le balene in quella parte del mondo vale il costo del biglietto. Rientriamo stiamo un po’ sdraiati su una panchina a goderci il caldo sole e riprendiamo la moto per gironzolare senza meta lungo la costa nord. Incrociamo gli amici Andrea, Massimo e Barbara che avevano deciso di non uscire in barca ma di avventurarsi ad ovest per visitare la costa e provare una pista sterrata difficile che li portava ad un rifugio in mezzo al nulla sopra ad una scogliera. A cena ci raccontiamo le avventure del giorno e scambiamo le foto. Anche quella parte del’Islanda è incantevole.

Il 12 partiamo per la cascata di Godafoss, (la cascata degli Dei) meravigliosa..qui Massimo e Anrdea hanno in programma un’altra giornata di pista sterrata con guadi che porta verso l’interno, e rientra sulla costa ad Akureyri posto dove avevamo prenotato il pernottamento, io e Sabrina decidiamo di fare il giro antiorario della costa a Nord di Akureyri mantenendo dove possibile le ruote della moto su asfalto. Anche qui il paesaggio e la giornata sono incantevoli, solo a tratti la temperatura scende sotto i 10 gradi nei tratti più montuosi della costa. Il sole è sempre li pronto a riscaldarci appena scendiamo a livelli più bassi, la costa è meravigliosa una cascata si butta a precipizio nel mare un paio di fiordi incantevoli con paesini di pescatori dai nomi impronunciabili; che incanto! Alla sera ci ritroviamo ad Akureyri, cittadina del Nord, denominata la città dell’amore (i semafori hanno il rosso a forma di cuore) la cittadina è affascinante in estate..non oso pensare però nei lunghi inverni artici..
Il 13 si parte presto oggi tutti assieme abbiamo in programma di tagliare l’isola per la mitica pista F35; 180km di pista sterrata a tratti difficile, che taglia il deserto al centro del’isola passando tra 2 ghiacciai. Io sono ancora un po’ preoccupato dalle 2 cadute del primo giorno.
La F35 in realtà è una delle strade più incantevoli, emozionanti che ho mai percorso, km di sterrato che si alternano a ghiaia, al famoso “ondulè” che ti fa vibrare tutta la moto per km, che pensi qui si smonta tutto..ogni volta che incroci qui maledetti fuoristrada la polvere non ti fa vedere nulla. Il paesaggio è fantastico, lunare, qui la NASA fece le prove di atterraggio del Apollo 13. Ad un tratto in mezzo al nulla, pietre e sassi spunta un lago, poi ancora il deserto, in lontananza prima a destra vedi un ghiacciaio, poi anche a sinistra e ti trovi in mezzo ai due ghiacciai. Ci fermiamo nei pressi di una grande pietra a mangiare (siamo partiti dall’Italia con i viveri), ve la consiglio se non la volete fare in moto, fatela in fuoristrada, non fatela con le auto normali se non volte poi pagare i danni al noleggiatore.
La pista a tratti è meno difficile e diventa divertente, devo affrontare un guado non profondo e vai..da li in poi ancora una decina di km di ghiaia nera vulcanica e poi terra battuta. Finalmente, qui inizio a divertirmi anch’io, la moto seppur carica sembra volare sullo sterrato ben compatto. Ad un certo punto dietro ad una curva vedo Massimo frenare e sbracciarsi. Una mandria di cavalli sta percorrendo la strada in senso opposto; spegniamo le moto ci passano di fianco indifferenti, che spettacolo!!!
Ripartiamo e finalmente ritrovo l’asfalto..quasi quasi rimpiango lo sterrato degli ultimi km, l’eccitazione per avercela fatta è notevole, arriviamo a Gullfoss, con i suoi 32 metri di salto, è una delle cascate più famose d’Islanda. Come recita Wikipedia: “soprannominata spesso “la regina di tutte le cascate islandesi” per la teatralità, la bellezza e i giochi di luce del suo doppio salto, e fa parte assieme al Þingvellir e i vicini geyser (Geysir e Strokkur) al cosiddetto Golden Circle (Circolo d’Oro). Che strano i 180 chilometri prima erano deserto ed ora questa cascata in mezzo al verde. Pochi chilometri a sud e arriviamo a Geysir, chi non conosce i geysir Islandesi..ogni 4/5 minuti il geyser spruzza una fontana d’acqua caldafino a30mt d’altezza..la zona è circondata da pozze d’acqua sulfurea che può raggiungere i 100°.
Ci dirigiamo verso la fattoria dove Alex ci aveva prenotato il pernottamento, il livello di comfort era ottimo, la vista incantevole, era dotata anche di vasca termale all’esterno, la temperatura alla sera era di 10 gradi , ma dentro l’acqua si stava veramente bene, proprio quello che ci voleva dopo tutti quei km di buche e sterrato.

Il 14 partenza al solito orario Ci dirigiamo verso est, puntando dritti ad uno dei siti storici più importanti di tutta l’Islanda (e parte del patrimonio Unesco): il Parco nazionale Þingvellir. Qui, intorno al 900 d.c. Venne fondato uno dei primi parlamenti democratici del mondo. Sempre qui, non si può rimanere indifferenti all’immensa spaccatura dovuta alla separazione della zolla tettonica europea da quella americana. Dalla fenditura, che si allarga di un paio di centimetri all’anno, esce uno strano odore di gas. Il panorama dal’alto è stupendo!!
Poi ripartiamo e ci dirigiamo verso i Fiordi Nord Ovesti. Il cielo è sempre azzurro e in lontananza si confonde col mare. Percorriamo la strada che costeggia i fiordi, la bellezza dei posti ci lascia d’incanto, non appena si “svallica” un fiordo ne inizia uno ancora più bello e affascinante.
La meta è una fattoria da nome impronunciabile..ceniamo e usciamo a fare 4 passi nonostante sia sera il sole è ancora li a farci compagnia e vediamo incresparsi lo specchio d’acqua di fonte a noi ed emergere una simpatica foca.

Il 15 ripartiamo verso Nord Ovest altri fiordi ci aspettano..il clima ed il paesaggio sono incantevoli,.ci si ferma qua e la per fare delle foto..ad un certo punto vedo Massimo fare inversione, su di uno scoglio aveva visto un cucciolo di foca che dormicchiava al sole. Qui le foto scattano in automatico e il cucciolo diventa sempre più fotogenico. Lo salutiamo e dopo un paio di curve troviamo un intera colonia di foche ad attenderci, pensate a bordo strada c’è una scatola trasparente con una decina di cannocchiali a disposizione per i turisti, ridendo ma non troppo, pensiamo in Italia si sarebbero fottuti anche la scatola L
Percorrendo un fiordo dopo l’altro con la strada che alternava asfalto a sterrato arriviamo nord est della penisola. Ci lasciamo alle spalle Jsafiordud e raggiungiamo il b&b per la notte.
Al Alba ripartiamo per gli altri fiordi e raggiungiamo verso sera un posto incantevole con un immensa spiaggia di sabbia bianca (molto probabilmente portata dalla corrente del Golfo) stile Caraibi facciamo una bella passeggiata nella spiaggia deserta. Ceniamo nell’unico ristorante albergo che sembra una vecchia caserma rimaneggiata con vista mare.

Il 17 La giornata di oggi è dedicata alla visita della penisola dello Snaefells. La penisola è dominata dal vulcano-ghiacciaio Snaefellsjokull (1.446 m s.l.m.), famoso perché da qui iniziò il “viaggio al centro della terra” di Jules Verne. Lo Snaefellsjokull è considerato dagli appassionati di esoterismo, uno dei sette “grandi centri energetici” del Mondo e, nelle giornate limpide, lo si può vedere anche da Reykjavik. Qui ci fermiamo a pranzare al sacco ai piedi del vulcano la giornata è fantastica sole e 24°, troviamo un torrente provenire dal ghiacciaio l’acqua è azzurra e fresca, cuciniamo con quella e la beviamo. Per me è un emozione pure quella bere direttamente acqua fresca da un torrente. Poi facciamo 4 passi lungo la vecchia colata di lava che arriva fino al mare.

Il 18 lasciamo la costa per andare verso l’interno è una giornata di trasferimento dove il passaggio in parte ripercorre le strade del 13, fino ai piedi del Landmannalaugar, qui dormiamo in un hotel (se così si può definire) molto spartano, in realtà hanno trasformato i dormitori di un cantiere scientifico in albergo..sembra di dormire dentro al centro di ricerche scientifiche del fila La Cosa, a dir poco inquietante..ma la buttiamo sul ridere e tutto passa.
Il giorno dopo la strada che ci aspetta è impegnativa sterrato e una ventina di guadi..il tempo è brutto piove e fa freddo, nebbia, io e Sabrina decidiamo di abbandonare la meta, gli altri vanno, ci diamo appuntamento sulla ring 1 (la strada principale) ad un area di servizio verso sera. Il realtà l Islanda è talmente bella che non ci dispiace aver cambiato il programma , questa deviazione ci permette di vedere 2 cascate. E la costa sud ovest. Raggiungiamo la costa e raggiungiamo anche la cascata di Skogafoss, con la sua acqua che pare nera a causa della tanta e finissima sabbia lavica in sospensione. La giornata è sempre brutta piove e la temperatura è attorno agli 8°; così come le giornate successive; arriviamo a Vik, andiamo a visitare il famoso maglificio di Lana islandese, acquistiamo qualche souvenir. Ritroviamo gli amici al punto stabilito, infreddoliti e inzuppati, il tempo che hanno trovato al Landmannalaugar era orrendo, la strada una pista di fango,e i guadi erano tutti strapieni, nonostante l’esperienza nel fuoristrada ammettono che in alcuni tratti sono stati in piedi per miracolo, io mi convinco sempre più della scelta che ho fatto. Riprendiamo la strada principale e ci fermiamo a dormire nella fattoria prenotata da Alex, ci assegnano una villettina, che immediatamente invadiamo di indumenti inzuppati fradici dalla pioggia e dal fango, la padrona anche se non capiamo la lingua, ci pare di capire che non è molto contenta del nostro arrivo. Stendiamo l’abbigliamento e iniziamo a riscaldarci un po’.

Il 19 partiamo verso est dobbiamo costeggiare il ghiacciaio più grande dell’isola, e d’Europa, il VatnaJokull, le cui lingue di ghiaccio arrivano praticamente a poche centinaia di metri dalla strada..ci avviciniamo ad una di queste da una strada sterrata..solo dal vivo ci si rende conto della grandezza del ghiacciaio, il lontananza vedo dei puntini colorati su una cresta di ghiaccio li avvicino con lo zoom e vedo che sono escursionisti impegnati in un arrampicata; riprendiamo la strada e arriviamo a Jokulsarlòn il ghiacciaio si getta in una piccola laguna facendo sì che gli iceberg escano in mare passando sotto il ponte che è sede stradale e si piaggiano su una spiagge di lava nera, questi blocchi di ghiaccio a volte sono più grandi di una persona, il paesaggio è stranissimo, freddo ma incantevole.
Questo è un piccolo mondo magico, che richiede assolutamente una sosta: infatti ci fermiamo e saliamo a bordo di uno degli anfibi che permettono di navigare in mezzo agli iceberg appena formatisi in laguna, sono immensi, la parte che emerge è solo il 10%, il resto è sommerso, fa freddo pioviggina e c’è la nebbia che ci nega la vista sul ghiacciaio, il lago è profondo 250 metri, ed è talmente freddo che un uomo resiste dai 4 ai 6 minuti nelle sue acque. Qui gli Iceberg ci incantano, l’unico colore che il ghiaccio non assorbe è il blu e quindi lo riflette, trasformando questi blocchi di ghiaccio in montagne blu galleggianti, uno spettacolo unico! A volte ci sono foche che sguazzano tra il ghiaccio, ma non oggi.
Purtroppo il sole non si fa vedere,e il freddo diventa pungente.
Ne approfittiamo anche per scaldarci con un caffè e una fetta di torta nel rifugio li vicino.

Il giorno dopo è sempre il ghiacciaio a farci compagnia, percorriamo la ring 1 destinazione Egilsstadir, dove l’amico Eddy ci attende per ricaricare le moto sul Tir. Andrea e Massimo decidono di deviare per l’ultimo sterrato, io e Sabrina decidiamo di rimanere sulla strada principale, il tempo è piovoso, ad un certo punto l’asfalto lascia il posto alla sterrato che per un tratto di ¾ km è addirittura fanghiglia scivolosa, per fortuna riesco a segure le tracce di un cammion che hanno ricompattato il terreno qui 30cm di ruota, ne esco a fatica. Arrivo all’aereoporto e li ricarichiamo le moto che il giorno dopo rientreranno in Italia.
Ci aspettano ancora 2 giorni a Reykyavik, visitiamo la capitale, molto ordinata e colorata, qui si trovano i negozi più famosi. Poi decidiamo di passare un intero pomeriggio alla vicina Laguna Blu, la troviamo troppo turistica, e fatta alla fine del viaggio addirittura deludente!
Il giorno dopo rientriamo in Italia.
L’Islanda ci è entrata nel cuore e nella mente. Ringrazio gli amici Andrea e Massimo, non solo per la simpatica compagnia, ma anche per avermi aiutato con i loro consigli e la pazienza, nel aspettarmi, e Sabrina per aver sopportato pioggia e freddo degli ultimi giorni senza lamentarsi.
In questa meravigliosa vacanza alla fine abbiamo fatto 4200km, girando in lungo ed in largo questa meravigliosa Isola; la moto si è comportata benissimo con i suoi 65000 km in 3 anni.
Ora non ci rimane che..sognare quei paesaggi..e ripensare a nuove avventure.

Auguri Enrico!!

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di Alberto Sala

 

AnimaGuzzista Protagonisti Enrico Cantoni __011

I guzzisti se lo tengono stretto, eccome. Enrico Cantoni è l’ultimo protagonista presente tra noi della stagione d’oro della Moto Guzzi e del famoso ‘triumvirato’ Carcano-Cantoni-Todero, artefice della più strabiliante moto da corsa di tutti i tempi, la 8 cilindri, e di tante moto di successo.

Così oggi, al ristorante al Verde, un centinaio di persone tra presidenti di Club, rappresentanti della Moto Guzzi e della giunta di Mandello e tanti, tanti ex dipendenti e appassionati si sono stretti in un affettuosissimo abbraccio per il suo 85° compleanno. E’ stato un piacere infinito riempirlo di attenzioni e di onori, con un’impressionante processione di pensieri, ricordi, aneddoti, ringraziamenti portati dall’intero consiglio direttivo del motoclub Velocifero capitanato dal Prof. Augusto Farneti, eppoi da Mario De Marcellis e da Connie e Marzia Patrignani che hanno fatto gli ‘onori di casa’, dal sindaco Riccardo Mariani e dall’assessore allo sport turismo e commercio Luciano Benigni, da Daniele Torresan che ha portato un riconoscimento a nome della Moto Guzzi, dai tanti ex dipendenti ‘storici’ e parenti come la moglie di Umberto Todero e il figlio di Pomi, e da Anima Guzzista… un pensiero al nostro Premio Anima Guzzista – Bicilindrica 2009 era davvero il minimo.

Così sono partiti tanti tanti ricordi e aneddoti che sarebbero stati da raccogliere tutti… e chissà che non succeda. E’ stata anche una bella occasione di ricevere tanti complimenti per il nostro monumento, soprattutto da parte degli ex dipendenti che l’hanno apprezzato moltissimo, e dal Prof. Farneti che ci ha donato un bel riconoscimento a nome del Velocifero. Una autentica fornace di passione per superare il freddo incombente, atmosferico e dei mercati. Cento di questi giorni, Enrico!!

Grazie a Connie Patrignani per linvito 🙂

 

 

13-11-2011 © Anima Guzzista

Io ci sarò. Con il mantello.

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AnimaGuzzista-immagine-racconto

GMG 2011

Di Enzo Nasto
Giornate Mondiali Guzzi 2011, non un semplice raduno.

E’ passato quasi un anno dalla mia ultima fatica letteraria, decisamente troppo! Ma si
sa, bisogna attendere che l’ispirazione e la “vena giusta” diano l’inchiostro buono alla penna,
altrimenti si finisce solo per riempire il cestino di cartacce. E così è stato, con quello che mi è
capitato negli ultimi mesi non potevo non mettere nero su bianco!

– Io, Guzzista.

Spesso, parlando con gli amici, sono stato accusato di monotonia, di parlare sempre
della stesa cosa, e cioè di moto (Guzzi, ovviamente). Ma che posso farci se per tanto, troppo
tempo, questa passione è stata l’unica cosa buona della mia vita? Il Guzzismo, questa specie di
malattia incurabile, è esploso in me ormai sei anni fa. Ho usato il termine “esploso” perchè
sono convinto che ogni tipo di passione sia innata in noi, e aspetti solo una scintilla per venire
alla luce. Nel mio caso le scintille sono state alcune foto di mio padre in sella alla sua V7 850
GT California (lieve cenno del capo). Tutto è partito da li. Poi dalle foto, dai sogni, e dai
tormenti sono passato finalmente alla mia prima Guzzi, un’Imola II, che mi ha letteralmente
allevato, facendomi entrare, a piccoli passi, in questo mondo meraviglioso.
Due anni dopo è arrivata la “Splendida” California, ed ora è il turno della Stelvio, che si
sono succedute dando un senso alla mia vita e riempiendo i vuoti che sarebbe stato compito di
altri colmare. Perchè a volte l’unica cosa di cui si ha bisogno è di una spalla per poggiarci la
testa, o di una persona da abbracciare. Io invece il più delle volte ho trovato a disposizione
solo pedane per poggiarci i piedi su e manubri da stringere forte tra le mani per partire alla
ricerca di un briciolo di felicità. Loro, le mie moto, non mi hanno mai detto no, non mi hanno
mai detto “oggi non è giornata”, oppure “stasera non ci sono”. Nemmeno quando perdevano
olio o si avviavano a fatica, oppure quando qualsiasi genere di problema non le faceva essere
al massimo. Ed è proprio per questo che provo verso di loro un senso di venerazione e di
gratitudine che nemmeno provo a spiegare, e che solo chi ha trovato nelle sue moto queste
cose può capire davvero. Mi capita di pensare frequentemente che questa passione è e rimarrà
l’unica certezza della mia vita, l’unico punto fermo.
Certo, può sembrare assurdo, ma è così. A 21 anni, quando la gran parte dei miei
coetanei faceva cose da ventunenni, appunto, io ero nel garage che sistemavo la mia
“Imoletta”. Nemmeno una giapponese, no! Una Guzzi! Certe cose ammetto di averle fatte
sempre in maniera molto poco razionale, ma ora che ci penso di razionalità nella mia vita ce
n’è sempre stata ben poca. E poi solitamente non si sceglie, ma si viene scelti. Come quando
due anni dopo ho comprato una California, si proprio lei, il mito della produzione Guzzi, la
moto che per tanti anni ha tenuto in vita la “baracca”. L’ho sognata, desiderata e poi avuta e
vissuta, ma un bel giorno sento il bisogno di qualcosa di nuovo, di una nuova moto che porti
nuova linfa a questa passione.
La Stelvio mi ha fulminato subito, fin da quando ho visto le prime foto in rete. Alta,
imponente, con quei cilindroni neri pronti a portarti ovunque e quegli “occhi” che sembrano
guardarti e chiederti: “Allora, dove si va?”. Ed ecco che grazie all’aiuto dei genitori (senza di
loro certe cose non avrei mai potute farle), a maggio di quest’anno passo dalla California allo
Stelvio. E nonostante la distanza epocale, il salto non è stato affatto traumatico.
Però lei, la California, mi è rimasta dentro, con tutto quello che è e che non è. A volte
mi manca ogni cosa di lei, dalle pedane larghe al cambio a bilanciere.

– Io ci sarò. Con il mantello.

L’enduro di casa Guzzi, erede della Quota, è una di quella moto che ti invogliano a
partire. Non per andare a prendere il caffè al bar, ma per uno di quei viaggi che vorresti non
finissero mai, di quelli che il contachilometri parziale arriva almeno una volta a 999 e poi
riparte. Certo, Mandello del Lario non è distante quanto Capo Nord, ma l’occasione delle
Giornate Mondiali Guzzi 2011 non posso perderla, anche perchè quest’anno sono ancora più
speciali, si festeggiano i 90 dell’Aquila di Mandello. Così quando arriva la data ufficiale
dell’evento, il mio pensiero è uno solo, senza rifletterci troppo, come mio solito: “Io ci sarò”.
Anzi, noi ci saremo, io e la mai moto, perchè come dico sempre, in moto non si è mai da soli,
anche quando il sellino del passeggero è vuoto. Ma ci sarà anche il mio compagno d’avventure
a due ruote preferito! L’estate passa veloce e noiosa, niente ferie nemmeno ad agosto causa “cantiere
infinito”. Se non fosse stato per una bella novità, questo mese potrei pure cancellarlo. Prendo
qualche giorno proprio a cavallo delle GMG, e il conto alla rovescia sembra essere più veloce
del naturare andare delle lancette, portandomi al momento della partenza troppo in fretta.
Preparo le valigie solo qualche ora prima di premere il pulsante “start”, e si vede, sono più
disordinate della mia stanza.
Mi vesto in maniera rapida e veloce, quasi distratta, ma una cosa non può mancare. Il
gilet di pelle con le toppe, divenuto una vera e propria memoria storica della mia vita
motociclistica. Qualcuno mi ha detto che è da “Californiano” e non da “Stelvista”, ma io non
posso rinunciarci. Quando non lo indosso, sento la mancanza di qualcosa, non riesco a guidare
tranquillo. Quando invece c’è, mi fa sentire meglio. E poi è come se fosse impregnato delle
particelle di gas di scarico di tutte le moto che ho incontrato, dell’aria dei tanti luoghi visti, e
del profumo delle persone che ho avuto la fortuna di poter conoscere e abbracciare.
Quel gilet un pò vecchio e con qualche toppa che si sta scucendo, sta a me come il
mantello rosso sta a Superman. Senza il mantello Superman non sarebbe stato lo stesso
supereroe, io senza il gilet non mi sento me stesso. Se non sono in autostrada e l’andatura non
è molto spinta, lo lascio sbottonato, libero di “svolazzare”, così mi sembra davvero di avere il
mantello.

– Nel segno della “V”.

Giovedì 15 Settembre 2011, si parte! Alla fine rimaniamo solo io e Antonio, con la sua
piccola ma eroica Nevada 750. Ormai siamo diventati i macinatori di chilometri ufficiali dei
“Guzzisti Partenopei”. Anche Willy e Peppe, purtroppo, devono rinunciare, mentre Gennaro e
Pasquale ci raggiungeranno in aereo.
Le nostre moto partono col buio, io per rendere ancora più piacevole il viaggio accendo
il lettore mp3, che mi tiene sempre compagnia con una bella selezione di canzoni. E volete
sapere qual è la prima canzone che parte? “Ti sento” di Ligabue. Com’è normale che sia,
qualcuno dirà: “E quindi? Che c’è di particolare?” Beh, per me c’è molto di particolare in questa
canzone, infatti il “cantiere infinito” che mi ha rovinato l’estate mi ha anche dato la possibilità
d’incontrare una persona speciale di quelle che forse non ci sono mai state nella mia vita. E’
stata capace di rendere piacevoli le giornate più pesanti, anche solo con uno sguardo, o un
saluto, senza nemmeno rendersene conto. Il bello è che il suo nome inizia, come il mio, con la
lettera “V”, che è anche la più cara a tutti noi Guzzisti, essendo la “forma” dei nostri motori.
Così, per la prima volta, oltre ad avere una “V” che fa correre la mia moto, c’è n’è anche
un’altra che mi sta vicina e che mi accompagna in questo viaggio, pur non essendo fisicamente
con me. Certo, la mancanza si sente, ma dopotutto la distanza, come ogni elemento fisico, è
sempre relativa. Anche il sole infatti è lontano, anzi lontanissimo, eppure il suo calore non ci
manca mai.
Si, il sole. Che mi da sempre l’occasione di vedere una scena che adoro, e cioè l’ombra
mia e della mia moto proiettata sull’asfalto. Sarà pure una banalità, ma quando riesco a
vederla ho come l’impressione di viaggiare insieme ad un altro equipaggio, è una figura
raffigurante.

– La mia Mecca.

Ogni canzone mi parla di lei, e così, quasi senza accorgermene, io ed Antonio ci
avviciniamo sempre di più a Mandello, la Mecca per tutti i Guzzisti. Durante il viaggio e nelle
soste in autogrill incontriamo tante Aquile che tornano verso il loro nido, e ogni volta è un
susseguirsi di saluti, di lampeggi e di sorrisi.
Ho come la sensazione, man mano che ci avviciniamo, che la fabbrica ci attiri verso di
lei, e anche le nostre moto, ne sono sicuro, cominciano a sentire l’aria di casa. Ora sono io che
guido il tandem, e il mio compagno di viaggio ogni tanto suona e lampeggia per farmi
capire che sto correndo troppo, che devo rallentare. Si, sono diventato impaziente e non vedo
l’ora di arrivare li, davanti alla “mia” fabbrica. L’ultimo tratto della Statale 36 e quello urbano
che ci porta a Mandello sono sicuramente i più emozionanti, e fanno sparire in un colpo la
fatica e la stanchezza di un viaggio fatto praticamente senza fermarsi e sotto un sole degno del
miglior luglio. Una trasferta lunga 849 chilometri, tanti separano il cancello nero di casa mia da quello rosso della fabbrica di Mandello, che ha dato vita a tutte le Moto Guzzi che viaggiano per
il mondo, portando in giro, con orgoglio, le loro origini tricolori.
“Antò, ce l’abbiamo fatta.” Non so a lui, ma a me l’emozione mi ha preso di brutto.
Mista anche ad un briciolo di orgoglio, per essere riuscito a realizzare presto il sogno di andare
almeno una volta nella vita alla Mecca, in moto ovviamente.
Il tempo di qualche foto di rito e di qualche telefonata con la voce rotta dall’emozione
(chissà se sono riuscito a mascherarla bene), e ripartiamo per raggiungere la casa dei miei zii,
che ci ospiterà in questi giorni, distante solo una ventina di chilometri.

– Che fantastica storia è la vita.

L’indomani cominciano ufficialmente le GMG, noi c’iscriviamo riuscendo fortunatamente
ad evitare, per un soffio, una fila infinita. L’affluenza è altissima, si percepisce che sarà
abbattuto il record di presenze delle scorse edizioni. La fabbrica però apre al pubblico nel
pomeriggio, quindi trascorriamo la mattinata in giro per Mandello, incontrando tanti vecchi
amici, come Fabio, che con la sua “Califoggia” proprio non vuole smetterla di macinare
chilometri!
Dopo un bel pranzo, ci aspetta un momento davvero appassionante, l’inaugurazione del
monumento a Carlo Guzzi, il creatore di questo mito a due ruote. La piazza del
Comune, artefice dell’iniziativa insieme ad Anima Guzzista, è piena zeppa. Si susseguono tanti
interventi, arriva anche la targa del Presidente della Repubblica con gli auguri alla Moto Guzzi
per i suoi 90 anni.
Una scritta ai piedi del monumento recita così: “A Carlo Guzzi, i motociclisti del mondo.”
All’inizio, in maniera forse troppo “estremista”, penso che io avrei scritto “guzzisti” invece
di “motociclisti”. Poi però, riflettendoci, Carlo Guzzi ha dato tanto, con le sue innovazioni
spesso geniali, a tutto il mondo motociclistico, e non solo all’azienda che ha creato. Spero con
tutto il cuore che questo evento sia arrivato a tutti quelli che amano la moto, di qualunque
marca sia.
Finalmente arriva il momento di entrare in fabbrica, è tutta la giornata che lo aspetto
con ansia (vero Antò?). Credo di non essere mai stato un buon narratore, mi sono sempre
definito un “raccontatore di emozioni”. Certo che però a volte raccontare, anzi, raccontarsi, è
proprio difficile. Quindi non so se riuscirò a spiegare bene quello che ho provato varcando il
cancello rosso e camminando tra i reparti produttivi che da quasi un secolo danno vita
a tutte le moto con l’Aquila.
Ho provato ad immaginare come sono stati gli inizi, quando Guzzi aveva un sogno o
poco più, quello di costruire motociclette. Oppure il momento in cui a quel genio dell’Ing.
Carcano è venuta l’idea di progettare un motore con 8 (otto!) cilindri. E come se la mia mente
fosse attraversata da tante immagini che non ho mai vissuto, cosa abbastanza irreale, lo so. In
questo turbinio di flashback il tempo sembra passare troppo velocemente, infatti il giorno
comincia a far posto alla sera e non abbiamo il tempo di visitare il Museo. Poco male, ci resta
ancora una giornata intera da trascorrere a Mandello.
Anche la serata passa in fretta, io ed Antonio lasciamo abbastanza presto Mandello solo
per non tornare a casa troppo tardi, fosse stato per noi avremmo tirato fino al mattino dopo.
Mi sa che le prossime GMG le vivrò allo stato “selvaggio”, in tenda. Ho capito che è tutta
un’altra faccenda.
Ma io questo giorno lo ricorderò anche per un altro episodio, che una volta tanto va al di
la della Guzzi (ma fino ad un certo punto). Ho pensato a lungo se scriverne o meno, temendo
di essere indelicato. Ma poi mi sono convito che se non l’avessi fatto me ne sarei pentito
amaramente.
In due occasioni ho visto un ragazzo su una carrozzina, spinta forse da qualche
familiare, ed entrambe le volte i nostri sguardi si sono incrociati, gli ho anche sorriso, non per
compassione, credetemi, ma perché mi piace pensare che così si è sentito meno solo. Da quel
che ho capito poteva muovere a stento qualche muscolo, ma di una cosa però sono certo, i
suoi occhi erano vivi, e a me davano l’impressione di ammirare estasiati le tante moto che
vedevano. Non so cosa mi faccia essere così sicuro di quello che sto scrivendo, ma sono
fermamente convinto che avrebbe dato tutto per poter saltare su una di quelle motociclette e
farci un giro. Inutile dire che avendo la possibilità di andare in moto “normalmente”, di fare
quello che lui molto probabilmente non ha mai fatto e mai potrà fare, mi sono sentito la
persona più fortunata del mondo. Troppo spesso mi è sfuggito un “che vita di merda la mia”, dimenticando che la vita è e rimane una cosa meravigliosa, una storia unica e fantastica,
sempre, anche quando le cose belle sembrano essersi dimenticate di te. Specialmente per uno
come me che ha la fortuna di avere tutto.

– La storia siamo noi.

Il sabato mattina, dopo un altro giro in fabbrica, da solo visto che Antonio è a spasso
con il fratello, mi metto in fila per entrare nel Museo. Io l’ho già visto, però non voglio
perdermi un’altra visita, anche perchè, con le GMG, ogni cosa in riva al lago ha un sapore
diverso. Non essendo un grande esperto di meccanica, non mi soffermo troppo sui particolari
tecnici più nascosti, nemmeno li capirei.
Ad un amico con il quale ho scambiato due chiacchiere mentre eravamo in coda, anche
lui senza parole davanti a tante meraviglie con diversi decenni sulle spalle, dico solo: “Da
questa fabbrica sono uscite cose incredibili!” E lui: “Qui c’è la storia del motociclismo.”
Ma la storia è fatta anche da chi quelle moto, da 90 anni, le porta in giro per il mondo,
per viaggiare, per andare al lavoro, in vacanza o semplicemente ad un raduno lontano pochi
chilometri da casa. Solo con il mito e con le vittorie del passato non si va da nessuna
parte. Della storia facciamo parte anche noi, Guzzisti di ogni epoca ed età, che non solo
portiamo le nostre moto in ogni angolo del pianeta, ma alimentiamo la passione che senza il
fuoco di chi la vive quotidianamente si sarebbe già spenta da parecchio, anche perchè negli
ultimi anni di occasioni per far spegnere questo fuoco ce ne sono state tante.
Ecco, io quando sono in moto penso sempre che sto guidando un piccolo,
piccolissimo pezzo di quel grande puzzle che è la Moto Guzzi, con tutto quello che è
stato, quello che è oggi, e con il suo futuro che mi auguro fantastico e con le linee di
montaggio che lavorano a pieno regime. Magari anche con un nuovo Reparto Corse, che dia
nuovamente vita a qualcosa di magico, come è stato oltre mezzo secolo fa con la Otto Cilindri,
che fa bella mostra di se alla fine dell’esposizione. Si lo so, sono un sognatore, ma dopotutto
qui a Mandello tutto è iniziato con un sogno.

– Amico è.

Nel pomeriggio, dopo aver ancora pranzato in stile “campo”, mi concedo, insieme a
Gennaro, un altro giro nel Museo (si lo so Antò, ti starai facendo una bella risata). Però,
complice la pioggia che comincia a cadere, mi prende un pizzico di malinconia, forse
perchè sento che le mie GMG stanno per finire. Penso che mi ci vorrebbe non un weekend, ma
almeno una settimana intera!
Ma prima che cali il sipario c’è ancora il sabato sera, con il concerto. Bel momento di
festa sicuramente, ma io sono la soprattutto per un’altra cosa. Aspetto due persone che non
vedo da tempo, due amici, di quelli che senti veri e vicini pur vedendoli una volta l’anno. A
volte mi chiedo se sia possibile definirsi amici vedendosi così poco, abitando a centinaia di
chilometri di distanza. Però quando poi c’incontriamo e si sta così bene, si parla, ci si dice
praticamente tutto in maniera naturale, si parla di gioie e dolori, sogni e speranze, allora vuol
dire che l’amicizia c’è, ed è più forte del tempo e della distanza. Forse qualcuno avrà già capito
di chi sto parlando, sono Antonio e Andrea, meglio noti come “Ice966” e “Frizz”. La felicità
d’incontrarsi, le risate e qualche birra sembrano accelerare l’orologio. Purtroppo il tempo che
riusciamo a trascorrere insieme non è mai abbastanza, ci vorrebbe un raduno tutto per noi.
Magari un nuovo “Aquile Bariste” (che ne dite, organizziamo?).
Verso l’una di notte, a malincuore, lascio loro e la festa. Dopo qualche ora devo
ripartire, ho deciso di anticipare alla domenica mattina il rientro a casa. Non volvevo proprio
lasciare quel gruppo di persone splendide, c’erano anche Chiara e Maia (com’è cresciuta!), cioè
“le donne” di Andrea, poi Diego e la sorella, insieme ad un loro amico, e candidamente
confesso che nel raggiungere la moto quasi ho pianto, mi scocciava troppo lasciare quel
focolare di benessere.

– Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci, è difficile fermarsi. È come
essere alcolizzati. Gore Vidal.

La domenica mattina lascio presto la casa dei miei zii, dopo quattro ore scarse di sonno.
In più, piove e sono da solo, visto che Antonio ha deciso di trattenersi in zona per un’altra
giornata. Appena chiudo la visiera mi viene da dire: “Ma che bella partenza.”
Superata Milano, mi lascio alle spalle anche la pioggia, e fortunatamente un tiepido sole
comincia a scaldarmi, e non mi abbandonerà più. Essendo da solo, posso mantenere
un’andatura più allegra (senza esagerare), anche per lunghi tratti, e questo mi fa saggiare le
doti della Stelvio. Che moto eccezionale! Come all’andata, la musica non può mancare, ma
stavolta il sonno è un pessimo compagno di viaggio, che riesco a sconfiggere solo grazie a
qualche dose in più di caffeina.
Le ultime decine di chilometri, al ritorno da un viaggio mi hanno sempre fatto uno
strano effetto, e così pur essendo stanco ed assonnato, avrei voluto allungare il giro,
percorrere più strada prima di arrivare a casa. Però ad un certo punto mi sarei comunque
dovuto fermare, lasciare la “V” di metallo per raggiungere quella vera e viva, che mi aspetta a
casa.
Ritornare alla vita di tutti i giorni dopo un’avventura del genere non è mai facile, per
fortuna ho ancora due giorni di ferie che si riveleranno preziosi per tarare la carburazione sulla
modalità “vita quotidiana”, anche se io l’avrei lasciata volentieri su quella “viaggio pesante”.
Infatti il lunedì mi sveglio con la voglia di saltare di nuovo in sella per ripartire. Per fortuna,
però, ho sempre saputo darmi dei limiti, che poi servono anche per apprezzare meglio il valore
delle cose, quando poi hai l’opportunità e la fortuna di poterle vivere.

– Ciao Giovanni.

Ormai ne sono sicuro. Come diceva Enzo Ferrari, la vita è sempre un mix di “gioie
terribili”, cioè di emozioni belle e brutte, di sentimenti dal sapore opposto che viaggiano su
binari paralleli. E così, questo racconto l’ho scritto con la gioia di aver vissuto un’esperienza
indimenticabile, condita anche da una presenza vera ed importante nel cuore, ma anche con la
tristezza data dall’aver saputo che un amico, un fratello guzzista, ci ha lasciati.
E’ accaduto nella notte di sabato, Giovanni stava tornando a casa dopo aver festeggiato
a Mandello insieme a migliaia di persone, proprio come ho fatto anche io. Non lo conoscevo di
persona, anche se avevo letto di lui come “Seagull78”. Ma in questi anni di “Guzzismo” ho
capito che non è indispensabile aver conosciuto di persona qualcuno. Siamo tutti guzzisti che
viviamo sotto l’ala protettrice dell’Aquila di Mandello, un pò come figli suoi, quindi siamo tutti
fratelli, pur non essendoci mai visti. So che la mamma di Giovanni ne ha conosciuti tanti di
questi fratelli, nei giorni dopo la tragedia e in quello, straziante, del funerale, e vorrei tanto che
queste mie parole arrivassero anche a lei, magari tra queste righe riesce a capire meglio il
senso della passione di suo figlio e a trovare, perchè no, un briciolo di serenità per andare
avanti.
Eventi come questi sono sempre difficili da commentare, e ancor più da accettare.
Cominci a pensare che bastava partire un attimo prima o un attimo dopo, andare leggermente
più veloce o più piano per mancare l’appuntamento con quella macchina che gli ha tagliato la
strada e con la “signora vestita di nero” che quella sera aveva deciso di appostarsi la, in
quell’incrocio anonimo divenuto poi maledetto. Anche grazie a Giovanni sono sempre più
convinto che ogni giorno che abbiamo la fortuna di vivere sia un dono unico e prezioso,
preziosissimo. Perchè non sai mai quello che ti può capitare, quello che puoi trovare svoltando
l’angolo oppure attraversando un incrocio, appunto. E questo vale se si è in moto, in macchina,
in aereo o semplicemente passeggiando a piedi.
Io, crescendo e diventando motociclista, sono diventato abbastanza fatalista, e forse
questo si capisce facilmente leggendomi. Certo, la moto ha in se una carica di pericolosità e di
rischio maggiore rispetto ad altri mezzi di trasporto, se non altro perchè sei in una condizione
continua di equilibrio instabile, con quei pochi centimetri quadrati di gomma che ti fanno stare
in piedi. Ma ne ha anche una enorme di felicità, di passione ed ha un effetto terapeutico
fortissimo, capace di farti tornare il sorriso anche nelle giornate peggiori, come ho potuto
provare tante volte sulla mia pelle. E questo Giovanni lo sapeva bene, ne sono più che
convinto. Così come sono sicuro che aveva stampato bene in mente il verso della poesia del
motociclista, che recita così: “In moto si muore, è vero, ma non esiste modo migliore per vivere il tempo che ci è concesso.” Lui sapeva di rischiare, ma sapeva anche non c’era nessun
altro modo per vivere meglio la sua vita. E lo so anche io.
Ora forse qualcuno dirà che sono pessimista, che penso al peggio, ma io mi definisco
semplicemente realista. Se un malaugurato giorno l’irreparabile devesse capitare a me, perchè
ci può stare, e ne sono perfettamente consapevole ogni volta che avvio la moto, sappiate miei
cari che io me ne andrò felice, perchè ho avuto la fortuna di poter vivere la vita come mi è
sempre piaciuto, con questo enorme valore aggiunto che è stata la passione smisurata per la
Moto Guzzi. Grazie a lei, è come se la vita l’avessi vissuta al quadrato, con una intensità
sconosciuta a chi ha la sfortuna di non avere una passione così intensa da riempirgli la vita, e
che quindi esiste solamente, senza vivere davvero, parafrasando Oscar Wilde.
Si certo, mi dispiacerà un sacco lasciare tutte le persone a me care, e anche le mie
Guzzi. Mi mancheranno, come io spero di mancare a loro. Però mi piace pensare che lassù, tra
le nuvole, potrò continuare a volare libero su un’Aquila, senza nemmeno la paura di cadere e
di farmi male. Proprio come sta facendo adesso Giovanni.

– 29 Settembre 2011.

Dopo un’altra notte poco tranquilla, mi sveglio a fatica e l’alba non sembra promettere
una giornata ideale per prendere la moto, ci sono nuvole minacciose che i raggi del sole ancora
non sono riusciti a scalfire. Ma chi se ne importa del tempo, io oggi esco con la mia Stelvio, ho
bisogno della medicina che solo lei può darmi.
“Illumino spesso gli altri, ma io rimango sempre al buio”, scrisse Alda Merini.
Ultimamente mi sento anche io così, al buio, quella luce arrivata ad agosto sembra già
affievolirsi, e le certezze costruite in maniera così meravigliosa, ma forse troppo in fretta,
cominciano a scricchiolare. Nonostante questo mi viene da dire di nuovo che fantastica storia è
la vita, il mio cuore non rallenta nemmeno per un attimo, mi sento fortunato per aver vissuto
di nuovo certe emozioni ormai dimenticate, anche se forse non si trasformeranno in quello che
ho sognato, diventando anche loro delle “gioie terribili”. Ma così girano le cose, non sempre si
può avere quello che si vuole e si desidera, bisogna accettarlo. A volte qualche sogno deve per
forza rimanere tale.
Alle 8.00 avvio il motore, metto il casco e parto, lasciando ansie e paure nel punto in cui
il cavalletto si stacca da terra, e trovando, ancora una volta, forza e serenità nella mia moto,
un po’ come Superman, che le andava a cercare, nella solitudine più totale, nel sole (che
ritorna ancora una volta). A proposito, devo ricordarmi di cucire alcune toppe sul mio
mantello.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e condiviso con me.

GMG, non solo Giornate Mondiali Guzzi, ma anche Grazie Mamma Guzzi. Oggi e per sempre.

enas84

Bikers Classic 2011

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GUZZISTI SU MARTE

Di Mario “Licio 33” Licini

 

Rapporto dal Pianeta di Spa Francorchamps – data astrale 01/02 – 07 – 2011.

È un altro mondo, quello che ti attende dentro e fuori il circuito di Spa Francorchamps.
Ti sei preparato, hai studiato i video, hai letto la storia dell’ Autodromo (la A maiuscola è d’obbligo), ne hai parlato con chi ci è già stato ma appena fuori dall’autostrada cominci già a percepire qualcosa di insolito, un senso di calma quiete che invece ti inquieta.
Quando poi, per arrivare all’ingresso dell’ Autodromo, devi farti un giro di parecchi chilometri, la sensazione si fa più concreta. Superi il posto di guardia e pensi di essere arrivato, invece devi farti ancora qualche chilometro tra i boschi che, giusto prima di ripartire, capirai essere la strada laterale del tratto di curvoni in sequenza del Blanchimont.
Finalmente arrivi al paddock, la manifestazione avrà inizio il mattino dopo ed è già pieno di gente, moto, side, camper, chioschi, griglie, birra.
Un mondo di appassionati che si ritrova ogni anno per festeggiare le vere protagoniste della Bikers Classic: le moto classiche e la splendida pista di Spa.

Questa volta ci presentiamo con un team inedito:
presunti piloti – Graziano e Licio
meccanico, guida spirituale, spacciatore di salumi – Oliviero
cronometristi e muretto – Davide e Raimondo (2 veterani)
rifornimenti – Stefano
estintore – Petugo
foto e vettovagliamento – Roberto
vettovagliamento – Licia

Ci manca molto il Monza, con la sua ingombrante e rassicurante presenza e tutto il nostro numeroso e rumoroso team.

Raggiungiamo il nostro box e troviamo la prima piacevolissima sorpresa: sembra di essere a Cartagena!
Infatti i box 23 e 24, che di fatto sono un box unico, ospitano oltre a noi ed il Taurus Team, la famiglia Segarra, il team Alba Motorsport con Teto Martinez e Javier Delgado, i simpaticissimi Baschi del GG Team ed il Team Fusco con Damiani e Rossi.
A parte i Bimotisti Simani e Manzalini, siamo tutti veterani delle gare nella nostra pista più amata e questo crea immediatamente un clima di grande e reciproca collaborazione, è un po’ come se fossimo un unico grande squadrone.

Sistemiamo la nostra mercanzia ed esco dal box per una telefonata a casa, arrivo al terrazzo con vista panoramica sui vecchi box e l’Eau Rouge – Raidillon e resto di sale.
Se non ci siete mai stati, nessuna foto e nessun filmato può rendere l’idea della grandiosità di quel posto e cominci a pensare con preoccupazione che lì dentro ci dovrai correre!

Venerdì mattina si comincia con le verifiche, molto più approssimative e veloci che in Italia e Spagna, poi ci dedichiamo agli ultimi lavori di preparazione del Bombardone.
Dobbiamo arrivare alle 6 di sera prima di assaggiare l’asfalto e l’attesa sembra infinita.
Il clima è estremamente variabile, pioggia, sole, vento, una breve grandinata tanto per gradire ma, come per magia, mezz’ora prima dell’inizio delle nostre prove ecco spuntare il sole di Cartagena a riscaldare i piloti ed asciugare la pista.

Bene, è giunta l’ora di rompere gli indugi ed affrontare le belve (moto e pista), la prima con le sospensioni completamente nuove e mai provate, l’altra vista solo su youtube…

Entro con le gomme fredde perché le termocoperte sono vietate e faccio un giro giusto per capire dove sono.

A questo punto mi sembra d’obbligo una breve descrizione del tracciato.

Partiamo dal rettilineo dei box Formula 1 che finisce nello stretto tornante a destra della Source da cui ci si immette nel rettilineo in discesa (vera) davanti ai vecchi box, in 4° piena si arriva alla compressione dell’Eau Rouge, si chiude il gas e si riapre per affrontare la ripida salita del Raidillon, che di fatto è un curvone semicieco a sinistra in salita.
Il Raidillon immette nel lungo rettilineo del Kemmel lungo il quale si riesce a tirare per bene la 5a fino alla staccata delle Les Combes, un bel trittico di destra-sinistra-destra da terza.
Inizia il tratto in discesa con un breve rettilineo che porta al tornante Bruxelles, quindi ad una bella curva a sinistra ed allo spettacolo della Double Gauche, un curvone da 4a con una traiettoria spettacolare.
Un altro tratto misto bello guidato (Fagnes e Campus) quindi inizia il tratto che io imparerò a fare tra due o tre anni ovvero il Paul Frère e Blanchimont.
Qui ci vuole veramente tanto coraggio ed una moto molto, molto stabile; in pratica dovresti (il condizionale è d’obbligo) tenere aperto in 5a piena per un lungo tratto di curvoni semiciechi che è già complicato farli di giorno, figuratevi di notte con la sola luce dei propri fari…
Staccata, via 3 marce, chicane bella stretta e via sul rettilineo dei box a chiudere il giro.
Il tutto spalmato su 7 Km di asfalto perfetto!

Il primo obiettivo a Spa è qualificarsi, perché sono accettati 80 iscritti ma “solo” 70 equipaggi saranno ammessi al via.
Non basta avere un socio veloce, la qualifica si ottiene dalla media dei migliori tempi di entrambi i piloti.
Il tutto si sviluppa su 2 turni a testa di 25 minuti, quindi se hai un problema tecnico, se comincia a piovere, se hai qualsiasi inconveniente puoi essere tagliato fuori ed aver fatto il viaggio a vuoto.

Io, da buon esordiente, sono il pilota “sacrificabile”, quello che deve entrare subito e vedere se tutto funziona a dovere.

Dai miei calcoli preventivi deduco che, se riesco a girare sui 3’20”, ci qualifichiamo di sicuro, anche se nelle retrovie.
Al 6° giro infilo un 3’21” poi finisce il turno, sono 67°, per poco ma ci son stato dentro.

La moto va abbastanza bene ma c’è da fare qualche ritocco alla ciclistica.

Arriva il momento di Graziano che è il veloce del gruppo.
Infatti stampa al volo un 3’10” che ci garantisce la qualificazione al primo colpo.

Ora siamo più tranquilli e ci dedichiamo alla sistemazione della moto.
Al secondo turno mi rendo conto di aver centrato le modifiche giuste, faccio subito un 3’20” alto, poi comincia a piovere e finisco il turno tranquillamente per continuare l’apprendimento del tracciato.
Il secondo turno di Graziano va decisamente meglio e il Rapido realizza un buon 3’05” che ci garantisce la media di 3’13” e la qualificazione in 57° posizione.

Il primo obiettivo è raggiunto, ora bisogna portare a termine la gara, meglio se dignitosamente…

Arriva il momento delle temute prove notturne, da prassi entro per primo, alle 22,30.
In effetti la pista è buia ma non tanto da fare paura, giro a passo turistico e cerco di memorizzare qualche riferimento, quindi passo il manubrio a Graziano e, manco a farlo apposta, dopo 3 giri ricomincia a piovere…

La mattina del sabato il clima è rigido, una sorta di Marzo nella Valle dell’ Olona.
La giornata passa abbastanza veloce, tra un giro nel paddock, le ultime rifiniture e la solita raffica ininterrotta di minchiate.

Alle 18 è il momento del warm up da 10 minuti a testa (è una gara da piloti veri) ed il nostro sole cartaginese ricompare!
In pratica abbiamo il contrario della nuvoletta di Fantozzi!

Entro ancora io e tiro via 3” al volo, sono più che soddisfatto e molto carico per la gara, la moto va bene, la pista è favolosa ed il team organizzatissimo.
Assoldiamo al volo come addetto all’estintore il buon Petugo dei Pane & Nutella, che si trova a Spa in gita turistica e siamo pronti per il via.
Nell’attesa ci rifocilliamo attingendo alla ricca cambusa di specialità enogastronomiche emiliano-romagnole di Oliviero, le panze ringraziano.

Arriva il momento tanto atteso, la partenza dal rettilineo di fronte ai vecchi box.
Il colpo d’occhio sulle 70 moto allineate di fronte ai 70 piloti è impressionante, la tribuna è gremita come se dovesse partire la MotoGp, in pit lane una folla eterogenea di amici, parenti e conoscenti con i commissari che tentano, inutilmente, di fare retrocedere gli stessi oltre la linea di sicurezza.

Un delirio…

20,00 Si parte!!!
A Spa si parte con il motore spento, quindi tutte le moto senza avviamento elettrico partono da fondo griglia.
Questo ci permette di recuperare prima del via ben 8 posizioni, che in teoria dovremmo perdere perché si tratta di piloti molto veloci.
Il Nostro, specialista delle partenze ai limiti della legge, alla fine del primo giro ha già recuperato altre 11 posizioni, sono passati solo 4 minuti di gara e siamo già 38mi …

Si insinua uno stato di esaltazione precoce, se andiamo avanti così entriamo nei primi 20, io sono tranquillo ma sempre più carico e so dove togliere secondi ai miei tempi ma…

Al 6° giro Graziano ci segnala che deve rientrare al box…

Oliviero sentenzia: sono sicuramente i freni e si presenta in pit lane armato di opportuno cacciavite, Graziano si ferma ed erano proprio i freni che ad andatura di gara si erano un po’ allungati.
Due giri di vite e si riparte, 57mi!

Tutto da rifare e siamo consapevoli che l’unico obiettivo raggiungibile è la bandiera a scacchi.
Graziano rimonta posizioni su posizioni ed alla fine della prima ora – faremo 4 turni da un’ora con rifornimento ad ogni cambio – mi cede il manubrio in 34ma posizione.

Io devo cercare di migliorare i miei tempi, memorizzare bene la pista per non perdermi di notte e possibilmente non peggiorare la classifica.

I tempi migliorano, giro dopo giro arrivo ad un dignitoso 3’11” (9 secondi meglio delle qualifiche) e riesco anche a recuperare qualche posizione passando il testimone a Graziano in 28ma posizione.

Ma non può andare tutto così bene, vi pare?

Per la cronaca, nel frattempo si sono ritirati sia i Ducatisti Fusco e C. che la coppia Ispanica Martinez – Delgado, entrambi per caduta mentre il Taurus Team é stato abbandonato da una valvola.

Torniamo alla nostra cronaca: sono ormai le 10 di sera e comincia a scurire ma i tempi di Graziano ci sembrano comunque troppo alti. Si ferma al box di nuovo, questa volta è la frizione che slitta…
Diamo una regolata rapida al registro e riparte ma la situazione non migliora anche se riesce comunque a girare. Dopo una quarantina di minuti si ferma di nuovo, la situazione è peggiorata.
Oliviero interviene ed anticipiamo cambio e rifornimento, mi tocca un turno da 1 ora e 15’ in piena notte e con la frizione che slitta…
Parto, primo giro quasi bene ma all’inizio del secondo la frizione non stacca più e mi tocca fare un giro (7 Km) a 3000 rpm per rientrare ai box.
Siamo ormai pronti al ritiro ma Oliviero fa la magia: interviene su leveraggi, registri e non so cos’altro ed in 5 minuti riparto con la frizione che funziona!

La notte in mezzo al bosco di Francorchamps è veramente buia, in alcuni tratti c’è anche un po’ di nebbia e fa freddo. Mi lacrimano gli occhi, mi cola il naso, la mano destra è mezza congelata mentre la sinistra la riscaldo sulla testata, percorrendo il lungo rettilineo del Kemmel.
Ad ogni giro spero di vedere la bandiera a scacchi, invece dal muretto mi espongono dei tempi a caso, tanto per tenermi compagnia!
Ma la fine arriva e a mezzanotte sventola l’ambita bandiera.
Ci siamo riusciti, siamo 36mi su 70 partenti ma quello che conta davvero è aver portato a termine la gara, bellissima, difficile più delle 6 ore cartaginesi, nonostante il nostro unico obiettivo fosse arrivare in fondo.

Al parco chiuso l’atmosfera è festosa, abbracci e strette di mano con tutti ed in particolare con la famiglia Segarra, che ha vinto la gara.

Dopo il podio si torna al box per ricaricare il camion che ripartirà il giorno dopo e l’amara sorpresa dell’ingiusta squalifica dei Segarra.

La mattina di domenica ci diamo al turismo, gironzolando per il paddock pieno di gente, bancarelle, chioschi di dolciumi, bevande e panini, compriamo qualche ricordino e ci rifocilliamo all’ Accademia del Colesterolo.
Finisce con la visita all’esposizione del 50° anniversario Yamaha e con la foto di rito all’ Eau Rouge – Raidillon.

Non siamo ancora partiti e abbiamo già un po’ di nostalgia…

Ma ci vediamo di sicuro tra un anno, magico Pianeta di Spa Francorchamps.

Alano Montanari “Muscoun”

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di Luigi Foschi

 

PREFAZIONE

Nel 2002, ho letto sul sito Anima Guzzista la bellissima intervista all’ Ing. Giulio Cesare Carcano che io avevo conosciuto ma non frequentato perchè molto più giovane di lui. Della intervista col più grande creatore di motori del 900 mi colpi, oltre alla sua lucidità, il fatto a me noto che non fosse certo molto amante delle corse e dei piloti perchè ricordo che quando trovava un tecnico anche della concorrenza durante le corse si estraniava a parlare con lui. Di un pilota solo era amico anzi più che amico perchè era fortemente attratto dalla sua bontà, dalla sua umanità e dalla sua personalità, Questo pilota si chiamava Alano Montanari o Edmondo o Muscoun come era abitudine chiamarlo perchè in Romagna tutti avevano un soprannome che nel suo caso probabilmente era dovuto al rumore dei suoi motori; infatti Muscoun viol dire moscone e il suo ronzio può essere avvicinato al rumore di una motocicletta che magari procede abbastanza lontano da noi. Avevo notato inoltre che un episodio esilarante riportato da Carcano era abbastanza inesatto, per cui incuriosito e per il desiderio di parlare dopo quasi 50 anni con il più grande genio del motociclismo come era lui, procuratomi il numero telefonico mi azzardai a chiamarlo dicendo che ero un amico di Cesare figlio di Montanari ed ero il nipote del parroco di Macerone che aveva battezzato Alano quando era cappellano della parrocchia di S. Pietro. Lui, 92 anni compiuti, mi fermò perchè ricordava tutto, e questo mi calmò perchè ero molto emozionato nel parlare con un idolo della mia giovinezza e allora azzardai: “Perchè ha detto che non sapeva se valeva come pilota? non si ricorda nel 57….?” Allora lui mi fermò dicendo che era stato travisato perchè voleva dire che non gli interessava se Alano era un buon pilota, bensì gli interessava la sua amicizia e ciò era sicuramente credibile perchè, come viene fuori dall’intervista diceva di aver ammirato Tenni ma che aveva il grave difetto della troppa temerarietà che lui riteneva in molti casi controproducente. Così dicendo dimostrava che tutti i piloti gli erano quasi indifferenti.ed era sempre perso nei suoi progetti. Fu forse la più bella telefonata della mia vita e lui rise quando gli dissi che da piccolo volevo fare il meccanico per riuscire a cambiare almeno una candela a Tenni. Subito finita la telefonata ebbi la folgorazione di scrivere la vita di Montanari per fare giustizia perchè era stato un grandissimo come Tenni anche se per molte circostanze che spiegherò non riuscì e in parte non volle realizzare quanto le sue potenzialità gli avrebbero permesso. Soprattutto è stato sensazionale e incredibile l’intreccio fra le nostre due famiglie. Non ebbi il coraggio di disturbare ancora l’ing. Carcano per questo; certamente gli avrebbe fatto piacere e forse mi avrebbe permesso di telefonargli ancora o andarlo a trovare a casa, cosa che ho sognato tutta la vita. Non ho detto “per me” MONTANARI era un grandissimo perchè se avete la bontà di leggere, 100% sarete d’accordo con me. Non vi basta sapere che un grandissimo campione come Lorenzetti ha voluto essere sepolto a Cesena accanto a lui dopo quarant’anni dalla morte di Alano? Quarant’anni sono tanti, si può dimenticare il volto della madre, si può dimenticare quasi sempre che una persona è stata amica tua. E’ quasi incomprensibile poi che un milanese da morto voglia divorziare da gran parte della sua famiglia e dalla sua terra per restare accanto all’amico per l’eternità. Non vi basta, continuate. Dovete sapere che tutta la storia, l’ho pensata in dialetto e poi l’ho tradotta in italiano in omaggio alla mia terra che con altri voglio che sia staccata dall’Emilia perchè noi rispetto agli emiliani siamo “cme e signor e la zveta” come dio e una civetta. Un deputato Romagnolo, Pirolini, che si battè per questo veniva accolto in Romagna, quando ritornava a casa dall'”estero” cioè da Roma, col coro di” All’erta Pirolini e non ti avvilire che prima di morire repubblica farem!” Abbiate pazienza se spesso interrompererò il discorso con qualcosa fra due virgole perchè questa è una traduzione letterale. Noi facciamo così e questo problema, ragazzo di campagna, mi ha sempre perseguitato da quando cominciai a “fare” il classico perchè Dradi Maraldi Biagio, professore di ” belle lettere” mi dava un punto in meno per questo; ma io, più forte di lui, vinsi e lui smise di punirmi ed ebbe una grande sconfitta come insegnante perchè la cosa mi si era “incancrenita” dentro come spiegò a mio padre che non capì ma mi picchiò quando ritornò dal colloquio “per stare dalla parte del sicuro”. Non siamo testardi e passati più di cent’anni dalla morte di Pirolini…….

PRIMA PARTE

Innanzitutto dovete sapere che la storia dell’uomo e del pilota Montanari va soprattutto inquadrata (tutti quelli che scrivono dicono così) nel periodo storico, nel luogo dove ha vissuto e nelle persone che ha conosciuto. Non stupitevi quindi di qualche divagazione che ritengo necessaria nella ricerca, forse inutile, di presentarvi a lui come fosse una persona ancora viva e che possa parlare con voi. So in partenza di fallire perchè non sempre c’è riuscito un certo Manzoni ma bisogna provarci sempre e se qualcosa della biografia vi colpirà un poco nel cuore sarà merito dell’uomo, del tempo, del luogo e degli uomini che sono entrati in sinergia con lui. Fatta questa doverosa premessa… Montanari nacque nel 1908 a Macerone di Cesena e ivi morì nel 1958; queste sono due date molto significative e penso che ne citerò poche altre. L’ Uomo che fino ad allora aveva conosciuto, ben impiantato a terra, la VELOCITA’ solo a dorso di un cavallo o su una biga o dentro ad una carrozza con gli indiani urlanti dietro, scopre la velocità su o dentro un aggeggio metallico poi chiamato mezzo meccanico. Forse prima c’era stata la bicicletta ma essa non era più veloce di un cavallo e furono fatte diverse sfide fra un uomo su bici e un uomo su cavallo con alterna fortuna. Soprattutto arrivò il miracolo di un motore applicato ad una cosa che si avvicinava alla bicicletta o ad un’altra cosa che si avvicinava ad una carrozza. L’uomo fin dai tempi di Adamo aveva avuto dentro la PASSIONE della velocità e non l’aveva potuta mai sfogare limitandosi a provarla un poco per raggiungere Eva essendo intenzionato a picchiarla per essere stato fregato con una mela e si accorse nell’ebbrezza della velocità che si era dimenticato l’incazzatura; quando raggiunse Eva e le chiese: “dove eravamo rimasti?” e lei, anch’essa ebbra di velocità rispose “Boh” e lui allora equivocò, sdraiò Eva e insieme dimenticarono, precursori di Scarpia, Dio che si era arrabbiato. Poi per millenni non successe niente se non che i valligiani provarono un poco questa passione nel buttarsi giù con due pezzi di legno ai piedi su un pendio innevato o prima quando ci fu un uomo che addomesticò un cavallo. Alla fine dell’800 quindi arrivarono i PIONIERI DELLA VELOCITA’ quelli che più degli altri sentivano la passione per la velocità e che avevano le doti per domare questi nuovi cavalli e perciò definirono in “cavalli” la potenza di questi aggeggi meccanici. Io farò qua e la solo cenni, fra i due che ho conosciuto, a Tenni, coetaneo di Montanari. Non capivo da piccolo la grandezza di Montanari e Tenni è stato l’idolo della mia infanzia, lo sognavo spesso che scendeva dalla moto e mi diceva “Vuoi provarla?” e aspettavo che la maestra ci desse un tema libero. Quando volevo parlare di Tenni ci diceva: Uffa Tenni Tenni perchè dovremmo parlare di un pazzo? io devo educarvi e sto Tenni è diseducativo. Io non capivo questa parola, ribattevo: Si si ma Tenni come va forte; eh la madonna! e la maestra mi dava quattro bacchettate due per tenni e due per la madonna tirata in ballo impropriamente. I pionieri come sempre succede, erano, lo capisco adesso, ESAGERATI. Nessuno si preoccupava all’inizio neanche di mettere delle balle di paglia davanti al palo della luce che veniva sfiorato e qualche volta preso in pieno da un corridore che poi all’ospedale al medico che gli chiedeva cos’era successo magari diceva intronato “non so, mi sembra che mi abbia attraversato la strada un palo della luce!”. La maestra che ho fortemente odiato per via di Tenni e delle bacchettate aveva ragione perchè come si può chiamare uno come lui o Montanari che si fratturarono uno 60 volte e l’altro 40 e quando venivano ingessati dopo tre giorni immancabilmente cercavano un qualcosa per liberarsi dell’incomodo gesso? Non per liberarsi del gesso in se ma per appoggiare il sedere sopra il sedile della loro amante. Tenni non so cos’aveva ma so che Alano aveva un punteruolo che se lo portò dietro anche quando ” espatriò ” per qualche anno a Sesto San Giovanni e che usò anche prima delle ultime corse. Avevo dimenticato, nella fretta di usare il nome Tenni, che gli uomini subito cominciarono a usare il mezzo meccanico per misurarsi l’uno contro un altro e quindi erano cominciate le corse, la prima a Cervia di Ravenna e mi sembra giusto, avrete capito perchè. Omobono e Alano ebbero due infanzie e due giovinezze abbastanza diverse perchè una volta scoperta la moto per Tenni finirono tutte le altre cose e se non fosse morto 10 anni prima di Alano, alla fine della carriera, sarebbe sicuramente morto lo stesso subito o al massimo il giorno dopo. Alano scoprì subito la moto ma ebbe da giovane tante altre passioni come la Femmina dove fu campione fino alla morte ma non come pensate; a lui come al figlio Cesare mio coetaneo piaceva essere amati, piaceva vederlo negli occhi di una donna e basta perchè non ho mai visto persone più fedeli di loro. Prima Alano e poi Cesare mi facevano una rabbia vedendo che tutte le ragazze del paese erano o erano state innamorate di loro; soprattutto il fatto che loro due le “snobbassero”. Erano tempi duri per noi in generale e quando mio zio prete mi diceva “attento alle tentazioni!” io dentro dicevo “fanculo, io cerco di non vincerle le tentazioni con tutto me stesso e mi tocca vincerle per forza e… lui che pugnetta che mi fa”. Non mi sono mai permesso di dirlo ad alta voce perchè lo zio aveva una piccola piantagione di canne d’india notoriamente forti e flessibili e come le usava! e nessun padre andò mai da lui a protestare perchè tutti erano fermamente convinti che ciò facesse parte del suo magistero e poi anche i padri avevano assaggiato le sue penitenze; sbaglio una volta e una volta sola andò “a sgridare da lui” l’Anna ad Bigiain (mio amore segreto) che pensava di essersi affrancata dalle sane abitudini paesane andando all’Università. Quando la bacchetta “faceva la stoppa” lo zio ne sceglieva con cura un’altra, la puliva accuratamente delle foglie col coltellino che ha portato in tasca per tutta la vita, la guardava soddisfatto e via a fare il proprio dovere di pastore; quando noi arrivavamo a scappare, lui aveva una memoria di ferro e anche dopo un mese ci redimeva dei nostri peccati con la giusta dose di bacchettate, 2 per non essere andati alla messa, 3 per avere sorpreso me e Cesare nel sottoscala mitica stanzetta dove facevamo le “porcherie” con le bambine; che “baccelli” nelle gambe nude! Io e Cesare inseparabili “deliquenti” eravamo i più gettonati ad essere redenti perchè io vivevo colla famiglia, mia madre era sua sorella, in canonica. Alano a sua volta fra una bacchettata e l’altra dello zio si dedicò a tutti gli sport possibili e a fare altri lavori con una vitalità che lo portò a dare il meglio di se stesso sulla moto a 49 anni! Soprattutto lo entusiasmò quand’era bambino e poi adolescente la rapida ascesa di un suo conterraneo, Benito Mussolini. Bisogna dire che la Romagna de mutor è terra delle facili e focose passioni che poi possono anche sparire senza lasciare tracce nella mente ma l’adorazione per il Duce ad Alano durò fino alla fine di una guerra totale come fu quella del 40-45, poi però Muscoun quando vide che il suo sogno era crollato in un amen si dimenticò del fascismo. E’ normale in Romagna che ad esempio uno si sposi, per lavoro vada a abitare a tre km di distanza e poi non si fa più vedere nel paesello natio e tu l’incontri dopo trent’anni e struggenti sono i ricordi comuni e tu ti domandi con l’amico il perchè di questo stupido distacco e non lo trovi mai. Forse per questo in tutta la Romagna non si trovava un manicomio perchè si vede che siamo vaccinati alla pazzia col nostro “dimenticare facile” e bisognava espatriare a Imola per trovarne uno. Il romagnolo puro da sette generazioni ha una passione enorme che sembra ragione di vita e poi passa nel giro di un giorno. Ho fatto un tragico errore! Imola nella vecchia provincia papalina era Romagna! Essa comprendeva anche il Montefeltro dove parlano il dialetto romagnolo; per cui andate a dire a Capirossi o a Rossi che non sono romagnoli! Come tutti quelli che sono nelle zone di frontiera e hanno la percezione di essere di una razza… eletta sono più realisti del re. Poi siamo blateroni; quando ai tempi della giovinezza e della maturità di Alano si giocava a carte, sempre giochi a 4, due contro due, in coppia sempre con l’amico del cuore e contro lui e lui contro l’altro offese terribili, la moglie e la figlia prostitute, il figlio ladro, l’amico finocchio, ancora oggi la peggiore delle contumelie. Alla fine della partita ciascuno non aveva detto niente e ognuno non aveva udito niente, andavano al bar a pagare o a riscuotere poi tranquillamente prendevano la via di casa con le immancabili caramelle nelle tasche per la moglie e per i bambini e si fermavano a parlare per ore del più e del meno sulla politica, sulla carestia e quant’altro davanti alla porta del più vicino al bar ; ma poi invariabilmente dopo essersi data la buonanotte non era finita. Spesso mia madre mi comandava di andare alla finestra per vedere se era arrivato il babbo e mi chiedeva di cosa stessero parlando e quando dicevo “di motociclismo” allora lei subito “andiamo a dormire perchè quell’insensato non l’avrebbe mai finita” e si sarebbero accompagnati a casa a vicenda quattro o cinque volte. Alano era un’eccezione, taciturno, introverso ma cordialissimo, spontaneamente sincero ma senza alcuna acrimonia quando doveva dire qualcosa che poteva dispiacere all’altro; molto, troppo generoso ma non inflessibile contro chi cercava di approffitarsi della sua generostà. Nella manesca Romagna dove anche da vecchi si scappellotta l’amico del cuore per dire sono qui, sono arrivato ma giammai si fa quando l’amico è concentrato nel tresette e nella briscola. Montanari non l’ho mai visto reagire neanche quando era nel più sublime momento di creazione come era la concentrazione nel gioco delle carte per non dimenticare nulla, al massimo però si girava e guardava lo scappellotaro che stava molto attento per mesi a non ripetersi. Ho detto ancora una cavolata a dire che Muscoun era un'”‘eccezione” ad essere taciturno, non è vero; i Romagnoli sono blateroni o taciturni, magari i taciturni sono i meno. Questa contrapposizione netta c’è anche ai giorni nostri in quasi tutte le caratteristiche della romagnolità e tutti sono una cosa o il contrario esatto di essa, senza il giusto mezzo. Ora però in Romagna si sono gli infiltrati ,gli “oriundi” di altre regioni. che hanno già imbastardito la regione e che si riconoscono perchè ostentano di essere romagnoli, ostentazione che poi si riconosce per non essere vera già dalla prima volta che uno ha il coraggio di non essere o da una parte o dall’altra; allora non sono tanto ben visti allo stesso modo, all’inizio, dei muratori romagnoli che hanno espatriato e che hanno insegnato a tutto il mondo come si fa a lavorare; esagerato? No; provate ad andare in Svizzera a Basilea la città più razzista della nazione più razzista al mondo e parlando con le persone, facendovi raccontare un poco della loro vita, capirete che dopo un poco sono stati accettati dai locali per questo e per la SINCERITA’. Ecco la Sincerità! E’ assolutamente vero che un romagnolo da sette generazioni è sempre, scortesemente anche, sincero. E il contrario, questo sì, è un’eccezione. Alano era il massimo in questo e gli uomini, che stimano e amano molto negli altri questa dote e molto meno in se stessi, anche per tutte le altre qualità ne sono stati sempre soggiogati. Un’altra virtù era la modestia che lo faceva stare bene in mezzo a tutti. Perfetto allora Montanari Alano Edmondo detto Muscoun?, direte voi e vi rispondo SI…. eccetto per quella faccenduola delle donne “snobbate”. Cominciò a correre presto con le moto e poco gli importava vincere ma andare più forte possibile anche con un catenaccio e spesso non sapeva se era arrivato secondo o quinto, vinse una quantità di corse in Romagna (si correva tutte le domeniche in circuiti cittadini). In questa passione per la velocità e solo per la velocità era uguale a Tenni, con lui esponente della generazione dei pionieri, quella circa dei nati negli anni fino al 1910. Cominciò a farsi notare sempre di più cercando di correre sempre colla Guzzi e questa passione per Guzzi non lo abbandonò più per tutta la vita come l’amicizia per il suo coetaneo Carcano che anche lui riferisce di questo fatto singolare. Nei primi annni trenta, a poco più di ventanni, sposò una ragazza molto bella che aveva “studiato” molto il violino poi praticamente abbandonato per lui. E’ stato bello per mio zio, che li aveva battezzati entrambi, li aveva sposati e lo diceva sempre di essere stato molto fiero di aver sposato due “artisti”! Per lui era stata la coppia più bella del mondo e quando lesse ” Love Story” mi fece, violando quei terribili silenzi che erano normali una volta in famiglia, commosso come mai l’avevo visto:”Lè cmè la storia ad Muscoun”. E’ come la storia di Montanari con lei che aveva lasciato lo strumento musicale per lui colla differenza che sopravvisse lei, ben 51 anni, ed è morta a un pelo dai cent’anni 5 giorni fa. Io che avevo fin da piccolo la passione della musica, la ascoltavo, bellissima, in chiesa suonare l’Ave Maria di Schubert con le donne commosse e lacrimanti; questa è stata come una foto che resterà sempre davanti ai miei occhi. Lasciando stare le vicende sentimentali o sentimentaloidi, Alano Montanari già da molto tempo detto Muscoun dopo il matrimonio e la nascita del figlio Cesare nel 33, ha quasi un momento di celebrità quando, in testa alla Milano-Taranto ebbe quasi mezz’ora di vantaggio ma “spaccò” non so dove. Questa storia, sempre raccontata nei 2 bar del mio paese non ha trovato conferma nelle mie ricerche; mi preme precisarlo perchè questo che sto scrivendo non è altro che una cronaca del tutto veritiera di quello che io visto e la mezz’ora mi lascia un poco dubbioso; i miei favolosi conterranei sono anche amantissimi della caccia e quindi bombaroli! Lo era bombarolo anche mio zio prete amante della caccia ed ha avuto un nipote, mio cugino, campione del mondo di tiro allo storno; non solo bombarolo e amante della caccia ma soprattutto il terzo pioniere della moto di questa storia. Un prete direte voi? Si uno che quando poteva scorazzava colla sua B.S.A. come un pazzo per le strade della Romagna specialmente quando faceva visita agli innumervoli parenti sparsi per la Romagna fino ad arrivare ad una sorella “espatriata” a Bologna dove aveva sposato, inorridisco a dirlo, un calabrese. Quando questo tipo veniva lui in Romagna, era lui che inorridiva ad ascoltare le offese al bar fra due amici quando uno dei due sbagliava a “calare” un asso e non doveva, il massimo della delinquenza manifesta ed evidente a tutti! Il calabrese diceva che a Bologna lui aveva costretto ad espatriare in Svizzera uno che l’aveva “disonorato” buttandogli del caffè sui pantaloni e mia zia aveva sempre confermato. Questo fatto mi aveva fatto capire da bambino la presenza in Italia di tante Italie e il tema che feci su questo fatto e che cominciava dicendo: “In Romagna si dicono le più grandi boierie” e non succede niente, in Calabria per un caffè sui pantaloni si ammazzano… ebbe un bel 10 e lode, malgrado Tenni. Mio zio, proprio a Bologna, ebbe la sfortuna di cercare di difendere un socialista ed ebbe una coltellata in pancia da un fascista. Medicato alla meglio dalla sorella ritornò a casa colla B.S.A e col suo immancabile sigaro in bocca e non disse nulla. Alla mattina dopo mia madre, nel riordinare la stanza, vide il letto inzuppato di sangue e domandò poi al fratello se era successo qualcosa a Bologna. Mio zio rispose di no e memore del misfatto che aveva dimenticato durante la messa appena celebrata, subito si prestò a riordinare la sua stanza da solo e mia madre, allora sbottò: “Cut avnes un colp te e tot chit rumagnul stopid e te Mondo tci e pez cun cal cursi! Tan pins a la tu mama, brot pataca quant ve a spachet agli osi in zir pre mond, fascesta ad merda!” Prima si rivolse a mio zio e quindi al presente Alano perchè la casa del prete era tutto: bar, ritrovo per i morosi clandestini, centro organizzativo soprattutto delle trasferte per andare a vedere Montanari ecc. Traduzione: Venisse un colpo a te e a tutti i Romagnoli stupidi come te e tu Edmondo sei il peggiore con quelle corse! Non pensi alla tua mamma, brutto patacca quando vai a spaccarti le ossa in giro per il mondo, fascista di merda! Montanari con quel sorriso timido che incantava vedendola veramente furiosa l’abbracciò e la calmò accarezzendola calmo come fosse una bambina anche se l’accenno al fascista doveva averlo punto di brutto. Ma Montanari era così, era sempre pronto a questi gesti affettuosi, insoliti una volta quando c’era un pudore dei sentimenti eccessivo. Vi dico che l’unico bacio che ho avuto da mia madre e questa è un’altra foto, l’ebbi quando mi recai a Bologna a discutere la tesi di laurea e lei venne in Stazione con me e mi mise nelle mani la sua catenina d’oro, l’unica cosa che aveva e mi baciò ed io: Csa fet mama, Tant vargogn? Cosa fai mamma, non ti vergogni? e scappai dentro al treno a piangere nella toilette e lo feci forse anche perchè era morto da un mese mio padre. Abbiamo lasciato Montanari nel 33 alla nascita del figlio Cesare che come avrete capito è stato anche il mio compagno di banco e che sarebbe divenuto il compagno di mascalzonate enormi. Alano era sul punto di esplodere, di affermarsi definitivamente, quando il suo amico Benito pensò bene di creare un Impero Romano e allora per lui sono cominciati 13 anni di guerre sempre da volontario prima nella guerra d’Africa, poi in Spagna con i franchisti, col fratello Oddino naturalmente per le contrapposizioni dei romagnoli comunista focoso dalla parte dei repubblicani! La leggenda narra che una volta si videro col binocolo e cominciarono a spararsi contro l’un l’altro, cosa sicuramente non vera e sempre sdegnosamente (una volta tanto) smentita da Alano e non da Oddino che fece appena in tempo a tornare dalla Spagna colla bellissima moglie spagnola Maria e la figlia Normita coetanea di Mimma figlia di Alano. e poi ripartì e non tornò più. Non dico l’anno di nascita delle due perchè non mi credereste essendo ancora due stupende donne. Tutti i Montanari erano radunati nel palazzone del padre di Alano ed Oddino, E Ghilin, il Ghilin che era il suo soprannome naturamente. E Ghilin fervente socialista e mangiapreti doc aveva un fratello che naturalmente… era prete e fascista; mio zio mi raccontava che D. Enea Montanari avrebbe potuto fare il parroco a Macerone ma che non volle perchè E Ghilin non aveva il carattere dolce di Alano e credo di Oddino ma poteva essere violento per le sue idee ed era meglio stargli lontano; questa notizia è vera perchè ricordo che quando io e mio zio andavamo a benedire le case all’avvicinarsi della Pasqua, potevamo recarci a casa sua solo quando la mamma di Alano, una signora dolcissima come i figli, ci veniva a chiamare perchè il Ghilin stava facendo la siesta. Ma una volta si svegliò e dovemmo scappare ingloriosamente lasciando sul posto la “gavagna” grossa cesta di vimini che mi serviva per raccogliere le offerte in natura o in denaro, la cosiddetta decima, che i parrocchiani davano dopo che lo zio aveva benedetto la casa e soprattutto parlato con il capofamiglia, comunista, socialista, repubblicano o D.C. che fossero. Parlare con l’azdour (capofamiglia) serviva per conoscere i problemi e cercare con lui la soluzione di questi problemi. Non ricordo se c’erano altri nel paese come E Ghilin ma ricordo che al ritorno andavo di corsa dalla mamma a dire che quelli che avevano dato di meno erano i D.C. pur essendo le persone più abbienti del paese; ma forse contribuivano a parte perchè, fra gli uomini, andavano alla messa solo i D.C. eccetto la notte di Natale quando si faceva un pienone anche perchè l’Isotta (ecco il nome) suonava diversi pezzi. Io ero contento perchè Schubert mi aveva un po’ stancato e poi una volta l’anno potevo azionare la leva, un bastone che gonfiava il mantice dell’organo suonato dalla sorella dell’Isotta, Lucia Lombardi e Cesare mi dava il cambio quando ero stanco. Mio zio non amava la musica che distraeva le persone nella preghiera, diceva lui, ma il rumore della moto sì e tutti i santi giorni andava con la sua grossa B.S.A. a trovare D. Enea parroco di Gattolino a 5 Km di distanza; erano amici perchè avevano fatto il seminario assieme e D. Enea che non amava i motori (l’avevate capito?), si stancava subito perchè lo zio voleva raccontare solo le gesta di Alano che andava a vedere la domenica e che mimava a cavalcioni di una sedia. Ma lo zio andava da D. Enea soprattutto perchè, prima del rettilineo dove si trovava la chiesa c’era e c’è una curva esattamente di 90° e il rettilineo era ed è fiancheggiato da un fossato profondo circa 3 m. Io non so se lo zio era affascinato più dalla curva o dal brivido che gli procurava il fossato pericolosissimo, ma lui provava a fare la curva sempre più forte e quando non c’erano i contadini a guardarlo ritornava indietro e provava 4 o 5 volte sempre più forte dalla parte dove avrebbe “fatto fosso” se avesse esagerato. Nella sua vita ha fatto fosso in quel punto non meno di 10 volte, se sbaglio sicuramente in difetto, essendomi ripromesso di dire solo verità note. Mia madre quando vedeva arrivare uno trafelato e sconvolto in bicicletta o col motore urlava a mio padre: “Gustin, D. Ioli l’ha fat fos” Agostino, D.Ioli (l’ha sempre chiamato così) è andato nel fosso! Mio padre Gustin de prit lo andava a tirare fuori, lui, il motore e il suo sigaro con corde tirate prima da una Bianchi S5 ministeriale e poi da un macchinone americano potentissimo, lasciato da un generale americano alla fine della guerra che nell’occasione era alimentato a benzina mentre di solito andava a metano dato che era circa 7 litri di cilindrata. Non ho MAI visto lo zio ritornare arrabbiato, fradicio sì, ma contentissimo per l’avventura che non vedeva l’ora di raccontare ad Alano. Il Vescovo, anzi i vescovi, sono stati sempre molto arrabbiati con lui a cominciare dal 34. Aveva partecipato contro il loro volere al più grande motoraduno della storia dal momento che andò a Roma da tutta Italia una percentuale enorme di motociclisti, si disse, ma non credo, circa 500.000, come riportò la Gazzetta ma si sa che in quel periodo tutto veniva ingigantito per far piacere al Capo. Il motoraduno “oceanico” fu organizzato per rendere omaggio al Duce e sfilarono ai Fori Imperiali e chi c’era in testa da solo seguito da tutto il corteo a file di 10 moto? L’antifascista quasi feroce, unico prete, D. Salvatore Ioli, col saluto romano che ho in una foto scattata dalla tribuna del Duce e regalata dal Duce stesso allo zio! Era naturalmente andato per la moto e al ritorno a Terni salutando un gruppo di ternani disse:” Speriamo che quel saluto romano e la mano che mi ha dato lui, Romagnolo come me, non mi faccia andare all’inferno. Poi mi disse che pensò: Se hanno speranza Enea e Alano ho speranza anch’io. Perchè al plurale i vescovi? Perchè c’era una regola che vietava ai preti di girare con grosse moto. La notte che morì lucidissimo dopo una lunghissima malattia disse a me che lo vegliavo:”Sono contento di una cosa che fra le mille persone che ho battezzato ci siano quei tre: Ambrosini campione del mondo che poverino è morto giovane, Alano Montanari il grande, che non ha avuto fortuna ma anche lui, fare tutte quelle guerre… hai visto Tenni che cosa ha fatto quando lui voleva fare ed ha fatto il soldato? E poi quel ragazzo, mi ha detto suo padre Ernesto, quello che è andato a stare qui a Cesena, il figlio di Tordi il nostro sagrestano… Mi ha detto che è bravo e che farà strada… Altra bellissima cartolina che ho sempre davanti, la notte che morì! Poi mi disse ancora che il suo unico cruccio fu che le leggi ecclesiastiche gli avevano impedito di correre e anzi, anche solo, di girare in moto con quelle vesti svolazzanti e gli uomini a urlargli dietro “ciavador” (gran donnaiolo) e che smisero quando cominciò ad urlare anche lui. “Chi tlà det, la tu moi?” Chi tel’ha detto, tua moglie? Alla offesa più grande per un prete rispondeva con la offesa più grande per un romagnolo. Poi mi disse avendola in parte trasgredita: “ma cla leza can puteva zirè cun la motocicleta erla po giosta?” Quella legge che mi vietava di girare in moto era poi giusta? Zio D. Ioli riposa in pace con i tuoi tre eroi! Abbiamo lasciato Alano e Oddino di ritorno dalla Spagna e poco dopo ripartire, Oddino medaglia d’oro alla memoria della Resistenza, in montagna con i partigiani e Alano ancora e sempre volontario, in guerra, dalla quale tornò a 1946 avanzato perchè fu preso prigioniero in Africa e rilasciato dopo la Conferenza di Pace nella quale De Gasperi fece quel famoso discorso che io imparai a memoria quasi per intero essendomi convertito dal fascismo alla D.C.in un lampo. Finisce quì la prima parte e rileggendola mi sono accorto che la più parte dei discorsi in dialetto perdono veramente tanto nella traduzione. Pazienza!

SECONDA PARTE

Tenni, finita la guerra, alla quale mi sembra non partecipò, alla soglia dei 40 anni riprese il suo posto perchè era il pilota più famoso al mondo; Alano si trovò invece in una situazione veramente sfortunata e incredibile, almeno per i primi anni. Era successo che intanto in italia era “venuto su” un numero notevole di piloti bravi, quella nati intorno all’anno 1920 e con loro finì l’era del pionierismo; poi fu importantissimo il fatto che il dominio delle case motociclistiche inglesi, massimo fino al 1935, era andato scemando a favore delle case italiane fino al punto che nel 1952 scomparvero completamente annichilite dalla supremazia tecnologica italiana. Tutto questo in un periodo brevissimo, se consideriamo i 7 annni della guerra e della successiva riconversione industriale delle nazioni da guerresca a pacifica. Colloco il 1935 come spartiacque di questo fenomeno perchè anche i circuiti inglesi erano con le loro corse i più famosi e in quell’anno per la prima volta Tenni corse il Tourist Trophy, la corsa che era come il campionato del mondo che invece cominciò nel 1949. Senza preparazione, questa corsa di 362 Km, come tutti sanno(?!), venne dominata da Tenni anche se persa per un guasto meccanico. Ma tutti si accorsero della validità del progetto motoristico italiano assieme naturalmente alla bravura del pilota che fece impazzire gli Inglesi. Questa graduale scomparsa delle case inglesi fu ancora un grave sfortuna per Montanari perchè corridori di tutto il mondo, eccetto gli americani che hanno sempre fatto storia a sè fino agli anni 70, vennero man mano più numerosi a bussare alle porte di Guzzi Gilera e Mondial che con Ducati, Benelli e M.V.nel 1952 restarono le uniche a correre. Quindi per Montanari la concorrenza non era mai stata così grande e questo fenomeno non ha più avuto uguali; di conseguenza Alano si trovò, dopo la cavolata di fare tutte quelle guerre, a 40anni e nel momento sbagliato. Però non completamente nel posto sbagliato perchè Carlo Guzzi era un suo grande estimatore; aveva lasciato la parte tecnica dell’azienda e del reparto corse a Todero e Carcano e si occupava personalmente della scelta dei piloti. Per anni i miei compaesani, quando si incazzavano con qualcuno gli urlavano: Cut avnes un colp a te e a clet! Ti venisse un colpo a te a quell’altro!; quell’altro che entrava in tutte le incazzevoli minestre era Carlo Guzzi che però non aveva per me colpe; Ovviamente la colpa attribuitagli era di ignorare spesso Montanari che tra l’altro qualche anno dopo fu gratificato perchè gli fu aperta la concessionaria Guzzi di S.S. Giovanni. Finissimo conoscitore di piloti, Carlo Guzzi, dicevano di lui che “sapeva contare i peli nel culo ai piloti da sopra le mutande” .Ma bisognava considerare che Alano ripartiva dall’età di 40 anni e quindi puntare su di lui era problematico anche se fosse stato suo padre o suo figlio e poi tanti corridori anche di altissimo livello volevano correre in Guzzi. Carlo Guzzi aveva allora un rapporto con Tenni non eccellente perchè Tenni aveva la pretesa che lui riteneva giustificata di voler fare quello che voleva e ascoltava solo qualche volta Carcano, senza che avesse cattiveria alcuna. Però bisogna dire che quando morì a Berna,nel 48, Tenni ebbe l’incidente mortale forse proprio per quello, perchè volle correre con una moto che Carcano sapeva non essere adatta a lui e, grande disgrazia, quel giorno Carcano era a Roma. Siccome Tenni e Montanari sembravano avere le stesse caratteristiche, puntare su un altro con grande esperienza però forse scomodo era oggettivamente problematico; sullo scomodo si sbagliava di grosso, come vedremo. Quando poteva Carlo Guzzi fece in quel periodo correre come “ufficiale” Montanari perchè era in possesso di un regolare contratto fin dal 1950 e se ci pensiamo, con tutto quello che ho detto finora era segno di un’enorme stima da parte della sua dirigenza. I 40 anni e il nugolo di piloti alla Guzzi erano due sfortune ma erano superabili se non che ebbe un’altra sfortuna ancora come tanti: quella della clausola, nei contratti, dell’ordine di scuderia. Avrebbe potuto farcela ad emergere perchè era in grado di spolverare tutti, come poi si vide ma ne fu impedito dalla crudele, terribile legge che prevedeva che uno sapeva già in partenza, a meno di eventi sfortunati per gli altri, che non poteva vincere. Io non ero mai riuscito a capire questa legge che per me come per tanti altri era anche inutile. Ora non esiste più (avete presente il muro fra Rossi e Lorenzo?) ma allora era inflessibile. E’ vero che durante la corsa l’ordine poteva essere cambiato ma il “gregario” aveva sempre almeno due capitani e la “carta bianca” non l’ho mai vista sventolare in corsa. La CARTA BIANCA era una bandierina o il più delle volte un foglio che veniva fatto sventolare al passaggio dello schiavo per liberarlo dalle catene e così poteva fare la sua corsa. Naturalmente l’ordine di scuderia aveva una sua ragione d’essere che ho capito tardi anche perchè Alano non si sognava neanche di spiegare; all’inizio si pensava fosse dovuta al fatto che essendo costruite in modo artigianale le moto potevano essere anche notevolmente diverse come prestazioni e però durante le prove si vedeva e allora il gregario disciplinatamente lo faceva presente e alla sera venivano scambiati i numeri già assegnati dalla Direzione gara. Poi si capì che, esssendoci tanti galletti in una squadra, eventuali lotte intestine potevano essere dannose alla marca e allora veniva stilata una lista di preferenza ben ponderata dallo stesso Carlo nel caso dellla Guzzi. Questo modo di procedere era dovuto anche all’equilibrio fra Guzzi e Gilera nella 500 con buona prevalenza Gilera, il contrario nelle 350, equilibrio fra Guzzi e Mondial nelle 250 con leggera prevalenza Guzzi e apparizioni significatve della Benelli, moto di altissima qualità ma con presenze un poco a “singhiozzo”; questa approssimazione e schematizzazione penso sia abbastanza valida. Per parlare dei piloti Guzzi italiani (per tutti gli altri anche di altre case, c’è il web!) i migliori nati come ho già detto attorno al 1920 erano Lorenzetti e Ruffo ma vi parlerò solo di Lorenzetti. Lorenzetti pur essendo poco più giovane di Tenni e Montanari, avendo cominciato a correre un poco tardi, era di un’altra generazione rispetto a loro, diciamo che il suo modo di correre non era pionieristico come quello di Tenni e Montanari che correvano con l’istinto, magnificamente con l’istinto e la follia della velocità per la velocità era troppo prevalente ripetto alla fredda determinazione a vincere dei corridori post pionieristici come erano quelli nati nel 1920. Lorenzetti abbastanza alto e magro pressapoco come Valentino Rossi, taciturno come Montanari si “innamorò” subito di lui come fece Carcano. D’altra parte le caratteristiche di Alano lo facevano apprezzare da tutti, era quello che faceva “spogliatoio” come si dice nel calcio, sempre pronto a dare consigli per la sua esperienza, a consolare i compagni perdenti e d’altra parte tutti i piloti, che avvertono istintivamente la grandezza come pilota di un collega, l’hanno sempre considerato un grandissimo e questo gli bastava come gli occhi innamorati delle ragazze. Non poteva esistere ancora, non era pensabile un Rossi che cerca di distruggere psicologicamente un avversario o il suo stesso compagno di squadra. E’ una caratteristica di Vale però discutibile ma non più tanto perchè l’uomo è cambiato e la lotta per emergere è diventata più dura di un tot e il voler emergere a tutti i costi è diventata una qualità mentre una volta era un difetto grave. Diceva Lorenzetti che bastava che Alano ti guardasse senza parlare per capire che la sua solidarietà C’ERA, CHE LUI CI SAREBBE SEMPRE STATO nel caso tu avessi avuto bisogno di lui. I corridori del 1920 avevano studiato la tecnica e soprattutto Lorenzetti è stato in Italia il primo pilota intelligente in corsa. Come pressapoco dice anche Carcano, la sua intelligenza si vedeva col fatto che quando era in grande vantaggio è stato il primo a staccare, levare il gas, 20 m prima del solito prima di affrontare la curva. Per Tenni questo era meschino perchè la gente lo stimava anche e sopratutto quando perdeva perchè in vantaggio di un mezzo giro staccava invece 5 metri dopo e questo per lui era rispetto per chi pagava; quando per questo osare sempre di più cadeva aveva una ovazione massima. Lorenzetti è stato tanto inteligente da essere stato il primo a liberarsi di un eventuale cappio della legge di scuderia; si comprava dalla Guzzi i motori col patto di essere assistito in corsa dalla casa. Alano pur consigliato da Lorenzetti in tal senso, l’ha fatto solo nel 1957. Avrebbe avuto qualche occasione per emergere perchè allora si correva sempre, fra campionato Mondiale e Italiano e altre corse varie, almeno una volta la settimana, ma anche lì in Guzzi c’era l’inflessibile mannaia della legge di scuderia. Soprattutto il campionato italiano era importante per i corridori italiani e parecchi piloti preferirono per tanti anni rinunciare alle lunghe trasferte del mondiale, come il grande Libero Liberati, penalizzato anche lui come Alano dalla legge degli ordini di scuderia. Si incontrarono in Guzzi e assieme fino al 1951 praticarono il “gregariato”, ma Liberati, giovane rampante, nato nel 1926, come dice il nome Libero, mal sopportava questa legge e passò alla concorrenza meno rigida, cioè alla Gilera dove dominava il grandissimo Masetti vincitore del campionato 1950 e che Liberati pensava di potere far fuori. Ma Masetti vinse anche il campionato nel 1952 e alla fine dell’anno la Gilera si dovette arrendere alla moltitudine degli stranieri e ingaggiò l’immenso Geoff Duke che nel 1951 aveva umiliato la potentissima Gilera e Masetti correndo con una Norton poco potente ma maneggevolissima. Questa fu la fine per Masettti alla Gilera e passò alla M.V.; Liberati allora scopri le grandi qualità della monocilindrica Gilera Saturno e si rifece nel campionato italiano cogli interessi. Montanari restò per il suo amore per la marca e l’amicizia con Lorenzetti e Carcano e tutto lo stuolo dei piloti Guzzi; continuò quindi nel suo lavoro preziosissimo per la squadra, ma difficilissimo, di tenere a bada gli inseguitori del proprio capitano ma che non dava certo la gloria. Una volta trasgredì l’ordine e in testa di molto si fermò in una curva, per fare passare i 2 capitani e si accese l’immancabile sigaretta. Un’altra volta si ritirò per aver “bruciato” i freni, me lo disse Lorenzetti, per non sopravanzare il suo capitano! Sarebbe potuto andare forse nel 52 alla nuova grande marca, la M.V., che entrò in lizza nel mondo delle corse appunto in quell’anno. Ma Alano non capiva neanche la grande importanza del suo lavoro oscuro, pensava forse che i tempi erano cambiati, che c’era stata una evoluzione nel modo di correre e quindi era contento di correre con la sua amata Guzzi e questo gli bastava anche se vedere Liberati dominare nel campionato italiano forse un poco gli pesava ma non lo fece mai vedere anche perchè aveva sempre di più la stima di Carlo Guzzi AL QUALE NON CHIESE MAI NULLA.
E gli altri eroi della nostra storia? Mio zio continuava a correre anche se, essendo del 1885, sui 60 era meglio che la smettesse “con i bollori” e di “fare fosso” come gli diceva tutto lo stuolo dei fratelli e sorelle, ben 8, e dei nipoti e a un certo punto trovò un amatore e vendette la B.S.A. anche per pagare i debiti che mio padre aveva contratto nell’acquistare una specie di limousine di marca Plymouth che era stata di un generale americano. Ormai avete finito di stupirvi e quindi spiego subito: mio padre era autista di rimessa, cioè era cercato dalle persone che non avevano l’auto e che grosso modo erano il 90% in paese. Il lavoro più grosso era quello di fare servizio nei matrimoni; poi portava la gente all’ospedale e quasi sempre a Bologna perchè “per affogarsi ci vuole dell’acqua” e allora convinceva tutti dell’opportunità di andare da professori dell’Università facendo fieri quei contadini che poi più tardi cercarono, comprandosi l’auto, di preferire anche vecchie ma immancabilmente le Mercedes colle quali la domenica portavano la famiglia a spasso e che riposavano durante la settimana sotto il porticato e d’inverno nella stalla perchè l’acqua del radiatore poteva gelare; poi d’estate portava tutte le mattine la gente al mare a Cesenatico al Bagno Venezia e alla sera la gente al cinema a Cesena. Soprattutto era necessaria la Plymouth per portare la gente a vedere al cariri (le corse) di moto; niente calcio o altri sport anche perchè in paese e nei bar si parlava SOLO DI MOTO. la Plymouth ha contenuto, a zur sora e signor e la madona (Giuro su Dio e la Madonna) con bambini fino a 16 persone! (a pieno carico). Era conosciuta in tutta la Romagna come la “macchina di Ridolini” perchè in una comica Ridolini aveva appunto un’auto da cui uscivano una dietro l’altra 50 persone! Nella settimana venivano raccolte le prenotazioni delle 12 o 13 persone che la domenica sarebbero partite alla mattina prestissimo per andare alle “cariri”. Bisognava andare presto perchè ci voleva del tempo a trovare il posto per montare delle tribunette in legno che smontate trovavano posto sopra la Plymouth legate nel portapacchi. Nel bagagliaio viveri in abbondanza e specialmente bottiglioni di sanzves (Sangiovese). All’estero (fuori dalla Romagna) si ricorda la trasferta per Ospedaletti quando “traversammo gli Appennini” e la Plymouth alla fine della salita non ce la fece più perchè andava a metano e nell’occasione il babbo si era dimenticato di mettere un po di benzina. Dovemmo scendere e fare 3 Km di corsa e al ritorno per mettere la benzina mio padre tassò tutta la comitiva facendo i conti due volte perchè c’erano due non paganti, io e Luis ad fracul che era ubriaco fradicio. Partimmo al sabato sera dopo il cinema e tornammo al lunedì mattina! A Monza nel 50 non avemmo problemi ma perdemmo Mas-cin detto anche Angammà che ritornò in treno dopo 3 giorni; non “trovava” il treno perchè l’italiano era per lui una lingua straniera e chiedeva alla gente del “vapore” finchè non si imbattè in un romagnolo che lavorava alla Braun-Boveri che Mas-cin chiamava SBRAMBOVERI come chiamava Oliver (sidecarista) OLIVUD e la curva di lesmo L’ESMA(L’asma!) quando mimava le corse per quelli rimasti a casa. Più tardi andammo anche a Salisburgo e partimmo al lunedi perchè volevamo vedere tutto dal momento che le prove cominciavano al mercoledì e fummo seguiti da un camioncino con i viveri e il vino per una settimana. Il camioncino si chiamava “Giulio” perchè una volta senza freni aveva fatto la” funzione” ad una Giulietta Alfa Romeo investendola da dietro. Giulio ogni 40 km si doveva fermare per fare acqua che bolliva essendo un residuato bellico e arrrivò il giorno dopo e non morimmo di fame perchè fummo salvati da una comitiva di tedeschi che, pieni di birra, disboscarono un mezzo bosco per riscaldarsi e vicini ai carboni mettevano a cuocere un tot di patate (cos’altro se no?) che furono in parte usate per la nostra sopravvivenza. In compenso questi crucchi i cui padri ci avevano “per” la guerra razziato tanti maiali, fecero fuori nella settimana molta parte dei nostri viveri forse per non essere inferiori ai loro genitori. Noi a nostra volta ci rifacemmo perchè quando ubriachi fradici i “doic” si addormentavano vicino al fuoco, noi soddisfacevamo le brame delle morose a cui l’alcool dei morosi aveva tolto l’amore nel senso più bello ma non il più puro del termine. Dopo la guerra germogliò, si sviluppò, divenne pronubo di botte, sempre per educazione fuori dal bar, cosa?: il TIFO. Per Ambrosini, per Liberati, per Valdinoci? No per la Guzzi o per la Gilera che erano le case principali e anche la M.V. prendeva paga anche se correva in tutte le categorie, ma regolarmente vinceva a Cesena mandandoci a casa tutti scornati. Il tifo era quasi solo per le marche e ancora adesso mi riesce incomprensibile; si poteva tenere, al limite, anche per un corridore del campo avverso ma raramente e con discrezione. Il tifo era pressapoco diviso in questo modo: i padri dell’età di Alano erano guzzisti e naturalmente i figli erano convinti gileristi. Anch’io tradii Tenni ma non Montanari anche perchè non lo consideravo moltissimo essendo lui guzzista e questo per molti anni. Cesare? Beh Cesare quando rubava il motore al padre, specialmente una Guzzi da motocross colla quale Alano vinse a Parigi, a 15 anni faceva cose incredibili. Motocross? Parigi? Montanari correva dappertutto e con qualsiasi mezzo. VI SPIEGO: Macerone ha un fiumiciattolo, il Pisciatello che corre dietro le case dalla parte destra della strada Cesena-Cesenatico e continua poi attraverso i campi. Il nome Pisciatello vuol dire piccola pisciata ma fu scoperto dagli studiosi essere il vero Rubicone dove” l’altro” Cesare gettò il dado che nientepopodimeno cambiò la Storia. Gianni Brera, commentando la perdita del Giro d’Italia da parte di Charlie Gaul per essersi fermato a orinare, scrisse un memorabile articolo intitotolato “Piccole cause grandi effetti”, sulla Gazzetta paragonando la pisciata di Gaul al fiume Pisciatello, entrambi responsabili di grandi eventi. Per sentirsi importante, come meritava, questo Pisciatello, sempre quasi secco, quando pioveva tracimava tutti gli anni; fu creato un apposito consorzio che alzò gli argini di 2m sulla campagna. Sull’argine destro c’era un sentiero, largo 20cm che arrivava fino ad un punto dove il Pisciatello si allarga, AL BOTI, bel posto nascosto dalle piante dove noi portavamo le ragazze. ECCO: Cesare percorreva questo sentiero ai 100 all’ora colla moto da cross del padre. Era pericolosissimo perchè da una parte c’era la recinzione dei campi col filo spinato e dall’altra il fiume profondo. Aveva visto Alano farlo per allenarsi per il cross e lui tranquillamente lo faceva 100 volte al giorno.Nel tifo era agnostico però diventava gilerista quando il padre veniva a sapere di tante cose che facevamo e sgridava Cesare in modo quasi violento e però intanto strizzava l’occhio a me perche era buonissimo. Cesare, colla scusa di essere miope, non pensava alla moto ma cantava tutto il giorno e suonava di tutto. E’ diventato un grandissimo cantante, commercialmente era pressochè nullo perchè come il padre ignorava il denaro, non si è saputo gestire, ma continua a cantare a 75 anni e la gente si chiede sempre perchè non è diventato famosissimo. Si vede che questo è nel D.N.A. dei Montanari, sempre calmi, sempre tranquilli,sempre silenziosi e sempre un poco sfigati. D. Enea aveva continuato ad essere superfascista, aveva ereditato da un soldato tedesco in fuga un fucile con molte cartucce che teneva pronto per quando i comunisti si fossero presentati per “venirlo a prendere”. Questo fucile se lo portò dietro a Gaibola di Bologna dove fu esiliato dal vescovo per una faccenda enormemente stupida e crudele dove era evidente la mancanza di qualsiasi colpa da parte sua. Lui che aveva un po’ il carattere del fratello, ubbidì ma io che ho vissuto con lui il primo anno d’Università come ospite sono ancora straziato dalle sue urla nel sonno per la mancanza degli amici e dei suoi vecchi parrocchiani. Alano appena poteva non mancava di recarsi da lui ed essendo una persona di grande umanità gli era di grande conforto assieme alla figlia Mimma, a tutti i suoi parenti e a mio zio. Fra i suoi tifosi Alano aveva un idraulico, un certo Fracul che era protagonista di tutte le storielle che poi venivano raccontate agli altri corridori e a Carcano. Balbuziente, simpatico, pronto allla battuta come nessuno, sempre con la tuta da lavoro unta e bisunta, Fracul era conosciutissimo nel mondo della moto per le battute e i numeri che faceva. Carcano riferisce un po’ male un episodio al quale bisogna fare giustizia. Un giorno Alano percorreva la statale Cesena-Cesenatico in direzione Cesenatico con una delle sue Guzzi e nel sedile dietro aveva Fracul. Dopo pochi km si vede superato da una Gilera, il più grande disonore per lui; si abbassa e dà tutto il gas urlando:”botat zo Fracul!”, Buttati giù Fracul intendendo dire che si doveva abbassare per avere più velocità. Fracul che non capiva la ragione delle urla, restava interdetto e allora Alano più volte ripetè arrabbiato: “botat zo Fracul, botat zo Fracul!” Fracul non capiva il perchè però “per stare dalla parte del sicuro”(?!) come disse poi, arrrivato ad una curva e approfittando di un rallentamento della moto si buttò letteralmente giù dalla moto e, tutto ammaccato ma illeso, al primo che lo soccorse e che gli chiedeva cos’era successo rispose “sut ca sepa, a so arivè ades” (cosa vuoi che sappia, sono arrivato ora!). Intendeva dire che ancora non sapeva cosa era successo veramente perchè l’avrebbe saputo da Montanari più tardi. Il soccorritore che lo conosceva capì dalla battuta che restò famosa che era illeso e allora gli ripetè la domanda e allora Fracul disse “a ne so propi, u ma det ad butem zo” “non lo so proprio, mi ha detto di buttarmi giù” e l’altro pensò che fosse un’altra battuta perchè equivocò anche lui e ripetè ancora la domanda e allora Fracul si arrabbiò: “Aloura tci sourd! me an so miga sourd! um la det dis volti” Alora sei sordo! io non sono sordo; mel’ha detto 10 volte! il soccorritore perplesso ma non convinto si arrese e lo portò in casa e, come era uso nei casi di spavento, gli portò un bicchiere d’acqua e allora Fracul perse proprio la pazienza e da buon bevitore gli fece: “aloura tan si sol sourd ma tci anca scioc! cma vut ca feza ad arfem cun un bicir d’aqua! portum de sanzves a sem in Rumagna!” (allora non sei solo sordo ma anche sciocco; cosa vuoi che mi riprenda con un bicchiere d’acqua! portami del Sangiovese! siamo in Romagna!); si riferiva al detto che si “vedeva” quando uno arrivava in Romagna perchè quando chiedeva da bere gli portavano del vino mentre fuori, al confine della Romagna gli davano dell’acqua. Tutto il discorso era condito dal fatto che, spaventato, era diventato più balbuziente del solito e questo colloquio durò più di una mezzora. Alano che non si accorse della caduta, era tutto impegnato nel suo “dovere”, e quando lavò l’onta, si accorse dell’inopinata assenza di Fracul e ritornò indietro a cercarlo più perplesso che mai e dal gruppo di persone che si era radunato ebbe la notizia che l’amico si era buttato giù dalla moto perchè era stato lui a dirglielo e allora spiegò l’equivoco e fu abbastanza contrariato perchè sostenne con l’amico che doveva capire cosa voleva dire perchè era sicuro che Fracul avesse visto la Gilera e Fracul allora si prese la colpa, fece spallucce e disse “Te rasoun unainta volta a staro piò ataint a la merca di mutur !” (Hai ragione, un’altra volta starò più attento alla marca dei motori!) Fracul come ho detto faceva l’idraulico ed era un gran lavoratore ma quando ritornava a casa Muscoun, subito sospendeva i lavori e faceva “cappella” (vacanza) e a quando uno gli chiedeva un intervento faceva un cenno al fratello che spiegasse lui perchè, essendo balbuziente aveva paura di perdere un secondo di tempo. Appena Alano arrivava nei circuiti tutti i corridori smettevano di fare anche le prove per andargli a chiedere le ultime nuove su Fracul che era ospite fisso del suo sellino, stava attento ai motori però regolarmente bussava sulla spalla di Montanari e gli chiedeva che marca era perchè “uns sa mai” non si sa mai! Fracul era ospite fisso nella Plymouth e “non pagante” perchè tutti si “tassavano” per averlo con noi e Montanari durante la corsa trovava il modo di fargli un cenno di saluto! Quando partì soldato fu un dramma per noi ma anche per lui perchè non capiva gli ordini e li considerava quasi sempre contrari al “suo” buon senso e allora faceva quello che gli pareva. Intendiamoci non è che sbagliava Fracul, ma il sergente o il tenente, per i quali, come militari, la logica era ed è sempre stata una materia estranea alla loro mentalità. Gli dicevano di fare una cosa e gli volevano anche dire come doveva fare; essendo meridionali o bassitaliani lui non capiva e faceva le cose nel “suo” modo migliore. Ritornò a casa due mesi e 22 giorni dopo il dovuto perchè dovette scontare 2 mesi e 22 giorni di punizioni. Riuscì a “imparare” non so come il telefono e un giorno mi telefonò tutto concitato dicendo: “Luvigino cosa vuol dire “TRAINE”? e io naturalmente dissi che non lo sapevo e allora lui taglio corto (per modo di dire): “Domani vengo a casa e ci spieghiamo bene” Mi scervellai tanto ripensando a tutte le cose contrastanti, che era spaventato e che però veniva a casa dal momento che, dopo un anno e mezzo, non aveva avuto mai una licenza. Il giorno dopo naturalmente venne da me, fece le condoglianze a mio padre perchè aveva speso male i suoi soldi per mandarmi a scuola dal momento che non sapevo l’italiano; poi mi spiegò che il comandante del campo aveva ordinato a tutti di lavare PER BENE il carro armato perchè doveva” venire” il generale. Lui per quella strana logica dei militari era passato da idraulico a carrista e una volta tanto i miltari ci presero perchè Fracul aveva fatto anche il trattorista. Dopo aver visto che la morchia di olio e polvere usando il compressore non andava via coll’acqua, se ne andò col suo carro armato a distanza di un km dove c’era il deposito del gasolio. Col compressore che collegò alle botti di nafta da 200 litri, di botti ne consumò quattro o cinque e ritornò al campo tutto felice. Il generale passò in rivista tutti i “carrarmati” ma poi il comandante bassitaliano di nome Calogero chiamò a raccolta tutti e Fracul disse che urlò incazzatissimo per mezz’ora. Lui non capì quasi nulla se non che ogni tanto diceva: TRAINE FRACUL e poi lo chiamò in ufficio gli diede un foglio e lo mandò a casa. Lui pensò che avessero scoperto tutto, che lo mandassero a casa per salutare il babbo e la mamma perchè poi lo avrebbero tenuto tutta la vita “nei” militari o che si fossero stancati di lui e considerandolo matto per non andare nei matti loro si fossero liberati di lui! Fracul sperava su questo perchè un suo amico di Conselice non aveva fatto il militare perchè arò alla notte col trattore la piazza sterrata davanti al municipio, ma per via del comandante incazzatissimo… aveva capito che il nocciolo del problema stava in quel TRAINE. Io guardai il foglio che gli aveva dato il comandante e che aveva ripiegato 10 volte per la paura di trovare cattive nuove. Era una licenza premio di 20 giorni! Aveva confuso TRAINE con TRANNE! Volle vederlo nero su bianco sul “VACCABOLARIO” dizionario e per un po lo chiamammo trainefracul ma poi era troppo lungo e ritornammo a Fracul.

TERZA PARTE

Montanari intanto continuava a fare il suo prezioso lavoro durissimo perchè passare davanti al principale avversario del suo capitano e rallentare poi e fare questo gioco 100 volte ogni corsa è da campioni e lui lo era. Capimmo più tardi che Carlo Guzzi aveva visto giusto anche come stratega ma fare delle staccatone per passare davanti a un campionissimo è naturalmente da campionissimi ma era rischioso; naturalmente pensava che solo Alano lo poteva fare. Montanari pensava che era l’unico rimasto, data l’età, dei PIONIERI, modesto com’era non aveva ambizioni perchè correre con la Guzzi era il massimo per lui, alla sua età e come tutti i pionieri aveva uno straordinaio coraggio e una spericolatezza estrema. Nel 1953 già aveva uno stipendio uguale a Lorenzetti e a tutti gli altri, perchè naturalmente non aveva i premi per la vittoria; se qualcuno che aveva vinto soprattutto per merito suo ci provava a fare a mezzo aveva sempre rifiuti, sempre una volta tanto sdegnati. Ha corso nel 1956 anche con la Ducati 100 cc, che partecipava alle gare della 125, straordinario gioiello, opera di Taglioni che era di Lugo di Romagna; ma non era la Guzzi, trovò il feeling (mica era Melandri) ma ritornò a piena disposizione della Guzzi. A 48 anni “ufficiale” in due case! Allora per molto tempo e fino quasi al 1980 si correva in più classi, le gare erano molto più lunghe e le moto erano molto meno maneggevoli delle attuali. Si scendeva da una moto e si saliva su un’altra. Ricordo la corsa di Alano un poco claudicante per andare dal box Ducati al box Guzzi perchè le gare si susseguivano una dietro l’altra e se si aspettava un poco tutto il circuito era un unico fischio. Il massimo delle corse fatte in un giorno è stato stabilito a carriera praticamente finita da Hailwood (in romagna olivud) a Pesaro dove dalla mattina alla sera corse le quattro gare 125, 250, 350 e 500 vincendone tre e arrivando secondo nella 125! Nella 350 e nella 500 con la Benelli battè Agostini e quindi non era una gara di comprimari, anche se da grande tifoso di Agostini il fatto di correre a Pesaro dove la Benelli era di casa e aveva organizzato la corsa, per me puzzava un poco! Il meccanico di Fosso Ghiaia RA, che era stato il Fracul di Agostini che a sua volta, per farsi capire da lui, dovette imparare il Romagnolo altrimenti non si sarebbero compresi se non a gesti, disse che Ago non si era certo dannato l’anima. Nel 53 ci accorgemmo che qualcosa era cambiato in Montanari; a 45 anni aveva assorbito il modo nuovo di correre, aveva acquisito forse senza rendersene conto una tecnica sopraffina; così poteva far meglio il suo lavoro senza la straordinaria ma pericolosa spericolatezza. Reinventarsi a 45 anni non è straordinario? Eravamo tutti speranzosi che qualcuno dei big della Guzzi avesse una influenza e auguravamo anche una caduta di qualcuno, noi gileristi anche con conseguenze gravi e i guzzisti invece colla rottura di un ossicino piccolo piccolo ma Montanari che aveva già avuto tanti parametri di sfiga, fino al 1957 non ebbe neanche quella fortuna anche perchè alla Guzzi facevano il turnover 10 campioni anche se nessuno era in grado di fare il lavoro di Alano che per tutta la gara faceva una Laguna Seca del 2008. Nel 1956 Carcano, che aveva creato il più grande capolavoro della storia, la 8 cilindri Guzzi era ancora perplesso, perchè la potenza del mezzo non era pari alla sua affidabilità; i materiali non erano ancora all’altezza e cosi anche i telai di allora. Provava e riprovava con Alano e si stava convincendo che il suo progetto era troppo avveniristico, riprovò ancora a diminuirne la potenza e la macchina che aveva corso anche nel 1955 con risultati deludenti per l’affidabilità, trovò un discreto equilibrio. Naturalmente Carcano non era contento perchè giustamente prevedeva che con materiali migliori, anche per il telaio, si potesse elevare la potenza della 8 cilindri in modo impensabile. Di questo non abbiamo la riprova, però mi fido ciecamente del genio di Carcano tanto più che dal 57 al 2008 concettualmente non è stato creato nulla di nuovo anche se sono migliorati tantissimo i materiali e la componentistica ha fatto enormi passi come aveva previsto il Mago. Nel 1956 a Imola Ken Kavanagh colle ultimissime innovazioni mise in riga tutti ma in modo straordinario e si ritirò perchè vide il manometro dell’acqua salire molto e pur continuando a correre e sempre in testa con cenni o urlando a Carcano “Water High”, fece sì che fu fatto fermare. Questo dice molto sulla ancora poca fiducia di Carcano nella macchina. Giustamente Canavaz (strofinaccio) fu fatto fermare perchè la cosa poteva essere pericolosa, ma si scoprì in fabbrica che quello che non andava era il manometro! Noi gileristi non ci credemmo anche dopo il giuramento di Alano (una sola volta e poi lasciò perdere) e all’inizio del 1957 eravamo pronti alla battaglia convinti che stavolta Carcano ” l’avesse fatta fuori ” cioè avesse fatto un bidone. All’inizio della stagione 1957 eravamo pronti alla battaglia e la settimana prima di Siracusa (apertura della stagione e prima gara del campionato italiano) preparammo un grande cartello da affiggere al bar. Scrissi” ELLA FU! SICCOME MERDA/ DATO IL MORTAL SOSPIRO/ STETTE LA 8 IMMOBILE/DOPO AVER PRESO IL GIRO… parafrasando il Manzoni. Il tutto in gran segreto perchè anche i forti devono avere la giusta prudenza. Ma al sabato sera nelle veementi discussioni a qualcuno scappò detto qualcosa, qualcuno furtivamente si introdusse in casa mia sempre aperta giorno e notte. Alla domenica eravamo a casa perchè Siracusa è in BASSAITALIA e la corsa che si svolgeva a Rimini delle 175 non era importante anche se la Plymouth fece egregiamente il suo lavoro anche in quella circostanza. Al pomeriggio alla radio calcio e ciclismo, ciclismo e calcio non riuscimmo a sapere niente. Andai anche nel circolo dei Comunisti dove mi era vietato l’ingresso come nipote del “prete”, ma il “prete” vi andava a giocare a carte e rubava spudoratamente e guardai da fuori per vedere la televisione. Niente di niente. Bisogna dire che la televisione in paese l’avevano solo i Comunisti notoriamente poveri e questo per la comprensione e il circolo era il covo dei guzzisti e ancora per la comprensione del divieto al nipote mentre mio zio per la prudenza che la chiesa deve avere nel dirimere le cose più importanti era solo tifoso di Alano! Alle sei a circoli deserti perchè a quell’ora si mangiava, andai col papiro arrotolato nell’altro circolo dei repubblicani, dove in una stanzetta si riunivano i gileristi per decidere in segreto le punizioni corporali da dare ai guzzisti. Quel circolo era abbastanza agnostico perchè era “bipartisan” e prima o poi capitavano anche i guzzisti dell’altro circolo, anche i guzzisti di fede marxista perchè la barista era chiamata “patacca di ferro”, bella da morire e si sa che questo fa sparire anche le divisioni politiche. Lasciai il papiro arrotolato sotto il banco della patacca di ferro perchè c’era solo la barista, ci provai con lei per l’ennesima volta e per l’ennesima volta andò buca e andai a mangiare. Ritornai nel circolo subito perchè “dai” comunisti, naturalmente… “attaccati” alla chiesa, non veniva nessun suono e quindi era buon segno. E’ vero che quando vi passai davanti il silenzio era troppo ma non capii e andai “dai” repubblicani e entrai in fretta per fare il mio lavoro di attacchino. PRIMO mi arrivò in faccia il papiro arrotolato e straordinariamente pesante perchè pieno di sterco SECONDO pacche dappertutto TERZO pernacchie e insulti vari di prete falso da parte dei guzzisti comunisti, gli altri si limitavano ai soliti insulti normali perchè i repubblicani erano al governo con la DC. I due capi del guzzismo, persone altolocate perchè uno era il farmacista e l’altro il ragioniere del comune, non si potevano abbassare a livello della plebe mi guardarono con sorrisi sardonici: mio padre, appena arrivato da Rimini, si limitò a dire “i mi boch a mandet ai studi” i miei soldi per mandarti a studiare! facendomi così capire di essere guzzista mentre di solito diceva di essere agnostico; forse perchè nella Plymouth entravano tutti e durante i viaggi l’auto traballava dalle botte che si davano e traballava poi anche la piccola gradinata in legno autocostruita e automontata da un falegname di fede gilerista. Solo il fratello di Fracul non si accorgeva che ballava perchè dopo un’ora era ubriaco fradicio ed era andato a dormire sotto il trabiccolo. Quando era finita la corsa e il falegname gilerista aveva smontato la gradinata da solo perchè aveva paura che gli altri gli rovinassero il capolavoro, Fracul lo andava a svegliare perchè era ora di partenza; invariabilmente il fratello gli chiedeva se era l’ora della partenza delle moto! Ritornando a Siracusa era successo che la 8 cilindri aveva vinto dominando e i guzzisti l’avevano saputo via telefono. La guidava Giuseppe Colnago, un bravo corridore ma modesto e riservato e allora gli veniva data normalmente la moto peggiore. Intanto si venivano delineando le nuove prospettive. Bill Lomas (LOMAN l’uomo) che aveva vinto nella 350 nel 55 e 56 fu destinato allo sviluppo della 8 cilindri che avrebbe potuto ribaltare la supremazia Gilera in quella classe, si apriva un buco nella 350 che poteva essere buono per Alano. Nel frattempo seguendo finalmente i consigli dell’amico Lorenzetti che da una vita faceva così, Alano a 49 anni (!) si mise in parte in proprio acquistando la sua Guzzi 350 con una forma di contratto speciale che prevedeva il supporto tecnico della casa. Nel campionato italiano delle 350 fu ripagato con la vittoria abbastanza netta su Liberati che intanto aveva avuto carta bianca dalla Gilera nelle classi 350 e 500 nel mondiale e nel campionato italiano. Fu un anno trionfale per Liberati che si aggiudicò il mondiale della 500 classe regina. Alano nel mondiale non poteva sobbarcarsi l’onere organizzativo per correre colla sua macchina e restava a disposizione della Guzzi e quindi non era cambiato niente. RIPOSO, RIENTRA FRACUL. Nell’ultima gara de campionato italiano Montanari colla sua 350 mono (come diceva il ragioniere) battè ancora nettamente Liberati colla 4 cilindri Gilera. Io guardavo la televisione dai comunisti perchè la F.G.C.I. del paese aveva fatto una mezza rivoluzione e gli anziani soccombettero e quindi zio e nipote fecero il primo compromesso storico d’Italia! All’arrivo della corsa sento una pacca nella schiena e chi poteva essere se non Fracul? Te vest che Muscoun lè mei cne Pateta (Hai visto che Montanari è migliore di Liberati “Patata” per la forma del naso)? Io già lo sapevo ma essendo Gilerista non lo potevo dire e ribattei: “Si ma Patata è campione del mondo… ” E allora Fracul: “Perchè Patata cos’è? non è forse italiano? E allora se Alano è il migliore degli italiani, sarà più migliore di Patata!” E allora io tagliai corto dicendo che io e Giorgio avevamo avuto l’idea di fare una grande festa in onore di Montanari e che sarebbe venuta un casino di gente importante. Fracul ci pensò un po’ e poi chiese: “Dove fate questa festa?” Io pronto: “nel cinema dei Repubblicani” che già aveva avuto l’onore di organizzare grandi veglioni come Notte a Venezia e Notturno Hawaiano! E allora Fracul ” Vengo anch’io!” e un “compagno” dell’alta aristocrazia: “Verranno persone importanti e tu con la tuta sporca che ti fa la notte da pigiama…. valà non sai che ci vuole il frac?” e Fracul pronto: “Io mi chiamo Fracul, mi levo il cul e resto in frac!” Finito l’intervallo fraculesco. Noi speravamo che Alano avesse carta bianca nel mondiale 350, ma Carlo Guzzi preferì ingaggiare Keith Campbell al suo posto. Questo australiano giovane, bravo e molto aggressivo, correva indifferentemente con le auto e le moto ed era affidabile; in romagna fu sicuramente il corridore più odiato dai guzzisti e segretamente dai gileristi che però si mostravano apparentemente indifferenti. Fu il primo fra gli australiani a vincere un mondiale e finalmente i malauguri contro di lui ebbero effetto almeno per una volta perchè in vista della prova mondiale di Monza si fratturò, penso in modo non grave perchè l’unica gara che saltò fu quella. Ma Montanari si era fratturato anche lui 15 giorni prima ad una gamba ed era ingessato. Fracul che vedeva Alano espatriato a Sesto San Giovanni solo ogni tanto, fece “cappella” per piangere calde lacrime imprecando all’ennesima sfortuna assieme al fratello Luis che se non capiva il motivo di questa “piangeria” era perchè era sempre ubriaco, non per questo però lesinava il suo appoggio morale al fratello. Ma… RULLO DI TAMBURI… MONTANARI DOPO 10 GIORNI naturalmente con il suo punteruolo si era tolto il gesso, era andato da Carlo Guzzi a dargli la sua disponibilità facendo finta di stare bene ma la gamba gli faceva male e non poco; tra l’altro Alano era quasi sempre stato claudicante perchè si fratturava la gamba, si tirava via il gesso, la gamba non era guarita e si rifratturava con niente e poi ricominciava di nuovo il ciclo. Guzzi probabilmente non era convinto ma se il più fedele dei suoi scudieri gli assicurava l’appoggio allora poteva stare sicuro! Quando si seppe in paese si radunarono gruppi bipartisan tutti accomunati dalla gioia e i guzzisti accolsero fra loro anche Miglin che aveva tradito la causa qualche anno prima; stanco di pagare casse di birra perse in scommesse tutte le domeniche sera, passò alla Gilera e ufficializzò il suo passaggio, in piedi sopra un tavolo del bar con un discorso che restò celebre. Cominciava: “Popolo di Macerone e paesi limitrofi Gattolino, Capannaguzzo, Ponte del Cucco fino ai confini estremi della repubblica della Romagna, (Pausa di 10 interminabili secondi) ho pazientato abbastanza! Ora basta! Comunico uffucialmente… ecc. ecc.” discorso che avevo scritto io e dovevo stare vicino al tavolo a fargli da suggeritore perchè non riusci a impararlo a memoria. Ma Miglin restò fedele ad Alano che assistette divertito alla sua “conversione”. Mio zio prete stava dicendo la messa e allora gli fu bisbigliato in un orecchio dal ragioniere; per avvertirlo entrò in chiesa la prima volta dopo il giorno del matrimonio, era il momento della comunione, si mise in fila e quando” toccò” a lui gli diede la notizia e poi rifiutò l’ostia benedetta salvando così il suo onore di anticlericale. Fu organizzato il viaggio, lo si preparò con cura, davanti nella Plymouth con mio babbo Fracul (non pagante) suo fratello (non pagante ma che doveva portare il vino per tutti) e il Gig siccome era piccolo accanto a Luis e andava bene perchè erano parenti dal momento che Luis e la moglie del Gig ecc… ma Pilusain, soprannome di mio padre, li guardò tranquillo impegnati nella loro logistica e poi alla fine disse che era impegnato sabato e domenica con matrimoni. Allora Giorgio ad Prazain, già citato studente di ingegneria che era diventato il mio amico del cuore dopo la partenza di Cesare a Sesto San Giovanni, mi propose di andare in treno ed avemmo il netto rifiuto dei genitori perchè era il momento degli esami e “dovevamo” studiare. Io naturalmente ero interessato alle moto, Giorgio era poco interessato alle moto ma molto molto alla figlia di Muscoun e attraverso una telefonata a lei andammo ospiti da Montanari a Sesto. Pur perpetrando un furto nelle cassette delle elemosine in chiesa, non riuscii a trovare quasi niente forse perchè prima era passato mio fratello. VI SPIEGO: Mio zio prete come tutti i piloti pionieri anche potenziali disprezzava il denaro, anche quando diventò monsignore presidente della Curia, non ebbe in dote nessun podere. Chi doveva assegnare i poderi ai parroci? Il presidente della curia! Ma lui, per non far dire alla gente che si approfittava dell’incarico, non se ne assegnò neanche uno! Più tardi sì, uno solo in montagna che non lo voleva nessuno e però lo diede in gestione al Consiglio parrocchiale che con i proventi restaurò il teatro e costruì il bar parrocchiale. Allora lo zio che si faceva pagare le messe poco, aveva solo un piccolo stipendio chiamata Congrua che era una miseria e era di fatto quindi non congrua; perciò non ne avrebbe avuto abbastanza per sé e per il mantenimento della chiesa e quindi quando tornava a casa mio babbo colla Plymouth “incamerava”. Mio padre era andato sposo molto giovane alla sorella del prete nubile anzianotta sperando nel detto che in casa del prete c’è sempre il pane; così quando la Plymouth non andava imprecava anche per la doppia fregatura ed essendo molto giovane era praticamente il quinto fratello; anche lui, se “perdeva” la messa restava senza cena anche se aveva un’urgenza e con l’ambulanza Plymouth doveva portare la gente sempre a Bologna e sempre per il detto che per affogarsi ci vuole dell’acqua! Quando mio padre protestava timidamente mio zio diceva che per stare dalla parte del sicuro c’era sempre la messa delle 6 e mio padre doveva abbozzare perchè spesso tornava tardi il sabato sera quando la Plymouth benedetta da Dio era prenotata in segreto per andare in te casain, nel casino a Forlì e allora mio padre dichiarava al fisco pretesco di essere andato a Cesena così lucrava extra perchè Forlì era molto più distante. Poi i professori della clinica universitaria qualcosa gli davano e anche il dott. Bisulli padrone della clinica S. Lorenzino “contribuiva agli extra” perchè mio padre aveva a disposizione un vasto bacino di possibili pazienti e lui “conosceva bene tutti i dottori” e quindi la gente si fidava di lui per cui faceva un doppiolavoro. Mio zio pensava che anche gli altri disprezzassero il denaro e allora era superipertirchiissimo e anzi non si mangiava neanche perchè “ne uccide più la gola che la spada” e mio fratello che non accettava il fatto e forse preferiva morire di spada ma a pancia piena andava a bestemmiare nel gabinetto e salvava la sua buona “lomina” reputazione da tenere cara per quando ci si arrangiava andando in chiesa a perpetrare qualche furto sacrilego. Io avevo scoperto il segreto di mio zio che fermava le cassette dell’elemosina con una vite da sotto non visibile ma si sa che la fame agguzza l’ingegno e della scoperta ne feci partecipe il fratello più giovane, bello come un angelo e all’apparenza buono come un angelo. Come sempre la generosità non paga e forse mio fratello aveva più fame di me e aveva il vantaggio della buona lomina e allora i miei furti erano modesti, saggiamente modesti per via della bacchetta di canna d’india, mentre mio fratello razziava tutto. Allora mio zio quando tornava dalla chiesa a mani vuote calmo col sigaro in bocca senza parlare mi infliggeva la giusta punizione che era maggiore di quella del sottoscala. Io non protestavo ma non ritenevo giusta la punizione 1) perchè mio fratello con i proventi mangiava 5 paste al bar e io due 2) io ero stato picchiato per colpa sua 3) perchè le 5 paste necessarie capisco per la sua soprvvivenza erano merito mio. In silenzio quindi pure io “incantonavo” mettevo in un angolo l’angioletto e pugni nei fianchi fino a stancarmi. Mio fratello in silenzio prendeva la sua razione e si sentiva solo la voce di mia madre calma perchè era nel rito sacro della sfoglia che diceva: “parchè de tot chi casel a che burdel?” perche dai tutti quei pugni a quel bambino? e non ricevendo risposta continuava nel suo dovere forse comprendendo che si trattava di una regolazione di conti fra uomini. Penso che sarò perdonato anche perchè avevo con le mie orecchie sentito mio zio infervorato dire che i poveri hanno anche il diritto di rubare; se non era vero e se Dio non farà i conti giusti lo farò presente. Mio fratello, morto l’anno scorso, più colpevole, sarà in Purgatorio per un po’ e questo mi sembra giusto! Mio zio se avrà fatto il purgatorio per la bugia riguardante i poveri, gli sta bene anche a lui! Tutta questa storia per spiegare al colto e all’inclito perchè Giorgio e io, presi dal sacro fuoco di due amori diversi ma entrambi grandi facemmo tutto il viaggio nella toilette del treno e la Mimma preventivamente avvertita venne a pagare il taxi che prendemmo alla Stazione. Così la sera prima del giorno fatidico ebbi la conferma che l’amico del cuore era amato! Giorgio era riservato e aveva taciuto mentre io che ero scarsissimo nello sport della femmina, quando riuscivo a baciare con la lingua una ragazza, la facevo aspettare un poco con una scusa e correvo nel bar a raccontarlo e l’amico del cuore dell’interregno fra Cesare e Giogio mi faceva tutto serio e annuendo colla testa: “Te dla doga” Hai della classe! Quando entrammo in casa Alano e Cesare mangiavano, Alano ci fece un cenno di saluto e un sorriso e con la mano ci pregò di sedere, Cesare ci diede un’occhiata distratta perchè naturalmente della grande fratellanza che ci unì e che doveva essere cementata dalla comunione delle bacchettate non ci era rimasto niente. E pensare che, quando decisi di andare in Seminario, Cesare che era stato in chiesa solo al battesimo e la notte di Natale per aiutarmi col mantice delll’organo, subito decise di venire anche lui con me e ci pensò il Ghilin a metterlo sulla giusta strada “perchè non voleva morire 10 anni prima da e guai dal dolore”; già che c’era stata quella storia del fratello “prete”… La Mimma come tutte le donne prima del matrimonio non mangiò e di solito non è l’amore che le porta a questo ma l’istinto atavico ereditato dalle madri e dalle nonne dal momento che una volta il fidanzato povero quando vedeva la morosa mangiare molto ci pensava su due volte a sposarla; una volta tutti erano poveri e per giunta… non avevano neanche i soldi! Poi dopo sposate, le donne sì che mangiavano! Noi andammo a letto subito stanchissimi e nauseabondi dall’odore della toilette del treno e più tardi la Mimma ci portò da mangiare in camera e da un piccolo gesto affettuoso ebbi un’ulteriore conferma dell’idillio. Giorgio dormì beato perchè per lui si avverava un sogno e anch’io beato, presago del grande giorno che sarebbe venuto!

QUARTA PARTE: IL GRANDE GIORNO

La domenica mattina 10 settembre 1957 ci alzammo tutti presto. Cesare era andato via con il motore e un suo amico che speravo fosse bravo come il precedente amico; Giorgio e la Mimma forse vennero alla corse da soli col bus o forse rimasero a casa. Questo proprio non lo ricordo, non vorrei maliziare e il mio dubbio non è mai stato sciolto dall’interessata e lo riferisco perchè se rimasero a casa da soli il tutto poi non ebbe importanza perchè più tardi convolarono a giuste nozze. Io e Alano andammo al circuito in silenzio forse perchè io ero gilerista o forse perchè era normale per lui. Lo guardavo e lo vedevo “carico” per il fatto che al sabato aveva stracciato tutti nelle prove ma però non potevo manifestare apertamente la mia gioia per via della mia ” fede”. Mi fece avere il biglietto omaggio per il “prato” e andai come al solito alla curva di Lesmo vicina a quella del Porfido che come tutti sanno immette sul rettilineo del traguardo. Lì vi trovai il farmacista coi due figli piccoli e il Ragioniere assieme ad una combriccola di bolognesi fra i quali c’era Gigi il meccanico di Alano quando correva da “isolato” e che era veramente un genio e un corridore di nome Patrignani che diceva sempre dell’emozione che aveva avuto “nello stringere la mano al grande Montanari” l’anno prima al Giro d’Italia motoclistico, vinto da Muscoun colla Ducati. Riferisco questo fatto perchè significa la grande stima di tutti i piloti per un corridore che aveva vinto pochissimo, molto meno di quello che meritava, ma era già un mito. Il ragioniere gran bugiardo e gran mangiatore era con suo parente di Milano e durante la 125, l’intervallo e la 250 aveva “fatto fuori” 19 delle 20 “rosette” con prosciutto che avevano con loro e aveva lasciato “per compassione” la ventesima al suo parente. In compenso nell’intervallo, sdraiato sull’erba, a bocca aperta, fu ulteriormente rimpinzato dai due figli del farmacista con chili d’uva comprata in loco. Poi arrivò il grande momento aspettato per anni. Con la Guzzi c’era anche il buon Colnago, con le Gilera c’era Liberati già in testa al mondiale delle 500 e Mc Intyre con le 4 cilindri, Surtees con la M.V. colla quale vinse poi diversi campionati del mondo e poi uno stuolo di altri “privati”. In tutto partirono in 22… in verità solo 21. Si partiva a spinta e Alano per il dolore alla gamba riuscì a mettere in moto il motore dopo 12 secondi. Quasi alla fine del primo giro passò davanti a tutti Mc Intyre (macintre) che aveva sostituito Duke nella 350 e tutti gli altri e alla fine staccatissimo Montanari. Noi eravamo tutti costernati, senza parola eccetto il farmacista anche lui verde in faccia ma proferiva: “questa è la volta che si ammazza, io lo conosco…” Noi lo vedemmo incarognito perchè fece la curva come un pazzo e io di corsa feci quei dieci metri necessari per vederlo nel Porfido. Così tutta la gara, lui andava sempre più veloce ma anch’io di corsa facevo quei 10 m.sempre più veloce. La curva di Lesmo è bellissima, adatta a chi vuol sorpassare e lo vedemmo stracciare prima tutti i privati e poi pian piano Colnago, poi Surtees e Liberati in quella curva. Davanti c’era Mc Intyre protetto da Liberati che non potè fare niente. Pian piano il distacco diminuiva 5 secondi, il giro dopo 4 secondi fino a quando a poco più di un giro dalla fine si accodò a Mc Intyre e fra Lesmo e il Porfido lo vidi rialzarsi perchè aveva rotto il cambiò! Come mi avessero ammazzato un genitore! Penso che mio zio mi avrà perdonato per tutte le bestemmie che dissi nel ritornare dagli amici; infatti quando raccontarono a lui il fatto non fece una piega e penso che non abbia dormito un mese per il dolore “più grande della sua vita”. Mia madre tutte le mattine tornava dalla sua stanza e mi parlava del nugolo di mozziconi di di sigari che vi aveva trovato. Noi corremmo di corsa al traguardo e vedemmo Mc Intyre svenire sul podio per la tensione perchè le segnalazioni gli davano Alano avvicinarsi sempre più e poi lo volle come covincitore sul podio, con lui che si scherniva. Io non ho più visto una corsa come quella dal 1957 fino al 2008! Dopo 20 anni il mitico cronista dello Stadio, De Deo Ceccarelli, a un lettore che gli chiedeva quale gara, secondo lui, era stata la più bella e la più emozionante del 900 rispose:” Senza dubbio la 350 a Monza il 10 settembre del 1957″ e la risposta fu più lunga di un articolo! Tutto il tripudio della fine corsa fu tanto grande che la gara delle 500 partì con 15 minuti di ritardo e noi ci rinfrancammo e io ripresi un poco il self control da… gilerista. Col farmacista ritornai a casa di Alano, a Sesto S. Giovanni commentando col ragioniere e dicendo che Carlo Guzzi avrebbe sicuramente capito per il futuro cosa era giusto che facesse. Il ragioniere mi disse che non l’aveva capito dopo la gara di campionato italiano di Ravenna dove Liberati era in testa perchè la 4 cilindri Gilera, messa finalmente a punto, era velocissima. Caddero poche gocce d’acqua e Alano in pochi giri recuperò lo svantaggio e vinse. Corse quella volta anche anche nelle 500 colla 8 cilindri e in testa volle spingere forte e cadde in una curva. Il farmacista non parlò perchè era ancora affranto, ma arrivato a casa fu consolato da Montanari che considerava “normale” la sua corsa. Poi invitò tutti a mangiare e il ragioniere disse una battuta, all’invito, che fu celebre: “l’è mei chet compra un caputin a Cesarino” “E’ meglio che tu compri un cappottino a Cesare!”. Poi restarono e il ragioniere non mangiò molto dopo i 19 panini e l’uva della giornata. Giorgio e la Mimma gli chiesero, conoscendolo, se stava poco bene e lui, schermendosi: “A voi che a mondo ui aresta un po ad baioc pre caputin ad Cesarino” “Voglio che ad Edmondo gli restino un poco di soldi per il cappottino di Cesare”. Montanari, sapendo della mia fede gilerista, mi chiese se secondo me, se non avesse rotto il cambio, avrebbe vinto e io risposi subito: “si al 100%” e contento azzardò: Ti e dispiaciuto che io abbia rotto?” e io ” Si, tanto” ma poi ricordando i sorrisi sardonici del ragioniere e del farmacista nell'”affaire” papiro aggiunsi: viva sempre e comunque Gilera! Lui ci rimase male ma poi giunti al rito del caffè me lo portò lui con un sorriso facendomi capire che mi aveva perdonato, perchè lui era così. Agli altri lo portò la Mimma con una furtiva carezza a Giorgio sempre e comunque smentita dall’interessata. Il campionato mondiale lo vinse Campbell con tre vittorie e il resto della stagione fu apppannaggio della 4 cilindri Gilera eccetto che… a Monza dove vinse ma fu dominata da un quarantanovenne rabberciato da 40 fratture! Il ragioniere in piedi appoggiato al banco del bar col bicchiere di Sangiovese in mano ha descritto per un mese la corsa una volta dicendo che era in una curva e il giorno dopo era stato in un’altra curva con delle invenzioni mirabolanti, ma dovevamo ascoltarlo seri perchè se si accorgeva che sghignazzavamo, erano guai. Una volta raccontò che in Africa (dove non era mai stato) il suo tenente si lanciò fuori dalla trincea urlando “All’attacco” e prese una velocità tale che una granata gli staccò di netto la testa e lui colla spinta che aveva percorse altri cento metri. Fracul allora tutto serio gli disse:” si vede che si accorse solo allora che non aveva più la testa, sennò (altrimenti) se non se ne accorgeva, avrebbe fatto in tempo a ammazzare una divisione di inglesi” L’altro infervorato: “me l’hai tolto dalla bocca!”; tutti eravamo corsi fuori a ridere. Ma quando parlava di una mangiata pantagruelica che aveva fatto, dopo Monza, io gli ho sempre creduto. Alla fine di settembre noi gileristi avevamo chiuso i battenti, parecchi di noi avevamo fatto il passaggio alla Guzzi che comunque aveva perso le caratteristiche di marca; Guzzi voleva dire Montanari e quindi avevamo scelto il binomio non inscindibile. C’era però sempre l’ammirazione per Liberati e la 4 cilindri Gilera con la loro supremazia netta nella 500. Rimase praticamente uno solo ad essere gilerista Ligio ad Bigiain ex mio fidato scudiero, già da qualche mese diffidato da tutti noi perchè ebbe una storia poco bella con Alano. Quando Alano tornò dalla corsa vinta a Ravenna nel bar chiese a Eligio: “Sarai pur contento che ha vinto un tuo compaesano!” La risposta ci fece inorridire: “No, io voglio che vinca sempre la Gilera anche quando ci sei tu!” Alano, da quella persona semplice che era ci rimase male ma poi dopo 5 minuti, parlandogli, gli sorrise come prima. LUI ERA COSI’.

QUINTA PARTE: LA FINE

I nostri sogni, segreti per i gileristi e manifesti per i guzzisti, si stavano avverando. Campbell aveva il contratto di un anno e non faceva più paura. Ma la sfiga che ci vede benissimo continuò a fare egregiamente il suo lavoro. Infatti le case italiane si ritirarono improvvisamente dal mondiale e in un comunicato congiunto della fine del 1957, Gilera, Guzzi e Mondial scrissero che era inutile continuare a correre perchè tutto era stato inventato e confermato nella moto. Avevano ragione in parte perchè concettualmente è verissimo dal momento che la 8 cilindri Guzzi è stato sì il monumento ad un mondo che stava per morire, ma è andato oltre perchè come idea non è stata più superata. Da allora solo la componentistica cioè la parte che riguarda tutti i componenti della moto ha fatto passi da gigante come i materiali che ora arrivano anche a sfruttare le innovazioni aerospaziali, ma le moto concettualmente sono sempre le stesse. I giapponesi si sono subito appropriati delle ultime innovazioni della Gilera e hanno sviluppato quel progetto. Restò a correre delle marche italiane la sola M.V., che a sua volta aveva copiato la Gilera, assieme alla Ducati e alla Benelli, le ultime due non con una presenza costante. La verità che non viene mai detta nei comunicati ufficiali è che i costi erano diventati troppo gravosi e ancora non c’erano gli sponsor a dare una grossissima mano ai costruttori. I maghi della pubblicità si sono accorti poi che una scritta sui pantaloni di un pilota è più “visibile” di una pagina di un quotidiano che “vive” un giorno solo e non viene neanche guardata. Ora la pubblicità resta in eterno nelle foto che teniamo in casa dei nostri campioni preferiti. Bisogna dire che il motociclismo italiano in gran parte morì ma da vincitore mentre gli inglesi erano morti sul campo sconfitti dalla nostra supremazia. Carcano non si ritirò e fece in tempo a creare moto per la Polizia e l’Esercito, non volle andare alla M.V. e la sua incompiuta 8 cilindri è rimasta nei musei e ogni tanto viene tirata fuori nei motoraduni dove stupisce ancora. Stupisce di più ancora che nessuno abbia provato a portare avanti quel progetto; in fondo l’uomo non è poi quella creatura intelligente che crede di essere. Carcano si ritirò all’età canonica, aveva dimenticato le corse ma continuò a lavorare fino alla morte, a 95 anni, nel 2005. Nel suo cassetto è rimasto un progetto di una moto che con le ultime innovazioni del diesel avrebbe permesso alla polizia di girare un mese con un pieno di gasolio! Alano contnuò a correre colla sua vecchia 350 che continuava ad andare per la bravura di Gigi, vinse a 50 anni diverse corse fra le quali la famosa Coppa d’ Oro Shell a Imola sotto la pioggia battente. QUI FRACUL FECE IL NUMERO PIU’ GRANDE. Sapemmo che aveva deciso di passare allo stato di schiavitù sposando la Paciavina. Io mi misi in ginocchio davanti a lui dicendo in italiano, perchè il momento era solenne, che per noi era la fine della nostra giovinezza. Lui sorridendo ci tranquillizzò e fece le prenotazioni per la Plymouth per sé per suo fratello e per la Paciavina. Alla mattina si sposò alla “famosa” messa delle 6, ma un rinfreschino e poi andare al cimitero com’era di norma, partimmo un po’ tardi per il viaggio di nozze a Imola “per” le corse. Allora io spinsi al massimo la Plymouth colla Paciavina che mi urlava: “Sa sit Nuvolari?” Cosa sei Nuvolari? col risultato che essendo le strade ancora molto dissestate i 10 bottiglioni di vino si ruppero. Disastro colla Paciavina ancora con i capelli dritti per la paura e Luis ad Fracul a piangere per il vino! Allora lo sposo prese gli ombrelli e portò la Paciavina a fare un giro e non si vide più fino a sera. All’ora di partenza arrivarono in stato pietoso perchè avevano fatto nei campi sotto l’acqua 4 volte il giro del circuito! Durante il ritorno Fracul spiegò che aveva sempre sentito le mogli degli altri lamentarsi perchè i mariti andavano “via” senza loro; siccome voleva essere un buon marito aveva cominciato a fare il contrario degli altri fin dal giorno del matrimonio. Poi aggiuse: Domenica dove si va? Tre posti prenotati per me, Luis e la Paciavina! Lei urlava “No no no!” Lui insisteva ancora e lei per tutto il viaggio a dire “NO! NO! Faccio il Divorzio!” FRACUL ERA COSI’ Avemmo una bella prima prima parte dell’anno, ritornavamo vittoriosi e così dimenticammo il dispiacere che ci era stato causato dal ritiro delle 3 grandi case. L’unica cosa che era cambiata per Alano era il suo numero di corsa che prima era il 71 e poi divenne il 41. Aveva voluto sempre il 71 perchè è il contrario del 17, numero che lui odiava essendo superstizioso. Alla fine di luglio ebbe un incidente con l’auto e “cappottò” sotto l’acqua per non investire un’autoambulanza nella quale fu caricato e portato all’ospedale dove gli fecero un busto di gesso perchè si era rotto delle costole. Naturalmente dopo qualche giorno col punteruolo si tolse il gesso per correre e cadde facendosi male ad una spalla strisciando sull’asfalto ma lui come al solito non ci fece caso. Per giunta da tempo si era infettato un grosso foruncolo, probabilmente una fistola, che gli dava fastidio ma non se ne curò. La sera del 6 Agosto fece una mangiata di pesce con gli amici e ritornò a casa che non stava bene e subito gli venne una febbre altissima, con dolori lancinanti per tutto il corpo e fu portato all’ospedale Bufalini di Cesena, dove, ennesima enorme sfortuna, l’assistenza medica era molto insufficiente per via del Ferragosto. Non si è mai capito quale causa ha scatenato l’evento, forse le costole rotte che avevano leso qualcosa, poi la caduta che aveva acuito la lesione interna, forse il pesce avariato, forse l’infezione del foruncolo che provocò setticemia ma probabilmente tutto fu concausa ed anche l’incuria all’ospedale. Il 17 sera stava molto male ma continuava a far coraggio agli altri dicendo: Se arrivo a mezzanotte non ho più la maledizione del 17 e me la cavo. Invece morì alle 11.30 del 17 Agosto 1958. I due grandi pionieri del motociclismo sono morti così, Tenni forse perchè quel giorno non era presente Carcano, Montanari per una serie di maledette circostanze dopo che per tutta la vita, anche per colpa sua, non ebbe quel riscontro che la sua enorme bravura avrebbe potuto avere. Mio padre morì poco dopo, poi la laurea e LA VITA! Per 7 anni mi disinteressai delle corse e tutte le volte che andavo al cimitero e vedevo il monumento di Alano rimpiangevo di non essermi affezionato a lui in vita. La sua morte e quella di mio padre segnarono la fine della mia giovinezza.

EPILOGO

Questa sciocchezzuola è stata scritto in Marocco nel mese di gennaio 2009. Non ho quindi consultato testi e tutto è venuto fuori dai ricordi che man mano si sono affollati. Eccetto le correzioni ortografiche lo lascerò così colle imperfezioni storiche che possono esservi. In queste notti ho sognato almeno 10 volte tutti gli eroi del motociclismo che sfilavano davanti a Dio con tute bianche immacolate e in testa Montanari e Tenni ma poi guardavo bene e 10 cm avanti a tutti c’era Montanari Alano Edmondo detto Muscoun.!

 

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