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Bellerofonte

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Foto e testo di Alberto Sala

 

IN QUALSIASI LUOGO E IN QUALSIASI MOMENTO, DENTRO I VOSTRI SOGNI.

C’è uno spazio particolare deputato da ognuno di noi per collocare i propri voli più arditi e segreti, un luogo che in rare occasioni visitiamo durante il giorno, spesso neppure la notte, dipende. Dipende dalla luna, da come è stata la giornata, da come ci addormentiamo, da quanto sappiamo isolarci per cercarlo. E neppure tutti i nostri sogni vi entrano, che siano a occhi più o meno aperti. Solo alcuni. Solo alcuni escono dalla banalità, dalla materia fisica e dal ricordo nitido, solo alcuni si fanno semplici ed essenziali, lievi come una brezza ma rivelatrici più di ogni altra cosa del nostro mondo più nascosto, e per questo terribilmente attraente. Nascosto perchè talvolta così intimo da aver paura anche del suo padrone, paura che non sia il momento adatto per recepirlo, per assimilarlo, per seguirlo decisi fino in fondo. Si fanno vivi solo quando sono certi di essere ascoltati e visti con l’esaltazione vivissima della rivelazione.

Spesso nascono da spunti del tutto inattesi; a volte è un immagine colta sfogliando altro che funge da scintilla dirompente in un deposito di esplosivi. Nel caso di FIlippo Barbacane è stata una pagina di Freeway sulle Board Track a scatenare tutto, a concretizzare qualcosa che stava già vagando senza definizione precisa nella sua mente, nel limbo.

E quando hai nitida la rivelazione diventi attivo come ventiquattro fulmini e non conosci altro che la tua creatura che sta materializzandosi, veloce, in fretta, prima che sia troppo tardi,

prima che la purezza venga ‘inquinata’ dal successivo, eccessivo, raziocinio.

bellerofonte Filippo Barbacane Moto Guzzi

Così il creatore di altri capolavori a nome Firestarter Garage, per venti intensi giorni (e notti) ha saldato, recuperato, tagliato, sagomato, assemblato il suo sogno, appena in tempo per la sua consacrazione a Padova, al Bike Expo Show cogliendo un meritato primo premio (ex equo).

Bellerofonte, una Board Track rude dal sapore di ferro e di petrolio, memoria degli anni ’20,

quando le moto non sapevano neppure che esistessero i freni, quando la sfida era motorizzare un telaio di bicicletta e lanciarsi su paurosi ovali in legno inclinati a 60 gradi, così quasi a mani nude. Bellerofonte, una moto lunga un sogno, slanciata come un levriero teso nel suo scatto agile e leggero, arcuata come una randa di bolina cazzata a ferro per stare sul filo sottilissimo della raffica…

bellerofonte Filippo Barbacane Moto Guzzi

Entare nei dettagli sui materiali usati è esercizio utile alla conferma della sana genialità di Filippo, applicata nella ricerca di elementi semplici, poveri, o addirittura di pezzi ‘riciclati’ come il pomello del cambio proveniente da un treno, o il manubrio tolto da un espositore per parabrezza; come non rimanere stupiti del pedale del freno, somigliante a un infernale zoccolo di Lucifero tanto da aver paura di scottarsi ad azionarlo, o del cilindro tra i pistoni raggruppante tutti gli odiosi ammenicoli elettrici a guisa di barilotto di San Bernardo?

bellerofonte Filippo Barbacane Moto Guzzi

Dal creatore del Cyclope, il V11 più stupefacente del globo guzzista, e della Kimera, altra creatura sensuale su telaio Ghezzi & Brian, ci giunge questo spettacolo affascinante, conferma di un talento fuori dal comune, irrequieto e instancabile nel percorrere e materializzare i suoi sogni (o incubi?), e chissà a cosa starà dando forma ora, mente leggete questo articolo…

GALLERY

 

Etiopia

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Spedizione Africa Italiana

di MotoClub Alfa-Centauri Salento

 

La spedizione motociclistica in Etiopia, svoltasi dal 28 dicembre 2010 all’11 gennaio 2011 si è conclusa felicemente, lasciando in tutti partecipanti un patrimonio di emozioni e ricordi che rimarranno indelebili.

 

Giunto il 29 dicembre nella capitale etiopica il gruppo, composto da 11 persone, dopo avere disimpegnato le formalità burocratiche e doganali relative allo sdoganamento delle 7 Moto Guzzi STELVIO e il noleggio di 2 jeep ed un camion di appoggio con i relativi autisti, nonché una guida turistica, nel pomeriggio del 29 dicembre 2010 è stato ricevuto presso l’Ambasciata d’Italia da S.E. Ambasciatore Renzo Rosso, che ha rinnovato la squisita ospitalità anche la sera dell’11 gennaio 2011 prima della partenza dal suolo etiope.

Abbiamo percorso un anello di quasi tremila chilometri che da Addis Abeba, attraverso gli splendidi panorami degli altopiani etiopi solcati da fiumi che hanno scavato valli e gole spettacolari, ci ha fatto toccare le storiche città di Macallé, Adigrat, Aksum  – situata nella regione del Tigrè, antichissima capitale dell’omonimo regno famosa per la presenza delle celeberrime steli e della chiesa di Nostra Signora di Sion che custodirebbe l’Arca dell’Alleanza contenente le Tavole della Legge su cui sono scritti i 10 Comandamenti portati da Mosè –, i Monti Simien – con vette di oltre 4500 m, i cui spettacolari pinnacoli che fronteggiano i precipizi fanno sì che questo paesaggio sia stato paragonato per maestosità al Grand Canyon americano –, Gondar  – vecchia capitale imperiale dell’Etiopia che ancora conserva il Palazzo imperiale nelle cui vicinanze vi è la località di Culqualber e sulle cui alture nel novembre del 1941 si immolarono stoicamente i Carabinieri del 1° Gruppo Mobilitato nel tentativo di fermare l’avanzata delle truppe britanniche nell’Africa Orientale –, Lalibela (Foto 36) – famosa per le 11 chiese rupestri tutte scavate nella roccia tufacea costruite senza muratura, né pietre né legnami e collegate tra loro da cunicoli ove abbiamo assistito alle antichissime cerimonie del Natale copto (queste ultime quattro località sono state riconosciute dall’UNESCO come patrimonio dell’Umanità), Bahir Dar con il lago Tana (Foto 37) e le sorgenti del Nilo Azzurro (Foto 38 e 39).


Le sette Moto Guzzi Stelvio 1200 4V protagoniste della spedizione, strettamente di serie (eccettuato lo scarico sportivo AP racing) ed equipaggiate con gli ottimi pneumatici tassellati Metzeler Karoo “T” gentilmente offertici dalla Casa di Mandello del Lario unitamente ad una serie di utili accessori (set di borse d’alluminio, protezioni paramotore, paramani, paracoppa dell’olio, paracardano e manopole riscaldate), si sono comportate egregiamente sugli impegnativi sterrati di montagna (si pensi che sui Monti Simien abbiamo raggiunto la quota di 3740 m. s.l.m.), dimostrandosi sicure ed affidabili anche nelle più proibitive condizioni di utilizzo, tanto che alcun guasto si è verificato se si eccettua soltanto la rottura di un motorino d’avviamento (dovuta al pulsante d’accensione rimasto bloccato dalla polvere) e della molla del cambio (dovuta ad una caduta).
Desideriamo, pertanto, ringraziare la Casa costruttrice Moto Guzzi anche per l’abbigliamento personalizzato fornitoci tramite la “Spark”, per le belle grafiche dedicate realizzate dal Centro Stile Moto Guzzi e per l’assistenza tecnica garantitaci tramite il concessionario salentino Arturo Valentini di Maglie (Lecce), che ci ha dimostrato una straordinaria disponibilità, accompagnandoci personalmente in tutto il viaggio ed assicurandoci la sua preziosa collaborazione anche per la preparazione e messa a punto delle moto.
Soprattutto siamo particolarmente felici anche per essere riusciti a raggiungere – come ci ripromettevamo – l’ospedale pediatrico di Awasa (in località Bushulo a 270 km a sud di Addis Abeba , ove abbiamo consegnato al missionario Don Leonardo D’Alessandro, alias “Abba Leo”, la somma di quasi ventimila euro da noi raccolta sia attraverso la rappresentazione teatrale organizzata al Teatro Politeama di Lecce il 3 dicembre 2010 con la Compagnia “La Busacca” di Francesco Piccolo, sia attraverso ulteriori donazioni dell’imprenditore Vittorio Marra (che ha direttamente donato diecimila dollari) e del professionista Daniele Garzia (che ha direttamente donato mille euro).

AnimaGuzzista Racconti Spedizione Africa Italiana040_039 Nel ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile l’impresa, desideriamo, infine, sottolineare che ciascuno dei partecipanti (compreso il concessionario Moto Guzzi Arturo Valentini) ha interamente pagato di tasca propria il viaggio al Tour Operator Avventure nel Mondo di Roma (che attraverso il professionale referente etiope Greenland ci ha garantito i voli aerei, i mezzi d’appoggio e l’intera logistica) e che ciascuno dei sette motociclisti ha preventivamente acquistato il mezzo utilizzato per la spedizione. Tanto per sgomberare il campo da alcune ingenerose critiche formulate in rete da parte di chi, evidentemente non informato, ipotizzava una strumentalizzazione della missione umanitaria per fare un viaggio gratis. Semmai è vero il contrario: ciascuno di noi ha sostenuto un personale sforzo economico per compiere un viaggio che ha perseguito, con successo, una prioritaria finalità umanitaria che sarà proseguita con una grande raccolta di vestiario in corso d’organizzazione ed altri eventi di beneficienza programmati per il 2011.
L’itinerario e le fotografie della spedizione saranno disponibili sul sito del ns Motoclub www.alfacentauri.eu

I partecipanti: Maurizio Saso, Gennaro Ventriglia, Arturo Valentini, Franco Romei, Piero Lorenzoni, Umberto Saso, Marco Micelli, Antonio Miggiano, Giuseppe Calò, Marcello e Gaia Apollonio.

uinterparti 2010

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Gallery AlcideX

Gallery Arianna

Gallery Monza

 

LucaF

appena tornato dalla cena, burp!
bellissima serata, burp!
all’anno prossimo, burp!
ora mi vado a prendere un alka seltzer!
saluti
luca

ps: per chi non c’era, vi siete persi una bellissima novità motociclistica, in anteprima mondiale!!!
ps2: e che bello rivedere tante brutte facce! e prendere il libro di jejo!
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Pralina

Appena tornati..
Che mondo sarebbe senza Uinterparty!? (E senza il Tatuato?? )
Vi voglio bene! E’ sempre un piacere rivedervi!

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Calidreaming

Il Uinterparty se non ci fosse bisognerebbe inventarlo.
Vi voglio bene ragazzi.
Ciauz

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BeppeTitanium

per chi non c’era:
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…zzi vostri !!!

punto

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Totogigi

Grazie a tutti i partecipanti, la serata è stata *piuttosto* notevole… Goffredo, Fra e Enrico con la band si sono proprio superati. Grazie anche ai Millepercento per la grande anteprima di Alba (mi spiace per il grande lavoro di ripulitura dopo le sbavate), grazie a Alberto e al resto dello staff di Agostini e al Moto Guzzi Club Mandello per l’ospitalità a pranzo moolto gradita!

E’ stato un grande spettacolo. Minchitudo loop

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valtertre

Grazie

Goffredo,sei un grande artista

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Master

Rientrato dal treesimo Uinter che dire siete tutti fantastici………. Alba una vera sportiva…….Enrico ogni anno migliora qualcosina con la chitarra invece Goffredo è stratosferico veramente un ringraziamento al presidente e la sua compagna che organizzano eventi indimenticabili e un abbraccio a tutte le Anime

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Califoggiano

Che serata…
Grandi tutti!

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Cipo

va bè dai verde a parte che sono 3 anni che ci vado a mangiare e mi sembra che il menu sia sempre lo stesso.
per tutto il resto siete fantasticamente fantastici!
grazie all’organizzazione di AG che ci ha fatto passare una bellissima serata con le canzoni nuove e vecchie; poi ovviamente noi anime ci abbiamo messo del nostro per rendere il tutto fantastico.
vedere i vecchi amici e conoscere quelli nuovi non ha prezzo… per tutto il resto c’è moto guzzi.

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JackalG

Bellissima giornata!!

Tra i primi ad arrivare sabato mattina e alle 9:30 gia’ in sella a provare (per l’ennesima volta) la Stelvio

Grande ospitalita’ del Moto Guzzi Club Mandello…adoro quella club house.

Il Conc. Agostini e’ stato un ottimo ritrovo dove parlare, conoscere e rivedere vecchi amici!

Sarata al Ristoguzzi Al verde veramente al Top. Band, minchitudo, Alba, compagnia…insomma tutto.
Non dimentichero’ mai le pogate e sopratutto le “lesbicate” cor Tatuato.

Anche il rientro in moto alle 3 di notte sotto la pioggia ha avuto il suo fascino…

Grazie AG!

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Tonirag

Ciao bella gentaccia,

sono da poco rientrato… ah no, sono ancora a Mandello, al Verde,

domattina mi metto in marcia e riparto verso la capitale…

Oggi nonostante la gran pioggia oggi io e Katy ci siamo regalati un bel giro del lago,

soffermandoci a Bellagio (era d’obbligo per me), Lecco e Como.

Pur essendo venuto in auto, grazie ad Agostini ho potuto fare un giro sulla nuova Stelvio

quattro valvole, grandissimo ferro con un gran motore (tacci suoi quanto spinge…),

“peccato” (puramente retorico) che ho già la Bellagio….

Anche stavolta l’incontro è stato una gran figata, sono contento di avervi

rivisto tutti.

Alla prossima

Toni

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nuradler

Ciao a tutti gli amici Guzzisti, al mio primo Uinterparty che dire ,semplicemente fantastico, il clima Guzzistico la cordialita’ tra amici nuovi e conosciuti, l’armonia e lo spirito da veri appassionati dell’aquila non ha prezzo ,ragazzi a detta di tutti è stato bellissimo.

Un enorme grazie allo staff

Grazie a tutti
Un grosso ciao a tutti, volevo ringraziare per la bellissima cena al lume di “CANDELA” passata in compagnia di
Cipo, Diegodelson, Califoggiano, Tonirag. Sono stata fortunata ,tutti bei ragazzi!!!!
Grazie anche a Katy per la compagnia .
Spero di rivedervi presto, ciao Lella e company.
Ps
aquila nera aspetta colletta di gruppo

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Goffredo

arriverà un report come si deve tra breve… Perchè di cose da ricordare ce ne sono…

per ora un banalissimo ma, mannaggia alla zozza, sincerissimo grazie a tutti.

Ailoviu, tenchiuuuuuuu

G.

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Chiaucese

Bello bello, see you on Kirghizistan!

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Lupastro

Sì ve ne approfittate perchè io non c’ero.
Come dice che c’ero?
….minkia sì che c’ero!
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Irongate

il treesimo e’ stato il migliore .

fare meglio per il cuartesimo sara’ difficile , pero’ io ho molta fiducia e sono sicuro che ce la possiamo fare

dovrebbe durare un settimana il uinterparti per poter dedicare a tutti tutto il tempo che meritano:

in ordine sparso:

il professor Santacatterina e’ ufficialmente il mio chitarrista preferito,

la tribu’ di Walter e’ bellissima

il tatuaggio del tatuato ha scelto uno dei supporti migliori che c’erano in giro.

la versione di Alba esposta e’ la migliore che si sia mai vista

i torinesi con Sam e il Lanz meriterebbero un ‘altro uinterparti per poterne godere con calma

il Valix e Loredana toccano i massimi livelli di gradevolezza umana consentiti
ultimo ma piu’ importante:
no Agentewilma ? no party! (grazie di “quore” a tutti quelli che si sono sbattuti)

dimentico qualcuno ,mir, lupastro ,il Califoggiano ,il Cipo , Master …….. e chissa quanti altri , davvero non ce la si fa : siamo troppi.

grazie

nik Cinzia e Otto

p.s. mi scuso ancora con la ragazza che e’ cascata inciampando nel mio pastore talebano infuriato con il barboncino ti assicuro che di solito sono piu’ attento e mi rendo conto di non essere stato sufficentemente sul pezzo , spero solo che, come mi e’ sembrato , tu stia bene e mi farebbe piacere averne una conferma.
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MIR

Bellaserata, divertente come sempre, grazie a voi x la visita al motoclub, e alla compagnia.
fabry mgcm

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Dieguzzi

Grazie a tutti per la splendida serata!
Risate e cibo a più non posso!
Guzzirock e tutta la Santacatterina Mitic Band…siete fantastici.
Un particolare ringraziamento al Team Motoeuropa per averci ospitato al tavolo e in particolare del particolare a Licio33 per la carrambata con Valerio.

 

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giancarloessezeta

Ripresicisi,

dopo una domenica di riposo ed un lunedì di ri-riposo.

E’ il momento di dire un GRAZIE dal profondo di due cuori!

Anna e Giancarlo

p.s.: ma quando inizia il prossimo?

 

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Samside

Io quest’anno non ho bevuto niente, fuori pioveva e non ho trombato nè con il Tatuato nè con Lupastro.

Si, una pomiciata alla cipolla in agrodolce col Lanz, ma a parte questo non mi sono divertito per niente.

E Goffredo con la chitarra fa schifo.

E la Nevada non c’ha la sesta.

E se non ci foste bisognerebbe inventarvi.

Vi amo tutti.
Nik un po’ di più perchè chiama le sue moto ispirandosi a me. Anche quando le chiama “Cinghiale”.

 

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Ape Maia

Dal momento in cui abbiamo rischiato di cenare in piedi siamo a ringraziare solo il tavolo di Motoeuropa per l’ospitalità

Scherziamo ringraziamo tutti quanti per la bella serata

 

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Olimpino

avete visto che ho fatto il bravo stavolta?
Serata indimenticabile, come tutti i giorni che passo con voi di AG del resto.
Si conferma la qualità di minchitudo di tutto il grupp

siamo i migliuori!

 

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Macio

Dove eravamo rimasti?
Ah sì.. immagini fugaci di chitarre, bimbi che si addormentano in braccio, sigari cubani, pioggia, calore, non solo emotivo…
Grazie a tutti…. e vorrei vedere un’alba rossa prossimamente…

 

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nedo

mi sono divertito un fottìo…l’unica cosa è che mi aspettavo Ruby Rubacuori in camera ed invece è arrivato motopesantista!

 

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MarcoB

voglio l’alba… bianca.. sexy
saluto chi nn ho salutato.. ma nn ero in forma sabato..

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Licio 33

Che dire?
Io mi sono divertito veramente tanto
Dopo attenta ed autocritica visione del video deciderò se ripropormi in veste di cantautore

Grazie a tutti per i pietosi applausi

 

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Tatuato

cosa dire… il uinterparti era partito male… mi avvertono che goffredo forse non riusciva a partire… mi dicono:”senza Goffredo non si può fare… disdiciamo tutto… er Tatuato e bono come spalla ma senza Goffredo non si può fare”… fanculo alla spalla io so un grande… poi arrivo e vedo che Goffrdo c’è… e sabato mi accorgo che effettivamente senza goffredo il uinterparti non si può fare… ma come si può pensare di fare un uinterparti senza Francesca, la sua voce e la sua mimica… come fare senza Clauidio il regista e le mie figure di merde solite(Claudio se stai leggendo sei un bastardo come Goff e Francesca)… come fare senza Rosella, impossibile organizzare… senza alberto e la sua eleganza, quest’anno non ho visto nessun piagiamino strano… persino Olimpino, che pensavo potevamo sostituire come ogni anno con un cartonato, invece l’ho visto sotto una luce diversa, a dir la verità dopo dei racconti notturni direi che l’ho visto sotto un COLORE diverso… senza 1/3 di Walter e famiglia impossibile(l’artri du 2/3 de walter so persi)… senza Bruschetta che ride ad ogni mia minchiata, ti dico che esistono delle cure… senza la band, così bravi da far sembrare capace di suonare anche Goffredo… senza Nello che dopo un viaggio in macchina con lui il paralelissmo universale e la teoria del cungiugimento astrale sono dei concetti da elementari… senza Agostini che ci ospita… senza quelli del 1000% che fanno provare a me la BB1, a me, non potete capire… senza il comandante che prova la BB1 “Faccio solo un giretto corto”… dopo 40 minuti… ar telefono… “me so perso veniteme a pià”… “dove sei???”… “NON LO SOOOOOO”… senza Calidreaming e il suo perenne sorriso e buon umore e della sua famiglia… senza le famiglie Licini, due grandi e due mogli PIU’ grandi, che è riuscito a presentare anche un corista con le palle, le canzoni non credevo ma erano belle veramente… Lupastro regista da film porno ma con una cultura da parura, troppa cultura… senza Mir il Cuoco… senza Marcello, Antonella e Andrea che ha più muscoli de Macio… senza il pulman dei moto europa arrivati anche con gli spandieratori de cori, pure ar bagno annavano tutti insieme… Senza Piero e moglie cor telefono :”ma non è il mio che squilla”… senza er Monza con la serie piccola… senza Vanni e famiglia… senza tutto quel sesso che aumenta esponenzialmente ad ogni bevuta… senza tutti quelli che ogni anno conosco di nuovo e rincontro e non ricordo i nomi ma le faccie non le dimentico… ma più de tutto senza tutti noi di AG il uinterparti sarebbero le solite GMG der cazzo…

P.S. Una sola cosa… possiamo smetterla di usare il Tatuato come cojone della comitiva???
Ho deciso che da quest’anno rilancio la mia immagine e il prossimo untirparti sarò Tatuato l’INTELETTUALE

GRAZIE DI CUORE A TUTTI… questi momenti di danno la forza per andare avanti

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AlcideX

Gran bella serata davvero, grazie a tutti/e.
Ed anche il resto della giornata non è stato niente male
Finalmente ho associato dei visi a dei nomi noti…certo in qualche caso sarebbe stato meglio di no, però…
Ed a parte certa gente convinta di saper suonare, e che ha rovinato un ottimo trio, ed altra di saper cantare (San Modugno proteggici tu) mi sono proprio divertito.

Qui’ qualche miserabile foto, a breve (spero) un paio di video a confermare la mia frase di sopra

 

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Valigiaio

Grazie a tutti!
Bellissimo incontro! Bellissima serata!

E’ stato bello poter collegare ai nomi anche i visi! Tutti simpatici e piacevolissimi!
Califoggiano, Samside, Walter (e gruppo), il Presidente, Olimpino, il Tatuato(!), Mir, il cortesissimo Calidreamnig!, le ragazze tutte!, il ben trovato Lupastro e tanti altri!!
Un grazie speciale per Cinzia e Nicola per la bellissima compagnia (che contiamo di replicare presto).
Un saluto allo Scola che mi sopporta da secoli! (ma anch’io sopporto lui! )

Il cruccio è di non essere riuscito a salutarvi tutti!
Ma l’occasione certamente non mancherà!

Un abbraccio dal Valigiaio

 

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bruschetta

Ragazzi… posso solo dire GRAZIE!!! … soprattutto perchè quest’anno il Uinterparti non è stato fatto il sabato della settimana dell’Eicma e finalmente ho potuto partecipare anche io!!!
Posso dire che siete fantastici????
E’ stata una serata meravigliosa, peccato mi abbiano portato via prima dei “balli”, ma è solo colpa mia che mi ostino ad andare in giro con il gruppo “sono vecchio dentro” della MPC… (mi sto giocando il posto di lavoro)….. ma la prossima edizione sarò automunita!
Grazie anche per il premio Anima Guzzista….grande soddisfazione!!!
E come dice Goffredo…
Tenchiuuuuu

PS x Tatuato: sono stata troppo felice di vederti dopo ben 4 anni… e ti garantisco che non c’è cura… con te mi diverto troppo!!!… ma ti voglio dire una cosa con il ruolo da intellettuale faresti ancora più ridere… pensaci bene prima di cambiare!
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Legnone

Leggo da postazione provvisoria in quel d’abruzzo, viaggio ch non mi ha consentito di partecipare al mio 1° UP.
Non mi ero privato, però, di una capatina in quel di mandello il venerdì sera, alla presenza delle avanguArdie (e che avanguardie!) e già lì
Che simpatia; pur conoscendo il solo Tonirag non mi sono sentito affatto fuori posto.
Gente incredibile, come del resto qualcuno mi aveva già descritto.
Al prossimo anno, non ci sarà nula che tenga …. PRESENTE!

 

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Pietro

anche per me breve apparizione venerdì sera …. un saluto a tutti quelli che hanno festeggiato il sabato
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V-007

Un grosso grassie a tutti, da parte mia e di Paola.

Salutoni a Nedo, Cane, CrazyDiamond, Pralina, ai 3 Santacatterina bros (sempre + granderrimi – chi mi dice quel’era il titolo di quel meraviglioso pezzo di Charlie Mingus che hanno suonato?), Francesca, Goffredo e Tatuato e tutti quelli di cui mi sto scordando.

Ho scoperto anche di avere un quasi gemello, cioè Samside.
Non so se è una buona cosa ma tant’è…
Nota di colore:
ho portato via a forza di capocciate almeno un etto di intonaco dal soffitto della “suite imperiale” (nome ufficiale, non me lo sono inventato) ovvero la stanza 22 del Verde.

Credo prenda questo nome dopo che vi soggiornò Vittorio Emanuele III (che era anche imperatore d’Etiopia), alto un metro ed uno sputo e che non stampava il cranio contro il soffitto ogni 20 secondi.

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Paolino

Volevo ringraziare lo Staff di Anima Guzzista per la bellissima targa che mi è stata consegnata ieri sera da Max Mantovani, veramente una piacevole e divertente sorpresa!

Farà bella mostra di se sul 1100 Sport vincente in esposizione nella concessionaria.

Mi dispiace molto non essere potuto venire a Mandello, non mancherò la prossima volta!

Paolo Stagi
Moto Guzzi Genova

 

Caffè Nero

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Caffè Nero
 Piccola storia di Anime Guzziste
 di Enrico Verago

Prologo

Mi chiamo Enrico e sono un non più giovane avvocato-centauro di 33 anni.
Ho sempre avuto una sfrenata passione per le moto e da vent’anni ne serbo (almeno) una nel mio garage.
Ho posseduto motociclette ad uno, due e quattro cilindri, di tutte le tipologie e marche: dall’enduro professionale alla maxi tourer, dalla nuda cattiva alla sportiva pistolata da pista.
Mi piacciono molto le Moto Guzzi. La Casa dell’Aquila ha un fascino irresistibile, una storia ineguagliabile ed un blasone da brividi.
Perciò mi sono comprato, nel luglio dell’anno scorso, una rara Moto Guzzi Daytona RS 1000, figlia della passione di un dentista americano per le creature di Mandello e della sua fissa per le corse dedicate alle derivate di serie.
A tutt’oggi, quella moto non sono ancora riuscito a guidarla, ma questa è una storia che racconterò, forse, in un’altra occasione.
Oggi vorrei parlarvi, invece, dell’avventura in cui ci siamo imbarcati io ed il mio socio Massimiliano, detto Acciuga, all’incirca un anno fa e che consiste nella trasformazione, fatta nel garage di casa, con pochi mezzi e tanta buona volontà, di una vecchia e paciosa Moto Guzzi in una cattivissima cafe racer.
Quest’ultimo termine, per chi non lo sapesse, sta ad indicare una tipologia di moto molto in voga negli anni Sessanta. Allora, infatti, si usava spogliare di tutto il superfluo normali moto stradali (spesso mono o bicilindriche inglesi, ma anche italiane e tedesche), per renderle più leggere e performanti e per assecondare i pruriti sportivi degli spesso squattrinati proprietari, che le modificavano personalmente nel proprio garage, per poi ingaggiare epiche sfide sulle strade aperte al traffico. Spesso tali ingarellamenti partivano dai locali di ritrovo dei centauri, tra cui il mitico Ace Cafe di Londra.
Dopo tale doverosa precisazione, diamo inizio al racconto che ripercorre la storia della evoluzione di una Moto Guzzi turistica, per la precisione una T3 850 del 1975, da tranquilla macinatrice di chilometri in fascinosa fuoriserie sportiva.

CAPITOLO PRIMO

La vecchia signora
Tutto cominciò nell’estate del 2008, quando mi trovai ad assistere ad una prova del campionato Endurance per moto d’epoca, nell’infuocato catino di Franciacorta.
Vedere le arzille vecchiette darsele di santa ragione in pista e, soprattutto, sentire il boato gutturale dei bicilindrici Guzzi che competono in quella categoria, mi fece vibrare di emozione.
Subito in me nacque la malsana idea di procurarmi una base mandelliana per una elaborazione in stile Seventies e non avendo i capitali per farne una special da gara e correrci in circuito, decisi di dedicarmi alla preparazione di una sportiva stradale.
Serviva la moto di partenza e quindi mi misi a setacciare la rete.
Qualche tempo dopo riuscii a trovare quello che cercavo. Si trattava di una T3 850, modello da turismo senza troppe pretese, ma dotato del mitico telaio progettato da Lino Tonti, comune alle sportivissime V7 Sport e Le Mans.
Ecco una foto del modello in questione, tratta da una brochure dell’epoca:

caffè nero 2Come si vede, il leggendario bicilindrico a V trasversale raffreddato ad aria era destinato al servizio di una moto tutto sommato tranquilla, votata al turismo a lungo raggio anche in coppia, stabile e ben frenata, poiché dotata dell’ingegnoso sistema di frenatura integrale.
A dire il vero, l’effettiva base di partenza del nostro progetto era a sua volta una sorta di special, in quanto il precedente proprietario aveva modificato il modello di serie per ottenere un mezzo che potremmo definire una custom all’italiana.
Infatti, la sostituzione del serbatoio con uno proveniente da una più moderna Nevada 750 e l’adozione di una sella monoposto di derivazione Nuovo Falcone (!), avevano dato al mezzo una impronta più ammerigana, completata da una vera chicca: l’innesto, sul cannotto originale, di un avantreno estirpato niente meno che da Sua Maestà California, guarnito dai due minacciosi disconi da 320 mm dell’impianto frenante Brembo Serie Oro.
Il materiale grezzo era quindi di ottima qualità, ma, come dimostra l’immagine qui sotto, c’era una infinità di lavoro da fare per giungere al risultato che ci eravamo prefissati…

caffè nero 3.jpg
A guardar bene, tuttavia, le piacevoli sorprese non erano finite. Il telaio, infatti, era stato sabbiato e verniciato; i pregiati cerchi Borrani a raggi vestivano delle Pirelli Sport Demon nuove di zecca ed il motore beneficiava di un aumento di cilindrata fino a 950 cc, dell’alleggerimento del volano, di cammes più spinte, valvole di derivazione Le Mans e di due bei cornetti liberi all’aspirazione.
L’avventura era cominciata.

CAPITOLO SECONDO

La grotta
Trovata la base adeguata per la special, era necessario decidere dove attrezzare un garage per lavorare con calma al nostro progetto.
La scelta cadeva sulla rimessa dell’appartamento di Massimiliano, poiché il mio garage risultava, per le nostre necessità, troppo piccolo e pieno di carabattole.
Vi era, tuttavia, un particolare inquietante: il garage di Acciuga, in affitto da un arcigno proprietario, era privo di collegamento elettrico, quindi niente luce, freddo glaciale d’inverno e impossibilità di usare utensili che non fossero a pile!
L’inizio dei lavori, quindi, coincideva con una sorta di “discesa nella grotta”, in quell’antro buio da cui, quasi un anno e mezzo dopo, sarebbe uscita la nostra creatura.
Se ci ripenso, ancora oggi batto i denti dal freddo…

caffè nero 4

Ad ogni modo, quando ci sono la passione e l’entusiasmo, niente è impossibile, quindi cominciammo senza indugio lo smontaggio della moto di base, necessario ad un suo accurato esame.
Privata del manubrio California, del serbatoio e della sella monoposto, dei parafanghi e degli orrendi terminali sforacchiati, la Guzzi appariva in tutta la sua razionale bellezza: un motore raffreddato ad aria con una geniale disposizione dei cilindri, incastonato come una pietra preziosa in uno dei telai più efficaci e granitici del motociclismo moderno.
Gli ammortizzatori posteriori, degli onesti Ikon, replica dei Koni dell’epoca, parevano un po’ sottotono se confrontati col magnifico anteriore della California, ma riguardo alla componentistica io ed Acciu avevamo le idee molto chiare: il meglio di tutto, solo prodotti italiani ed in linea con quelle che erano le elaborazioni stradali dell’epoca.
C’era di che fregarsi le mani (e non solo per il freddo polare della grotta…).
Ecco come appariva il nostro mezzo una volta privato delle sovrastrutture e dotato di più sportivi semimanubri, dei Menani color nero opaco.

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A questo punto, ovviamente, bisognava cominciare a dare la caccia alle sovrastrutture, quindi cominciammo a battere a tappeto le fiere ed i mercatini d’epoca.
A Novegro, dove periodicamente si svolge una delle manifestazioni di settore più frequentate del Nord Italia, trovammo molte delle cose che cercavamo: un serbatoio in vetroresina, replica di quello usato dalle Honda da GP negli anni Sessanta, stretto ed allungato, un codone monoposto, sempre in vetroresina (da modificare nella forma e nella dimensione, per adattarlo perfettamente al nostro telaio) ed un paio di ammortizzatori Ceriani by Paioli, con corpo in ergal ricavato dal pieno e completamente regolabili in idraulica e precarico (con molla bianca, una vera chicca…).
Con una grezza passata di vernice spray, i pezzi erano pronti per essere appoggiati sul telaio nudo, per cominciare ad avere una vaga idea del possibile risultato finale.
Ecco una immagine, che già permette di individuare le prime modifiche fatte alla vetroresina ed i “tagli” ai pezzi originali che stavano per essere eseguiti.

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Il faro ed i relativi supporti, in questa fase, sono ancora quelli originali della California; manca poi del tutto la strumentazione e gli ammortizzatori sono ancora gli Ikon montati al momento dell’acquisto della moto di base. Anche i collettori sono ancora gli originali di provenienza T3, mentre le pedane di serie (orrende) sono state smontate e relegate nel dimenticatoio…

Il lavoro sulle sovrastrutture è stato lungo ed affidato all’estro ed alle capacità di Acciuga, vero maestro della vetroresina, che pian piano ha plasmato il codone di base per cercare di giungere all’idea che entrambi avevamo in testa.
Nel frattempo, io mi dedicavo al reperimento degli altri accessori necessari all’affinamento della special: un bel faro cromato e dei meravigliosi supporti ricavati dal pieno in alluminio arrivavano quindi ad ornare l’anteriore della belva.
Giusto per intuirne l’ingombro, le nostre prove estetiche utilizzavano anche una agghiacciante sella di cartone, appoggiata lì, giusto per immaginare “come potrebbe essere”.

caffè nero 8Ci stavamo davvero prendendo gusto…
Arrivò anche il momento di aprire sul serio i cordoni della borsa, per dare una voce consona alla nostra bassotta. Niente di meglio, per restare in tema cafe racer all’italiana, di una bella coppia di cannoni da contraerea, al secolo Lafranconi Competizione, acquistati nuovi di pacca da Stucchi a Mandello.
Con tanto di “elica” rossa posteriore…da perderci la testa!
Nel frattempo, il codone aveva trovato la propria forma pressoché definitiva ed il posteriore poteva ora fregiarsi dei sopraffini ammortizzatori Ceriani.
Si cominciava, in effetti, a ragionare e, visto che l’appetito vien mangiando, riuscii anche a convincere la ditta Tarozzi a confezionarmi delle splendide pedane nero opaco, con i supporti che calzavano alla perfezione sui minacciosi terminali. Oh yeah!
La strumentazione California, poi, munita di supporto modificato, ritrovava il suo posto sulla testa di forcella, munita pure della batteria di spie di serie.

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CAPITOLO TERZO

La luce alla fine del tunnel
Dopo un anno di lavoro, sfruttando in effetti solo una sera a settimana, la nostra special cominciava infine a mostrare la propria linea pressoché definitiva.
Serbatoio e codone risultavano già abbondantemente sgrezzati ed al Bike Expo di Padova avevamo trovato frecce e porta targa adatti al nostro stile. Inoltre, sempre grazie ad Acciu, ora un fianchetto su misura in vetroresina andava a chiudere il vano della triangolazione del telaio, sul lato sinistro.
Occorrevano ancora una buona messa a punto generale, il rifacimento completo dell’impianto elettrico e la sostituzione della maxi pompa freno posteriore. Quest’ultima, sovradimensionata in origine per servire l’impianto frenante integrale, risultava ora inutile sulla bassotta, visti i mostruosi disconi anteriori.
Per fare tutto questo, serviva uno specialista di alto livello e noi ci siamo rivolti ad uno dei migliori, il mitico Marcello Muraro di Murri Factory, nel ferrarese.
Ecco le foto della piccola la sera prima della partenza per la “clinica”: sovrastrutture grezze ormai complete, anteriore caratterizzato da un groviglio di tubi e cavi fuori misura ed una miriade di particolari che richiedevano mani esperte per l’assemblaggio definitivo.
Il lavoro fatto, comunque, ci rendeva orgogliosi e già si scatenavano accese discussioni per arrivare alla decisione definitiva riguardo i colori e le grafiche da utilizzare per la verniciatura finale.
Nel nostro peregrinare fra fiere, manifestazioni e mostre scambio, avevamo rintracciato il nome di un bravissimo painter che si sarebbe occupato di fregi ed aerografie, mentre i maestri artigiani a cui affidare la sella racing su misura avevano il loro atelier a non più di dieci chilometri dal nostro garage.
Evvai!
La moto era bella ed essenziale, la linea pulita e cattiva, da vera bassotta arrabbiata e la componentistica era veramente di alto livello e, come fortemente voluto fin dall’inizio, tutta italiana (compresi i blocchetti elettrici al manubrio e le manopole, tutto della Domino-Tommaselli).

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CAPITOLO QUARTO

La belva è fuori
Appena tornata la guzzona dall’atelier di Marcello per la messa a punto e l’assemblaggio finale, bisognava far realizzare una sella monoposto per il codone, che fosse racing il giusto e che avesse quel tocco di aggressivo e retrò che ci serviva.
Optammo per una soluzione estremamente sottile ed in due pezzi, con una struttura a cannelloni trasversali e tappezzata con un materiale antiscivolo resistente e dall’aspetto “tecnico”.
A quel punto la belva era pronta per essere rismontata ed inviata a pezzi dal painter per la verniciatura finale.

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Le tubazioni freno nuove e della giusta lunghezza ed il cablaggio ordinato del nuovo impianto elettrico contribuivano senz’altro ad amplificare la sensazione di pulizia e leggerezza dell’anteriore che, comunque, nella versione definitiva e street-legal, avrebbe beneficiato del montaggio di un bel paio di specchi cromati (molto poco racing ma obbligatori per circolare su strada) e di un parafango anteriore.
Quest’ultimo, preso a prestito dalla Moto Guzzi Bellagio, avrebbe avuto il pregio di usare gli attacchi originali California, pur essendo notevolmente più corto, basso, snello e filante.

Insomma, c’eravamo quasi, anche se i piccoli particolari da sistemare (all’apparenza quasi insignificanti, ma ai quali noi tenevamo molto) erano ancora tantissimi.
Ma i risultati del lungo lavoro erano ormai davanti ai nostri occhi…oh yeah!

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CAPITOLO QUINTO

Epilogo
Il giorno in cui io e Massimiliano ci siamo recati a Treviso per ritirare i pezzi della special finalmente verniciati e rifiniti, c’era nell’aria una certa eccitazione, che non venne smorzata nemmeno dal conto astronomico che il pur bravo artigiano ci metteva sotto il naso.
A questo punto si trattava solo di organizzare l’assemblaggio finale e per far questo dovevamo prepararci al meglio.
La nostra officina, quindi, venne spostata nel garage di casa mia, dal quale erano state sfrattate tutte le carabattole che lo ingombravano, compresa la mia cara Mini Cooper, che certo non ha gradito di essere spodestata nella mia classifica di gradimento.
Il momento era topico quindi, radunati i migliori strumenti ed attrezzi, illuminato il luogo di lavoro con potenti neon ed indossati i guanti bianchi, ci mettemmo al lavoro con la massima concentrazione, in modo che ogni particolare risultasse perfettamente assemblato, che ogni vite fosse accuratamente lucidata nonché serrata alla coppia corretta e che tutto funzionasse a dovere.
Dopo diverse ore di “sala operatoria”, spalmate su diverse settimane a causa dei nostri impegni lavorativi (che ci obbligavano, come di consueto, a ritrovarci solo per un po’ la sera, dopo cena), la bassotta era finalmente pronta.
Con le mani tremanti per l’emozione ed il cuore gonfio di orgoglio, ci siamo riempiti gli occhi della sua maestosa sportività, del suo essere classica ed aggressiva insieme ed abbiamo deliziato le nostre orecchie col suono profondo e molto Seventies dei suoi Lafranconi RC. Che sballo!
Finalmente era finita. Era come l’avevamo sognata. Era perfetta. Ed era qualcosa di unico e tutto nostro.
Non riesco a non usare toni un po’ retorici (quasi epici, in effetti…), ma l’intima soddisfazione di creare qualcosa a tua immagine e somiglianza, che incarni i tuoi desideri ed il tuo gusto estetico è qualcosa che risulta molto difficile da spiegare a parole.
Il fatto che io e Massimiliano avessimo una esperienza tutto sommato limitata riguardo ad interventi di tale portata su moto del genere, ci ha resi ancora più euforici per il risultato raggiunto, per certi versi superiore ad ogni nostra più rosea aspettativa.
E, cosa forse ancora più importante, ci ha permesso di investire il nostro tempo e le nostre energie in qualcosa che ci appassionava e stimolava veramente, avendo la possibilità di condividere una avventura che ci ha impegnato tanto quanto ci ha divertito.
Il primo giro di prova, necessario per verificare che tutto funzionasse a puntino, è stata una emozione fortissima: la moto ha un gran motore, pastoso, potente e ricco di coppia.
I carburatori originali e l’accensione modificata (con l’eliminazione delle puntine e l’adozione della centralina elettronica) hanno donato all’erogazione della potenza una invidiabile regolarità, in questo aiutati dal certosino alleggerimento del volano e dalla più favorevole fluidodinamica, garantita dai pistoni ad alta compressione uniti alle valvole maggiorate.
La forcella California, così come gli ammortizzatori Ceriani, sono risultati perfettamente a punto e magnificamente accordati fra loro (grazie Marcello…), conferendo alla moto un assetto rigido e coerente, privo di eccessivi trasferimenti di carico, ma al contempo pronto ad assorbire le asperità del manto stradale.
La frenata, complici i Bremboni Serie Oro anteriori è risultata letteralmente mostruosa, con spazi di frenata degni di moto molto più moderne.
Il sound dei Lafranconi, poi, gratifica e fa rabbrividire di piacere, con una sonorità baritonale d’altri tempi.
Che moto ragazzi!!
La strumentazione leggermente rialzata, infine, permette addirittura di deviare sopra le spalle del pilota buona parte della pressione aerodinamica fino ai 130 indicati, garantendo pure una certa comodità.
Del resto, l’assetto in sella, moderatamente disteso in avanti, coi polsi poco caricati e le pedane giustamente alte ed arretrate, non risulta nemmeno troppo estremo, consentendo senza troppi patemi (se non per la sella non proprio da turistica…) un utilizzo quotidiano. Ecco qualche foto che testimonia il risultato di tanto lavoro:

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Scusate se mi sono dilungato un po’, ma sentivo il bisogno di condividere con altri appassionati la nostra piccola
storia di anime guzziste.
L’Aquila vola!

Viaggio in Turchia

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di Filippo Barbacane

 

Tre i punti salienti del “trip” che ci aspetta:

Niente GPS, gingilli vari e ne cartine geografiche così saremo costretti a improvvisare, sbagliare, domandare e quindi avere contatti con la gente del posto
Uno scopo ben preciso, magari un po’ assurdo, ma comunque una meta, in questo caso fare un volo in mongolfiera sulla Cappadocia.
Nessuna prenotazione, nessun albergo, punto preciso, campeggio, orario, scadenza,ecc niente di niente solo asfalto e strada da percorrere.
E’ lunedì 21 luglio 2010, il tempo inclemente ci aspetta, una pioggia fitta e intransigente è lì pronta con lo scopo di piegarci, ma noi non ci spezzeremo, siamo abituati a ben altro.

Nonostante l’acqua impietosa abbiamo un sorriso ebete stampato sulla faccia, ci aspettano 2 paesi, più di 5000km e una certa incertezza in cosa incontreremo.

Il traghetto a Brindisi lo raggiungiamo umidi e bagnati, con temperature più autunnali che estive, ma alla fine il grosso vocione dell’omone greco che ci inveisce contro per caricare le moto nel traghetto ci fa solo sorridere e preparare alla traversata di una notte in una cabina che definirla tale è già tanto.

Si sbarca in Grecia a Igumenitsa, tempo meteorologico a prima vista buono con grosse nuvole all’orizzonte che poco ci preoccupano, un vecchio siciliano trapiantato in Grecia ci tiene compagnia durante la colazione con i suoi ricordi della terra natia, gente simpatica i Greci, una faccia una razza come si dice.

Scegliamo di non fare l’autostrada ma le strade di montagna, bellissime, ottimo asfalto, fino a che non comincia a piovere su di un passo montano, a un tratto sembra di stare più in Irlanda d’inverno che in Grecia d’estate, non riesco neanche a fermarmi per cogliere qualche ottimo scatto tale è il freddo e la bruma che mi impedisce di vedere la cima degli alberi.

Un autista pazzo su di un grosso autobus ci passa a 10 cm a più di 100 all’ora sorpassando i piena curva le auto e i tir che procedono a passo d’uomo, una scena terrificate, sembrava la scena del film Speed dove il pullman non poteva fermarsi altrimenti esplodeva, una delle cose più assurde mai viste su strada in tutta la nostra vita.

La meta di oggi è il confine Turco ma con questo tempo ci rendiamo conto che non è fattibile fare 900km, anche se alla fine ne faremo 750, così ci fermiamo ad Alessandropulos, bruttina città della Grecia a dispetto del suo nome altisonante, non senza aver preso 2 km prima dell’arrivo una grandinata di grossa qualità.

In questo viaggio abbiamo già capito alla fine del primo giorno che la pioggia sarà una costante, ma allo stesso tempo che sarà direttamente proporzionale al nostro divertimento.

Il bello di un viaggio realizzato così in piena libertà è quello di cambiare piano quando e come si vuole, così invece di puntare verso la Cappadocia, viste anche le previsioni, cambiamo completamente giro invertendolo al 100% e puntiamo verso Istanbul.

L’arrivo in città è stordente, assordante, inquietante, allucinante.

U n gigantesco serpente di asfalto a 5 corsi per lato sale e scende dalle colline scoprendo a volte il mare a volte giganteschi palazzi dozzinali, con l’onnipresente interminabile fila di auto incolonnate che con la luce del tramonto rimanda più a scene da Highway americana che dell’ est del mondo.

Gente che attraversa l’autostrada con pacchi in mano, altri che scendono al volo dagli autobus per rifugiarsi sotto i ponti di cemento armato a far la polvere aspettando un ennesimo e scassato pulmino che li carichi di nuovo.

I prossimi tre giorni li dedicheremo a Costantinopoli(Istanbul) con quasi 15 milioni di abitanti, il terzo centro municipale più popoloso del mondo e la seconda area metropolitana più popolosa d’Europa, dopo Mosca.

Una metropoli molto simile alle altre sparse per il globo ma sicuramente con un profilo unico, così scavato nell’acqua, con lo stretto del Bosforo che divide l’Europa dall’Asia, città di confine, di passaggio che fa viaggiare la fantasia in modo unico.

I tre giorni a Istanbul ci vedono alla scoperta della città, io sempre con la macchina fotografica in mano e questa volta anche la videocamera, così interessato questa volta a realizzare anche un reportage video del viaggio.

Le cose da vedere sono tante anche se naturalmente visto il tempo ci concentriamo su quelle più conosciute come la Sultanahmet camii (Moschea Blu), Hagia Sophia (Basilica di Santa Sofia), il Palazzo Topkapi( Porta del Cannone).

Si incontrano più Italiani che Turchi e la cosa scazza un po’, sogniamo già l’Anatolia centrale e la Kappadokia, come si chiama in lingua Turca.

Però ci aspetta un ultima cosa nella città una volta nota come Bisanzio e Costantinopoli, un lungo trattamento all’Haman più antico della metropoli, con quasi 500 anni di storia.

Veniamo accolti nel camekan(ingresso) da grezzi e rudi omoni in asciugamano che ci invitano ad entrare nel bagno Turco attraverso il sogukluk(stanza di transizione) con 50° di temperatura e infine nell’hararet una stanza con pianta circolare e al centro un grosso ripiano di travertino dove una volta sdraiati ti scrostano violentemente e energicamente tutta la rumenta che hai addosso, e dopo una bella secchiata di acqua fredda ti danno pure un paio di schiaffoni ben assestati sulla schiena, roba da uomini duri, forse!

Alla fine come da consueto un bel tè ci aspetta fuori, dove spauriti turisti inglesi e americani stanno per entrare a farsi sbattere per bene , accennano sorrisi di condivisione ma in effetti non sembrano poi così a loro agio.

Se sai osservare scovi in Istanbul i due aspetti di questo paese, se non ti lasci trasportare dell’aspetto turistico e dozzinale, riesci a intravedere piccoli scorci di antiche tradizioni, usanze e abitudine antiche di secoli, in pieno contrasto, ma anche convivenza , con l’era moderna, con una città che oramai ha l’aria Europea ma che racchiude in se storie e leggende uniche.

Il giorno della partenza per l’entroterra Turco è denso di aspettative, special modo per l’aspetto meteorologico che fino ad adesso ci ha un po’ deluso.

Carichiamo le moto a bestia, sembriamo due profughi più che motociclisti, ma sappiamo che tra poco passeremo il ponte di Galata sul Bosforo che ci traghetterà dall’Europa all’Asia, che per me ha un sapore speciale in quanto da quel momento potrò dire di aver toccato tutti e 5 i continenti.

E dopo qualche indecisione nel riuscire a raggiungerlo, trovandoci più volte sotto di esso o alla sua sinistra o alla sua destra , riusciamo a cavalcarlo.

Pensare che fu Leonardo Da Vinci il primo a proporre di costruirne uno sul corno d’oro, mettendo addirittura la sua testa in gioco come garanzia della sua riuscita, ma poi il sultano non accettò credendolo impossibile.

Nel 2002 i Norvegesi invece dimostrarono che sarebbe stato possibile il progetto di Leonardo proprio costruendone uno basandosi sui suoi progetti.

Devo dire che è solamente un ponte probabilmente, ma oltre a rimanere colpiti dalle sue dimensioni ciò che ti emoziona maggiormente è il sentire dentro ciò che il suo attraversamento significa, un passaggio in un altro mondo, in un’altra cultura.

Lo attraverso in piedi sulle pedane della moto, è mattino presto, la luce è perfetta, la vista di Istanbul eccezionale, lo scorrere dell’asfalto veloce ma inesauribile.

Alla fine del ponte però ci scontriamo con la realtà burocratica di tutti i giorni, dobbiamo acquistare una carta ricaricabile per poter prendere l’autostrada del costo di ben 45 euro a testa, e la procedura è stata anche lunga e sicuramente non agevolata da un caldo torrido.

Alla fine si parte, direzione Ankara e poi Kappadokia.

Le strade si srotolano come lunghe lingue nere, con rettilinee di decine di km, lunghe curve e poi ancora rettilinei, la musica nelle nostre cuffie ci aiuta a far passare le ore e ci accompagna nel tragitto, riuscendo in qualche modo a rendere il tutto ancor più piacevole,come se il paesaggio fantastico non lo fosse già abbastanza.

Dopo aver passato Ankara, la cui periferia è uno dei paesaggi più tristi, alienanti e demoralizzanti che abbia mai visto.

Una serie di case e palazzi impilati come lego a gruppi definiti e standardizzati, tali da far pensare più a un ghetto che a un quartiere per persone libere.

La attraversiamo velocemente puntando le forcelle verso l’Anatolia centrale, verso verdi pascoli e i laghi centrali.

Il lago Tuz Golu alla nostra destra ci cattura gli occhi che ad una prima rapida occhiata sembrano colti da qualche strana allucinazione, mentre poi quando la strada si fa più radente ai suoi bordi ci rende possibile capire che il lago e di un bianco/rosa scintillante.

E’ un lago salato, dalla superficie enorme lungo 80km e largo 50km, profondo pochi metri sul quale non vi è nulla se non qualche cicogna a sorvolarlo o qualche pecora o vacca a lambirlo in cerca di erba verde.

La luce radente del tramonto in arrivo contribuisce a dargli un aspetto alieno e lontano, per decine di km non facciamo che osservarne la superficie piatta e quasi miracolosamente riflettente, purtroppo si sta facendo buio e il tempo ci traina in avanti verso la nostra destinazione, Goreme, nella Cappadocia.

In diversi momenti avrei voluto/dovuto fermarmi a realizzare qualche scatto, delle donne sedute a terra vicine un carretto di legno a mangiare dei meloni verdi mentre osservavano il tramonto, e un pastore anziano che accompagnava il suo gregge proprio in riva al lago, avrebbero meritato una pausa, un approfondito studio sulle lunghe ombre che la nostra stella proiettava a terra, ma viaggiare in moto vuol dire anche questo, quindi va bene così, porterò certe immagini dentro di me per sempre.

La Cappadocia e alle porte, una regione nel cuore dell’Anatolia centrale dall’aspetto lunare, nella quale una piccola cittadina dal nome di Goreme ci aspetta con le sue case ricavate nella roccia, dallo strano nome di Camini delle Fate.

Oramai è buio, curva dopo curva cerchiamo di non perderci ,anche perché oramai stanchi e sporchi agogniamo il letto e soprattutto una lunga doccia, dopo qualche cartello e qualche deviazioni all’uscita di una curva ci troviamo davanti uno spettacolo unico al mondo, estremo, singolare, inimmaginabile, nessuna foto, nessun racconto può mai rendere l’idea dell’emozione che la città di Goreme può darti alla sua visione.

Le luci calde sparse per la città e puntate verso le rocce adibite a case addirittura dal IV secolo a.C. ti lasciano inebetito, l’intera regione si è tramutata in un incredibile universo rupestre con centinaia e centinaia di costruzioni adibite a chiese, cappelle, monasteri.

Non possiamo far altro che trovare un albergo e riposarci per affrontare al meglio questo nuovo mondo a noi sconosciuto.

La mattinata è fresca e densa di idee su cosa fare e vedere, ma come questo viaggio ci ha insegnato fino ad ora, non puoi mai sapere cosa ti aspetta dietro a una curva e così è stata anche questa volta.

Mentre girovaghiamo in giro per trovare un buon posto dove lasciare le moto per andar a visitare il museo a cielo aperto di Goreme ecco che un ragazzo ci indica uno spiazzo, ma lo fa in italiano.

Tom si era allontanato e nel fra tempo io mi intrattengo a parlare con lui, si chiama Sinan, parla un ottimo italiano ed è una persona affabile e gentile.

Scopro che è la guida turistica dei giri in moto che organizzano le conosciute agenzia di viaggio on line per motociclisti Raid Inside e Moto Orizzonti., non poteva quindi andarci meglio.

Si offre di portarci a fare un giroingiro, tralasciando le turistiche e affollate mete delle decine di pullman che vediamo in giro, ma al contrario di mostrarci siti interessantissimi e unici.

La prima meta è la più antica chiesa scavata nella roccia di tutta la Cappadocia, risalente al XII secolo, priva di decorazioni ma incredibilmente affascinante e raggiungibile in moto attraverso passaggi su sabbia e arbusti taglienti.

La seconda invece è davvero qualcosa di unico, una piccolissima chiesa scavata in un camino delle fate, chiusa al pubblico poiché non ancora restaurata e quindi ancora originale nella sua veridicità, dobbiamo chiedere le chiave del cancello ad una famiglia che vive li vicino e che ne custodisce gelosamente l’ingresso.

Al contrario delle chiese del museo questa non ha colori sgargianti e artificiosi ma sbiaditi e anche danneggiati dagli autoctoni nel tempo, in quanto qui hanno vissuto molte famiglie che l’hanno adibita a loro dimora abituale, tagliando le colonne che limitavano lo spazio e cancellando le immagini degli occhi dai volti di Gesù, apostoli e santi in quando nella religione mussulmana tale rappresentazione non è permessa.

Siamo solo noi seduti dentro questa chiesa, in un silenzio surreale, provando a immaginare chi è passato attraverso queste piccole mura, dai primi Cristiani che le hanno scavate con attrezzi rudimentali con chissà quali fatiche, hai pittori che le hanno decorate con colori così vivi ma così naturali o biologici come si direbbe oggi, ed infine a chi l’ha abitata fino a pochi anni fa, vivendo e convivendo quotidianamente con secoli di storia.

Ci avviamo verso le scalette dell’uscita voltandoci ancora una volta ad osservare qualcosa che probabilmente non vedremo mai più ma che ci ha così affascinato che non scorderemo mai.

Un giro fra i camini delle fate in una zona isolata e sorprendente ci permette di rinfrescarci un attimo ad un improvvisato e inaspettato chiosco di spremute di arance tenuto da un ragazzo e dai suoi due figli che ci guardano un po’ stralunati con le nostre moto.

Dopo tutto questo ci aspetta una bella mangiata in un posto a prima vista tutt’altro che tipico, sembra un autogrill, ma che poi si rivela essere frequentato solo dal gente del posto in pausa pranzo e non da turisti in cerca di “cose tipiche”, e in effetti mangiamo cose squisite.

Sinan è una persona eccezionale, ci racconta con veemenza della bellezza della sua terra, della voglia di costruire un albergo usando solo risorse del luogo, della forza del suo popolo e della voglia di far conoscere la sua cultura a tutto il mondo, e noi non possiamo che condividere tutto questo.

Nel pomeriggio realizzo un sogno forse covato da bambino leggendo tanti libri, percorrere la via della seta in moto, una piccola porzione certamente ma pur sempre rievocativa di storie e racconti leggendari.

Proprio su questo tragitto abbiamo l’occasione di assistere, in un antico rifugio per viaggiatori del 1492 interamente in pietra, una danza mistica e antica di 800 anni eseguita da discepoli di alcune confraternite islamiche sufi, i Dervisci.

Il rituale prevede una danza rotatoria dove la mano sinistra è abbassata verso la terra mentre la mano destra è girata verso il cielo. Il danzatore diviene così il medium tra la terra ed il cielo. Queste danze, secondo i Dervisci Rotanti, sono il loro modo per allontanare la mente da ogni contatto con le cose terrene e per far si che le loro anime si allontanino dai corpi così da potersi riunire a Dio.

E’ un rituale che colpisce molto, la musica in special modo ti porta in uno stato di pace, di tranquillità, la rotazione di queste ampie vesti bianche ti spingono a riflettere su un concetto molto semplice e caro a tutti i popoli del mondo,cioè che tutto gira.

Non è una rappresentazione per turisti come quelle che hanno cercato di venderci nei ristoranti di Istanbul e un po’ ovunque, è reale, infatti ci proibiscono qualsiasi rumore, applauso, fotografia o filmato, questo un po’ mi dispiace ma è giusto così.

Il ritorno in albergo di notte in mezzo alla desolata Cappadocia con piccole luci a illuminare i minuscoli villaggi è anche esso qualcosa di mistico per noi, andiamo a dormire arricchiti sicuramente di qualcosa di speciale e soprattutto com la consapevolezza che l’indomani mattina sarà il momento di portare a termine la meta che ci eravamo prefissati, La Mongolfiera!

La sveglia è alle quattro e trenta, un orario a me sconosciuto normalmente, anche se poi ringrazierò me stesso per lo sforzo fatto.

Ci vengono a prendere i ragazzi della compagnia delle mongolfiere e ci portano sul posto.

Proprio quando arriviamo stanno gonfiando con l’aria calda del bruciatore la mongolfiera, e con nostro immenso stupore notiamo che di mongolfiere ce ne sono a decine, sparse in tutta la vallata, un immagine a dir poco surreale.

Saltiamo dentro il cesto e con pochi gesti degli addetti ci ritroviamo a qualche metro da terra liberi di sorvolare la Cappadocia.

L’emozione è enorme, per tanti anni ho visto documentari su tizi che giravano il mondo in mongolfiera, che attraversavano l’Africa o l’Australia, immaginando quando e se un giorno sarebbe toccato a me, e ora stava succedendo.

Non è facile descrivere le sensazioni in quando è diverso da tutto ciò che uno possa immaginare, poiché la salita è lenta, non adrenalinica come con un aereo, o la discesa come con un paracadute.

Tocchiamo le rocce con le mani e sfioriamo le cime degli alberi con la cesta, per poi salire sempre più su a centinaia di metri di altezza, il posto ideale per scattare centinaia di foto naturalmente.

Dopo qualche ora comincia la discesa e devo dire che non vedo l’ora di avere di nuovo la possibilità di salire sopra una mongolfiera, ovunque ce ne sia una.

La mattina parte bene, almeno meteorologicamente parlano poiché per una volta minacciose nuvole non ci aspettano al risveglio.

La direzione è quella dei laghi centrali per poi arrivare fino alla famosa località di Pammukkale e della città romana di Hierapolis.

Il tragitto è uno dei più belli che abbiamo percorso, per circa la metà del tempo.

Attraversati i laghi le nuvole si fanno minacciose e preventivamente indossiamo le tutte antipioggia, all’inizio è una pioggia indifferente ma poi su una lunga strada che costeggiava vasti terreni coltivati si fa dura e intransigente.

Notiamo piccoli carretti trainati da asini indistruttibili con a bordo agricoltori e le loro mogli che cercano di ripararsi sotto un telo di plastica, anche noi cerchiamo riparo in uno dei rari benzinai che incontriamo che molto gentilmente ci offre tè caldo e dei panni per asciugare moto e parabrezza, davvero gente ospitale e disponibile i Turchi.

Si riparte, l’acqua si calma e il sole fa timidamente capolino, arriviamo in serata a Pammukkale e troviamo un albergo con un simpatico tipo che cerca di parlare uno stentato e incomprensibile Italiano, dopo che un altro soggetto in moto aveva cercato di venderci una stanza per 10 euro chissà dove e soprattutto chissà in quali condizioni, ma da buoni Italiani ci abbiamo messo poco a mandarlo via.

In effetti abbiamo notato per tutto il viaggio che i venditori, i mercanti e tutti coloro che cercano di venderti qualcosa con noi Italiano insistono poco, comunque molto meno che con gli stranieri.

L’albergatore ci fa entrare le moto praticamente dentro il ristorante, passando in mezzo a gente che cenava, fantastico per noi che non vogliamo mai lasciarle sole in strada.

Entriamo in stanza, poggiamo tutto e apriamo la finestra, non ci eravamo resi contro che eravamo proprio avanti alle famose cave di travertino di Pammukkale(dal latino Castello di Cotone), qualcosa di indescrivibile, una sorta di cascata bianca come la neve, dalle dimensioni inverosimili, nel bel mezzo della cittadina.

Si va a dormire che domani ci aspetta una fantastica giornata.

Sveglia presto per arrivare prima delle decine di autobus turistici che invadono la città a metà mattinata.

Paghiamo l’ingresso al sito e ci dirigiamo verso la città di Hierapolis, una delle meglio conservate del mediterraneo con un teatro romano enorme e ben conservato anche esso.

Le immagini della città ricostruita ti lasciano a bocca aperta, deve essere stata qualcosa di spettacolare, posata su un altopiano che dominava su tutto praticamente, con un lunghissimo viale che la attraversava, con diversi teatri, monasteri, colonnati e splendide dimore.

E’ un sito enorme, talmente vasto da perdercisi dentro, ovunque si inciampa in colonne, capitelli e rovine sparse ovunque per migliaia di metri quadrati, l’indifferenza con cui spesso le si scavalca, nonostante i 2000 anni di storia, da l’idea della loro vastità.

Ci avviamo verso il bordo dell’altopiano e qui la cava di travertino come le sue acque termali ti colpiscono come un pugno in faccia, un po’ come attraversare il centro storico di Roma, girare dietro il Colosseo in piena estate e trovarsi davanti una distesa di ghiaccio e acqua interminabile.

Al nostro arrivo non c’è quasi nessuno per fortuna e dopo un iniziale sbigottimento in due minuti siamo già in mutande immersi dentro i fiumi di acqua calda che scavano la roccia bianca come il latte, in effetti la città era stata costruita qui proprio per la presenza di queste cave.

Da esse i Romani potevano trarre il travertino per costruire, ma soprattutto benefici dalle acque termali.

Rimarremmo lì tutto il giorno, anche se l’arrivo dei turisti rende tutto meno confortevole e rilassante, tutti ci imitano infilandosi nei corsi d’acqua, così dopo un paio di ore decidiamo di avviarci verso l’albergo e ripartire, dopo uno delle esperienze più assurde e strane della nostra vita.

Fa caldo, molto caldo, e la nostra destinazione è la città di mare Selcuk, ai cui piedi c’è Efeso, capitale della provincia romana in Asia agli inizi del primo millennio, una delle città commerciali romane più importanti.

Il viaggio inizia bene , i km per una volta sono pochi e la strada e noiosamente dritta per lunghi tratti, anche se attraversiamo sempre posti incredibili dai colori unici che cambiano in continuazione.

Incontriamo anche due motociclisti Tedeschi, ma Turchi di origine, che sono venuti qui per trovare le proprie famiglia.

Viaggiano su due sportive carenate giapponesi, solo a vederli soffriamo per loro, completamente intutati con completi in pelle neri e casci integrali anch’essi neri, una follia.

Facciamo due chiacchiere e ci offrono un’immancabile tè, loro hanno spedito le moto in treno a Istanbul e ora torneranno in Germania piano piano dopo essere stati al mare sulla costa sud.

Ci salutiamo e si riparte, la strada sale e infine avanti a noi si apre un paesaggio marino immenso, la città di Selcuk è una rinomata località di villeggiatura sul mar Egeo.

In lontananza vediamo navi da crociera attraccate al porto praticamente dentro la città, navi enormi, alte 20 piani che così grandi noi non le avevamo mai viste.

In effetti la città è invasa dai turisti, qui si attracca, si scende, si spende e si mangia e poi si riparte.

Dopo giorni di isolamento dal mondo non ci dispiace un po’ di vita e di sano casino.

Troviamo un albergo ricavato un Caravan Serrajo del 1500, cioè una struttura adibita a dare ricovero ai carri durante i loro lunghi tragitti verso o di ritorno dall’oriente, molto bella e ben tenuta , dove la sera preparano spettacoli alla Turkish Night, un po’ troppo turistici e kitsch per noi che preferiamo girare la città alla ricerca di qualcosa di più semplice e casereccio, che puntualmente, e non so se a fortuna o merito, troviamo sempre.

La mattina seguente percorriamo qualche km per arrivare alla città Romana di Efeso.

Arriviamo presto, e questo è un consiglio per chiunque visiti siti archeologici e di interesse in Turchia poiché spesso fra un posto e l’altro non c’è molto da vedere per il turista medio, quindi qui i pullman viaggiano tutta notte per arrivare a destinazione, scaricare centinaia di assordanti e recalcitranti turisti e poi ripartire per la prossima meta.

Arrivano presto abbiamo qualche ora di tregua, possiamo ammirare il teatro romano e soprattutto la biblioteca di Efeso in tutto il suo splendore, percorrere le vie della città tra colonnati e antiche dimore di 2000 anni fa.

Sicuramente per noi Italiani l’effetto è diverso forse perché abituati a tanta storia e a tante rovine, ma qui se ci si ferma a riflettere la cosa sta proprio nella lontananza in cui queste costruzioni erano poste, se ci si ferma a immaginare gli sforzi per costruirle in mezzo al nulla, e soprattutto se si immagina il via vai di genti di tutte le razze che dovevano solcare le vie lastricate di questa città commerciale.

L’arrivo dei turisti, con tutti i loro lati negativi allo stesso tempo ti fa rivivere forse quelle situazioni, migliaia di persone che vanno su e giù per la via principale della città, si ferma, chiacchiera, rumoreggia e discute, un po’ come accadeva appunto secoli e secoli fa.

Il sole sale alto e il caldo comincia a stonarci, ci avviamo verso le moto e imbocchiamo le vai del ritorno in direzione Cannakkale, una città portuale dove un traghetto ci riporterà dall’Asia all’Europa.

Il tragitto è breve ma di qualità, anche se come oramai siamo abituati dall’inizio del viaggio, su un passo di montagna un acquazzone di quelli rapidi e veloci non ci da il tempo neanche di infilarci le tute antipioggia.

Pazienza, ci asciughiamo andando in moto e raggiungiamo proprio al tramonto la città di Troia.

L’emozione è forte, nel sito archeologico praticamente non c’è quasi più nulla, ma la rievocazione di antichi fasti, battaglie, storie e leggende è talmente forte che ci sediamo un attimo ad ammirare il sole che scende sul mare proprio alle spalle della città.

Percorriamo gli ultimi km e dopo aver trovato un albergo proprio sul lungomare affollato e turistico di Cannakkale e andiamo a dormire.

Il giorno dopo saliamo sul traghetto che sembra più un piccolo cargo con gente di ogni genere e dove, una volta sulla costa Europea puntiamo verso la frontiera Turca.

Ci guardiamo indietro mentre ci allontaniamo, vediamo le grosse bandiere Turche sventolare a distanza mentre puntiamo verso le autostrade dannatamente prive di benzinai della Grecia.

Ora capiamo perché abbiamo incontrato diversa gente che era la seconda volta che tornava in Turchia, è un posto meraviglioso, a cavallo tra modernità e tradizione, le persone ci hanno accolto come non pensavamo, e anche noi un giorno riattraverseremo questi posti sicuri al 100%!

Sulla strada di ritorno facciamo ancora piacevoli incontri e dormiamo in una vitalissima e incredibilmente giovane città Greca, Salonicco.

Sulla strada per Igoumenitsa ci dobbiamo fermare sotto un ponte per la quantità di pioggia che sta scendendo, a memoria d’uomo non ricordo di essermi mai fermato in moto per la troppa pioggia che scendeva, comunque sotto il ponte incontriamo anche altri motociclisti un po’ indecisi sul da farsi e molto piacevolmente un furgone del servizio stradale Greco ci si mette dietro e con i lampeggianti accessi non va via fino a quando non smette di piovere e noi non ripartiamo.

Arriviamo a Igoumenitsa e scopriamo che il traghetto è stato cancellato ma ci è andata anche meglio poiché ci trasferiscono su di un altro più moderno, con grandi stanze e soprattutto che invece di attraccare a Brindisi ci lascerà a Bari.

Il viaggio oramai è finito.

Ci portiamo dentro e ci porteremo per sempre un esperienza unica.

Molte persone prima della nostra partenza ma anche al ritorno ci chiedevano perché andavamo in Turchia, con espressione come “ma non è pericoloso?”o cosse del genere se non peggiori e quasi sempre mosse da grande ignoranza sui mussulmani.

Io invece dico che probabilmente è proprio per merito della loro religione che questo popolo è incredibilmente ospitale, disponibile e soprattutto semplice d’animo.

Più viaggio in effetti e più mi rendo conto che la gente più ha e più è saccente e gelosa della propria vita, al contrario chi meno possiede è aperta e disposta e condividere anche cose semplici o quel poco che può offrirti, senza secondi fini.

Ed ora la mente vola già verso altre mete, sicuri di una cosa, che per capirlo il mondo e soprattutto ciò che esso contiene lo si deve vedere con i propri occhi e assaporare con i propri sensi.

Alla prossima.

Blog: http://ruotequadrate.blogspot.com

TrePerTre

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TRE LAGHI per TRE GOLE nel cuore del Parco Nazionale dell’Abruzzo
di Umberto “@ngelspike”

 

La premessa
@ngelspike ha scritto:
martedì 6 luglio a Latina è festa patronale
un amico mi vorrebbe coinvolgere per un giro sul monte sirente con punto al cratere sulla piana a est del monte (che visto da google sembra un atollo lago meteoritico di Secinaro) …
sto studiando l’itinerario da fare per il giro che tra andata e ritorno a Latina vorrei contenere sui 500km …
mi aggraderebbe fare le gole di S. Venanzio – ricordo che la subequana scendendo da L’Aquila era mooolto goduriosa … lo è altrettanto a salire?
qualcuno ha qualche suggerimento e/o si trova da quelle parti per una birretta martedì?

@Remogio ha scritto:
Squilla un po’ prima, diciamo da Scanno o fammi sapere se a Scanno ci sei a ora che posso raggiungerti, facciamo qualche miglio insieme….
La strada che fai dell’Altopiano è molto bella,a me piace tanto, cmq…

@ngelspike ha scritto:
niente da fare i sedicenti compagni di gita hanno dato buca all’ultimo e gli arditi di littoria non approfittano della festicciola 😥
vediamo domani come mi sveglio se mi gira mi avventuro solo altrimenti si farà un’altra volta …

l dado è tratto!
La giornata più o meno sono riuscito a prendermela,
la moglie più o meno se ne è fatta una ragione (santa donna),
il meteo più o meno dovrebbe reggere (anche se le previsioni – opportunamente occultate alla consorte – danno pioggia)

È deciso vado SOLO!

Dopo una riposante nottata per nulla disturbata dal grado di eccitazione a mille, dal mite tepore delle temperature estive e dall’abbaiare del cane che aveva ben deciso di far da eco al vicinato la mattina finalmente mi alzo, mi colaziono, colaziono la moglie e la prole, mi bardo e parto.
Pieno di benza e via alla volta di Sora …
Sulla SS156 monti Lepini noto una sagoma su BMW con zavorra che mi torna familiare (no ma domani non posso mia moglie mi ha incastrato facciamo sabato o domenica …) ma vaff… sorpasso saluto a piede e sgaso via (*)

Arrivato a Frosinone proseguo per Veroli e quindi per Sora curandomi, come recentemente sperimentato, di evitare la super strada pennellando la vecchia statale ed apprezzando così anche la tranquillità del paesaggio in particolare nei pressi dell’Abbazia di Casamari.
Giunto a Sora dribblato il traffico cittadino via per …

La seconda legge di Norred o del guzzista pontino recita: l’unico ingresso dal Lazio per l’Abruzzo e il valico di Forca d’Acero

AnimaGuzzista Racconti TrePerTre023

… ovviamente da adepto iniziato non ho potuto esimermi …

strada deserta e ottimo asfalto (neanche le solite vacche al pascolo a farmi compagnia)

Giunto al passo prima mini sosta caffè: da solo è un po’ triste e i turisti avventori son pochi e babbioni; in compenso il clima è fresco e gradevole quindi riparto di slancio …
D’un soffio doppio Opi e Villetta Barrea ritrovandomi a passo Godi dove con la solita e noiosa strada deserta e sgombra ho goduto come un riccio …
Nel mentre sulla montagna inizia ad addensarsi qualche nuvoletta tra il nero il blu ed il violaceo …
Indugio giusto un attimo chiedendomi quale sia la esatta altitudine del valico vista la segnaletica che riporta a pochi metri di distanza 1630m s.m. e 1520m slm

AnimaGuzzista Racconti TrePerTre023_001

E quindi via verso Scanno lasciandomi alle spalle la nuvolaglia e godendomi l’ottimo sole.

1X Lago di Scanno
Sosta d’obbligo. Finalmente il telefono ritrova il segnale.
Contatto Remogio che si trova ancora sulla via del ritorno in autostrada e ci diamo appuntamento di lì a un’ora alla vicina Sulmona per pranzare insieme.
Approfitto per un po’ di slow ride lungo lago e per fare qualche foto …

2X Lago di San Domenico
Poco dopo il lago di Scanno seguendo la statale per Sulmona si incontra la seconda perla paesaggistica.
Di nuovo mi fermo cercando un largo tra le rocce che costeggiano la strada per parcheggiare la moto.
Lo spettacolo è indescrivibile. Tutte le volte che ci sono passato me la sono fatta sempre con passo svelto vista la strada invitante e non mi ero mai soffermato su cotanta bellezza. Le acque trasparenti consentivano di vedere il fondale a oltre 15m di profondità. La pace e la tranquillità dell’eremo di San Domenico cui si accede solo tramite il ponticello pedonale.

 

Scambio due parole con un pescatore occasionale (da qui la certezza delle misure sul fondale) e riparto alla volta de

X1 Le gole del Sagittario
Il paesaggio e la strada continuano ad essere sbalorditivi proseguendo tra le rocce scavate dal fiume Sagittario, qualche curva da impostare ben guardando gli specchi parabolici e via a limar le gomme …
In un attimo sono ad Anversa degli Abruzzi, l’appuntamento con Remogio si avvicina per cui affretto il passo sulla per nulla bella statale che mi porta fino a Sulmona.
All’orizzonte sovrasta il monte Sirente a sua volta sovrastato da vistosi nembi.

L’incontro con Remogio è sempre piacevole e la sua ospitalità ineccepibile.
Dopo un ottimo pranzo rifocillatore in trattoria a conduzione familiare andiamo a prendere la Califfa e quindi Franca la compagna di Remo per completare la missione.

X2 Le gole di San Venanzio
Una strada uno spettacolo: nel piccolo tratto di Tiburtina che va da Raiano a Castelvecchio Subequo nella valle scavata nella roccia dal fiume Aterno si trova l’eremo di San Venanzio da cui le gole prendono il nome.
Ricordo di aver percorso questa strada per caso discendendo da Fonte Vetica dopo la copiosa grandinata al raduno di primavera di AnimaGuzzista ormai qualche anno fa e mi ero sempre ripromesso di tornarci.
Proseguiamo per Secinaro e quindi via verso il valico della Forcella e l’Altopiano delle Rocche.
Ovviamente inizia a piovere. Ci fermiamo per intutarci a dovere e via verso la piana alla ricerca de

3X il lago meteoritico di Secinaro
Remo e Franca che fanno spesso questa bella strada (peccato veramente per la pioggia e per il fondo bagnato!) non ne avevano mai sentito parlare né ci avevano mai fatto caso.
Io per contro avevo studiato e ho fatto da guida :LOL

Questo è quello che mi aspettavo

AnimaGuzzista Racconti TrePerTre023_010

E questo è quello che abbiamo trovato

Lo scenario apocalittico e deserto ha contribuito ad alimentare quell’atmosfera magica di un luogo incantato rievocando con i violenti fulmini anche l’immagine di Costantino che nel 312 d.C., accingendosi alla battaglia, vide in cielo il bolide dirigersi verso queste montagne.

Proseguiamo quindi per Rocca di Mezzo e quindi Ovindoli per piacevole(?) sosta caffè sempre sotto la pioggia battente e quindi attraverso

X3 le gole di Celano
Fino a raggiungere la omonima cittadina sovrastata dal caratteristico castello a pianta quadrata.

Le nostre strade si dividono: un fugace ma caloroso saluto con gli amici Remo e Franca con promessa di replicare a breve :volemose: e quindi proseguo alla volta di Avezzano.

Nel mentre sono già le sei passate del pomeriggio e di strada fino a casa ce n’è ancora molta. La pioggia sembra stia smettendo ma comunque opto per la via veloce della superstrada Avezzano Sora.
Dopo neanche un chilometro ha definitivamente smesso di piovere l’antipioggia che si gonfia in velocità è insopportabile il traffico è sostenuto per cui esco alla volta di Capistrello.
Un attimo di indugio per andare secondo la prima legge di Norred verso Filettino Altipiani di Arcinazzo e quindi Carpineto Romano ma è tardi e rischio di ritrovarmi in mezzo ai lupi (le montagne tra l’altro sono anche belle scurette …), prevale la ragione (adrenalina da mattarello) sulla minchitudine e proseguo per la bellissima statale della Val Roveto fino a Sora con fondo quasi asciutto e traffico zero ad eccezione di qualche ciclista.

Giunto a Sora riprende la pioggia per cui con soddisfazione depenno nuovamente l’opzione superstrada optando per la piacevole statale dell’andata pennellato io stavolta da pioggia e grandine con fondo stradale saponato da drift!
A Frosinone finalmente smette di piovere e proseguo spedito sulla 156 verso casa ove giungo alle ore 20.00 nella sauna dell’antipioggia.

La moto segna tot. Km.426,50 percorsi con poco più di un pieno di carburante.

Questa mattina mi sveglio e mi domando dove vado oggi? Poi prendo coscienza e mi rispondo: A LAVORARE …

Ma sto mica lavorando?

TRE LAGHI per TRE GOLE nel cuore del Parco Nazionale dell’Abruzzo (GoogleMaps)

N.B. Gli insegnamenti e l’esperienza del porcherrimo Vladimiro non si discutono: le migliori uscite si fanno nei giorni lavorativi!

(*) più tardi mia arriva SMS dal seguente tenore “A saperlo che andavi da solo ti dicevo di venire a Pietralcina. Ho contrattato: Padre Pio si ma ci vengo in moto!!!”
La naturale risposta sarebbe stata: “Meglio soli che mal accompagnati. Vatti a far benedire”; ma ho preferito non rispondere …

Terzo incontro Guzzifoggiano

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Terzo incontro Guzzifoggiano

di Enzo Nasto enas84

 

E’ un caldo pomeriggio di maggio, un’altra monotona giornata è ormai alle spalle. Il treno corre veloce sui soliti binari, ad un tratto una scintilla: Stasera, costi quel che costi, devo raccontare la mia ultima avventura guzzistica.

Le passioni fanno vivere l’uomo, la saggezza lo fa soltanto vivere a lungo.
Nicolas de Chamfort.

     Chi appartiene alla costellazione dell’Aquila di sicuro vive, dando alla sua esistenza un senso particolare, inspiegabile ai più. I guzzisti… che banda di matti! Gente disposta a trascorrere più tempo con i piedi sulle pedane del proprio destriero d’acciaio che per terra, magari per passare solo qualche ora insieme ai suoi fratelli e per condividere insieme passione e asfalto. Forse hanno più follia che saggezza, ma è meglio così, credetemi. Ne sono convinto.

Nel giro di qualche mese, la Puglia, terra meravigliosa e accogliente, è  diventata il palcoscenico di esperienze indimenticabili, momenti scolpiti nel cuore di ognuno, di cui ognuno è stato protagonista imprescindibile, avendo scelto di essere parte di uno spettacolo fatto appunto di pane, passione e asfalto.

Buona la prima, ma anche la seconda.

Terzo incontro Guzzifoggiano

Il primo novembre 2008 abbiamo assistito al I Incontro Guzzifoggiano, una vera e propria fantastica giornata pugliese. Quando al teatro la prima riesce così bene, gli spettatori chiedono, anzi pretendono, una replica altrettanto trionfale. E così è stato anche per il guzzifoggiano. Il 18 e 19 aprile 2009 c’è stato un degno bis, che è costato non poco sudore agli organizzatori, Carmine, Salvatore, Fabio e Francesco, che forse sarebbe meglio chiamare registi.

Ma si sa, non c’è due senza tre. E così, un bel giorno mi arriva la soffiata: “Leggi su anima, è in cantiere il III Incontro Guzzifoggiano”.

“Senatò, cascasse il mondo, io ci sarò.”

La vita umana non è altro che un gioco della follia, il cuore ha sempre ragione
Erasmo da Rotterdam

Senza esagerare, posso davvero dire che il mondo stava per cascare. Infatti, a poche ore dalla partenza, ero alle prese con impellenti scadenze lavorative, e, udite udite, ero anche senza moto. Si, la mia compagna di viaggio era ancora dal dott., ops, meccanico.

Ora che ci penso, tutti e tre i guzzifoggiani hanno avuto a che fare con interventi di manutenzione alla mia moto.

“Antò, la moto la ritirò venerdì mattina, giusto in tempo per la nostra partenza. Speriamo funzioni tutto…”.

In pratica, io e lei siamo tornati a casa due ore prima di partire. Giusto il tempo di caricare le valigie, prepararmi, e mangiare qualcosa. La mia vita ormai è fatta solo di follie, per di più frenetiche.

L’amico AntonioG, uno dei primi guzzisti partenopei che io ho conosciuto ormai cinque anni fa (mamma mia, sono guzzista già da cinque anni, come vola il tempo!!!),  alle 13.30 è a casa mia. Mentre la mia California scalda i muscoli per qualche minuto, sistemiamo il tappo dell’olio della sua Nevada.

Io devo essere proprio matto. L’avviamento della mia moto e di tutte le altre che incontro per strada l’avrò fatto, visto e sentito milioni di volte. Ma ogni volta che il pollice destro preme quel bottone… se lo spiegassi non mi capirei.

Rotta per casa di Dio, stiamo volando alla festa…
M. Pezzali

Tiro la frizione, tocco della punta del piede sinistro, e la prima è dentro. Poi seconda, terza e su fino alla quinta, in un crescendo entusiasmante di giri motore e battiti del cuore, che in quei momenti sembrano andare all’unisono.

Una volta abbassata la visiera, come mio solito, comincio a cantare. E stavolta il compito di farmi da colonna sonora spetta ad Eugenio Finardi e alla sua Extraterrestre, che martella la mia mente da parecchi giorni. Perché proprio questa? Forse perché è davvero tanta la voglia di avere una stella che sia tutta mia…

Il casello di Candela arriva presto. Questi primi 140 chilometri sono un ottimo collaudo, la moto va veramente bene, forse come non mai. Breve sosta tecnico-fisiologica, e poi ripartiamo alla volta di Foggia, dove arriviamo alle 16.00. Qualcuno dei partecipanti all’incontro potrebbe dire: “e che siete andati a fare a Foggia?”. Siamo andati la “solo” per salutare un amico.

 Per un amico in più…
R. Cocciante.

Terzo incontro Guzzifoggiano

Certo, forse nemmeno io e Antonio saremmo andati a piedi fino a Bologna, ma di sicuro, per un amico, una deviazione si può fare. Senza pensarci su due volte.

Soprattutto quando l’amico in questione, Michele (di Bari), si è sciroppato una trasferta automobilistica pur di rivederci. Caro Michele, dopo la Notte dei Falchi, e quella Altamurana dello scorso anno, rivederti, anche se per poco, è stato un vero piacere. Ricordi che tu e Laura mi volevate “ammogliare” a tutti i costi?

Il momento di salutarci però arriva presto, altrimenti corriamo il rischio di arrivare troppo tardi all’Hotel Pietre Nere di Rodi Garganico, campo base di questo III Guzzifoggiano.

Avanti tutta…

Terzo incontro Guzzifoggiano

Autostrada Adriatica da Foggia a Poggio Imperiale. Seguo la sagoma rassicurante di Antonio e della sua Nevadina. Le nostre Aquile vanno senza incertezze, anzi volano, spinte dai loro cuori a V, incuranti del vento forte che raramente ci da tregua in queste trasferte pugliesi. Di tanto in tanto alzo la visiera del casco, ho bisogno di sentire meglio il canto del motore.

Ad un tratto s’inserisce tra noi un auto, con una tranquilla famiglia a bordo. Ci sono due bimbi, credo intorno ai 5 – 6 anni, che quasi si fanno venire il torcicollo per vedere una volta Antonio che li predece, e poi me che li seguo. Incurante del vento forte stacco la mano sinistra dal manubrio per salutare i miei due piccoli ammiratori. E loro ricambiano. Non potete immaginare la gioia che mi ha dato questo apparentemente piccolo episodio. Come recita la Poesia del Motociclista, chi non sa cosa sia questa passione, rinunci a capire noi centauri e quei piccoli che mi salutavano. Tra angeli in terra ci si saluta sempre, è “semplice”.

Loro si allontanano, noi piantiamo il gas intorno ai 110/120 orari, il tratto autostradale e la successiva statale scorrono in fretta ma in tutta sicurezza sotto alle nostre ruote, e arriviamo a Rodi. Intravediamo le prime indicazioni dell’Hotel, che raggiungiamo dopo qualche altro chilometro.

Fuoco alle polveri…

Terzo incontro Guzzifoggiano

Verso le 18 di venerdì comincia ufficialmente la festa. Siamo accolti dal cerimoniere ufficiale, il mitico Carmine, ormai il Senatore per tutti noi, e da gli altri partecipanti che già erano li, qualcuno da così tanto tempo che il sole gli aveva lasciato un colorato e scottante ricordino, vero Stefano?

Ci sono, tra gli altri, anche Fabio, il “Califoggiano” emigrante ed eroico macinatore di chilometri, il romano Toni, che io avevo già conosciuto quasi due anni a Morino, e i pescaresi Massimo e Federica. Come non nominare Filomena, compagna di vita e di avventure motociclistiche del Senatore.

Gli abbracci e i brividi cominciano a non contarsi più. Carmine, rivederti è stata una gioia enorme, un momento desiderato da tanto, troppo tempo e finalmente arrivato! E pensare che tutto questo è nato sul web, in maniera virtuale. “Virtualmente”. Usare questa parola è sempre riduttivo, perché se è vero che nell’era di internet spesso ci conosciamo e siamo in contatto attraverso un freddo monitor e una tastiera, è anche vero che nonostante queste barriere e le distanze che ci dividono, l’amicizia e l’affetto possono esplodere e ti coinvolgono come se stessi guardando negli occhi la persona con cui sei in contatto.

Senatò, ricordo come se fosse ieri quel caldo e indelebile giorno di novembre, quando tu e gli altri non mi deste nemmeno il tempo di togliermi il casco e mi abbracciaste come se ci conoscessimo da una vita! Ora che ci penso, all’epoca ancora non potevi fregiarti di tale titolo onorificio!

Terzo incontro Guzzifoggiano

Sistemate le moto, io e il mio compagno di viaggio e di stanza (Stefano piano con i pensieri…), prendiamo possesso della stanza, appunto, e ci sistemiamo. Un’oretta scarsa e siamo nella hall, dove troviamo anche gli altri. L’albergo è davvero bello e dalle terrazze si gode di una vista mozzafiato.

Appena sbrigate le pratiche burocratiche che un intransigente Carmine non risparmia (giustamente) a nessuno, parte il primo aperitivo, ovviamente alcolico, giusto per ricordare a tutti che siamo motociclisti, e come tali odiamo l’acqua. Di brindisi ne vedremo parecchi!

La cena si fa attendere, anzi si fanno attendere altri due componenti indispensabili di questi raduni pugliesi, il cui arrivo è ampiamente anticipato da una coppia di scarichi molto rombanti! Mi riferisco a Francesco, il nostro bravissimo artista, accompagnato da Antonella, e il grandissimo Enzo Sardano, che per la cronaca nota subito che sono diventato abbastanza grande anche io, e parlo di linea (curva…).

Terzo incontro Guzzifoggiano“Enzo, ma come hai fatto ad accorgerti della mia zavorra nel buio?” “Enzino, è molto semplice, quando ci siamo abbracciati ho sentito una sorta di volume che l’ultima volta che ci siamo visti non c’era.”

Maledizione, forse è davvero giunto il momento di mettermi a dieta. Quando torno a casa però, perché qui, di mangiare poco, non se ne parla proprio. Infatti la cena sarà molto ricca, il tavolo più che allegro e le risate indimenticabili, anche grazie ad una fuhrer-cameriera che ci tiene sotto controllo. Ma ci metterà poco per capire che siamo senza speranza.

Il dopo cena sarà abbastanza veloce, i chilometri si sentono è  il giorno dopo ci aspetta una lunga giornata, meglio non fare le ore piccole.

Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone.
John Steinbeck

Il sabato mattina è senza dubbio il giorno meno motociclistico tra quelli finora vissuti in terra puglise. Qualche cultore del “culo sempre in sella” forse avrà storto il naso leggendo il programma, visto che le moto non le abbiamo proprio toccate. Questa giornata infatti è dedicata ad una escursione in jeep nei posti più nascosti e incontaminati della bellissima Foresta Umbra. Fuori dall’albergo troviamo quattro Land Rover, una delle quali è scoperta. Io e Antonio la guardiamo, ci guardiamo (Stefano non pensar male): “E’ nostra”. In questa scelta ci seguiranno Michele, il nostro fotoreporter ufficiale, Francesco e Antonella, Massimo e Federica, e Toni. Ah, ovviamente c’è anche l’autista, che al primo colpo d’occhio sembrava un tranquillo signore sulla sessantina, rivelandosi poi una sorta di Colin McRae nostrano. Una volta sopraggiunti il gruppo dei “M.I.G.”, partito alle 5 del mattino da Galatina e capitanato da Fabrizio “Nguzz”, Michele “Geomik” e Mariangela, e gli altri che non erano arrivati a Rodi la sera prima, siamo pronti per partire.

I primi chilometri, su asfalto, passano tranquilli. Appena però  prendiamo il primo sentiero sterrato, viene fuori la vera natura di Nello, il nostro pilota (autista è riduttivo). Basti pensare che di tanto in tanto si fermava per far allontanare gli altri fuoristrada, e poi all’improvviso partiva a razzo senza dirci nulla, infatti qualcuno di noi ha rischiato più volte di cadere.

Raccontare tutte le emozioni provate, le risate, ma anche le urla, e le bellezze ammirate in questa giornata sarebbe per me quasi impossibile. A dire il vero, in qualche momento abbiamo pure temuto di non ritornare sulle nostre gambe in albergo, e la faccia di Toni a tal proposito era tutto un programma! Specie quando, nel pomeriggio, e in un posto che forse non c’è nemmeno sulle cartine geografiche, la nostra jeep ha deciso di fermarsi, facendo calare su di noi l’ombra de “L’isola dei guzzisti”. Alla fine di questa giornata spericolata abbiamo ancora il tempo di una “gustosa” fermata nel centro di Vico del Gargano.

Terzo incontro GuzzifoggianoPoi si torna alla base, anche se tutti noi occupanti della “scoperta” avremmo imboccato volentieri un altro sentiero sterrato. Sono quasi le 19. Una doccia e un po’ di relax sul letto ci volevano proprio! Anche per rivivere a caldo tutti i fotogrammi di questa giornata eccezionale, che rifarei subito. Queste cose ti rimangono dentro e non le potrai mai dimenticare, perché ormai fanno parte di te e fanno di te una persona sicuramente migliore.

Il Senatore non sbaglia mai un colpo!

Sorpresa!!!

In serata arriva a Rodi un’altra colonna portante di questo gruppo, Salvatore Accardo, che non vedevo dalla “Midsummer Night’s Guzzist Dream” dello scorso luglio.

E’ ora di cena ormai, e siamo in numero nettamente maggiore alla sera prima. La fame e le risate non mancano, la teutonica cameriera mi guarda e fa: “A te porzione più crante, ja”, avendomi inquadrato per bene la sera prima.

Terzo incontro GuzzifoggianoDopo le tante delizie culinarie e i tanti brindisi, allietati da un po’ di musica leggera (fin troppo), arriva il momento di fare una bella sorpresa a Fabio, che il giorno dopo compie gli anni. A mezzanotte arriva la torta, con tanto di mega candeline, fatta preparare da Carmine (sempre lui).

E un emozionato Fabio rimane senza parole…

Voglio proprio vedere la tua faccia…
Carmine A.

La notte passa tranquilla e veloce. Dopo la colazione e il saldo con il titolare dell’albergo, lasciamo le stanze e carichiamo le moto. Ritrovo un altro caro amico, di quelli che senti “veri” pur vedendoli una volta all’anno, Peppe66, compaesano di Carmine.

Siamo in sella, pochi minuti ancora e si parte. Sento una sensazione particolare addosso, il luogo che ci apprestiamo a raggiungere con le nostre amate moto non è non può essere normale. Siamo infatti diretti a San Giovanni Rotondo, terra di San Pio da Pietralcina. Forse solo Carmine sa da quanto tempo io desiderassi andare la con la moto, ne avevamo parlato tante volte. “Architè, voglio proprio vedere la tua faccia quando metterai le ruote a San Giovanni!!”

E finalmente il sogno si è avverato. Pur amando scrivere, ed essendo (come dicono) una buona “penna”, raccontare determinati sentimenti, raccontarsi, è sempre impresa ardua. Lo scorrere della Waterman si fa meno sicuro, la schiena è attraversata da quel brivido che provi quando stai per donare agli altri qualcosa di tuo. Le emozioni sono davvero tante. Penso anche alla mia sorellina che porta il nome di questo Santo, il mio cuore è in subbuglio.

Terzo incontro GuzzifoggianoPer fortuna noi motociclisti, quando scendiamo dalla moto con le lacrime che ci rigano il viso, e vogliamo “nasconderle”, abbiamo sempre pronta la scusa di aver camminato con la visiera alzata.

Grazie al supporto di Antonio D’Ambrosio, parcheggiamo niente meno che nel piazzale d’ingresso dell’ospedale fondato dal Frate con le stimmate, con tanto di foto di gruppo sotto la Sua gigantografia. Che altro chiedere ad una giornata come questa? Niente…

Il tuo cuore è un gabbiano che vola libero nei cieli della vita.
Lascialo andare senza paura, ti saprà condurre alla felicità.
Sergio Bambaren.

Non potevamo non visitare i due Santuari, il più antico e quello nuovo progettato dal mio collega (mi inchino) Renzo Piano. E al di la degli aspetti più mistici e religiosi, per me questa visita ha anche un altro significato, un altro sapore, in quanto ho sempre definito la mia vita come un treno in corsa, che ha per rotaie l’Architettura, mia scelta di vita, e la Moto Guzzi, mio stile di vita. E stare in quel luogo, opera di un grande maestro, in tenuta motociclistica, è stato un po’ come il fondersi di questi due mondi per me tanto importati. L’Architettura e la Guzzi sono, per ora, gli unici cieli “buoni” che riescono a far volare libero e felice il mio cuore.

Terzo incontro GuzzifoggianoLascio San Giovanni Rotondo a fatica, con la speranza di ritornarci presto, in moto ovviamente!

The end…

Ultima tappa di questo magnifico raduno è la cittadina di Torremaggiore, dove ci attende un lungo tavolo all’ombra della pineta. Dopo l’ennesima abbuffata, ci sono le classiche premiazioni. E qui va detto che a riprova del fatto che gli anni passano anche per me, sono stato esautorato del titolo di più giovane partecipante da Michele “Geomik”!!!

Nessuno lo vorrebbe, ma si avvicina il momento dei saluti. Quando si raccontano istanti come questi, è facile fare retorica. Mentre mi preparo sento che un pizzico di malinconia mi assale. Non vorrei andarmene, non vorrei lasciare tutte quelle splendide persone.

Cerco di memorizzare ogni loro espressione, di immagazzinare in me tutto ciò che potrà farmi ricordare di loro.

Penso anche a chi questa volta non c’è potuto essere. Spero che mi perdoni per questa citazione non autorizzata, ma voglio raccontare di Alfredo, mio compagno di stanza a Vieste, lo scorso anno, e delle sue lacrime. Sentire quest’omone di quasi due metri dire, con la voce rotta dall’emozione, “grazie di tutto” e vederlo piangere perché non vorrebbe andare via, la dice tutta sull’aria che si respira in queste occasioni.

Così  come penso che a questo punto sia inutile dilungarmi in maniera smielata su ciò che vorrei dire a Carmine, che altrimenti si abitua troppo bene e poi tutto questo zucchero gli potrebbe far male, non sia mai! Senatò, ti voglio bene! E te ne vorrò sempre anche se al prossimo incontro la tua moto avrà le tette mosce!!!

Si, la festa sta davvero finendo. Io e Antonio siamo scortati da Peppe, che ci mette sulla strada buona per andare da San Severo a Candela. Il viaggio di ritorno è tranquillo, senza intoppi. Ad una ventina di chilometri da casa mia prendiamo strade diverse. Non ho più lui e la sua moto davanti a me. Alzo la mano con le dita a V per salutare il pilota, ma anche la sua moto, che mi lascio alle spalle. Un urlo mio e del mio motore mi danno la scarica di adrenalina necessaria per affrontare quest’ultimo, breve, tratto in solitaria.

Terzo incontro GuzzifoggianoAntò sei un grande compagno di avventura, viaggiare con te è per me un onore!
31 – V – 2010

Ducati Speed Week

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E' fatta

Cronaca di una vittoria annunciata
di Beppe Braga

 

Eccomi rientrato dal lungo fine settimana atteso, già dai primi di dicembre dello scorso anno quando è arrivata la mail di apertura delle iscrizioni al Ducati Speed Week con all’interno la manifestazione dedicata alle moto classiche con almeno 20 anni (Classic Speed Week).
Nel corso dei mesi trascorsi ho cercato di convincere molti altri amici guzzisti, pistaioli o meno, a partecipare a questa manifestazione che, a un prezzo veramente irrisorio di iscrizione (certo poi vanno aggiunte le spese di trasferta molto più elevate), consente di divertirsi su una pista molto gustosa. Tutti i miei appelli però sono andati in fumo e così mi sono ritrovato solo a dover tenere alto il nome della Moto Guzzi e di Anima Guzzista in una terra così lontana.
Ma veniamo ai giorni appena trascorsi.
Martedì, complice una minchitudo che può anche andare oltre all’essere guzzista, mi viene a trovare in ufficio un compaesano di lungo corso che, durante la classica discussione sulle ferie, si vede piombare addosso la fatidica domanda: “ma questo fine settimana perché non mi accompagni in Ungheria?”
Una domanda buttata lì, senza speranza, complice il fatto che Ezio non capisca nulla di moto, non gli importa nulla di moto, non sa andare in moto, non va in moto, non è mai andato a vedere nessuna gara di moto, ma l’Ungheria, con la sua storia e le sue … acque termali, ha il suo fascino e colpisce nel segno. Una rapida telefonata alla moglie per la necessaria “autorizzazione” e ci si accorda sull’orario di partenza.
È un gran sollievo, anche ripensando al viaggio solitario dello scorso anno, che attizza la miccia e sprona il cavaliere solitario all’avventura.
Giovedì si parte, alle 7.00 è tutto pronto, arriva Ezio e in un tempo irrisorio si sposta il suo materiale sul furgone e alle 8.00 si parte. Ma non era un tempo irrisorio?? Ma Ezio amante delle uscite e dei campeggi ha pensato bene di portare alcune cose necessarie per due persone che devono stare via 4 giorni: fornelletto piccolo, fornello grande, pentolame da reggimento, 12 kg. di pasta, 4 scatole di pelati da 800 gr., basilico, aglio, prezzemolo, e un’altra quantità di odori e sapori, due lettini pieghevoli, cuscino stile Linus da cui non si separa mai, una bottiglia d’olio (e si è chiesto se sarebbe bastata), 6 bottiglie di vino rosso Lambrusco e 6 di vino bianco, una valigia con dentro tanta roba che a un vero motociclista basterebbe per 8 mesi di ferie, attrezzatura fotografica (totalmente incompatibile con la pista, ma utile per le foto al paddock e per i paesaggi) e tanta altra roba che non ricordo e che … non abbiamo usato.
Il furgone è pronto, il navigatore-passeggero pure, il pilota si mette alla guida … viaaaaaaa
Verso Verona si fa sentire lo stomaco che chiede di essere riempito, così prima sosta e … insalata di riso preparata la sera prima.


I km passano, ma il traguardo sembra non arrivare mai, Sarvar, dove abbiamo prenotato una camera dista quasi 900 km. da Pavia e il Pannoniaring è lì vicino.
Siamo preoccupati perché il sito dove abbiamo prenotato dava come orario di chiusura delle accettazioni le 19.00; ecco che allora il furgone nuovo fiammante (nuovo di acquisto, fiammante perché pare avere un falò sotto al sedere) viene spinto fino ai 120 km./h, ma stoicamente resiste e ci fa arrivare alle 18.45 (la prima cosa che notiamo è il cartello fuori dal Thermal Pension che comunica che l’ufficio è aperto fino alle 22.00).
Scaricati i bagagli da camera, si va subito al circuito dove si deve montare (questa sì nuova e fiammante) la tenda chiesta al Moto Guzzi World Club la settimana prima ad Adria e che il presidente mi ha gentilmente concesso in comodato d’uso per l’occasione (sai che bello una tenda rossa marchiata Moto Guzzi al Ducati Speed Week … fa proprio una bella figura!!).
Questo è il risultato di 11 ore di furgone, dello scaricamento bagagli e del montaggio tenda:

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…dopo aver montato la tenda

 

Ezio esprime il desiderio di andare immediatamente alle terme per dei bagni ristoratori, ma io preferisco una doccia tonificante, così lo lascio alle terme (aperte fino alle 22.00), mi doccio, faccio la spesa, lo riprendo e via ancora al circuito per la cena notturna: due belle bistecche di maiale (unico animale oltre all’oca che viene venduto, ma di vacche ne abbiamo viste, che l’Ungheria sia affiliata all’India ??).
Ma ecco che il venerdì mattina arriva presto, verifiche e primi turni di prove libere, una delle cose molto belle di questa manifestazione è che, nel basso costo di iscrizione, sono inclusi 4 turni di prove libere da 20 min., due turni di prove cronometrate da 25 min., un turno di warmup da 15 minuti e la gara di 8 giri del circuito da 4740 metri.

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Circuito

La giornata trascorre così in pista, senza peraltro sapere i tempi di percorrenza, perché tra tutto quello che ci siamo portati dietro NON c’è un cronometro, ma domani con il transponder sarà un’altra cosa.
La sveglia suona alle 7.30 e si passa prima a fare colazione: cornetti alla Nutella, caffè e cappuccino con uno strato di panna che (a ripensarci con il senno di poi ……) durante il tragitto esplica i suoi effetti deleteri, meno male che all’ingresso del paddock ci sono i servizi igienici e che uno era libero!
Tutto è pronto per cercare di migliorare i tempi dello scorso anno, ma la Titanium (nome in codice del V35 I serie, studiato appositamente per non cambiare il nickname) fa ancora un po’ di capricci come ad Adria. Al mattino si gira in 2.54, quattro secondi più alto delle prove dell’anno passato, nel pomeriggio si migliora di un paio di secondi. Quello che è importante è che l’avversario diretto è dietro di oltre 8 secondi.
L’avversario diretto! Purtroppo la partecipazioni dei guzzisti si fa desiderare, lo scorso anno eravamo in tre: due super bombardoni con il Le Mans 850 ben settato che girava una decina di secondi più lento delle Ducati che fanno il Desmo Challenge, ma irraggiungibili perché mi davano 30 sec. a giro, … e arrivai 3° delle Guzzi con tanto di coppa, quest’anno gli organizzatori hanno deciso di premiare solo il primo classificato, per cui essendo in due se volevo la coppa dovevo stare davanti, e nelle prove l’obiettivo è raggiunto.
Nel pomeriggio è programmato il warmup, ma voglio vedere un po’ di Ungheria e gli amici ducatisti vorrebbero provare la mia motina. Beh che c’è di male, almeno ho un confronto diretto con chi, in pista, ci va da almeno 10 anni e con moto super potenti e preparate. Non li rivedo fino al mattino.
Piccola parentesi, il giovedì il viaggio è stato accompagnato da temperature tropicali, anche sui passi alpini, il venerdì in pista c’erano 38°, il sabato 36 ma incominciava ad alzarsi il vento (chissà perché c’è l’installazione di una pala eolica a 200 mt. dal circuito!!) e si affacciano le prime nubi che pian piano, mentre siamo immersi nei bagni termali, incominciano a rovesciare un po’ di pioggia che si trasforma ben presto in un diluvio che pare voglia far nascere un nuovo Noè. Tra vento e pioggia la nostra sosta per la cena sotto la tenda si trasforma in un incubo: cucinare e mangiare sotto la tenda delle braciole di maiale che impestano tutto ciò che è sotto la tenda (tuta compresa, tanto che l’indomani sembravo, da quanto puzzavo, un maialino arrostito) mentre le pareti laterali della tenda sembrano impazzite tanta la voglia di staccarsi e volare via (staremo lì a controllare fin oltre l’una passata). Fatto sta che tutte le prove, le regolazioni (quelle degli altri, non le mie) sono fatte con temperature tropicali e invece la domenica mattina ci ritroviamo a 15°!!
Il mattino mi informo dei tempi fatti dall’unico ducatista che ha avuto il coraggio di salire sulla Titanium, mi dicono che ha girato in 2.30 !! come 2.30 sono proprio una mezza sega che si prende oltre 20” a giro!! Ma subito dopo arriva la conferma che in realtà il giro migliore è in 2.58 … e il morale si risolleva!
Vista l’esperienza della mattina precedente si opta per la colazione in circuito.

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un meritato caffè

Una foto panoramica del paddock se sembra più vuoto delle scorso anno nonostante il numero complessivo di partecipanti praticamente uguale.

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il paddock

Ma il tempo vola: è ora di prepararsi.

Nel frattempo alcuni, viste le condizioni, la possibilità di pioggia, il freddo, le esperienze negative precedenti, decide che è meglio abbandonare.

l'abbandono
l’abbandono

 

Ma no posso farmi distrarre, io la gara la voglio fare.
Sono pronto. E mi concentro ripensando al circuito.

Per me è un bel circuito, uno di quelli che si odiano o si amano, con dei difetti: innanzitutto è piatto, non c’è il minimo dislivello, e poi con il V35 i due curvoni che immettono nel rettilineo si fanno in IV e il rettilineo, pur non essendo lungo per gli altri, per me è infinito, ma ci sono soprattutto dei pregi: bei curvoni che ti lasciano con il fiato sospeso, parte guidata impegnativa, molti punti dove si può sorpassare (… ad avere motore …).
Dopo le qualifiche son 25imo su 30 in griglia, ma la mia “Lalla partenza” certamente mi potrà aiutare.
Si entra in pista, sono il primo perché Livio non mi ha dato le termocoperte (ma a che mi servono!!), a proposito ma quanto fa freddo stamattina con la tuta umida??, giro di allineamento, il rombo dei motori sale alto (tutti in piedi sul divano!! Mi sembra di sentire i commentatori della SBK), la bandiera rossa si allontana, semaforo rosso e viaaaaaaaaaaaaa
Non avrei mai immaginato che il mio V35 con tutti i problemi che ha dimostrato, con gli oltre km. 140.000 del motore lasciato originale, potesse alzare il davanti, ma mi fa sorridere sotto il casco. La “Lalla partenza” ha funzionato, ne ho bruciati diversi nei primi metri, ma ‘sto rettilineo favorisce i motori più potenti e molti mi ripassano.
Devo stare concentrato e fare in modo soprattutto che il mio avversario diretto non mi sorpassi e che nessun altro mi sorpassi e, possibilmente, provare a passare qualcuno.
Due di quelli bruciati in partenza, alla fine del rettilineo mi avevano già dato una decina di metri, nel misto mi riavvicino un po’, ma dove si può aprire il gas … si fa un po’ l’elastico.
Il primo giro è concluso, non mi guardo indietro, ma tengo gli occhi puntati sui due diretti avversari, uno gira con una Yamaha TZ 350 (e nelle prove mi dava 10” a giro) e l’altro è Bartoli, l’organizzatore, con un Ducati Pantah 650 che quest’anno è molto migliorato e mi dava 6” a giro mentre lo scorso anno me lo ero tenuto dietro. Forse partecipare al raduno di AG in Sardegna ha consentito a Bartoli di modificare lo stile di guida.
Al termine del 2° giro riesco ancora a sfruttare un po’ di scia dei due, ma gli allunghi sono troppi, mi miglioro girando in 2.48.735, ma nonostante tutti gli avversari peggiorano a causa delle mutate condizioni climatiche, questo non è sufficiente.
Al 4° giro sono già molto lontani, mi giro e vedo il vuoto, mi rilasso un po’ e penso al fatto che ancora non mi hanno doppiato, se i primi avessero mantenuto i tempi delle qualifiche avrei dovuto subire un doppio doppiaggio da parte dei primi, ma non manca molto e al 5° giro incominciano a doppiarmi, alla fine saranno però solo in 8 a farlo.
Manca poco alla fine e scorgo il mio diretto avversario davanti a me, sta fumando e me ne dispiace, ma … sarebbe potuto capire anche alla mia Titanium!!
Finalmente la bandiera a scacchi, il saluto a tutti gli addetti alla pista e una parata tra due ali di persone tra organizzatori, visitatori, meccanici e altri piloti corona la fine della gara.
Grazie agli amici ducatisti che mi hanno supportato.

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X-Team Ducati

Resta solo da attendere il podio, mentre si smonta tutto e si carica il furgone. Tante le persone che si sono fermate ad ammirare il V35, tutti sgranano gli occhi quando dico il chilometraggio del motore non truccato, alcuni si informano sui Trofei Guzzi e, forse, qualcuno si unirà al gruppo.
È ora del podio, all’annuncio del mio nome, da buon Pirlota urlo e salto a piedi uniti i gradini per salire su quello più alto … e quasi casco giù come avrebbe potuto fare il miglior Tatuato ai tempi d’oro, ma vacillo e resisto e sono felice!!


Con un sorriso ebete, saluto tutti quelli che riesco a salutare, mi stupisco di essermi ricordato del transponder che lo scorso anno avevo portato in giro per l’Ungheria, e si parte per il ritorno. Sono già le 15.00, spezzeremo il viaggio in due tappe e, per mantenermi in allenamento meccanico, trovo anche le forze per aiutare una nonna con nipotino…

Meccanico
Meccanico

Il prossimo anno non vorrei arrivare primo, cercate di darvi una mossa tutti, è un ottimo banco di prova per le moto e per i pirloti!!

P.S.
Per la cronaca nella generale sono partito 25° arrivato 18° (lo scorso anno ero partito 24° arrivato 19°)

Ciao e lampeggi a tutti
BeppeTitanium

Prima esperienza Agonistica

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La brochure pubblicitaria della S-twin mostra la moto campione mentre si lascia dietro un'orda di Ducati WOW!!!!!

Trofeo Guzzi – Regolarità Moderne

di Federico “Toscano” Filandri

 

Avevo finito il mio quarto turno notturno al lavoro ma non ero assolutamente stanco. Era venerdi mattina e da li a poche ore sarei partito per intraprendere la mia prima avventura “agonistica”nel mondo dei motori come attore e non solo come spettatore.
La tappa di Adria di metà luglio sarebbe stata teatro del mio battesimo del fuoco. Non ero teso.
Sinceramente! Avevo solo tanta energia positiva che mi dava una carica incredibile.
Arrivo a casa e termino la preparazione dei bagagli ricontrollando per l’ennesima volta la lista delle cose da portare con me: casco, tuta, guanti, paraschiena, stivali (queste sono le cose fondamentali! ) ma anche vari ricambi di intimo (non si sa mai che faccia qualche lungo ed occorra cambiare le mutande) t-shirt, pantaloncini corti e tutto l’occorrente per l’igiene personale. Pronto anche il compressore, gli attrezzi (non serviranno certo i miei in quanto abbiamo meccanici veri nei box – a
proposito Enrico “meccanico Stagi” sei un grande!) tenda, materassino…e poi… e poi basta! Sono stufo e voglio partire!
Verso le 12:00 arriva Albylemans con il furgone affittato per l’occasione, carichiamo la moto vicino alla sua e tutto il resto dei bagagli. Nuovo rapido riassunto del materiale ed ovviamente avevamo dimenticato qualcosa: il paraschiena di Alberto. Andiamo a recuperarlo e siamo pronti per il viaggio.
Davidesport ci sta precedendo in autostrada, in quanto viaggiando con il carrello deve mantenere un’andatura più lenta rispetto alla nostra. Durante il viaggio si parla quasi esclusivamente del weekend che ci aspetta, e se anche ogni tanto cambiamo discorso, presto ritorniamo a riempire l’aria con le nostre aspettative ed i nostri propositi di ben figurare nella competizione.
Il viaggio è più lungo del previsto in quanto troviamo coda durante il tragitto milanese e bresciano, ma l’ottima compagnia mi permette di non accusare il fastidio ed anzi ne approfitto per tediare ulteriormente Albylemans con tutti i miei dubbi e curiosità. (forse il fastidio del viaggio lungo lo ha accusato più lui…) Giunti a Verona ci ricongiungiamo con chi ci precedeva ed io mosso da pietà lascio riposare un po’ il mio compagno di viaggio fino a quel punto per andare ad assillare il più
fresco e riposato Davide, che con rassegnazione soddisfa tutte le mie domande.
Poco prima del circuito Davide riceve la telefonata di Licio che lo informa dell’infortunio patito dal fratello (mi raccomando riprenditi in fretta!!!) e lo invita a sostenere con lui la gara di endurancecon il Bombardino 233! La risposta affermativa non tarda ad arrivare in quanto è per Davide fonte di un nuovo sprone a far bene (il terzo posto nonostante i problemi avuti durante la gara è più che meritato!). Sono contento per lui! Gli sforzi che deve sostenere tutte le volte che si allontana da casa
è giusto che vengano ricompensati!
Alla fine sono le 20 quando attraversiamo i cancelli del circuito. Mi sento un figo in quanto entrando comunichiamo al personale di servizio all’ingresso che siamo i piloti che dovranno gareggiare nel weekend. Probabilmente mi accontento di poco, ma io ho acquistato la mia prima moto solo sei anni fa e mai avrei pensato che un giorno anch’io avrei gareggiato in un circuito.
Arriviamo al box n°11 prenotato dai sempre efficienti Motoeuropa. Ad attenderci troviamo un nuovo amico Alessandro (ribisso, a cui và un grazie particolare per tutto l’aiuto che ci ha fornito nel box durante il weekend!) che con il suo 1100 sport corsa ci ha raggiunto per trascorrere con noi le prossime giornate. Scarichiamo il furgone e l’auto e ci sistemiamo nell’ampio box aspettando l’arrivo del resto del Trottalemme Team.
Piccola digressione. Prima di scrivere che faccio parte del Trottalemme ho ponderato molto la cosa. Poi però ho pensato alle parole di incoraggiamento ed ai consigli che Piero (Gasgas) mi ha elargito nei giorni scorsi, all’esperienze condivise nelle precedenti tappe di endurance con i Piloti ed il Meccanico Enrico (le maiuscole non sono messe per errore), con gli amici e le compagne del team ed allora anche se dalla porta di servizio mi sento di essere entrato a far parte di questo grande Gruppo. Chiusa la digressione.
Dicevamo…a si! Aspettavamo il resto del Team. Nel frattempo ci siamo dedicati alla cena ristoratrice e tra una parola e l’altra le zanzare che da quelle parti sono organizzate in stormi da caccia si cibavano tranquillamente della nostra linfa vitale ed anche litri di Autan spruzzati sui corpi non impedivano a quei simpaticissimi insetti di godere del loro pasto.
Alla spicciolata, in fine, sono giunti i restanti occupanti del box, che portandosi appresso una carica di simpatia considerevole ci hanno riconsegnato un po’ di energia che era venuta meno nel tempo.
Il caldo afoso faceva da contorno a tutto questo per cui si decise di dormire sulla pitlane del box, unica zona ventilata di tutto il circuito. Ci preparammo per il meritato riposo ed io non mi feci mancare un bel rimprovero da Davide (e per rimprovero vi garantisco che non ha detto “accipufperbaccolina che cosa sciocchina che hai fatto”) circa la rifinitura del mio numero di gara. (in effetti era veramente patetico ed inguardabile!).
Sveglia al mattino presto. Più che altro il Monza ed i Motoeuropa quando si muovono non sono propriamente silenziosi per cui la loro sveglia è coincisa con la mia.
Dovevamo ancora fare l’iscrizione alla gara, passare le verifiche tecniche ed io dovevo aspettare che aprisse lo stand di europlastucci per acquistare dei numeri per la gara degni di questo nome…
Verso le 7:30 eravamo già in coda davanti al box dove i commissari di gara avrebbero dato il nulla osta alle moto per gareggiare nelle varie categorie. Alle 9:00 sarei sceso in pista per il primo turno di prove libere e mi sembrava che il tempo fosse poco per fare ancora tutte quelle cose.
Alle 8 puntuale come un orlogio svizzero Antonio Idà (complimenti per tutto quello che fai per organizzare questi eventi) apre lo stand del MGWC e mi permette di iniziare la trafila burocratica che mi porterà all’autorizzazione a scendere in pista. Continuavo a non essere teso in ogni caso.
La moto era pronta. Io avevo infilato la mia tuta acquistata per l’occasione ed ero pronto a disegnare traiettorie degne di un Giotto. Sapevo che non dovevo esagerare all’inizio. Non conoscevo la pista, le gomme erano fredde ma quel che più contava non avevo esperienza! In ogni caso iniziate le
prove feci quel che potevo tra i cordoli, e non avendo un riferimento cronometrico mi ero convinto di aver girato in maniera sufficiente per i miei canoni.
Mi dava fastidio il non riuscire a toccare con le saponette per terra! Mi sforzavo di piegare portando il mio corpo fuori dalla sella ma non ci riuscivo. Nel secondo turno di prove libere riuscii a toccare con la punta degli stivali ma Davide mi fece notare che era per il semplice fatto che tenevo i piedi a papera! Tra l’altro non lesinò apprezzamenti sul mio impeccabile stile di guida: “sembri un legno sulla sella! Ti hanno messo un bastone su per il culo?” ma non lesinò neanche preziosissimi
consigli: “devi rilassarti maggiormente, scioglierti e pensare a divertirti” e “porta tutto quel culo fuori dalla sella che non è incollato li sopra! Non è possibile che guidi meglio in strada che in pista!”. Ad essere sincero trovo il modo burbero di Davide uno sprone continuo a migliorarmi. Sarà per il fatto che è stato lui ad insegnarmi ad andare in moto e non voglio deluderlo o per il fatto che se non do il massimo di me stesso nel fare le cose non trovo soddisfazione, ma cerco di ascoltare le parole di chi ha più esperienza di me.
La mattinata era ormai quasi passata ed ora mi aspettava il riscontro cronometrico delle prove del pomeriggio.
Il sole era alto nel cielo. La morsa del caldo torrido non allentava la sua presa e l’umidità nell’aria bagnava i corpi degli astanti. Si cercava negl’angoli ombrosi del box un refrigerio che non arrivava e le bottiglie d’acqua uscite dal frigorifero pochi minuti prima non contrastavano efficacemente l’arsura. In questa situazione surreale avrebbero avuto luogo le prime prove cronometrate. E pensare che dopo di noi avrebbero corso i piloti dell’endurance!
Si sono fatte le 14:10 ed io ero nuovamente pronto a scendere in pista. Dovevo fare bene. Ero in grado di farlo e maledetto me se non dimostravo a me stesso ed agli altri che potevo stare li a correre con loro!
Rettilinei affrontati a manetta, staccate al limite e curve tagliate con il bisturi… non toccavo ancora le saponette della tuta ma mi stavo impegnando. I piloti più veloci mi doppiavano ma non tutti e questo fatto mi rincuorava circa la bontà della mia prestazione.
Finito il turno esco dalla pista e dopo essermi tolto la tuta ormai pregna di sudore mi dirigo verso la direzione gara per visionare il mio risultato.
1’52.361 Ma vi rendete conto?!? Mi sono preso 19 secondi di distacco da Paolino Stagi che ha girato in 1’33.246 Ho fatto registrare il terzultimo tempo (e sarebbe il meno questo fatto) ma con un distacco siderale in una pista di 2,7 km! Mi sono reso conto di essere un chiodo piantato in una quercia! Se avessi preso una bicicletta sarei stato forse più veloce! Il caldo ormai non era più un problema. Un velo di depressione mi aveva avvolto e mi aveva fatto alienare dal contesto in cui mi trovavo. I rumori mi giungevano ovattati e le forze che fino a quel punto mi sostenevano avevano lasciato repentinamente le fibre del mio corpo. 1’52.361! Mamma mia che pena! E come ciliegina sulla torta la moto aveva iniziato a perdere olio. Che bel momento! La mia giornata di pista era finita e dopo una doccia ristoratrice tornavo alla mia solita veste di supporter.
La notte fù foriera di cambiamenti. Il caldo africano fu sostituito da più miti temperature createsi grazie ad un temporale sceso poco prima dell’alba. La pista in ogni caso non avrebbe avuto problemi nel garantire il grip in quanto l’asfalto aveva drenato bene l’acqua. La giornata si presentava serena ed era presente una leggera brezza che rinfrescava il corpo.
Gasgas mi aveva elargito, dall’alto della sua esperienza e bravura, alcuni consigli su come migliorare la guida e Davide insieme ad Alberto avevano completato l’opera di “indottrinamento”.
Ero carico per il secondo turno di prove cronometrate delle 11:05. Eccomi nuovamente sulla pitlane pronto ad entrare in pista. Bello carico e convinto dei miei mezzi cerco subito di mettere in atto i consigli ricevuti. Le pieghe tardano ancora ad arrivare ma mi sembra di essere più fluido e morbido nella percorrenza delle curve. Ad un certo punto sento il ginocchio sinistro sfiorare l’asfalto e l’istinto mi fa raddrizzare la moto. Ma ho toccato? Si! Ho toccato! Sono ancora più carico e alla curva successiva cerco nuovamente l’asfalto con il ginocchio. Lo trovo! Diavolo sto strisciando la saponetta lungo l’asfalto di una pista!!! Datemi del minchione ma devo confessarvi che sul rettilineo successivo ho urlato dentro il casco:” Siiiii!!!!! Sono un grande!!!!! Sono il miglioreeeeeee!!!!!” Mi rendo conto di essere un caso clinico da psichiatria ma vi garantisco che in quel momento mi sentivo un vero pilota al pari di Rossi. Terminai qualche minuto prima le prove in quanto non volevo sforzare troppo il motore e rientrai nel box.
Li feci la conoscenza di Daniele (SinSp ecc ecc) e al di la del fatto che dobbiamo ancora appurare chi dei due è affetto da Alzheimer giovanile devo dire che è una persona con un’empatia fuori dal comune! Sono molto felice di averlo incontrato (se per la prima volta o la seconda dipende da chi di noi due ha la patologia).
Dicevamo che rientrato ai box ero esaltato! Dissi e feci vedere a tutti che avevo strisciato con le saponette, sia destra che sinistra, e che ero andato molto bene! E tutti i presenti mi guardarono come si guarda un cerebroleso che è riuscito a mangiare da solo… Ma al di là di quello ero certo che il tempo si era abbassato. Alla fine il cronometro si fermò su 1’50.446 e quindicesimo posto in griglia di partenza. Si, ero migliorato, ma non come volevo. Sapevo che potevo fare meglio ed il fatto di
aver toccato le saponette mi aveva dato la sensazione di aver rotto un muro, di essere passato di categoria! E poi non potevo sfigurare con gli altri guzzisti del forum. E non con quelli di Torino.
Sai che palle sentire i loro sfottò ogni volta… Comunque, nonostante la delusione portata dall’impietoso riscontro cronometrico ero gasato e sicuro di me tanto che lanciai pubblicamente la sfida a Mauro (dido76) dicendogli che avrei fatto la gara su di lui e lo avrei passato! Lui si preoccupò solo del fatto che lo tamponassi a dire il vero… Certo che me lo sono andato a scegliere con il lanternino il mio obiettivo. Dido viaggiava con un tempo di ben 5’’ più veloce del mio! Guida preciso e costante e si vede bene quando è in pista; ma oramai era fatta e non potevo rimangiarmi tutto!
Arrivò finalmente il pomeriggio. A pranzo un panino veloce e poi a metter gli adesivi di Anima Guzzista sulla moto. Questa non perdeva più olio ed io lo presi come un segno del destino favorevole. Mancavano un paio d’ore alla partenza ed ora io sentivo la tensione. Mi ero chiuso in me stesso ed abbozzavo mezzi sorrisi a chi mi rivolgeva la parola. Controllavo i serraggi delle viti e dei bulloni e come una tigre in gabbia mi rigiravo dentro il box. Mentalmente cercavo di ripercorrere la pista e ricordavo dove passavano i piloti dell’endurance e della Griso cup in maniera tale da ricreare le loro traiettorie.
La vestizione fu più lunga del solito. Ogni cosa doveva essere perfetta in maniera tale da non dare fastidio alla guida ed ai movimenti. Stivali, paraschiena, guanti, casco, tutto controllato ed aggiustato alla perfezione. Un saluto di incoraggiamento con gli altri componenti del Team e poi salii sulla mia moto dentro il box e l’accesi. Ci eravamo già parlati nelle ore precedenti, e quindi non dovetti ripetere tutto quanto. Bastava solo prometterle che non l’avrei fatta cadere e che lei
sarebbe stata fiera di me. Abbassai la visiera e mi diressi verso la pista.
Giro di allineamento. Riguardavo le traiettorie e cercavo di scaldare un po’ le gomme come mi aveva insegnato Davide. Arrivai sulla griglia e cercai la mia casella. Eccola li la numero 15. Misi la mia moto dietro quella riga e mi guardai intorno. Vidi Dido76 e Chiaucese con i quali ci indirizzammo un in bocca al lupo. E poi a guardare i commisari di gara che stavano per dare il via al giro di warm-up. Ecco la bandiera sventolare e le moto partire ma con una velocità superiore al giro
precedente. Cavoli riuscirò a stargli dietro? Questi viaggiano come degli indemoniati. Due minuti scarsi ed ero di nuovo sulla griglia di partenza. La visiera era abbassata ed i rumori mi giungevano ovattati. La manopola dell’acceleratore girava facendo affluire benzina ai cilindri ed il battito cardiaco sembrava essersi adeguato a quel ritmo dei motori su di giri che precede le partenze. Ecco che si accende il semaforo rosso. “Dio mio sto per partire”. Si spegne! Via! Do gas a manetta e la moto mi sembra si alzi in prima marcia. Prima, seconda, terza e sono alla staccata in fondo al rettilineo. Siamo tutti li. Ho paura di far danno e tamponare qualcuno quindi cerco di tenermi dentro un margine di sicurezza. Dido mi è davanti. Non sono riuscito a passarlo alla partenza come volevo.
Devo stargli dietro e non mollarlo. Non so in che posizione sono ma vedo davanti a me altre quattro moto che lottano insieme per guadagnare posizioni. Il gruppetto è capitanato da un centauro giallo (complimenti per aver poi vinto la regolarità!). Ci sono Dido76, una breva 750 ed un V11 cafè sport.
Sono li davanti a me e Dio mio riesco a star con loro! Credo che il ritmo non sia altissimo, infatti non sto guidando benissimo ma tengo. Non mi interessa devo correre! Seconda, terza, quarta, quinta poi si deve staccare. Quarta, terza e via impostare la curva! Devo mettere il culo fuori dalla sella e trovare l’asfalto con il ginocchio. Lo trovo. Ecco ora sto guidando meglio. Devo ricordarmi mentalmente le marce per non sbagliare la percorrenza di curva. Riesco a passare la breva in uscita di curva ma l’ottimo pilota mi ripassa alla staccata succesiva. Non importa ora sto guidando bene ed è nuovamente il mio turno passare ma questa volta in staccata. Poi il motore con più cavalli mi da una mano a prendere un po’ di distanza. Almeno credo sia così in quanto non sono certo in grado di girarmi e vedere cosa è successo. Intanto il pilota con il V11 cafè è passato in testa al gruppetto e sembra prendere un po’ di vantaggio. Mauro battaglia con il centauro ma questi chiude bene le porte ed è difficile passare. In staccata mi rendo conto di chiudere il gas un po’ dopo i miei avversari, ma ho paura di tamponarli e quindi sono sempre titubante nelle entrate. Nonostante questo al tornantino che immette nella parte di pista non visibile dalle tribune riesco ad infilarmi all’interno del V11 di
Mauro ed a passarlo. Gli sono davanti devo spingere perché altrimenti mi ripassa subito! Ho il centauro nel mirino ma sento ancora il fiato sul collo di Dido che non mi molla un attimo! All’uscita dell’ultima curva prima del rettifilo finale riesco ad affiancarmi al centauro ma questi riesce a ripartire prima e rimane davanti a me. Con la coda dell’occhio vedo anche il V11 di Dido. “Gira questo cavolo di polso destro che non si rompe” mi dico e mentalmente riconto le marce. Terza, quarta, quinta, ecco la riga bianca dove staccare, quarta, “tienti lungo per prendere la corda meglio”, terza; il centauro ha staccato prima ora sono solo ad affrontare la curva, culo in fuori, ginocchio a terra e spingere con il braccio sinistro per evitare che si chiuda lo sterzo. Sono all’uscita dalla curva,
raddrizzo un po’ la moto e splanco il gas! Passato! Ora mi rimane il V11 cafè sport davanti e mancano solo 3 giri alla fine. Devo riprenderlo! Sembro riuscirci e nelle staccate mi avvicino a lui.
Siamo nella parte finale del circuito. Due curve a sinistra ed un ultima a destra che immette nel rettilineo del traguardo. L’altro pilota disegna molto bene le traiettorie delle curve a sinistra e non mi lascia davvero spiraglio. Ma devo passarlo. Non so cosa mi sia preso ma decisi di passarlo all’esterno dell’ultima curva. Si, io che al mattino avevo toccato le saponette per la prima volta avevo deciso di passare un pilota all’esterno di una curva. Un pazzo! Comunque lui come da copione disegna la sua traiettoria come da manuale mentre io allungo un po’ la staccata per avere poi una traiettoria “parallela” alla sua. Sono in terza. Devo far scorrere la moto. La saponetta di destra accarezza l’asfalto e la moto non si muove minimamente. Accelero deciso e Dio mio santissimo riesco a stare dentro la curva, a non cadere ed all’uscita di curva ad essere più veloce e passarlo! Ragazzi miei. Volevo quasi fermarmi per catturare in maniera indelebile quel momento nella mia testa. Ma la gara era ancora da finire e mancavano solamente 2 giri. “Tira Federico Tira” mi ripetevo. Ad un certo momento sul finire del 7 giro vedo la bandiera blu. Arrivano i primi. Non voglio disturbarli ma non voglio neanche che mi raggiungano gli altri piloti con i quali sono stato in bagarre fino a quel momento. Non è un problema Bonifacio e Paolino mi passano senza colpo ferire prima della penultima curva. Quando arrivo sul traguardo c’è la bandiera a scacchi che sventola! Certo che cavoli! Mi hanno doppiato e loro hanno fatto tutti e 8 i giri!!! Ma non importa. Sto provando una sensazione indescrivibile che mi fa volare. Lascio la moto con gambe e braccia e quasi perdo l’equilibrio come un pollo. Pensate se cadevo in quel momento…
Che emozioni! I commissari che sventolano le bandiere, il pubblico che applaude sugli spalti, le congratulazioni fra i piloti… meraviglioso!!!! Dovete provarlo per apire quello che sto cercando di trasmettervi. Alla fine nel parco chiuso ancora a congratularci l’un l’altro e a parlare degli episodi più salienti della gara. Saremmo solo dei dilettanti allo sbaraglio ma ci abbiamo messo la medesima intensità agonistica che ci mettono i professionisti. Tutti quanti!!!!!!! Dal primo all’ultimo siamo stati bravissimi!!!!!!!!!
Ringrazio con il più profondo del cuore tutti quanti! Tutto (e proprio tutto) il Trottalemme Team per quello che hanno fatto, Alessandro (ribisso) e Daniele (sinsp) per l’aiuto tecnico e di supporto, Mauro (Dido76) per essere stato mio complice nella gara (la rifacciamo a Magione vero?) e poi tutti gli altri che non nomino ma che sanno essere protagonisti di questo meraviglioso weekend!!!

GRAZIE DI CUORE

Le Aquile invadono Spa

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La bella Guzzi dei francesi della Scuderia Guzzi...

Testo, foto e astuto filmino di Goffredo Puccetti e Francesca Bizzarri

 

“Ammmmoooore ma sei un tesoro!!! Che splendida idea! bravo! Bravo!!”

Parliamoci chiaro: che mia moglie Francesca sia un mito lo si sapeva, ma una reazione del genere alla mia proposta di passare un Weekend alla Bikers’ Classics di Spa-Francorchamps proprio non me l’aspettavo. Tutto mi si sarebbe chiarito il venerdì mattina, al momento di partire, vedendola fare i bagagli:

“Olii essenziali, Estratti di jojoba, Aloe Vera, asciugamanino in lino, accappatoio con pratica tasca portacostume… E poi vediamo… Ah già le ciabattine, fondamentali! Servirà anche una cuffietta, no?”
Resto leggermente interdetto dalle modalità con cui Fra si sta apprestando a preparare il bagaglio… Anni di Guzzismo-zavorrismo l’hanno temprata a dovere, sono stupito da quella lista di oggetti:
“Scusa ma che ci fai con tutta questa roba?”
“Eh eh, ho visto su wikipedia! Spa! La città delle terme! Il paese delle Sorgenti!! Le terme più famose del mondo!! Terme calde, fredde, saune, fanghi, jacuzzi, aromaterapia, massaggi… Ah, quante ore passeremo a mollo alle terme?!”
“Nemmeno un secondo, immagino…”
“Prego?”
“Andiamo a Spa-Francorchamps, circuito automobilistico mitico. In occasione del più grande raduno di moto classiche d’Europa, c’è la 4 ore di Endurance, la Guzzi è ospite d’onore e Anima Guzz.. No, dai, no, no… La ciabatta noooo. Ahia ahia ahia!….”
Sorvolando sull’equivoco, il dinamico duo abbandona i vaporosi orizzonti in ammollo e si setta sul motociclistico andante: l’unica acqua di cui ci occuperemo sarà la mitica salita dell’Eau Rouge; i massaggi ce li fornirà il bicilindrico, pronti, via si parte!

The Long and winding roads
La strada da Parigi a Spa può essere più o meno noiosa e più o meno lunga a seconda di quanto si ceda al richiamo dell’autostrada. Decido di fare tutta autostrada fino a Reims, superstrada fino a Charleville Meziers e poi solo stradine per attraversare le Ardenne. La tratta autostradale è una goduria: i tre caselli sono infatti impavesati da grandi cartelli “EN GREVE” “sciopero”! Yuppie!!! Esprimendo solidarietà ai lavoratori attraversiamo garruli i caselli. Sono tempi duri e ogni euro risparmiato è una festa, signora mia. Saltiamo la sosta a Reims molto bella ma già vista in precedenza ed eccoci pronti ad uscire a Charleville Meziers. Mi sono stampato la lista dei paesini che attraverseremo. Inizia la goduria. La Foresta delle Ardenne – apri bene le orecchie o tu motociclista in cerca del bello – è uno spettacolo e le sue strade semplicemente perfette. A cinque giorni dall’Incontro in Sardegna, con l’asfalto perfetto e le sequenze inenarrabili di curve delle statali sarde ancora vivide nella memoria dovrei essere difficile da accontentare ma qui c’è poco da dire: strade perfette, sinuose, con tratti larghissimi, curve e controcurve favolose tra canyon, boschi, fiumi e paesini pittoreschi. E pochissimo traffico! Favoloso. Attraversiamo un bosco preceduto dal cartello “obbligo di fari accesi”: le chiome degli alberi sono così fitte che si viaggia in un lungo tunnel naturale, poi dei tratti su dei costoni da cui si aprono panorami a perdita d’occhio. Meravglioso, davvero un posto incredibile. Attraversate le Ardenne, la campagna belga non è meno suggestiva e l’avvicinamento a Spa è emozionante. Stavelot, Masta, Francorchamps… I nomi dei paesi e delle frazioni intorno al circuito evocano emozioni d’altri tempi. Gli ultimi chilomentri della strada che gira intorno alla pista, da Stavelot all’ingresso sono semplicemente favolosi: un tempo la pista passava di qui e si ha l’impressione che la strada nuova sia fatta apposta per ricordarlo a chi la percorre offrendo una sequenza di curvoni e saliscendi da orgasmo.

Spa-Francorchamps
Ci siamo. O meglio ci eravamo già, ma mi ero perso la deviazione. Il circuito è letteralmente nel mezzo di una fitta foresta. Nonostante sia immenso, con due pit lane e box, un area Paddock su tre livelli grande quanto le Marche, il circuito risulta pressoché invisibile fino a che non ci si è dentro. Seguiamo il cartello Moto Guzzi Bikers Classic di rotonda in rotonda ed ecco che finalmente ci siamo: uno stradone diventa un piazzale immenso nel bosco e in fondo i gonfiabili
della Bikers Classic e quello gigantesco della Moto Guzzi segnalano l’ingresso nel parco giochi di ogni motociclista. E possibile? Sì! Si! Eccola lì! Incorniciata dalle bandiere dei gazebo del parcheggio, eccola lì: una striscia di asfalto che scollina nel bosco preceduta da una chicane alla fine di una discesa folle: la Radillon – Eau Rouge. Provo la stessa sensazione che provai quando scesi dal traghetto all’isola di Man e dirigendomi verso il Bed & Breakfast, riconobbi i
guardrail di Quarterbridge… O quando alle GMG del 2003 ci fecero girare a Monza… Ecco la seconda di Lesmo… Ed ora eccola lì:
la ’esse’ Radillon-Eau Rouge, sublime, incredibile. Vedere le teste dei motociclisti sparire all’orizzonte mentre scollinano tenendo tutto aperto è da brividi. Come potrà essere farla davvero, da pilota? Ne avrò un assaggio (solo un piccolo, piccolissimo assaggio) partecipando alla parata della domenica, ma adesso siamo solo a Venerdì, riprendiamo in ordine.

Moto Guzzi à l’honneur
Non capitava spesso ultimamente. E per ultimamente intendo negli ultimi decenni. Sentirsi ammirati e invidiati. Coccolati e riveriti. Per via del marchio sul serbatoio delle nostre moto. In un paddock, intendo… Più di frequente capitava l’occhiata sbilenca, la bocca di traverso: ’ah e questi sono i guzzisti…”. Stavolta non è così. Stavolta Mamma Guzzi ci si è messa di buzzo buono: sponsor ufficiale della manifestazione, la marca Moto Guzzi domina ovunque si guardi. Sulle tribune, nell’area parcheggio riservata, al Villaggio Paddock con il suo tendone con le moto da GP in esposizione…
Faccio brutta figura nel dire che si gode come criceti quando si arriva in fila al parcheggio e si scopre che una gentilissima hostess è incaricata di riconoscere le Moto Guzzi e farle passare davanti a tutti gli altri, indicando il cammino, transennato fino all’area parcheggio riservata? E quanto è bello il braccialetto Moto Guzzi che permette accesso a tutto il paddock? Brava Guzzi! Ecco quello che serve! tappezzare Milano di cartelloni serve a qualcosa? Non saprei. Quello che è sicuro è che imporre per due giorni una marca come è stato fatto a Spa, associare indissolubilmente il nome Guzzi al bello, alle corse, alle prestazioni, alla vittoria persino (Grazie Segarra!) è sicuramente fondamentale e assai redditizio. Non avevo mai visto così tanto interesse di fronte ai modelli in esposizione e per far tacere il triste ritornello “ah ma le fanno ancora le Guzzi?” non c’è di meglio che farle vedere, nelle cornici più belle possibile. Al sabato faccio in tempo a fare due chiacchiere con diversi manager del gruppo Piaggio italiani e francesi: la soddisfazione per la risposta del pubblico all’iniziativa è palpabile. Il “ritorno” di immagine dell’investimento è evidente sin da subito, non c’è bisogno di aspettare di vedere youtube e le comunità online di tutta Europa popolarsi di video dove il marchio Guzzi è onnipresente.
I Grandi Paddock di Anima Guzzista…
Parcheggiata la moto sotto il gazebo riservato, pappappero, andiamo a farci consegnare braccialetti, magliette, cappellini, toppe e quant’altro. Mamma Guzzi ha fatto le cose in grande: prego ecco anche i buoni per i drinks al Barbecue Guzzista di domani… Minchia, disse il duca conte Rospigliosi! Veleggiando orgoglioni ad un palmo dal suolo ci apprestiamo a raggiungere il paddock e a scoprire il Primo Mistero di Spa o Santa Rivelazione della Madonna della Salita. Ho accennato al fatto che il circuito di Spa è contraddistinto da dei dislivelli senza uguali nel mondo? No? Allora lo faccio adesso: il circuito di Spa è contraddistinto da dei dislivelli senza uguali nel mondo. Segnatevi questa frase, anche voi agli ultimi banchi, perché è importante. È importante perché sostanzialmente quelli che in tutti i circuiti del mondo sono “quattro passi al Paddock, prima di rientrare ai box” a Spa sono…. una via ferrata fantozziana!!! Si inizia da una piccola parete scivolosa lungo un piccolo sentiero, si scende un costone e ci si immette in un tunnel da dove poi si risale sempre serpeggiando lungo una scarpata prima di affrontare la terribile scala metallica della parete nord con i suoi gradini ad alzata mozzafiato. Arrivati in cima, posate pure le bombole di ossigeno: siete arrivati al paddock de La Source. Ovviamente c’è anche la più dolce salita, partendo dal tunnel dell’Eau Rouge per poi salire lungo la strada che porta alla linea di partenza, all’altezza della creperie; ma in questo caso dovrete preventivare due giorni di cammino almeno e allestire un campo base all’altezza del Villagio Vip.
Ecco, questo è il Paddock di Spa, senza esagerare, giurin giurello! Dicevamo dunque che io e Fra arriviamo alla Pit Lane, dove iniziamo la caccia ai tanti volti amici che sappiamo essere lì. E sì perché al richiamo di Spa, della Guzzi ospite d’onore, hanno risposto in tantissimi e dopo la straordinaria vittoria della Guzzi di Moto Bel l’anno scorso, le bicilindriche di Mandello in pista sono aumentate e sono una più bella dell’altra! In ordine sparso, negli immensi box- cattedrale di Spa, incontriamo e salutiamo il Team Moto Bel, i baschi del GG Team, i francesi della Scuderia, diversi team tedeschi tra cui spicca una bestiale Guzzi Dynotech e poi… i nostri!!!! I nostri amici spagnoli: i Segarra, Alberto ’Teto’ e Mauro Abbadini. Ma… Ma chi si è portato appresso Mauro come meccanico? È lui o non è lui? Ma certo che è lui! La leggenda vivente delle Moto Guzzi da corsa, ze uan en onli Bruno… anzi lo dico alla francese: Brunò Scolà! Berrettino di Anima Guzzista e felpa del leggendario Minchion Team, il nostro Bruno Internazionale è di casa al Paddock di Spa. Si stupirà qualcuno se dico che la moto di Mauro Abbadini farà una gara fantastica?

E già che approcciamo l’argomento del fantastico, del sovrannaturale, ecco la notizia che grandi e piccini aspettavano; le belle favole di una volta! Il figliol prodigo di Anima Guzzista! Il profeta delle corse! Colui che vide nella sua mente torme di Moto Guzzi in pista e si immaginò un campionanto europeo, il tutto mentre il Dalai Lama non si decideva se prendere un caffé macchiato oppure no. Colui che poi tutto abbandonò per reguire il richiamo delle due ruote non motorizzate, sculettando su strade sterrate per un paio d’anni. Colui che per mezzo lustro ebbe orecchi ed occhi solo per Campagnolo, Shimano e altre cazzatelle. Ebbene, egli è tornato. A pilotare la Guzzi 53 del Classic Co, accanto a Mauro Abbadini, ecco che vediamo rifulgere nella sua tutina sgargiante il nostro Dr. Iosk, Mauro Iosca! Così, tra il serio e il criceto, il giovane si presenta in pista. E farà una signora gara perché la classe non è acqua e quando si è Minchion nell’animo non c’è Shimano che tenga. Proseguiamo lieti respirando l’adrenalina che si spande in pista ed eccole lì, sotto il bannerone col toro, ecco le splendide moto del Taurus Team. Bruno Garella, Antonio, Sam, Oreste, Andrea… e Bucodimemoria1 e Bucodimemoria2 e Bucodimemoria3 (scusate è l’età….)….Grandi abbracci e salutazioni varie ma…. (musica crepuscolare, please…) i miei occhi incontrano quelli del nostro Sam Sardi e… c’è una strana espressione nei tuoi occhi, amore, dimmi cosa c’èeeee… Samuele non raccoglie l’invito a duettare ma preferisce enumerare alcune virtù precipue a San Crispino. Si sofferma poi ad esprimere alcune curiose metafore che efficacemente mescolano la zootecnica con il monoteismo di radice abramica ed infine esplica: “cazzo, ratta! ’Sta moto ”
Ah! A quanto pare c’è un problema: la moto va, ma poi “ratta”. Ratta! Ratta! Lo ripetono più volte. Il fatto di sentirlo ripetere più volte non cambia di una virgola il fatto che io, dall’alto della mia sapienza motoristica, non sappia minimamente di cosa stiano parlando. Azzardo la battuta: “probabilmente è l’antarallo sminchiato…” e impongo le mani sul motore e sul cupolino in corrispondenza della foto-santino di Omobono. Battuta rischiosissima, gesto inconsulto: in caso di defaillance, complice la nota scaramanzia dei piloti, potrei essere bannato dal paddock… Ma la moto smette di “rattare” (boh!) e il Taurus Team si trasforma nella fiera del sorriso.
Gli amici del Gerry Team, ed il loro alfiere, il grande Graziano, colleghi di paddock, impressionati dall’evento mi invitano ad imporre le mani sulla loro Moto diversamente bicilidrica italiana: una Bimotona motorizzata Kawasaki di quelle che le vedi e fai gulp… Viene anche applicato il sacro adesivo ma ovviamente gli effetti taumaturgici non sono gli stessi su una Guzzi e su una Bimota!!! La Bimota dopo essere stata velocissima per metà gara sarà fermata da una bobina in panne… Ooops!!! Ma torniamo al sabato. Nel frattempo il sole che ci ha accompagnato da Parigi sta cedendo il posto a nuvoloni vari che veloci come Nuvolari preannunciano casi amari. Chi può immaginarsi la 4 ore domani sotto la pioggia? Di notte??? Brrr… Panico, terrore, raccapriccio… Con cotanti pensieri in testa, ci diamo appuntamento a domani e ci rechiamo garrulissimi e lietissimi nel nostro bell’albergo, a una decina di km dal circuito. Cena con l’immancabile hot dog e patatine, riflessione sul fatto che le patatine fritte in Belgio sono effettivamente ottime e a nanna! Un’altra riflessione, più articolata, concerne invece le mamme dei baristi del circuito che ti vendono 25cl di acqua a 2.5 euro. Va bene tutto, ma questo si chiama furto e la professione delle loro mamme è antica e nota.

Guzzi e Canguri (pochissimi i canguri)

Ci svegliamo il sabato mattina e sembra non piovere… Il cielo è brutto e nuvoloso ma ancora non piove. Apro le finestre e un pensiero mi assale: era solo coca cola quella che ho bevuto ieri oppure??… Il pensiero è causato dal vedere una coppia di canguri che saltellano lieti nel giardino. Vado in bagno a lavarmi il viso, torno alla finestra e i canguri sono sempre lì. Ci sono anche dei pony, dei mufloni, dei cerbiatti e dei pavoni. Ah, giusto, ora ricordo. Ora capisco il depliant “Hotel avec parc animalier dans le jardin”. Non ne avevo colto il senso esatto ieri. Archiviamo i canguri belgi e come dicevo, il tempo fa schifo ma ancora non piove. Per evitare di dover di nuovo commentare i lavori delle mamme dei gestori dei chioschi al circuito dove per un panino ti impegni un rene e per una coca cola devi fare cose innominabili nel retrobottega, puntiamo al ridente paesello di Spa. Bello e pittoresco con i suoi stabilimenti termali, il Casinò e soprattutto un bel supermercato: paninoes, prosciuttoes, caciottes und bananoes. Acquation and cocacolation. C’è tutto, si va! Ma prima passiamo in albergo va, che qui c’è la Duvel a meno di un euro a bottiglia, quasi quasi ce ne portiamo a casa una cassetta… Il Belgio non ha dato grandi personaggi al mondo. Il loro eroi nazionali sono Gugliemo Tell e Hercule Poirot, che sono entrambi personaggi di fantasia, rendiamoci conto. Però il Belgio ha dato al mondo le patatine fritte e le birre d’abbazia. E in Belgio hanno costruito il circuito di Spa. Siano rese grazie al Belgio.

Il tempo di poggiare le birrozze in albergo ed ecco che piove mannaggia mannaggia. Piove prima stile “uh piove”, poi stile “cazzo, piove!”. Piove proprio di brutto. Il mio primo pensiero è a quanta gente in meno può significare in termini di afflusso: con un tempo del genere, ti alzi con la mezza idea di farti un weekend alla Bikers Classic, guardi fuori dalla finestra e pensi: “Ma anche no” e torni a dormire…. Ma evidentemente io ho sottovalutato i motocisliti europei visto che di gente alla fine ce ne sarà un botto! Impermeabilizzati come si deve (Fra) e come non si deve (io, con la mia giacca Quecha ormai non più impermeabile) ci rechiamo al circuito. In programma una serie impressionanante di parate in pista tra sidecar, classiche e le prove libere prima della gara e una sessione di autografi di campioni del mondo all tendone Guzzi. Arriviamo al paddock e notiamo che nella magia di Spa manca l’ingrediente clou: “Antonio, ma non avete ancora messo lo striscione di Anima Guzzista?” Antonio, ovvero Antonio Tentorio Muretto Manager del Taurus Team sfoggia invero la felpa di Anima Guzzista portafortuna ma non ha ancora ottemperato al rito della Santa Ostentazione del Sacro Lenzuolo. Provvediamo io e Fra ed Omobono raccolti i nostri auspici, fa smettere di piovere nel momento esatto in cui stringiamo l’ultima fascetta. Ci sono i testimoni. Anima Guzzista tutto può. Abbiate paura. Abbiate molta paura.
Antonio ha pronta per me una sorpesina casual non da poco; come molti di voi non sanno, io non ero mica lì per pettinare le bambole. Eh no! Altro che divertimento… Io ero a Spa in qualità di Spengitor Manager per il Taurus Team! Ovvero: Addetto all’estintore. Dell’importanza di questo ruolo nella vita di un team (ma anche nella vita in generale) ho già detto nel report su Magny Cours e qui non dirò oltre limitandomi a dirvi che la sopresa per me era una tuta ignifuga vintage! Provvedo ad allertavi che le foto in calce del sottoscritto inguainato in una tutina jeans, omologazione 1975, modello Cicciobello Meccanico©, potrebbe causare reazione allergiche ed eruzioni cutanee nei soggetti più sensibili.

Phil, Ago, Jim e gli altri
Eccoli, lì! Le vecchie glorie del Motociclismo mondiale si prendono a sportellate a colpi di autografi, seduti uno a fianco all’altro nel tendone Guzzi. Mi sono portato una copia del cubotto argentato Guzzi da farmi autografare: Phil Read vede la firma di Redman e commenta sarcastico “ma guarda quanto spazio ha preso?! Peggio che in pista, eh! E io lo passo! ” E fa in modo che mezza firma sua vada su quella di Redman! Immensi!

Guzzi Guzzi Guzzi!
Che annata, ragazzi, che annata!!! Speriamo che non si arresti questa onda di successi per la Moto Guzzi! Dopo i fasti di Magny Cours con un Bol d’Or Classic dominato dalle Aquile in lungo e in largo, ecco che la Guzzi torna ad imporsi a Spa. L’anno scorso era toccato alla Guzzi del team Moto Bel, quest’anno ci pensano i Segarra! Come dite da lì in fondo? Andiamo in ordine? La fredda cronaca della gara?? Ma no, vi prego, ma non me la chiedete! Se provassi a ricordarmi tutto, ad elencarvi tutto, sarebbe ugualmente incompleto. Mi spiace giovanotti ma Spa, e la sua 4 ore con arrivo in notturna, rientra nel novero di quelle cose che non si spiegano. Le vieni a vedere e poi dici: “ah, capisco”.
Su altri siti troverete la fredda cronaca, io provo a farvi rivivere un po di emozioni del weekend… vai con le immagini!

Foto Gallery Bikers’ Classic 2010

Ecco la gara è finita! Grandi Segarra!! Trionfo Guzzista!! Torniamo in albergo e faccio in tempo a fare due chiacchiere con Antonio Idà, a cui si deve moltissimo della riuscita dell’evento. Una botta di sfiga a suo papà lo ha costretto a rivedere i suoi piani e non è salito in moto insieme al gruppo da Mandello, ma in macchina pur di vedere di persona, sia pure per sole poche ore, il risultato dell’investimento della Moto Guzzi e la risposta dei Guzzisti all’invito del Moto Guzzi World Club. Insieme a lui, prima della partenza ci siamo fatti il giro del paddock per premiare i team Guzzi e poi, durante il Barbecue Guzzista (che mi sono perso stando al paddock ma che mi dicono essere stato una figata pazzesca), ha premiato a nome del MGWC diversi club europei. Ci salutiamo che è l’una di notte passata perché Antonio mi fa: “domani parto alle 4, così faccio in tempo a ripassare in ospedale”. Massimo rispetto! Con persone con una passione e un cuore così tutto diventa possibile! Finisco la birretta della staffa chiaccherando con i giornalisti di Motociclismo a seguito del gruppo e con un paio di guzzisti francesi che minacciano pesanti ritorsioni contro il presidente del Moto Guzzi Club de France reo di essersi presentato a Spa in sella ad una Harley!!! La conversazione è accesa e variopinta ma i dettagli non possono essere trascritti perché, hai visto mai ci leggono anche i bambini…

Domenica. I have a dream…
Sole stupendo! Mo vieni! Si torna al circuito per la parata. Prima io e Fra ci facciamo il giro completo del villaggio: il paddock delle moto Classiche è tirato a lucido e la sequenza di moto è mozzafiato. Pensate alla vostra moto mitica, quale che sia. l’Honda di Freddie Spencer, la Yamaha di Sarron, ma pure la Bicilindrica di Tenni… Sono tutte qui! Di tanto in tanto si formano dei capannelli di persone: il campione di turno di passaggio tra le sue moto e subito spuntano telecamere, macchine fotografiche, pennarelli, caschi e giubotti da autografare. Intantoil parcheggio moto si è riempito all’inverosimile… Le moto poi continuano fuori, lungo la strada del campeggio, di fronte ad ogni pensione, brasserie, ristorante per tutta la strada fino a Spa… È un invasione motociclistica a tutti gli effetti. Se il tempo schifo di ieri ha avuto qualche effetto, beh, oggi a guardare le migliaia di moto presenti non ci se ne accorge proprio. Continuano le siringate all’ego dei Guzzisti che gongolano nell’area parcheggio riservata e impavesata. Quando poi ci si avvicina alle 13, motori accesi ed ecco che si forma il serpentone. Centotrenta Moto Guzzi, se ho ben contato, si schierano per entrare in pista per la parata riservata ai proprietari di Moto Guzzi.. Le consegne sono semplici: due giri, guai a chi supera la safety car. Via, si entra! Dal rettilineo dopo la Source, subito l’incontro col mito: Radillon – Eau Rouge. Marooooo che roba… la sto facendo a passo d’uomo e sono emozionato… A seguire un rettilineo nel bosco che al confronto Monza è in una spiaggia… E sali, sali, sali e poi… Poi il nirvana: Les Combes, pif paf e aaaargh discesone e Bruxelles, sì se non freni lì forse a Bruxelles ci arrivi con l’eliambulanza…Ooooo a sinistra e di nuovo giùuuuuuuuuuu ed eccoci: la risposta di Spa alla Rivazza: doppia a sinistra, gira gira gira, raccorda e gira gira gira… E rialzati che siamo tra le trottole tra Fagnes e le curve Paul Frere e poi apri, apri apri che a Blanchimont quelli veri fanno finta che sia ancora un rettilineo… Staccatona alla chicane, indispensabile per impedire passaggi sul traguardo sugli 800Kmh circa, e via lungo il traguardo per poi staccare alla curva a gomito della Source e via! Si riparte!! La Safety car mantiene un ritmo intelligente con un paio di puntatine “ad elastico” che permettono di divertirsi quando c’è da divertirsi e di rallentare a salutare lungo gli interminabili rettilinei. Bandiera rossa, il sogno è finito. Sia pure solamente da spettatore, ho girato a Spa! La Guzzi ha vinto, i team di Anima Guzzista sono andati alla grande e, dopo la beffa della cancellazione degli eventi dell’anno scorso, finalmente un grande evento internazionale firmato Moto Guzzi World Club!  Decisamente il sogno si è realizzato. Ma un altro è appena nato. Il sogno di aver vissuto a Spa non un episodio isolato ma il primo di una serie; l’inizio di una nuova epoca d’oro per la nostra marca preferita. Se serviva una dimostrazione dell’affetto inossidabile dei motociclisti di tutta Europa per l’Aquila di Mandello, la tre giorni di Spa l’ha fornita senza ombra di dubbio. La ressa intorno ai prototipi e alle moto in esposizione, il numero di partecipanti e la simpatia degli spettatori verso la Guzzi sono stati incredibili. E i piloti degli equipaggi Guzzi in gara ci hanno messo il sigillo. Continuamo così, forza Grande Moto Guzzi!

© Anima Guzzista 2010

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