Home Blog Pagina 41

Ma il casco non lo metti?

0
immagine-racconto

di Samside

Arrivo col T3 sul luogo dove ho l’appuntamento.
Un marciapiede mi separa dal portone che mi interessa, a fianco al quale c’è un bar, quindi un altro portone.
Due vigili di fronte a questo, che evidentemente hanno citofonato a qualcuno.

Io, che non ho nessuna intenzione di lasciare la moto in strada, e che ho una discreta faccia da culo, monto sul marciapiede, passo davanti ai vigili, la mollo in mezzo a due biciclette e mi infilo nel bar per un caffè.

Esco, e mentre fumo una sigaretta, mi rendo conto che se la spostassi di una ventina di metri sarebbe meglio.
Sempre sul marciapiede, ci mancherebbe altro.
C’è un buco preciso dove le bici a fianco non me le mettono di sicuro, e poi io sono un altruista: la moto è uno spettacolo, e parcheggiata di qua è molto più visibile.

Quindi lascio il casco sul tavolino dove è appoggiato, raggiungo la moto e …. potrei anche spostarla a spinta, ma già che ci siamo, ai clienti del bar, non vogliamo far sentire un’accensione ?
L’ho anche detto che sono un altruista.

Intanto uno dei due vigili non c’è più.

L’altro, come accendo, si gira.

E mi guarda.

E mi guarda ancora.

E si avvicina.

Ok, ti ho fatto incazzare.
Ti sei sentito preso per il culo, e adesso hai le palle in cerca di un centro di gravità permanente.

Ci sta tutto, ci sta.
Io probabilmente mi sarei incazzato prima.

Dai, dammi ‘sto pugno, e poi vedrò di salvare il salvabile.

Lui: “Questa è un pezzo di storia”.

Ahia, hai fatto la cazzata.
Io ormai ho un automatismo incondizionato quando incontro qualsivoglia agente che apprezza il mezzo.
E il problema è che una volta che dai il là, ti tocca sorbire il tutto.

Si comincia facendo presente che la moto è un ex P.A., e li cominciano a luccicarvi gli occhi.
Occhi che rimangono lucidi mentre passo dal Tonti al collezionista che me l’ha venduta, snocciolando date di immatricolazione, frenate integrali, ammortizzatori di sterzo e antaralli.
Occhi che cominciano a lacrimare quando vi dico che quando l’ho portata a casa, nella borsa di sinistra c’era ancora il libretto delle contravvenzioni.
Pianto che diventa irrefrenabile quando indico su detta borsa l’alloggiamento della mitraglietta.

Si è tolto gli occhiali da sole e si asciuga con un fazzoletto, io intanto ingrano la prima.

Lui: “Ma il casco non lo metti ?”.

Gli spiego che la sto solo spostando, e lui si raccomanda che la metta in una certa maniera.
Gli dico che naturalmente l’avrei messa in modo tale da non intralciare il passaggio.

Lui: “Ma non per quello, è che se la metti così si vede meglio”.

E fu luce.

Sale della Vita

0
immagine-racconto

di G. Spanghero

Va a capire come è incominciata.
Sarà stata quella gita in moto: solo e spaurito sul sellino posteriore, dopo anni passati al sicuro tra le braccia di mio padre e a cavalcioni del serbatoio, praticamente dalla culla. Me ne ricordo ancora, e vorrà pur dire qualcosa.
Sarà stata la nostalgia incontrata per caso, rovistando tra vecchie foto di famiglia: mio padre in sella alla sua Guzzi rossa. Indimenticabili ed indimenticati.
Sarà che si invecchia, ci si rende conto di assomigliare a coloro che ci hanno preceduto e ci si accorge che non ci dispiace.
E’ continuata che dopo anni di automobile, la passione per la bicicletta, un paio di Vespe stragodute, a cinquant’anni mi sono regalato una moto.
Vado piano, mi piace sentire il motore frullare cupo, percepire quella leggera sottile vibrazione che ti fa sentire la moto una cosa viva.
Ripercorro le strade di mio padre e talvolta, quando il sole va giù e cala la sera, mi sembra di intravedere la luce rossa posteriore della Guzzi precedermi di un centinaio di metri, come a segnarmi la strada. Come è stato nella vita.
Però, che nostalgia di quella Guzzi. Un modello del ’38, una valvola in testa e una laterale, venduta nel ’61 per poche migliaia di lire. Ma si sa, erano tempi in cui vecchio era un aggettivo negativo e ci si tuffava a peso morto nella modernità.
Se solo, allora, avessi potuto immaginarlo…
L’avrei rimessa a posto, filetti dorati e tutto, e ora farebbe un figurone: bella – direbbe qualcuno che ne sa più di me – come un esercito schierato a battaglia.
La mia moto di adesso? Una gran bella moto, buona per andare al lavoro come per raggiungere Capo Nord. Buona da parcheggiare davanti al bar o per farla urlare – solo ogni tanto – tirando un po’ le marce. Buona per un giretto con Francesca, la mia bambina, con la quale progetto raids infiniti. Buona per convincere colei che amo a viaggi sempre più lunghi, viaggi lunghi una vita.
Una moto che amo.
Non è una Guzzi. Ho fatto le mie scelte con il cuore, con il cervello e con il portafoglio. Ma, a dimostrazione che le contraddizioni sono il sale di una vita da uomini e che se abbiamo un’anima ne possiamo avere anche due…beh, una di queste si emoziona a vedere l’aquila: è un’anima guzzista.

 

Lubrificazione

0
di Fange

LA LUBRIFICAZIONE DEI MOTORI

I motori a combustione interna non consistono solamente di parti meccaniche in movimento, ma sono anche sede di un ciclo termico e di complesse reazioni chimiche che sviluppano calore e producono sostanze dannose per il funzionamento e la conservazione del motore stesso.

Di conseguenza, come vedremo in seguito, all’olio motore si richiedono, oltre all’azione lubrificante che rimane prevalente, le proprietà di resistere alle temperature elevate ed all’ossidazione, di assicurare la pulizia del motore, di proteggere le superfici dalla corrosione e di asportare il calore, integrando il sistema di raffreddamento.

Gli organi meccanici dei motori che devono essere lubrificati sono i seguenti:

– accoppiamenti pistone-cilindro
– cuscinetti di banco e di biella
– spinotti
– cuscinetti degli alberi a camme
– camme e punterie
– ingranaggi e catene di distribuzione
– gruppi bilancieri
– steli e guide delle valvole
– pompe dell’olio.

A questi organi deve giungere un flusso costante e continuo di olio mediante opportuni sistemi di lubrificazione.
I sistemi di lubrificazione impiegati per i motori sia Diesel che a benzina, destinati all’autotrazione, sono:

– a circolazione forzata con una sola pompa
– a circolazione forzata con due o più pompe (a carter secco)
– a sbattimento
– a miscela.

Lubrificazione a circolazione forzata con una sola pompa

È il sistema più diffuso nel campo automobilistico. Esso è costituito da una coppa, contenente l’olio, nella quale pesca una pompa che manda olio sotto pressione ai vari organi da lubrificare, attraverso apposite canalizzazioni.

Essendo la pompa mossa dallo stesso motore, all’atto dell’avviamento la lubrificazione è affidata soltanto al sottile strato di lubrificante rimasto sulle superfici, ed alla sua capacità di assicurare una buona lubrificazione limite (untuosità, proprietà antiusura).

Sulla canalizzazione che parte dalla pompa, oltre al manometro dell’olio , viene inserito un filtro in serie o in derivazione che ha il compito di trattenere le impurità trasportate dall’olio impedendone l’accumulo nel circuito di lubrificazione.

Per facilitare l’asportazione del calore nelle macchine con prestazioni sportive e nei veicoli pesanti, la coppa è talvolta alettata o esistono dei veri e propri radiatori dell’olio raffreddati ad acqua o ad aria.

Lubrificazione a circolazione forzata con due pompe (a carter secco)

Questo sistema di lubrificazione è particolarmente adatto per vetture da corsa, motocicli con elevate prestazioni e veicoli fuori strada. In questo caso l’olio non è contenuto nella coppa, ma via via che vi cade viene aspirato da una o più pompe ed inviato in un serbatoio separato.

Tale sistema viene adottato per evitare che, a causa delle brusche accelerazioni e decelerazioni, o a causa delle pendenze, l’olio venga completamente accumulato ad una estremità della coppa provocando il disinnesco della pom-pa e l’interruzione della circolazione. Pur essendo evidentemente più complesso del precedente, questo sistema presenta il vantaggio di poter abbassare il motore in conseguenza delle minori dimensioni della coppa e, per quanto riguarda l’olio, ne consente un miglior raffredda-mento e una minore contaminazione da parte dei prodotti della combustione.

Lubrificazione a sbattimento

Questo sistema di lubrificazione, abbandonato in campo automobilistico, era realizzato col movimento delle bielle, dotate nella parte inferiore di una specie di cucchiaio che, pescando nell’olio contenuto nella coppa, lo sbatteva contro le pareti dei cilindri.

Nei motori moderni, lubrificati con i sistemi a circolazione forzata, l’olio fuoriesce dai cuscinetti di biella e viene proiettato verso le pareti dei cilindri per effetto combinato della pressione e della rotazione dell’albero.

Lubrificazione a miscela

Con questo sistema il carburante viene usato come veicolo di trasporto dell’olio fino ai punti da lubrificare.

Infatti, quando la miscela olio-carburante-aria entra nel motore, il carburante già parzialmente evaporato volatilizza completamente, liberando goccioline di olio che si depositano sulle parti in movimento relativo. La preparazione della miscela può essere effettuata in due modi:

— miscelando direttamente l’olio nel serbatoio del carbu-rante in percentuali dall’I % al 9% come avviene nel caso dei motoscooter e dei fuoribordo;
— immettendo olio e benzina in due serbatoi diversi e poi miscelandoli per mezzo di un dispositivo posto prima del carburatore.

Nei motori a benzina e Diesel vengono generalmente impiegati i sistemi a circolazione. La lubrificazione a miscela viene usata invece nei piccoli motori a benzina a due tempi.

Sulle orme di Tiberio

0
Sulle orme di Tiberio

Di Marco m D’Anella

 

Dedicato a Fabio (Cuorealfa).

Un’idea dell’amico Fabio che lancia il “classico topic” in bacheca incontri, ci coinvolge da subito per quella che si rivelerà una splendida giornata nel litorale laziale.

Le previsioni, che da una settimana prevedono tempo bello per la domenica danno un impulso positivo alle adesioni dei forumisti di zona e complice il ponte lungo del 1 Novembre stuzzica anche il buon Livio e Lalla.

La giornata comincia male per me, con la moto che parte solo ad un cilindro! Moto che da sempre è stata esente (è vero) da difetti, proprio oggi fa le bizze? Sarà che avrà captato la presenza del Tatuato? Dopo qualche minuto d’apprensione e imprecazioni d’ogni genere sembra di nuovo funzionare a dovere e tiro un sospiro di sollievo.

Bene, parto alla volta di Formia dove mi aspetta Mario (Thomas) e mi faccio 40 Km di nebbia che dire fitta è dire poco.Arriviamo all’appuntamento di Sabaudia, nel cuore del parco del Circeo, con ben 15 minuti di ritardo complici i limiti assurdi e velox a gògò sulla via flacca e troviamo tutti ad aspettarci nella piazzetta antistante il municipio.

Tutti chi? Livio (Pode67), Lalla, il fratello di Lalla, Andrea il Tatuato, Emanuele (Lele72) e Marione Marioscheggia con le loro belle moto che già attirano l’attenzione dei passanti ma quando vedono la mia addirittura si fermano e mi chiedono di fare le foto ricordo…hehehe.

Minchiate a parte, dopo aver spiegato al fratello di Lalla come si sincronizzano i carburatori del suo Nevada col vuotometro (non è che me stò a montà la testa?) e un caffettuccio di buon auspicio partiamo sul lungomare ad andatura di codice e saliamo sul promontorio del Circeo ad ammirare il meraviglioso paesaggio dove Ulisse fu ammaliato dalla maga d’Omeriana memoria.

Il Tatuato intanto approfittando delle soste non la smette di sparare minchiate e solo in tarda serata scoprirò che le usa “come additivo” per la sua cattiva Racer su meccanica SP, complimenti davvero Andrea per il codone.

Appena il tempo di una sigaretta, si parte alla volta di Sperlonga, altro grazioso paesino dove l’imperatore Tiberio fece costruire la sua villa attorno alla grotta che porta il suo nome alle pendici del monte Ciannito.

Ancora però tutta strada statale e limiti ferrei che ci costringono a tenere a bada i nostri bicilindrici e che infastidiscono non poco gli smanettoni del gruppo, Lalla e Andrea su tutti.

Arrivati, ci sediamo a bere un aperitivo, scattiamo qualche foto e conveniamo che è meglio un pranzo fugace sia per poterci dedicare finalmente alla nostra vera passione cioè guidare, ma soprattutto perchè Mario è a dieta e non vogliamo che venga meno al suo ferreo regime alimentare…..

Detto fatto, dopo un panino e una birra partiamo da Sperlonga alla volta di Itri su percorso montano, poi via via fino a Ceprano proseguiamo in un susseguirsi di percorsi tortuosi che svegliano in noi una sana voglia di “sdraiare” per benino i nostri amati cancelli. In particolare si distingue Lalla che sta cominciando a prendere le misure alla sua Breva 1100, brava!

Il mio 650 fresco fresco di aspirazione libera e scarichi aperti canta come Pavarotti al Pavarotti and friends e contemporaneamente beve che è una bellezza (non si può avere tutto dalla vita).

Il ritmo è buono e il divertimento è assicurato per tutti.

Arrivati a Ceprano quasi all’imbrunire, dove i nostri cari “Nordisti” proseguiranno a malincuore con l’autostrada per Sangemini, vedo stampati sui loro volti dei bei sorrisi frutto del divertimento e soddisfazione per la bella giornata trascorsa insieme. Prima di lasciarci, non mancano ovviamente i buoni propositi per nuovi incontri da organizzare qua e là conditi da ottime magnate (vero Mario?) il che rende il distacco meno amaro.

E’ stata la mia prima vera uscita con gli amici di AG e sono molto contento perchè è stata meglio di quanto mi potessi immaginare. Lo spirito di grande famiglia virtuale che ci accompagna giornalmente sul Forum ho finalmente avuto modo di apprezzarla realmente.

Grazie a tutti.

Guida: Verniciare la moto a casa

0
di Raffaelli Leonardo (Animapersa) e Vanni Bettega (GTV47)

 

Premessa
la verniciatura, “casalinga” è più complicata di quello che si pensi. Il motivo è presto trovato….”microclima”. La verniciatura risente moltissimo sia della temperatura sia del tasso di umidità presente nell’aria. Se volete cimentarvi in questa impresa cercate sempre di verniciare quando questi parametri sono buoni, altrimenti il risultato sarà sicuramente deludente.
La stagione migliore è la primavera inoltrata e l’estate, anche se in estate molto spesso il tasso di umidità è elevato. L’inverno è consigliabile solo se avete la possibilità di riscaldare il posto di lavoro.

Luogo
Il “luogo” dove effettuerete il lavoro dovrà essere possibilmente al coperto. Consiglio un garage, un bel tavolo dove appoggiare i pezzi, ricoperto da quel nylon finissimo che vendono per le imbiancature di casa, da sostituire ad ogni ciclo di pitturazione, quindi servono tre teli, uno per il fondo, uno per la vernice e uno per il trasparente. In questo modo si elimina la polvere causata dalle verniciature precedenti. Ricordatevi che un ambiente perfettamente pulito significa il 50% in più di possibilità di successo dei vostri sforzi. Potete anche evitare il nylon appendendo i pezzi, ma in questo caso serve più manualità in quanto è più facile fare delle colature. Io lo consiglio solo a chi ha già verniciato qualcosa, sicuramente non alla prima esperienza.
Chi non possiede un garage può operare anche all’aperto, ma quando arriverà il momento di dare il trasparente è indispensabile creare una capannetta con del nylon, onde evitare che qualcosa precipiti sul vostro sudatissimo lavoro. Basta anche un solo granello o una goccia di acqua per vanificare il tutto. Io ho usato molto spesso del nylon appoggiato al terrazzo e ad uno scaleo.

Materiali
Il fondo è purtroppo necessario, sia per assicurare una buona durata, sia per fare un ottimo lavoro. Il prodotto infatti funziona sia da ancorante ed elimina i piccoli solchi causati da graffi,piccoli urti e dalla carta abrasiva stessa. Esistono degli ottimi fondi anche in bomboletta, non hai che da scegliere, a prezzi molto bassi, intorno ai 4-5 euro a bomboletta. Anche se tutte le bombolette tendono a gocciolare in questo caso non conviene preoccuparsi perchè il prodotto andrà carteggiato. Il fondo poi è sempre di colore bianco, che è la base necessaria per ottenere il colore cosi come lo avete scelto. Non pitturate mai su degli altri colori, il risultato sarà inferiore come lucentezza e cromaticità. Ricordate inoltre che la vernicie non riempe, ogni minimo difetto presente sulla preparazione del fondo lo vedrete anche a lavoro finito. Nel caso siano presenti dei colpi profondi o dei graffi molto evidenti è necessario utilizzare del buon stucco da carrozziere. Assicuratevi di avere il tipo giusto, per metallo o materie plastiche.
Per le vernici potete sbizzarrirvi come volete. Consiglio prodotti acrilici e non alla nitro, sono più facili da dare e soprattutto resistono di più ai danni creati dalla luce. Anche in questo caso i prezzi sono bassissimi, si va dai 3 ai 7 euro a bomboletta. Da preferire prodotti noti,non tanto per la qualità della vernice, quanto per la cura delle bombolette stesse. Quelle economiche tendono a gocciolare e vi assicuro che vedere il proprio lavoro rovinato magari durante l’ultima mano fa diventare neri dalla rabbia!!!
La nota dolente è data dal trasparente. In questo caso sconsiglio le pitture monocomponenti presenti nelle bombolette. Tra quelle che ho provato l’unica che mi ha dato risultati appena sufficienti è la Max Mayer. Abbastanza facile da dare, resistente all’abrasione ma purtroppo, come tutti i monocomponenti, se ci va su della benzina sono guai, si opacizza anche se sulla confezione c’è scritto che resiste…NON E’ VERO!!! E’ questo poi in sostanza il grande problema di questi prodotti, basta un benzinaio sbadato e 3 giorni di lavoro vanno a farsi benedire. Quindi per il trasparente serve un compressore, ma soprattutto una ottima pistola. Prendete un buon trasparente bicomponente e andate sul sicuro. Purtroppo questi prodotti costano molto molto cari, ma è possibile farsi dare solo la quantità necessaria senza acquistare prodotti preconfezionati. Mezzo kilo bastano per una moto normale non carenata. Con questa quantità ci ho fatto ultimamente il Quota.
Esiste una alternativa economica per utilizzare i prodotti da carrozziere. Ci sono dei rivenditori che fanno le bombolette in negozio, quindi puoi scegliere la vernice che vuoi, anche la migliore senza avere cosi bisogno del compressore e soprattutto della pistola. Il problema, almeno quelle che ho provato, e che gocciolano tutte, ma questo è un problema dei rivenditori del luogo. Nel caso vogliate lo stesso provare, evitate di utilizzare tutta la bomboletta, la gocciolatura del prodotto avviene solitamente quando la vernice sta per finire, utilizzatene due terzi, ma anche in questo caso il risultato non è garantito.
Le bombolette conservatele in casa, al riparo da freddo e umidità e portatele fuori solo al momento della verniciatura, sempre ovviamente se la temperatura esterna di notte scende troppo. Ultima cosa, rispettate sempre i tempi indicati di miscelazione, ovvero, agitate la bomboletta con pazienza, un prodotto mal miscelato significa gocciolatura sicura.

Esecuzione
Il primo prodotto da dare è il fondo. Carteggiate bene i pezzi da verniciare. Se sono originali e senza colpiture è sufficiente passare una carta abrasiva da 800 e dare una passata leggera, se invece la moto è stata verniciata già diverse volte dovrete togliere tutto il materiale e quindi vi sarà necessario dalla carta abrasiva più spessa, diciamo una 300 e poi in seguito passare quella più fina.
Al termine date una bella pulita ai pezzi evitando l’acqua, si infila sempre nei posti più nascosti ed esce sempre quando meno te lo aspetti, utitlizzate un pulitore antisiliconico oppure del semplice alcool.
Il fondo non richiede particolari abilità per essere dato e se le parti da verniciare sono a posto bastano un paio di mani, a distanza di un ora l’una dall’altra. Nel caso invece dobbiate riempire dei solchi sono necessarie piu mani, fino a che non si ottiene un risultato omogeneo. Non abbiate fretta in questa fase e ricordate che ogni piccolo difetto ve lo porterete dietro fino al lavoro finito. Osservate sempre con attenzione i pezzi, esponendoli alla luce in più posizioni in modo da evidenziare dei difetti. Se è tutto a posto il giorno successivo potete carteggiare il fondo. Utilizzate carta abrasiva molto fine e a secco, io non amo l’acqua perchè allunga i tempi di esecuzione e a volte l’umidita esce a lavoro finito.
Il fondo è molto dolce da carteggiare quindi il lavoro sarà veloce. Curate questa fase al meglio, è la più facile è vero, ma è anche quella più determinante per un buon risultato finale.
Pulite i pezzi sempre con antisiliconico o alcool e passate alla fase successiva. Nel caso invece di colpiture o graffi profondi utilizzate, prima del fondo, dello stucco, del tipo giusto ed effettuate una bella rasatura dello stesso, Applicatelo con una spatola bella pulita, riempendo per bene il solco da coprire e rasate con la spatola fino ad arrivare al filo del pezzo. Non eccedete con il prodotto in quanto durante la scartatura successiva si rischia di portare via anche il materiale vicino allo stucco e si rischia di entrare in un circolo vizioso che porta poi a fare degli avvallamenti che si noteranno a prodotto finito. Meglio un micron in meno che un mm in più! Successivamente i piccoli difetti verranno corretti con il fondo.
La verniciatura è la fase più emozionante e quella più desiderata.
A questo punto avrete già preparato la vostra copertura o il vostro garage e quindi sarete pronti a verniciare. Fate sempre delle prove di spruzzatura prima di verniciare i pezzi. Questo vi servirà per conoscere il grado di espandibilità della vostra vernice ed evidenziare eventuali difetti delle bombolette o della pistola.
Le tecniche di verniciatura sono molteplici, chi vernicia in modo lineare a scendere, chi incrocia sempre le spruzzature. Le vernici acriliche si comportano bene in entrambi i casi. Personalmente preferisco la tecnica a scendere, passate uniformi e veloci orizzontali che scendono verso il basso. In questo modo si evita di mandare dello spolvero dove avete già passato la vernice. Comunque tutto dipende dalla vostra mano e dalla vostra sensibilità.
Pensate di guidare la moto sul bagnato, è la stessa cosa, siate gentili e lasciate correre la mano in modo dolce e uniforme, non fermatevi mai sul solito punto e cercate di capire la vernice. Osservate sempre come si espande, se tende a rimanere raggruppata dovete corre di più, se invece la spruzzatura allarga, cioè si espande allora potete anche caricare un po di più. Ricordate sempre di dare la prima mano molto molto leggera, quasi il colore non deve notare e aspettate qualche minuto prima di dare la seconda più carica. La terza mano sarà sufficiente a completare il lavoro. Con gli acrilici normalmente il tempo di attesa tra una mano e l’altra varia da 5 a 20 minuti, non di più.
Se utilizzate le bombolette non posizionate mai gli oggetti in basso, in quanto per lavorare richiede di essere sempre posizionata in verticale. Un tavolo ad altezza vita andrà quindi beneissimo. Se utilizzate il compressore utilizzate sempre una pistola con il serbatotio montato sopra gli ugelli e non sotto, non avrete problemi a verniciare in qualsiasi posizione.

Se il lavoro è venuto bene potete dare anche subito il trasparente, ma io consiglio di aspettare un giorno e dare una carteggiatura leggerissima con lo spugna da carrozzieri la famosa Scothbrite della 3m. Non lavorando in un forno è inevitabile che della polvere si depositi sul nostro lavoro.
Passate con dolcezza, molto molto leggeri la spugna abrasiva e ripulite con un panno asciutto perfettamente pulito, evitate l’alcool in questa fase.

Adesso è il momento di posizionare eventuali adesivi, fatelo e poi iniziate con il trasparente. Se utilizzate il compressore il trasparente sarà bicomponente e mi raccomando di rispettare le quantità tra vernice e catalizzatore. Stessa tecnica come per la vernice, prima mano leggerissima e osservate bene il comportamento del vostro trasparente. Cercate di non caricare mai troppo, eventuali colature vi faranno perdere due giorni di lavoro. In questa fase consiglio di dare almeno 5 o 6 passate di trasparente, a distanza di circa 15 minuti. Se avete messo degli adesivi quelli diventeranno la spia per misurare la quantità di prodotto che avete dato, quando noterete che l’adesivo è bello coperto a quel punto potete dire di avere finito.
Il trasparente se ben catalizzato in un ora è fuori polvere e il giorno dopo potete addirittura montare i pezzi sulla vostra moto. Anche il prodotto delle bombolette tira abbastanza in fretta, ma in questo caso cercate di non caricare mai troppo altrimenti la vernice non vetrificherà mai, nemmeno dopo un anno!! Avrete sempre un effetto chewingum sulla vostra moto. Per sentire la vetrificazione del prodotto provate con un unghia in un punto nascosto della moto. Se l’unghia non lascia nessun segno siete a posto, se invece si infila nella vernice vuol dire che il prodotto non è ancora seccato completamente o che addirittura non seccherà mai come dovrebbe.

Che dire ancora….beh, buon lavoro! E se avete domande non esitate……se posso risponderò con piacere!
Motore

Sulla serie grossa la verniciatura dei motori fu introdotta più tardi, perchè c’era notevole differenza di colore tra i vari componenti sabbiati.Succedeva che il carter era di alluminio grigio, il cambio tendesse al giallo e i cilindri al nero.
Importante per un buon aggrappaggio è il perfetto sgrassaggio e un buon decapaggio dell’alluminio.
Io ottenevo entrambe le cose con l’impianto a tunnel con prodotti soluti in acqua a base di acido fosforico.In sostanza, questi prodotti attaccano il silicio superficiale liberando delle microscopiche nicchie in cui si ” abbottona ” la vernice.
Ho provato a verniciare un motore già montato con risultati pessimi,nonostante un accurato lavaggio con diluente nito, dovuti alla microporosità dell’alluminio che lascia trasudare un minimo di untuosità.
Normali vernici catalizzate non vanno bene, servono prodotti siliconici per alte temperature.
Sconsiglio pure prodotti in bomboletta per questioni di aggrappaggio sull’alluminio.
La vernice alla nitro è più difficoltosa da spruzzare, non è brillante come un catalizzato e se data su pezzi già verniciati può ” muovere ” la vernice sottostante.Richiede lucidatura e tende a ritornare opaca.
I motori serie piccola, dapprima anch’essi solo sabbiati, furono poi verniciati, alcune serie con vernici apolveri epossidiche, che col tempo e la luce tendevano a “sfarinare “, perdendo l’aspetto grigio metallizzato e virando sul biancastro.
In genere, si può sovraverniciare. Evita di usare nitro e tieni conto che lo spessore esagerato degli strati di vernice peggiora l’aspetto estetico.I cerchi Guzzi erano verniciati con vernice nitro di quella per cerchioni e poi ricoperti con trasparente acrilico.
La vernice da catalizzare, usata senza catalizzatore asciuga ma non reticola, non secca cioè completamente e non raggiunge la durezza. Ti ricordo che la durezza della vernice si misura con la stessa scala della durezza delle mine delle matite. se scalfisci con una mina di grado B, hai una durezza scarsa mentre se scalfisci con una F o una H hai una verniciature antigraffio.
Il forno una volta era indispensabile perchè si usavano vernici sintetiche che dovevano cuocere a 80°C nei forni da carrozziere e a 120°C nei forni industriali. ( c’era differenza di prezzo tra i 2 tipi di vernice ).
Oggi il forno serve ad essicare immediatamente la vernice, in modo da essere subito ” Fuori polvere ” cioè che non si depositi polvere sulla vernice ancora bagnata ed avere la possibilità di maneggiare il prima possibile il pezzo verniciato.A disporre di ambiente pulito, in giornate non ventose, si ottengono gli stessi risultati a di stanza di qualche giorno dalla verniciatura ( a reticolazione avvenuta ).
Per riverniciare i tuoi cerchi, suggerisco di usare pure una vernice nitro, però spruzzarla in 3 o 4 volte, dapprima uno strato leggerissimo, che non riesca a coprire, poi un altro strato sempre leggerissimo, lasciare asciugare tra uno strato e l’altro , se si dovesse alzare o sfogliare la vecchia vernice carteggire per bene e una volta asciutto riprendere con strati ancora più leggeri.Quando sei riuscito ad avere una buona copertura dai una mano di trasparente.Se non vuoi correre rischi, usa un catalizzato.
Ti ricordo che la balconata delle ruote in lega era lucidata a specchio e incartata prima di verniciare.
Il miglior alluminio per motori usato in Guzzi era prodotto dalla Nuova Univer con codice 651FO/A, si tratta di un argento di facilissima applicazione, siliconico per temperatura max di 600°C.
Per le ruote si usava una vernice Svi Standard (ormai estinta ) 63606, oggi replicabile presso la Lechler con codice 460 della codifica Guzzi Lechler ASI.

© Anima Guzzista

A Winter’s day

0
immagine-racconto

Di IvanGuitar

 

E’ martedì 31 Gennaio, oggi l’inverno sembra averci concesso una tregua. Pranzo velocemente e corro a cambiarmi… sì perché con questo sole non posso fare a meno di accendere l’Ape Maya dopo una settimana di riposo forzato, e poi questa sera c’è il primo incontro con EngelBrau e AlfredoV1000 per organizzare la Guzzilonga, occasione da non perdere per niente al mondo!
Tolgo giacca e cravatta e indosso la sottotuta, i pantaloni in pelle, le protezioni e mentre faccio questo con i soliti movimenti lenti, quasi a volermi gustare l’attesa, il solito brivido mi corre lungo la schiena.
Il Centauro è già fuori dal garage, me lo ha portato fuori mio padre e mentre mi metto il casco lo osservo valutare la moto come la prima volta quando la portai a casa. Lui, Ducatista della prima ora, non dice niente di fronte a quell’opera d’arte fatta di metallo e passione, basta il modo in cui la osserva e ammira. Mi saluta e si raccomanda: “Fatti il segno della Croce e sii prudente”.
Mi lascio dietro il suo sguardo che mi segue con affetto e ammirazione e sono già lungo la provinciale. Incredibile, incrocio sguardi avidi di emozioni ma privi di intraprendenza, sguardi che hanno detto in troppe occasioni: “… beh, magari la prossima volta… un altro giorno…”.
No! Non dico più così! Non rimando a domani!

Il pomeriggio è magnifico e sembra che il V10 lo sappia e si scaldi più velocemente del solito… ai semafori borbotta sornione a 900 giri e quando tra curve, rettilinei e qualche smadonnata per la classica “Trappolona di Turno Spiana Motociclisti” arrivo di fronte ai cancelli dell’azienda sembra che non ne voglia sapere di svoltare. Comincio a pensare ad una congiura tra i freni e l’ammortizzatore di sterzo… no Ivan! Sei solo tu che non vuoi andarti a rinchiudere in ufficio…
Parcheggio sul mio posto macchina numerato. N°20, dott. Ivan Piccolo export department! Che tristezza. A volte parcheggio apposta sul 21 o sul 19, giusto per ricordarmi che in fin dei conti sono tutte delle enormi cazzate; anche se devo confessare che parcheggiare sul 19 è molto più divertente. Di solito entro i primi cinque minuti mi arriva la telefonata dall’ufficio del personale per farmi notare che ho parcheggiato sul posto riservato ad un altro. Povero! E’ il mio collega che si è sentito spodestato del numero 19 e retrocesso al 20 e allora si è lamentato con l’ufficio del personale… che tristezza… chissà quante volte anche lui ha rimandato ad un ipotetico giorno successivo…
Sul viale che mi porta all’ingresso del personale alcuni miei colleghi mi osservano, mentre scendo dal mostro, vestito come i motociclisti nei film anni ’70… mi guardano come si potrebbe guardare un mentecatto cerebroleso… un misto di compassione e desiderio di educarmi e spiegarmi che cosa è giusto e come si vive. Lo capisco dai commenti di falsa approvazione… beh, non sono così importanti!
Il pomeriggio scivola tra telefonate e incontri e finalmente mi ritrovo in bagno ad infilarmi il sottotuta e la maglia antivento. Sono le 18:50 quando con sigaretta in bocca e casco in mano mi dirigo saltellando come un ebete o, meglio, come un bambino felice verso il parcheggio e arrivo vicino al Mostro.
Le luci dei lampioni si riflettono sulle cromature e disegnano un predatore preistorico pronto a scattare.
Mi preparo, lo accendo e schizzo come una scheggia nonostante l’asfalto gelato e il freddo che passa attraverso il sottocasco.
I quaranta chilometri che mi portano a Bassano del Grappa sono magnifici. Invece della statale scelgo una parallela che disegna curve e saliscendi. Passo per Asolo, Monfumo, Romano d’Ezzelino e senza accorgermene imbocco la statale che da Bassano porta a Trento, 500 metri e arrivo al luogo di incontro, Birreria ai Trenti ss. Valsugana.
Sono un bel po’ in anticipo e ovviamente EngelBrau non è ancora arrivato. Metto sotto assedio medioevale la prima birra media e intanto do’ un’occhiata alla clientela.
Tre ragazze sedute ad un tavolo stanno palesemente facendo commenti sul “motard” che è appena entrato e si vede che se ne intendono di protezioni, saponette etc. Mi piace, non vedo sguardi allucinati o occhi stravolti, vedo persone, gente giustamente normale, tutto questo mi piace e mi fa sentire a casa.
EngelBrau mi telefona che è ancora a Marostica, la sua G5 non ne voleva sapere di partire e la LM 1000 non è ancora assicurata…peccato, l’Ape Maya si sentirà un po’ sola. E anche noi un po’ meno ricchi.
Mentre sto dando il colpo di grazia al hot dog che avevo ordinato per far un po’ di “fondello” vedo un ragazzo con delle cartine stradali in mano, è lui! EngelBrau. Ci salutiamo come se ci conoscessimo da tempo, e forse è proprio così tra Guzzisti, cominciamo subito a parlare di moto e ordiniamo da mangiare e da bere. Il servizio è superveloce e tra un boccone e una sorsata di birra cominciamo ad entrare nel vivo dell’organizzazione. Terminate le cibarie chiedo di andar fuori per fumare una sigaretta e EngelBrau mi accompagna… appena usciti troviamo una faccia simpatica dagli occhi vivaci che dice “Tu sei Ivan vero?” AlfredoV1000!
Bene, ci siamo! Altro giro di birre e via a parlare di Negromante e del G5, del forum e dei forumisti.
Il tempo scorre veloce e riusciamo a definire un percorso interessante con tappe di tutto rispetto. La Guzzilonga sta prendendo forma!!!
Castelfranco Veneto, Asolo, Cavaso del Tomba, Bassano, Feltre, Pedavena… tutto si sta delineando. Il concerto della sera, il giro per i colli di Valdobbiadene, il pranzo della domenica… Che dire? Sono proprio contento che ci siamo trovati.
Ormai sono le 23:00 ed è ora di rientrare all’ovile. Usciamo e intanto scaldo un pochino il Bestio… sgasiamo un po’, tanto per far contenti tutti (noi tre!) e passa una coppia… lui rallenta, tora indietro di due passi e chiede: “E’ questa l’ultima della Guzzi? Bella!” Capita sempre così con il Centauro…
Mi infilo il casco e ci salutiamo, è stato un vero piacere conoscerli. Con EngelBrau ci siamo messi d’accordo per testare il percorso domenica mattina, speriamo che il tempo tenga.
Inversione da ritiro patente sulla statale (ma tanto a quell’ora non c’è mai nessuno…) e con calma mi avvio verso casa. E’ una favola, in giro non c’è quasi nessuno e non è neppure freddo. Il nastro di asfalto scorre tranquillo e il borbottare cupo del V10 mi fa sentire protetto e sereno… Ogni tanto sorpasso un macchina e passando tra i centri abitati sento fino a che punto l’inverno rallenta tutte le attività umane… respiro l’aria pulita e mi rendo conto che sono una persona fortunata.
Penso alle persone che mi vogliono bene e ai miei amici. E ripenso ai due nuovi amici che ho conosciuto questa sera.
La serata è stata proprio come me l’ero immaginata e come avrei voluto, spero che la prossima volta saremo ancora di più.

L’ANIMA DELLE GUZZI

0
immagine-racconto

di Piratessa

Le moto nascono
con un cuore di metallo,
che pulsa dolcemente
al nostro comando.
Ma non possiedono un’anima
quella gliela regaliamo noi,
con il nostro affetto,
i ricordi e le emozioni.

Quando monti in sella
è come un incontro d’amore,
due corpi e una sola anima
sospinti verso un’estasi infinita.

E’ come entrare
in una dimensione sconosciuta
dove non esistono dolore,
tristezza, paura.
Ma solo gioia pura e libertà.

E’ un miracolo che si ripete
ogni volta che parto con lei.
E’ il mio paradiso sulla terra.
E’ il mesto ritorno alla realtà
quando il viaggio è finito…

Lei è… la mia Guzzi.

Appunti molto disordinati di viaggio

0
AppuntidiViaggio

Di Sergio Sorci

 

Premessa

Certamente con queste righe non potrò far capire le meravigliose sensazioni che ho provato in questo viaggio, perché i colori, gli odori, i sorrisi della gente non si possono descrivere, ma anche per mia memoria non posso esimermi da descrivere in grandi linee questo viaggio.
Erano mesi che lo preparavo, ne parlavo con gli amici, cercavo notizie su internet, scrivevo a motociclisti che già avevano fatto questo percorso e avevo preparato una cartella con una infinità di notizie, appunti, indirizzi e quant’altro pensavo mi potesse essere utile. Per quanto riguarda eventuali compagni di viaggio, gli amici con cui uscivo in moto per giri giornalieri non potevano venire per vari motivi. Non potevo non dirlo a Mauro, amico da sempre e motociclista momentaneamente fuori servizio ma considerando che questo raid lo avrebbe portato lontano per molti giorni ho preferito parlarne con Anna (sua moglie) la quale ha, da parte sua, acconsentito lasciando a lui la decisione finale. A questo punto lo chiamo e gli propongo il mio progetto, lui mi risponde che la cosa si può fare purchè ad organizzare il tutto sia io perché momentaneamente è molto impegnato. Dopo qualche giorno, navigando su internet, intercetto Armando un ragazzo dell’Aquila trasferito per lavoro a Bolzano il quale saputo del viaggio ed essendo anche lui possessore di una Moto Guzzi Nevada IE come la mia, si entusiasma e si propone come terzo viaggiatore. La cosa ci fa piacere ed iniziamo una fitta corrispondenza via e-mail per pianificare tutto il possibile. Purtroppo circa un mese prima della partenza, un incidente in bicicletta blocca Armando con un braccio ingessato e così tra terapie e riabilitazione sfuma il suo sogno.
Dispiaciuti decidiamo comunque di andare in due, io e Mauro pertanto seguito da solo la preparazione del viaggio. Giunto a tre giorni dalla partenza mi sono bloccato, come gli studenti prima di un esame, non sapevo da dove cominciare a riempire le borse, dove mettere gli appunti presi ecc.. Per farla breve, solo con l’aiuto di mia moglie sono riuscito a preparare le borse laterali, il borsone da posizionare al posto del passeggero, la borsa serbatoio (prestito del buon Gabriele).
Io dovevo solamente pensare alla cartella con tutti gli appunti che avevo preso con mesi di ricerca, ed infatti me la sono dimenticata a casa.
Siamo partiti senza nemmeno la cartina completa dell’Europa che avevo appositamente comperato, avevamo solamente un atlante stradale da cui durante il viaggio ho stappato in sequenza le pagine che mi interessavano per posizionarle sull’apposito spazio nella borsa da serbatoio.
Tutto ciò può far capire la tensione che avevo inconsciamente accumulato in tutto il tempo della preparazione senza rendermene conto.
Comunque si parte ed il viaggio prende sempre di più la sensazione dell’avventura.
Fortunatamente non abbiamo mai avuto nessun problema ma non nascondo che molte sere abbiamo pensato che ci mancavano i nostri amici Gabriele ed Armando, con loro sicuramente tutto sarebbe stato più bello e vissuto più in allegria.

Viaggio
Giovedì 16 giugno 2005

La mattina della partenza, alle ore 730, sento suonare il campanello e, sorpresa delle sorprese ecco Gabriele che è venuto ad aiutarmi a caricare la moto ed a salutarmi, ma la moto era già pronta sopra il carrello così ho proposto a Gabriele di venire fino a casa di Mauro per farci due foto di rito. Gabriele accetta di buon grado ma essendo venuto a piedi ha preso lo scooter di mia moglie ed è partito verso casa di Mauro per farci le foto al momento della partenza.
Mauro era pronto con i bagagli in strada insieme ad Anna, arriva Gabriele e caricate le borse in macchina e fatte le foto ed i saluti di rito, io e Mauro iniziamo questo nostro lungo viaggio anche se fino a Mandello del Lario siamo costretti ad andare in macchina poiché Mauro prenderà la sua moto da Alis Agostini (mitico concessionario di Moto Guzzi) e con la mia sola moto non avremmo potuto portare tutti i bagagli.
Alle 1600 circa arriviamo a Mandello e dopo aver scaricato le borse in albergo e portata la mia moto in officina per il tagliando e sostituzione gomme, facciamo un giro a piedi per la ridente cittadina. Ceniamo insieme ad Alis, Peter e due Guzzisti francesi i quali affascinati dalla nostra meta, ci invitano a passare prossimamente anche da loro in Bretagna. I guzzisti sono fatti così!

Venerdì 17 giugno 2005

In attesa della mia moto, passiamo la mattinata a visitare alcuni dei bei borghi che costeggiano il lago di Como quindi pranzo al “grotto” un tipico locale con uno stupendo panorama sul lago dove mangiamo benissimo e ci ripromettiamo di ritornarci al nostro ritorno. Nel pomeriggio parcheggio la macchina in un piazzale privato e vigilato (grazie all’interessamento di Alis) quindi sbrighiamo le formalità per la “Brevina” di Mauro e prese le moto andiamo in albergo dove ci aspettano una marea di bagagli da distribuire nei baulletti e nelle borse laterali della Breva. Impresa ardua ma riusciamo anche a portarci alcune cose per mangiare e tre litri di vino. Cena al “Riva granda” con pesce tipico del lago e conto abbastanza saporito, poi a dormire.

Sabato 18 giugno 2005 – Como, Chiasso, Lugano, Vaduz, Bregenz, Markbreit.

E’ la vera partenza, Mauro sempre mattiniero, mi sveglia alle 0700 e dopo colazione, caricate le moto partiamo in direzione Como per poi prendere l’autostrada svizzera. Carichi sia di bagagli che di entusiasmo, maciniamo chilometri con una temperatura ideale sui 22°/25° e con sole. Alle 1700 decidiamo di fermarci a Markbreit, una bellissima cittadina con un centro in stile medioevale. Alla solita uscita prima di cena, dopo esserci allontanati dall’albergo, ci accorgiamo della bellezza del piccolo borgo ma con dispiacere ci rendiamo conto di aver dimenticato in camera la macchina fotografica, pazienza sarà per dopo cena. Fatichiamo un poco per ordinare la cena ed in particolare il pane tanto che Mauro telefona a Serena per farsi dire come si dice in tedesco. Dopo cena la stanchezza ci assale e sfuma così l’idea di fotografare quanto di bello avevamo visto.

Domenica 19 giugno 2005 – Markbreit, Hannover, Amburgo, Krusaa

Partenza alle 0800 con direzione Amburgo, autostrada senza traffico pesante data la giornata festiva e considerando che in Germania non ci sono limiti di velocità, rimpiangiamo le nostre ex “Le Mans” con cui avremmo sicuramente fatto più strada, comunque le nostre Guzzine ci portano oltre il confine con la Danimarca, dove cambiamo qualche euro con le Corone Danesi ed alle 1900 arriviamo al campeggio di Krusa e per la prima volta dormiamo in bungalow, doccia e cena con spaghetti alla matriciana (sugo preparato da Mirella) annaffiati con vino rosso e caffè. Dopo cena usciamo per la cittadina ma dopo circa 20 minuti rientriamo al campeggio, era tutto chiuso anche l’unico ristorante. C’èra una sola cosa da fare: andare a dormire.

Lunedì 20 giugno 2005 – Krusaa, Kolding, Odense, Slagels, Copenaghen

Grazie al mattiniero Mauro, siamo pronti per la partenza alle 7.30, la giornata è bella e soleggiata e viaggiamo spediti con soste solamente per i rifornimenti, sui lunghi ponti che ci portano all’isola dove si trova Copenaghen, resistiamo alle forti raffiche di vento inclinando le moto lateralmente. Nelle prime ore del pomeriggio decidiamo di fermarci e prendiamo un bungalow alla periferia di Copenaghen. La visita pomeridiana alla città inizia dal famoso parco Tivoli e prosegue al tristemente rione “Cristiania” poi parchi e canali sono le nostre mete. Ovviamente non ci facciamo mancare le foto con la strafamosissima “Sirenetta” che non sembra artisticamente niente di speciale ma ha comunque un fascino particolare probabilmente dato dalla fama che gli è stata creata intorno. Rientriamo al campeggio, cena e dopo la sigaretta di rito, anche se c’è luce come in pieno giorno, andiamo a nanna.

Martedì 21 giugno 2005 – Copenaghen, Malmo, Helsingborg, Stidsvig, Ljungby, Kolmarrdens

Partiamo alle 0830 ed io, seguendo il meteo inviato via sms da Gabriele che prevedeva pioggia avevo, per prudenza, indossato la tuta antipioggia con la parte interna per il freddo. Ho sudato come un pazzo per tutto il viaggio visto il sole che ci ha accompagnato per tutta la giornata. Comunque passiamo sul famoso e bellissimo ponte di Malmo che ci porta dalla Danimarca direttamente in Svezia. La prima parte del tragitto la facciamo in una galleria egregiamente illuminata poi si risale sulla terraferma (credo sia un’isola artificiale appositamente costruita) quindi si attraversa il vero ponte dove un forte vento ci obbligava a procedere, sul rettilineo, con le moto piegate lateralmente come in curva. Il resto del viaggio è stato un susseguirsi di paesaggi maestosi che si differenziano dai nostri anche per i colori più nitidi e sgargianti. Arrivati al campeggio la triste sorpresa, non ci sono più i bungalow grandi con bagno e doccia interni per cui ci adattiamo in un “loculo” di 2m X 6m e bagni distanti circa 50m. Solita doccia, solito risotto (questa sera milanese) e di conseguenza a dormire.

Mercoledì 22 giugno 2005 – Kolmarrdens, Stoccolma, Uppsala, Sundsvall, Docksta

La giornata sembra promettere bel tempo, si parte alle ore 0815 in direzione Stoccolma che dista solo 130 Km. Alle 1000 entriamo in città per una doverosa visita e si finisce il mondo; pioggia a scrosci, traffico impazzito ed acqua che ci entrava anche dentro i caschi. Abbiamo quindi fatto qualche altro giro senza scendere dalla moto dopodiché siamo usciti con rammarico dalla città per riprendere il viaggio almeno senza traffico. Dopo circa un’ora smettere di piovere e ci fermiamo per un panino veloce, quindi con un sole stupendo riprendiamo il viaggio tra laghi e verdi prati. Alle ore 1800 ci fermiamo a Docksta (al terzo tentativo perché i primi due campeggi avevano bungalow senza acqua corrente e bagno interno) troviamo un campeggio con bungalow da sei persone, due camere con letto matrimoniale a soli 45 €. Doccia di rito poi la spesa perché questa sera decidiamo di cucinare: Ribollita toscana (rigorosamente in busta originale), hamburger con contorno di pomodorini pachino il tutto bagnato con birra. Sono circa le 2200 di sera ed è ancora completamente giorno. Questo non ci disturba più di tanto poiché, vista la stanchezza, appena ci mettiamo a letto ci addormentiamo.

Giovedì 23 giugno 2005 – Docksta, Umea, Skelleftea, Pitea, Lulea, Happaranda, Tornio,
Ylitornio, Turtola, Pello.

Partiti alle 07.00, giornata stupenda, solamente l’aria è un po’ freschina ma con il nostro equipaggiamento non ci sono problemi. Attraversiamo il confine con la Finlandia e alle 16.45 attraversiamo la linea del circolo polare artico con un sole da fare invidia ai turisti di Rimini. Ci fermiamo a Pello in un bungalow vicino alla strada statale ma in aperta campagna dove dopo cena ci viene a trovare un signore con una chitarra in mano e nella pancia alcuni litri di birra perché era ubriaco da non reggersi in piedi. Dopo qualche minuto sono sgattaiolato dalla veranda lasciando a Mauro l’arduo compito di congedarlo. Non so come ma ci è riuscito quasi subito.

Venerdì 24 giugno 2005 – Pello, Muonio, Palojoensuu, Alta, Honningsvag, Skarsvarg
.
Oggi giornata mitica, entreremo in Norvegia ed arriveremo alla meta. Piove ma partiamo comunque alle 0645 con temporale che ci accompagnerà fino alle ore 1300, comunque durante la mattinata incontriamo le prime renne che ci obbligano ad una repentina frenata essendo sbucate dal bosco improvvisamente. Il tempo ci grazia per circa un’ora poi ricomincia a piovere ma vicini alla meta nessuno e niente ci fermerebbe. Ad Alta iniziamo a salire sugli altipiani spazzati dal vento dove troviamo anche la neve. All’improvviso ci appare il tunnel che ci porterà sull’isola ma appena entrati ci accorgiamo che l’umidità è altissima e la temperatura è di 7°. All’uscita, pagato circa 10 € di pedaggio, la lieta sorpresa è apparso il sole e possiamo ammirare questo panorama con la strada che costeggia il mare ed attraversa gruppi di case dei pescatori con i famosi essiccatoi per il pesce che non sarebbero altro che bastoni di legno dove vengono stesi i merluzzi. Dopo circa 30 Km. Entriamo nella cittadina più importante dell’isola: Honningsvag dove chiediamo ad un’agenzia dove è possibile dormire. Ci indirizza verso Skarvsvag che si trova in direzione capo nord ed a soli 13 Km dalla rupe. Felici di ciò facciamo spesa per la cena quindi arriviamo in questo bel paese di pescatori dove scarichiamo completamente le moto perché decidiamo di fermarci sull’isola anche domani e di andare in giro con una sola moto. Ceniamo festeggiando con ½ litro di vino lasciato per l’occasione quindi alle 1100 di sera ci prepariamo ad andare sulla rupe per vedere il sole di mezzanotte. Partiamo con il tempo buono ed il sole ancora alto ma nell’avvicinarci alla meta, il tempo cambia e purtroppo all’arrivo troviamo una nebbia talmente fitta che la visibilità si limita ad una decina di metri. Fortunatamente il biglietto è valido per 48 ore per cui dopo circa un’ora e le foto di rito rientriamo in bungalow con la speranza che il giorno dopo avremo trovato bel tempo.

Sabato 25 giugno 2005 – Capo Nord

Abbiamo deciso di fermarci almeno un giorno nell’isola sia per visitarla che per un meritato riposo per noi, inoltre abbiamo intenzione di tornare nuovamente sulla rupe sperando che il tempo sia migliore. Appena alzati cogliamo l’occasione per lavare gli indumenti sporchi accumulati sperando che o il sole o il termosifone riescano ad asciugarli in tempo. Appena finito il “bucato” partiamo per fare rifornimento alla mia Nevada e per la visita ai paesi dell’isola. Il tempo sembra migliorare e dopo aver mangiato partiamo per la rupe ma ancora una volta nell’avvicinarsi alla meta, il sole viene coperto dalle nuvole comunque riusciamo a farci delle foto senza nebbia. Dall’ufficio postale spediamo le cartoline con timbro di Capo Nord poi ricordini di rito quindi andiamo nei sotterranei a vedere il film che ci mostra in 17 minuti tutta l’isola sia di estate che di inverno e ci appare in entrambi i casi stupenda con la sua selvaggia apparenza. Alle 1800 rientriamo in bungalow, controllo olio alle moto e dopo un leggero rabbocco in entrambe di circa ¼ di litro ci prepariamo la cena che consiste in un risotto agli spinaci, formaggio, due birre e caffè. Dalla nostra finestra potevamo vedere tutto il paese e non essendoci anima viva in giro decidiamo la cosa più ovvia: andare a dormire.

Domenica 26 giugno 2005 – Capo Nord, Ivalo, Sadankila, Ollkajarvi, Ravaniemi

Partiamo alle 0745 con tempo pessimo, pioggia battente, vento forte ed una temperatura di 5°C che ci accompagnerà su tutto l’altopiano innevato. Quasi quasi non vediamo l’ora di entrare in galleria dove abbiamo 7° di temperatura ma non tirando il vento ci sentiamo quasi riscaldare. Veramente una giornata tremenda con la pioggia gelida che ci impone di comperare dei guanti da lavoro da inserire sopra i nostri inoltre non potendo chiudere le visiere a causa dell’appannamento, con il vento a raffiche l’acqua circola all’interno della visiera come all’esterno. Arriviamo innervositi a Ravaniemi dove ci consoliamo in un bungalow nuovissimo e molto bello con sauna e mansarda. Stanchi decidiamo di visitare la “città di Babbo Natale” il mattino successivo.

Lunedì 27 giugno 2005 – Ravaniemi, Oulu, Oravasaari, Pappinen (Jousta)

Alle ore 0800 andiamo a visitare la casa di Babbo Natale da dove spediamo alcune cartoline che verranno inviate nel periodo natalizio, foto di rito sulla linea del circolo polare artico quindi partenza per scendere ancora questa bella e selvaggia terra di Finlandia. La mattina è fresca ma siamo risparmiati dall’acqua cosa che non avviene nel pomeriggio dove veniamo sistematicamente bagnati poi asciugati poi bagnati e così fino alle 1800 quando decidiamo di fermarci. Prendiamo una camera in un vecchio “casale” di circa 500 anni dove diamo fondo alle cibarie portate dall’Italia

Martedì 28 giugno 2005 – Pappinen (Jousta), Helsinki

Partiamo alle 0800 con cielo nuvoloso ed un’aria molto fredda, comunque viaggiamo bene ma dopo circa un’ora comincia la pioggia che ci accompagnerà fino ad Helsinki. Questo tratto di Finlandia è disseminato di laghi di tutte le dimensioni alcuni con isolette da sogno dove dei fortunati hanno costruito una casetta rigorosamente in legno, avrei il desiderio di vederle tutte una ad una e viverci qualche giorno. Quante cose belle che ci sono al mondo e che non potremo mai vedere!. Alle 1600 arriviamo in città accompagnati sempre dalla solita pioggia e ci dirigiamo subito all’ufficio informazioni dove tutte le ragazze che vi lavorano hanno un cartellino sulla camicia con le bandierine delle nazioni di cui conoscono e parlano la lingua. Vi posso assicurare che il minimo erano 4 bandierine ma alcune ne avevano fino a 6 o 7. Prendiamo un albergo per due notti poiché decidiamo che un pomeriggio non sarebbe sufficiente per la visita di Helsinki. Hotel per scarico bagagli, moto in garage e prima uscita alla scoperta della città. Piove e con Mauro passiamo accanto ad un bancomat dove vediamo un ombrello ma facendo le ovvie battute lo lasciamo sul posto. Dopo aver girato per le vie del centro magnificamente abbellite e molto frequentate, ritorniamo in albergo per cambiarci ed uscire a cena. Ripassando di nuovo al bancomat, vediamo ancora l’ombrello e questa volta, visto la persistenza della pioggia lo prendiamo ed a dire il vero ci è molto servito sia la sera che nei successivi giorni quando uscivamo a piedi per visitare le città. Alle 1130 circa, infastiditi dalla pioggia e stanchi rientriamo in albergo per il meritato riposo.

Mercoledì 29 giugno 2005 – Helsinki

Usciamo dall’albergo e ci dirigiamo verso il porto dove passiamo un po’ di tempo a visitare il mercato all’aperto dove vendono di tutto, dai souvenir ai dolci, al pesce, abiti, verdure, frutta ecc. poi decidiamo di prendere un traghetto per fare il giro di alcune delle molte isole che si trovano di fronte alla città. All’imbarco una piacevole sorpresa, sul traghetto siamo solamente io, Mauro con una signora di Roma accompagnata da sua figlia ed una sua amica Finlandese con due due piccoli bambini per cui possiamo scambiare qualche parola in italiano per circa 2 ore quanto dura il giro. Per la prima volta mi pento di non aver preso la telecamera comunque scattiamo diverse foto. Le isole che costeggiamo sono a dir poco stupende sotto un bel sole si presentano con i colori sgargianti, un verde intenso e queste belle casette in legno che si intravedono tra la vegetazione. Vorrei che tutti potessero, almeno una volta nella vita, godere di queste bellezze. Scesi dal traghetto seguitiamo a piedi il giro della città quando ci arriva una telefonata dall’Italia di Serena che dice a Mauro che non è possibile andarsene da Helsinki senza aver visitato il museo di arte contemporanea “Kiasma”. Ci dirigiamo al museo ed al momento di pagare l’ingresso, notando i vari prezzi, faccio presente alla signora che siamo pensionati e sorpresa entriamo con un notevole sconto. Interessante la visita anche considerando la nostra scarsa cultura in fatto di opere d’arte comunque queste opere ci piacciono. All’uscita ci aspetta la solita pioggia per cui utilizziamo ancora il famoso ombrello. Cena in un ristorante che le guide presentavano con cucina italiana ma non avevano nemmeno il menù nella nostra lingua. Comunque come sempre ci siamo fatti capire e riusciamo a mangiare cose di nostro gusto. Sempre sotto la pioggia ci avviamo all’albergo.

Giovedì 30 giugno 2005 – Helsinki, Tallin
Abbiamo il traghetto alle 1130 ed essendo ancora presto, decidiamo di fare un tour guidato in autobus nella parte esterna della città ma giunti al terminal ci dicono che era completo ma il prossimo giro non era compatibile come orario con il nostro imbarco per cui ci rinunciamo.
Il catamarano veloce che ci porterà a Tallin arriva puntuale, l’imbarco è semplice ed immediato e salpiamo all’ora prevista. Il viaggio di circa 2 ore si svolge tranquillamente anche perché il mare era forza olio. La dogana Estone ci controlla solamente i documenti ed in un attimo siamo liberi. Probabilmente l’ingresso di queste nazioni in Europa ha modificato i rapporti di questi paesi con il turista. Anche a Tallin parcheggiamo le moto ed andiamo alla ricerca dell’ufficio informazioni che non è molto lontano. Prendiamo possesso della camera in albergo dove, avendo a disposizione una tavola da stiro con ferro, stiro una camicia precedentemente lavata quindi usciamo a piedi per la visita alla città vecchia dove con sorpresa notiamo che è in corso una ricorrenza infatti ci sono molti drappi esposti e molti locali hanno il personale vestito con abiti d’epoca (stile medioevale). A piedi passiamo per una via dove un lato è solamente occupato da negozi che vendono fiori, mentre nell’altro ci sono prevalentemente bar e ristoranti. Entrando nel piccolo centro storico Mauro vede un trenino su gomma che porta i turisti all’interno di quelle stradine così decidiamo di fare un giro. Ancora una volta rimpiango di non conoscere l’inglese perché durante il tragitto avrei potuto capire le spiegazioni di ciò che stavamo vedendo, pazienza!. Alla fine del giro proseguiamo a piedi fino all’ora di cena dove Mauro sceglie di andare in un ristorante con dei tavoli all’aperto e cameriere vestite con abiti d’epoca. Durante la cena, la tiepida temperatura che ci aveva accompagnato per tutto il pomeriggio sparisce per diventare un fastidioso freschetto tanto che le cameriere portano alle signore ed alcuni uomini delle coperte da mettere sulle spalle. Noi resistiamo stoicamente per circa un’altra ora dopodiché decidiamo di andare a dormire, dopo due giorni di riposo per noi e le nostre moto, l’indomani ci aspettano molti chilometri da percorrere.

Venerdì 1 luglio 2005 – Tallin, Salaspils, Panevezis

La mattina si presenta con temperatura fredda e poco dopo la partenza ricompare la pioggia ad intervalli che ci innervosisce ancora di più. Sosta pranzo in un momento di pausa della pioggia dove spendiamo in due solamente 18 € quindi decidiamo di attraversare la Lettonia senza soste e spingerci direttamente in Lituania dove arriviamo a Panevezis alle 1800 e prendiamo una camera all’Hotel Romantic uno dei due della carina cittadina. Cena in pizzeria, passeggiata per gli stupendi parchi con laghetto, foto e come al solito a dormire.

Sabato 2 luglio 2005 – Panevezis, Suwalki, Varsavia

Partenza alle 0830 con tiepido sole che ci accompagnerà per tutta la giornata. Entrati in Polonia, notiamo subito il cattivo stato delle strade, con dei notevoli solchi creati dai mezzi pesanti, che ci impongono molta attenzione e una bassa velocità di crociera, inoltre vi sono molti lavori in corso che, probabilmente non ben programmati, ci obbligano a transitare per chilometri su sterrati a bassissima velocità e con semafori di decine di minuti. Indubbiamente le strade più brutte fino ad ora percorse. Alle 1930 ci troviamo sul raccordo che circonda Varsavia ed è ancora un incubo, traffico da grande metropoli, strada ad una sola corsia per lavori e soste interminabili quindi, per evitare il surriscaldamento dei nostri motori, decidiamo di andare direttamente in direzione del centro dove prendiamo una camera in un immenso Hotel che occupava la superficie di un intero quartiere. Con una spesa di circa 70 € ci viene assegnata una camera al 36° piano con una vista a dir poco stupenda. Usciti, decidiamo che considerando la vastità della città ed avendo poche ore a disposizione, limiteremo la nostra escursione nei dintorni senza prendere né mezzi né moto. Anche la cena la consumiamo in un ristorantino nei paraggi dove con una modica spesa di circa 28 € mangiamo benissimo ordinando anche una buona bottiglia di vino (il primo ordinato dopo aver lasciato l’Italia).

Domenica 3 luglio 2005 – Varsavia, Breslavia (Wractow), Hradec Kralove

Anche questa giornata è soleggiata e si viaggia abbastanza bene se non fosse per le strade dissestate che ci impongono una bassa velocità ed una estrema attenzione. A Breslavia incontriamo il primo italiano in moto che anche lui rientra da Capo Nord, è di un paese vicino Sulmona e cavalca una Honda Goldwing bianca. Parliamo un po con lui poi ci dividiamo con la promessa di risentirci in seguito. Attraversiamo la frontiera con la Rep. Ceca ed alla prima città che incontriamo ci fermiamo per la notte. Qui facciamo l’incontro più simpatico di tutto il viaggio, fuori dell’albergo veniamo interpellati da un ragazzo di 26 anni accompagnato dalla moglie, che erano venuti per festeggiare il loro primo anno di matrimonio e si erano presi un giorno di festa. Venuti in treno (forse non possedevano nemmeno la macchina) cercavano un albergo economico ma era l’unico della città. Ci dice di essere di Vetralla (VT), di aver conosciuto sua moglie a Praga e di essersi trasferito definitivamente. Lo ritroviamo nel ristorante dell’albergo e ci dice di fare il portabagagli in un albergo di 5 stelle a Praga invitandoci, in caso di nostra visita nella città, a contattarlo poiché potrebbe farci dormire nell’Hotel con solo 25,00 € di spesa. Ci sono piaciuti perché si vedeva che era una coppia semplice con i problemi di tanti giovani volonterosi e bravi, uno stipendio basso (500,00 € mensili) e fatica per tirare avanti. Era molto sincero e ci ha dato la sensazione di essere un bravo ragazzo. Mauro, considerando il nostro imminente rientro, gli ha regalato il caffè che ci era rimasto e lo hanno accettato con piacere. Mi ha lasciato spontaneamente il suo numero di telefono e certamente lo richiamerò.

Lunedì 4 luglio 2005 – Hradec Kralove, Praga, Plzen, Monaco, Bad Feilnbach

Partiamo con la speranza che facendo una lunga tappa possiamo entrare in Italia la sera e magari fermarci a dormire a Bolzano per incontrare Armando. Tutto bene fino a Monaco dove, fermandoci per un rifornimento, veniamo colti da un temporale pauroso. Aspettiamo circa 30 minuti che sfoghi poi Mauro decide di partire dicendo che la pioggerellina rimasta era la coda del temporale. Dopo pochissimi chilometri, appena rientrati in autostrada, entriamo di nuovo dentro il temporale e, ormai bagnati, decidiamo di proseguire ma dopo circa 60 chilometri in direzione Innsbruck ci fermiamo esasperati poiché ritenevamo che fosse pericoloso viaggiare sull’autostrada con quel traffico. L’albergo si trova in aperta campagna, è elegante, in stile locale ed anche le ragazze addette sia alla reception ed al ristorante vestono con abiti che a noi sembrano tirolesi. Il solito problema: non parlano nemmeno una sola parola di italiano. Solito piatto unico annaffiato con birra mentre fuori seguitava incessantemente a piovere anche se con meno veemenza. Quella sera è stata la prima sera che non abbiamo fatto una passeggiata sia prima che dopo cena, d’altronde eravamo in aperta campagna.

Martedì 5 luglio 2005 – Bad Feilnbach, Innsbruck, Bolzano, Verona, Bergamo, Mandello del Lario

Questa giornata risulterà poi essere la più bella e la più brutta di tutto il viaggio ma andiamo con ordine. Facciamo colazione quindi ci mettiamo in viaggio con la solita pioggia che ci accompagna, oltrepassiamo Innsbruck e sul Brennero oltre alla persistente pioggia in aumento, comincia ad essere veramente freddo. Per la prima volta mi entra un po’ di acqua nella tuta che probabilmente non avevo chiuso bene, inoltre mi si bagnano i guanti e con 5 gradi di temperatura mi si gelano le mani al punto che in una sosta non riuscivo a riscaldarle nemmeno con l’aria calda degli apparecchi dei bagni. Questa maledetta pioggia ci ha accompagnato fino alle soglie di Brescia dove ci siamo fermati per mangiare. Dopo pranzo esce finalmente il sole ed arriviamo alle 1600 a Mandello del Lario con un caldo asfissiante. Veniamo accolti da Alis come due eroi ma, questa è la mia opinione, non per l’impresa compiuta ma in considerazione della nostra non giovane età. Lasciamo le moto e con la macchina andiamo al B&B prenotatoci da Alis per prepararci al momento più bello della serata: l’incontro con gli amici.
Andiamo a cena al famoso “Grotto” con Alis Piter, la cugina di Alis e suo marito, una coppia di norvegesi anche loro motociclisti e finalmente Gabriele, Stefano e Sandro.
Passiamo una piacevole serata tra racconti e storielle con persone veramente simpatiche che ci alleviano il dispiacere di aver terminato la nostra avventura.

Mercoledì 6 luglio 2005 –

Mattinata per doverosi controlli alla moto che nonostante avesse percorso in pochi giorni 8747 Km non presentava niente di anomalo. La “motina” si è comportata benissimo. Saluti con Alis ed i suoi collaboratori quindi partenza in macchina con moto sul carrello (finalmente un poco di meritato riposo) e via in direzione Terni per riabbracciare i nostri cari’
Conclusioni

Non posso chiudere questo semplice diario di viaggio senza ringraziare tutte le care persone che mi sono state vicine e che hanno permesso che tutto ciò si potesse realizzare quindi le elenco (l’ordine dell’elenco è puramente causale):

Mauro – mio amico da sempre e compagno di viaggio insostituibile.
Mirella (mia moglie) – perché non ha mai ostacolato questo mio sogno e non mi ha mai fatto pesare questo mio allontanamento da casa per tutti questi giorni.
Massimo (mio figlio) – perché è stato molto premuroso durante il mio viaggio.
Linda (mia nuora) – perché è stata molto presente con la mia famiglia durante la mia assenza.
Anna (moglie di Mauro) – perché ha acconsentito di buon grado che Mauro mi seguisse in questa “pazzia”.
Serena (figlia di Mauro) – perché ci è stata sempre molto vicina telefonicamente dandoci sempre dei buoni consigli sulle cose da visitare nei vari paesi.
Gabriele Nardini, carissimo amico, al quale debbo un ringraziamento particolarmente sentito. Mi ha seguito ed incoraggiato sin dall’inizio di questa mia idea inoltre mi ha informato per tutto il viaggio dandomi in anticipo le previsioni del tempo e tutte le altre notizie a me necessarie, ma la cosa che più mi ha colpito è che mi ha tenuto nascosto un suo personale dolore per non darmi un dispiacere durante il mio viaggio. Credo che persone di così alta sensibilità siano oggi molto rare.
Armando Tunno, l’amico che all’ultimo momento, dopo avermi aiutato e consigliato per l’organizzazione del viaggio, a dovuto dare forfait a causa dell’incidente accorsogli. Gli auguro di tutto cuore di fare quanto prima questo bellissimo viaggio e spero vivamente di passare con lui delle giornate in moto dalle parti della sua nativa L’Aquila.
Alis Agostani e Peter, persone splendide e sempre disponibili, ci hanno preparato le moto con la solita professionalità che li distingue ma oltre a ciò ci hanno calorosamente accolti come se ci conoscessimo da sempre. Grazie ancora con la speranza di rivederci presto.
Grazie di cuore a tutti voi sperando che un giorno io possa, almeno in parte, ricambiare tutto quello che mi avete dato.

Dettagli statistici

AppuntidiViaggio

nuova intervista a Marabese Design

0

…A colloquio coi creatori delle Guzzi del futuro

di Goffredo Puccetti e Alberto Sala
Siamo tornati a trovarli.

La scusa è la consegna del Premio Anima Guzzista 2005, visto che alle GMG dello scorso anno non c’era stata l’occasione. Ma è evidente che, già che siamo lì, magari non sarebbe male riprendere in mano alcuni discorsi, che per ogni appassionatodi design e di Moto Guzzi diventano addirittura indispensabili e pressanti. Stiamo parlando di Marabese Design, i creatori di fulminanti emozioni bicilindriche come Griso, Breva, e andando più in là nel tempo, V11 Sport e Centauro. Entrare in questo magico angolo di ingegno e creazione è occasione di accrescimento culturale, di confronto di idee con persone che stanno lavorando alle motociclette del domani (e non solo alle motociclette): significa confrontarsi con chi ha capacità di sentire, vedere, intuire, sognare, tracciare e realizzare i nostri desideri di bambinoni sognanti la vigilia di Natale.

Come sempre, ci accolgono con grande piacere e disponibilità, per le quali non smetteremo mai di ringraziarli. Non è da tutti ricevere in omaggio un intero pomeriggio, disponibili alle nostre domande e naturalmente alla smodata ed imbarazzante curiosità dei nostri occhi. Così diamo innanzitutto ruota libera alle chiacchiere attorno al tavolo della loro sala riunioni, con la Marabese Design al gran completo: assieme a Luciano Marabese e a Rodolfo Frascoli ci sono anche i due figli di quest’ultimo: Roberto, anche lui designer, e Riccardo, che si occupa del commerciale e delle prove e collaudi
su strada e pista.

GP: Come si dice in questi casi: dove eravamo rimasti? Mi sono stampato l’intervista di quattro anni fa e…

RF: Come quattro anni fa?

GP: E sì, settembre 2002, diciamo tre anni e mezzo…

RF: Ah però, come passa in fretta il tempo!

GP: Per darvi un idea di dove eravamo, ecco le domande dell’epoca: ma allora il quattro valvole resta in produzione? Il telaio della Griso esiste davvero?

RF: Mamma mia!! Effettivamente ne sono successe di cose da allora!

GP: Comunque non è una cattiva idea cominciare proprio da alcune domande che lasciammo in sospeso l’ultima volta… Vediamo, ecco qui, vi leggo la domanda e la risposta che ci deste allora:

Estratto dall’intervista del settembre 2002:

G. Esiste uno zoccolo duro di appassionati che per ragioni anagrafiche è convinto che Guzzi sia sinonimo di bicilindrico trasversale.

M. Scherziamo? Se proprio vogliamo essere precisi, il bicilindrico famoso della Guzzi, quello che ha vinto piu’ gare di tutti e’ quello longitudinale e infatti io ho disegnato la nuova Guzzi con il motore longitudinale e sara’ una cosa… anche a livello aerodinamico’ Stiamo facendo degli studi di aerodinamica molto complessi; avra’ una carrozzeria che’ non e’ piu’ una moto ma una Formula Uno (sorride).

G: E a quando tutto questo???

M. Ci stiamo lavorando; per ora esiste solo una mezza maquette in poliuretano. Ma ora basta, basta! Non vi dico altro: se vi dico tutto, poi voi non ritornate a trovarci. Torniamo a parlare delle moto di adesso.

Ecco, così ci lasciammo nel 2002. Adesso siamo tornati a trovarvi! Ci dica tutto!

LM: Ah, iniziamo subito con delle domande un po’ delicate… Diciamo che da allora l’idea di motore longitudinale non è più la sola idea che stiamo esplorando e…

RF: Guarda che questi scrivono tutto, eh!

LM: (Sorride) Allora diciamo che c’è un nostro studio in corso; stiamo lavorando per fare qualcosa di davvero diverso, qualcosa di unico. Vi posso dire che stiamo lavorando alacremente, con tutta l’anima. Da anni, appunto, per realizzare un qualcosa di… interessante, ecco!

GP: Il progetto è quello di una Guzzi sportiva, giusto?

LM: Non proprio. Diciamo che è un nostro progetto per una motocicletta sportiva. Poi, voi lo sapete, se io penso alla moto sportiva italiana, penso a Moto Guzzi: ho iniziato con la Le Mans 850 e mi sono divertito. Trent’anni fa c’era la Le Mans… Mi pare che manchi adesso, insomma, la Moto Guzzi 850 Le Mans del duemila, o no?

GP: Quindi sempre lì torniamo: ci sono spiragli per una moto del genere marchiata Moto Guzzi?

RF e LM: Speriamo (ridono)

RF: Per capirci, la Le Mans 850 alla fine degli anni ’70 era la R1 di adesso. Quando parliamo di sportiva intendiamo la stradale alla quale levi le frecce e specchietti e vai in pista la domenica… Io una Guzzi del genere la vedrei bene, voi no?

GP e AS: Eccome!

LM: Ecco, diciamo che il nostro studio va in quella direzione.

GP: Però! Davvero interessante. Facciamo un passo indietro. Nel 2001 Roberto Brovazzo affida a voi e a Ghezzi due compiti assolutamente folli, commissionando la realizzazione di un prototipo di sportiva e di una roadster partendo dalla base meccanica della Centauro, che non godeva all’epoca di chissà che reputazione… Se fossi stato un consigliere di Brovazzo avrei tentato in tutti i modi di dissuaderlo: ma che cosa mai si poteva tirar fuori di interessante con tali premesse? Ebbene, lo sappiamo adesso: questa sfida si è rivelata un colpo magistrale: la MGS-01 e la Griso, non solo sono state immediatamente percepite come plausibili, ma si sono guadagnate l’entrata in produzione in seguito all’entusiasmo con il quale vennero accolte. Cosa ci dobbiamo aspettare allora adesso, sapendo che ci sono mezzi nuovi e premesse ben più evolute rispetto ad un vecchio motore che non si sapeva nemmeno se si sarebbe omologato o meno…

RF: Ma onestamente, per la Griso il 4 valvole non è stato un ostacolo ma uno stimolo, viste le sue caratteristiche. Per la sportiva, è stato bravo Giuseppe Ghezzi: la MGS-01 è una sportiva vera, credibile, che va bene in pista! Poi magari alle volte ti diventa uno stimolo fare una moto quando attorno hai cento tecnici che ti dicono che con quello che hai a disposizione non vai da nessuna parte.

GP: Mmm… Vedo che non c’è modo di tornare sul vostro progetto di sportiva… AS: Ok, messaggio ricevuto: ci toccherà ritornare a trovarvi!

LM: Eh sì, sì: e tra poco, dai..

GP: Va bene, proseguiamo, riprendo di nuovo dalla vecchia intervista:

G. Una moto che una discreta porzione di guzzisti attende è una turistica; un’erede della SP che possa rivaleggiare con le BMW…

M. (sorride) Riccardo, chiama Rodolfo… così ve lo presento e vi faccio vedere qualcosa. Però, il registratore e la macchina fotografica restano qui, mi spiace.

GP: E allora, effettivamente questo qualcosa lo abbiamo visto! la Breva V1100 è una realtà e adesso la Norge: la vedremo così come l’avete presentata a Milano o state ancora ritoccando qualcosa?

RF: Sostanzialmente sarà quella presentata a Milano. Non si trattava di un prototipo ma di una moto allo stadio abbastanza avanzato. Alcuni dettagli li stiamo rivedendo: alcune forme nel faro, troppo durette le stiamo smussando, verificando gli effetti di insieme
e altri dettagli.

AS: Siete contenti del risultato finale?

RF: Molto. La moto mi sembra ben riuscita, ha delle proporzioni molto filanti. Nel corso del progetto non abbiamo mai guardato troppo a concorrenti come le BMW RT, per dirti; anzi ci sono studi che poi son rimasti nel cassetto, con solo mezze carene e così via. Durante il corso del progetto è cresciuta la voglia di eleganza e classe ma senza stravolgerne i volumi. Credo che questo in qualche modo sia visibile nella moto finita: mantiene un aspetto abbastanza filante nonostante masse e ingombri da vera GT, intendiamoci. Però non è uno di quei cosi plasticoni che, insomma…

GP: Hai accennato ad una semicarenata? È rimasta un prototipo o ci dobbiamo aspettare una versione “light” della Norge?

RF: No, no, era un’idea tra le tante portate avanti durante il progetto.

GP: Parliamo allora di questa piacevole novità: le moto escono come i designer le disegnano, senza il passaggio a sorpesa dal colorista di fiducia!

RF (risate) Uh, mamma, quel verde sulla Breva a Milano… Le piastre rosse della Griso… No, no adesso c’è molta attenzione. Siamo ascoltati, proponiamo, verifichiamo, siamo molto allineati, poi noi, soprattutto per Guzzi siamo abbastanza semplici, eh e le nostre proposte vertono quasi sempre sul monocolore delle carrozzerie.

LM: Che poi, quando c’è il disegno, se c’è la linea… Serve solo il colore che la esalti, certe sfumature servono a poco…

RF: certamente anche perché poi, dopo un certo punto, le possibilità di abbinamenti creativi finiscono e si esagera. L’Aprilia ha inventato tantissimo nella grafica delle moto. Scooter e sportive, dei successi incredibili, delle pagine gloriose di design innovativi, incredibili. Ma non necessariamente esportabili su altri marchi.

AS: È certamente una questione di tipologia di moto: su un modello giovane Aprilia, che si rivolge ad una certa clientela che cerca il prodotto alla moda, è corretto l’uso di tinte particolari, di azzardi cromatici ma su una Guzzi…

RF: Io i colori Guzzi, per tutte le Guzzi li farei un pelino metallizzati. Non metallizzato brillante accecante, ma un po’ più metallizati di adesso, mi piacerebbero.

RM: Mamma mia i colori della Breva a Milano… Come l’avevate chiamato, Grigio topo?

AS e GP: Pantegan Grey!  Ufficialmente noto come Grigio Sasso del Lario…

RF: Beh, l’ultima gestione molto ha tolto, eh! Mi sembra che ci sia più attenzione anche a questi aspetti.

AS: Oddio, ogni tanto qualche perla la fanno uscire ancora come la Nevada Rosso Corsa…

RF: comunque c’è molta condivisione di idee adesso, ad ogni stadio del progetto. Per esempio la Norge, tanti dettagli sui colori sono stati loro a suggerirli e noi ad accettarli al volo.

GP: quattro anni fa affrontammo l’argomento del design delle nuove Ducati. Eravamo tutti più o meno d’accordo nel considerare azzardate alcune scelte di Terblanche. Adesso il mercato ha confermato che certi azzardi, certe scelte non pagano. Come vedete i trend attuali del design motociclistico: da un lato Ducati corre ai ripari ricorrendo ad un richiamo al retrò quasi sfacciato mentre dall’altro abbiamo le ultime tendenze giapponesi tipo la MT-03.

RF: Non farmi parlare delle moto degli altri che non è educato!

GP: Riformuliamo: dove trovate l’ispirazione per la prossima moto? Cosa guardate, magari nel lavoro di altri colleghi o in certe mode, per poi arrivare a risultati come la Griso. Che poi la guardi e ti chiedi ma a cosa si sarà ispirato?

RF: Per la Griso non c’è stato un percorso, una valutazione delle mode…

GP: Quindi se adesso ti commissionassero una moto, che ne so, per fare la guerra alla MT-03?

RF: ma per che marca?

GP: Guzzi, diciamo Guzzi!

RF: Con che motore? Il bicilindrico a V?

GP: Ah, non lo so! Ditemelo voi!

RF: Beh, per adesso quello c’è! Ve la faccio io a voi la domanda: come la vedreste una Moto Guzzi monocilindrica tipo Pegaso per fare la concorrenza alla Yamaha?

GP: Dipende? Con che motore?

RF: Eh, quello che c’è, diciamo il Minarelli Yamaha Aprilia, quello della Pegaso per capirci.

GP: Mamma mia! Una Guzzi con motore non Guzzi! Mai! Ma io parlavo comunque solo di design, senza preoccupazioni di carattere commerciale. Non sono un venditore ma solo a sentire Yamaha…

RF: Te la rifaccio allora la domanda: come la vedi una Moto Guzzi monocilindrica, motore italiano, diciamo.

GP: ah, non saprei, forse bene! Sono un ex possessore di Pegaso, la prima moto italiana che è andata a disturbare le giapponesi su un terreno, quello delle enduro stradali, abbastanza difficile  e quindi direi perché no… Però mi interessava più il discorso sullo stile, sul design.

AS: mettiamola giù così: c’è qualcosa che avete visto di interessante, di indicativo sul design degli ultimi anni, qualcosa che vi ha colpito. In generale intendiamo, senza impicazioni o valutazioni di merito. Pensiamo per esempio alla Hypermotard Ducati…

GP: a me pare un XT…

RF: Mah, ci vedo una sorta di applicazione del KTM-pensiero ma… Insomma non è che tra gli addetti ai lavori abbia scaturito chissà quali reazioni. Mi avevi chiesto qualcosa di interessante, ecco: la MT-03, quella è interessante. Con un bicilidrico piccolino… Sarebbe la moto perfetta. Tra l’altro l’abbiamo anche guidata a lungo, molto divertente. L’unico limite è il monocilindrico che è un motor che ti stufa; dopo un po’ inevitabilmente ti fa venire voglia di passare
a qualcosa di più.

LM: Mmm… Non è necessariamente una cosa negativa. Dipende dall’approccio: mi compro il mono proprio perché ha certe caratteristiche, mi da certe sensazioni, lo guido in un certo modo. È una caratteristica più che un limite.

AS: Restiamo sul design e passiamo un attimo alle Cruiser: la California è sì una di quelle moto delle quali si dice che ha una linea eterna, ma la verità è che inizia davvero ad accusare i segni del tempo. Le Cruiser di adesso stanno andando in una direzione ben precisa, mi riferisco alle Power Cruiser giapponesi per esempio. C’è qualcosa che avete visto, che avete fatto, che avete in mente anche per la California.

RF: C’è una strada segnata. Un’unica strada. Indipendente dalle strade seguite da altri. La California è nata bellissima. Perfetta.
Quella è la strada da seguire. L’evoluzione del modello, in alcuni casi ha dato esiti un po’ pesanti per alcune versioni. Ma la prima, la prima California è una base ottima, un punto di partenza ideale per disegnare la California di adesso. Non serve altro, se parti da una California non devi guardare nient’altro.

LM: Poi, magari se spengete il registratore vi fa vedere qualcosa…

AS: Ah si? C’è già un progetto?

RF: No comment (ride!) C’è come dicevo un’idea forte sulla quale mi sentirei molto tranquillo.

GP: Che cilindrata immagini per la Eldorado del 2006?

RF: Mah un 1200, qualcosa in più forse…

GP: In sostanza se sei una Guzzi California non serve inseguire giapponesi o la Triumph su certe strade legate a cilindrate esagerate…

LM: La Guzzi California è la portavoce di un modo di andare in moto unico. Deve restare una moto simpatica, divertente, amichevole. Guzzi California vuol dire gioia di guidare, non moto che ti fanno paura anche da ferme… Certi concetti di moto semplicemente non ci appartengono.

RF: Soprattutto se parliamo di moto per le nostre strade, se le Guzzi escono da Mandello del Lario, devono andar bene e farti divertire sulle strade che trovi appena varcato il cancello. Quindi il California deve essere una moto divertente da guidare nel misto. Poi una volta che vanno bene lì. Oh, sia chiaro: io ho guidato la Rocket ed è una roba straordinaria, però… Solo a pensare ai consumi è un qualcosa di chiaramente diverso da quello che abbiamo in mente per una California.

GP: A proposito di questo discorso: io mi ricordo quando andare in moto era economico! Si andava in moto anche per risparmiare, e parecchio, rispetto alle auto. E adesso? Moto con i consumi come quelli che avete ricordato che senso hanno?

LM: Ma dipende dalla tipologia: una Guzzi deve innanzitutto garantire quella soddisfazione quel piacere unico che il motociclista si attende dalla Guzzi! Certo che un giorno anche Moto Guzzi avrà la sua ipersportiva per la quale nessuno guarderà ai consumi, ma se parliamo di una California con la quale fare o il giro del lago o il giro d’Europa è chiaro che non deve bere, non serve una soglia di cavalli inutile che serve solo per la brochure…

RF: Noi seguiamo molto anche il campo auto, e se solo confronti le tabelle dei consumi con quelle di venti quindici anni fa, siamo messi male… A parte qualche esempio ancora più o meno sperimentale, come le auto giapponesi ibride, le annunciate BMW ad idrogeno, per il resto… Vedi in giro pneumatici che li vedevi solo nel Super Turismo! Ad oggi, la domanda è ancora sulla potenza, che poi magari resta sulla carta, e prestazioni. I consumi non sono ancora una priorità. Pensa persino ai maxi scooter. Ce ne sono da 9 chilometri con un litro! E che pesano come un tir! Magari la priorità percepita è quella della potenza, dettata dal “dominare la rotonda”, dal non perdere mezzo metro dal semaforo a semaforo…

LM: Auto e moto hanno subito un’evoluzione molto simile. Le cilindrate erano ridotte, le potenze ridotte. Le moto si guidano in un modo diverso, i tempi sono cambiati. Dalla cilindrata 600 in su, trent’anni fa si parlava di maxi moto…

GP: E questo come lo vedete voi? Come un trend stabile o magari nel giro di qualche anno qualcosa cambierà? Lo vedete nell’immediato futuro un brief tipo: moto ibrida semiautomatica da 80 chilometri al litro?

LM: Forse bisognerà aspettare una nuova crisi pretrolifera, ma al momento non si vedono segnali di un cambiamento di rotta.

RF: Quello di cui parli sta già avvenendo in India e in Cina. Siamo appena tornati da un viaggio in India e laggiù i costuttori si sfidano a colpi di motori da 50, 100 chilometri con un litro.. Con cilindrate ovviamente da 100 cc, ma dei motori quattro tempi che sono dei gioielli e che lì fanno colpo.

GP: E qui da noi?

RF: Da noi nessuno ci bada, nessuno ci chiede interventi in tal senso. Qual’è la marca che promuove questo o quel modello mettendone in valore i consumi poco elevati? Nessuna.Al momento, evidentemente, tutta l’attenzione del consumatore è orientata altrove. Certo che se continua così, prima o poi qualcosa cambierà…

GP: Io spero che qualcosa cambi. Per farti un esempio personale non avrei mai pensato di dovermi fare i conti in tasca per la benzina prima di decidere se partecipare o meno ad un raduno ma visto il prezzo attuale…

RF: certo che il primo produttore che puntasse ad una cosa del genere, offrendo un mezzo credibile, capace di consumi ridottissimi, potrebbe pure fare un bel colpo…È un dato di fatto che il numero crescente di auto in circolazione porterà a sempre più frequenti situazioni di collasso. Roma e Milano assomiglieranno sempre di più a Bombay, dove sopravvivi solo con una moto larga cosi, che non consumi nulla.. E se arrivassimo a quello, magari arriveremo al paradosso che saranno loro, le industrie cinesi e indiane a proporci delle soluzioni alternative che saranno assolutamente imbattibili per noi occidentali.

GP: Dopo la crisi petrolifera la ricerca europea era arrivata a soluzioni interessanti. Solo che le renault da 50 km al litro, le auto ad idrogeno le abbiamo lasciate nei musei…

LM: Significa che c’è ancora molto petrolio.

RF: per noi sarebbe affascinantissimo puntare su tecnologie e soluzioni alternative… Pensa ad una 400 semiautomatica, una tutto-terreno, inventarsi un concetto proprio nuovo di mezzo a due ruote per la mobilità urbana…

AS: È il campo che interessa a Piaggio, più che a Guzzi.

RF: Senz’altro. Certo qui adesso ne stiamo parlando a ruota libera ma si tratta di progetti per i quali si mettono in gioco capitali enormi per tempi molto lunghi…

GP: A proposito di tutto-terreno e maxi enduro. Diciamo la moto per fare concorrenza alla BMW GS, la vedete fattibile a partire dalla base meccanica e ciclistica della Breva?

RF: Non saprei. Bisognerebbe lavorare molto sul peso… Poi quel motore già lo abbiamo alzato sulla Breva e gli ingombri con le ginocchia, diciamo che siamo al limite. Vedere come ci può stare lì una ruota da 19… Studi senz’altro ne abbiamo fatti parecchi.

LM: Ma poi tante volte le moto bisogna vederle fuori, vive, in strada. Qui si parla di design ma è solo davanti alla moto che si vedono un sacco di cose, tante cose che in un bozzetto, o anche in una maquette non si vedevano per niente. Ho visto stamattina un prototipo alla prima uscita. Erano venti giorni che lo vedevo ogni giorno e visto in movimento era tutta un’altra cosa, certe proporzioni, certi dettagli si vedono solo in movimento.

GP: Mi viene in mente di come i primissimi commenti per la carena della V11 furono negativi di fronte alla prima foto rubata del prototipo: una foto presa da davanti, con un obiettivo che deformava la carena. Adesso per la Norge la prima foto che è circolata è una gran bella foto, di tre quarti, con la luce giusta…

RF: Per riallacciarmi al discorso di prima: nessuno adesso va in galleria del vento per verificare i consumi. La Norge, che è stata sviluppata in galleria del vento per migliorare il confort di viaggio, quindi eliminazione turbolenze e fruscii ma senza quell’attenzione al CX, e quindi alla riduzione dei consumi che c’era anni fa. Nessuno adesso va in galleria del vento per verificare i consumi. L’ultima moto con una carena studiata in funzione del cx è stata la RSV 1000. Adesso se non fai la moto bella, puoi avere il cx che vuoi ma…

LM: Fino a che qualcuno non romperà questa spirale si continuerà così: avevamo la moto da 175 cc che faceva 40 chilometri con un litro. Adesso la vogliamo da 1200 cc… Le automobili erano 500, 600 o 750 cc che già cominciava ad essere una cosa grossa. Adesso si parla di berline 4200 con tranquillità. Qualcuno un giorno romperà e si tornerà indietro.
GP: Torniamo all’accenno di prima: adesso se non si fa la moto bella non si va da nessuna parte. Quattro anni fa, ùnon c’erano gli spigoli che vediamo adesso imperanti, adesso si parla di “edge”, cinque anni fa si parlava di “bio”. Voi in che direzione andate?

LM: Si cerca sempre di fare cose diverse ma la tendenza generale la senti, ne fai parte. Sono usciti fuori gli spigoli, e tu ti metti a disegnare e ti accorgi che saltano fuori, perché certe forme ti hanno colpito, perché certe tendenze erano nell’aria e senza nemmeno volerlo in un certo senso ti sei adattato… Esistono le mode, dei cicli anche nel design, così come c’era il momento del tutto tondo, adesso ci sono gli spigoli. Senza contare poi la relazione col cliente che vuole vendere, nel momento! Spesso ha in mente dei riferimenti ben precisi. Ma spesso lo si fa inconsciamente, lo vedo seguendo i loro lavori, che pure sono sempre innovativi, ma tante volte inconsciamente restano dentro certe forme, certe proporzioni che sono chiaramente riconducibili ad una tendenza in atto, in testa hai sempre e comunque una moto che vorresti vedere in strada immediatamente, che sia attuale.

RF: Diciamo che non puoi non vedere quello che ti succede intorno. Gli eccessi spero di evitarli, non li ho mai digeriti… Certe tendenze recentissime di certe marche non le condivido. È vero che in questo il marchio ti aiuta. Ogni marchio ha la sua personalità. Il Marchio Guzzi ti permette tante cose ma non gradisce gli eccessi.  Alcuni stili si adattano più ad un marchio che ad un altro. Pensiamo ai più recenti successi del design cosidetto “edge” come la Kawasaki Z1000: è una linea perfettamente compatibile con il marchio. Molto giapponese, e il mercato gli da ragione. Adesso nelle auto per esempio sta esplodendo questa tendenza detta di muscle design, con questi passaruota sportivi dappertutto, una reazione al minimalismo della Audi, Volkswagen, pensa alla Passat. Alcuni marchi si tengono al di fuori e impongono il loro design.
Un marchio come Guzzi è in questa posizione. Poi, quando vuoi fare un veicolo di rottura, se vuoi… Se vuoi rischiare, se il cliente ci sta, quando è lui che te lo dice: ok , adesso esageriamo! Allora tutto diventa possibile! Moto Guzzi è un marchio che può farlo, vedi Griso. Presentare un modello del genere marchiato Guzzi, come dire: è tutto in discesa, tutto è possibile! Se pensiamo per esempio al classico motore a V, è già l’architettura del bicilindrico a determinare certe scelte, non è una configurazione neutra, diciamo, con la quale puoi fare di tutto ma un insieme che già ti da delle indicazioni.

LM: il design finale è ovviamente condizionato dalla tecnologia, dalle potenze dalle tipologie di motore. Il giorno in cui ci mettiamo in testa di disegnare una Moto Guzzi da 200 cavalli viene fuori una moto diversa… Porquoi pas?

 

L’intervista prosegue seguendo ritmi inaspettati. In diverse occasioni Rodolfo Frascoli ci chiede come vediamo il design di moto come la Breva a distanza di anni, chi chiede dei commenti dei proprietari, confrontiamo esperienze e sensazioni: siamo anni luce lontani dal cliché del designer di lampade prestato al motociclismo…
Quando l’argomento tocca i nomi delle moto, gli tocca risorbirsi le litanie mie e di Alberto contro i deliri di marketing che produssero le Le Mans Tenni, le California Sport, il V11 Coppa Italia; contro i dirigenti che a priori devono cassare quello che è stato fatto prima di loro. Rodolfo è molto sicuro: Breva, Griso, MGS-01 erano prodotti nati e portati avanti dalla precedente gestione. Nessuno di questi è stato cassato a priori, anzi! Questo è un buon segno. Siamo ottimisti.

LM: senza contare che il successo di una moto è anche figlio di un ambiente, di un modo di lavorare.. Adesso che le moto sono lì, sono visibili, la Breva, la Griso, le vedi, le provi, il modello in strada, con le vendite che parlano chiaro, manda dei segnali molto netti, e quindi anche tu poi di rimando lavori in maniera migliore.

RF: C’è molto ottimismo. Eh, guardate che poi la cosa bella è che parliamo di Moto Guzzi che come marchio ha una forza… Guarda secondo me con un bel motorino nuovo, nuovo eh. Nuovo. Senza quel carter lì che…

GP: che grida “Reali Fonderie Lecchesi 1880”…

RF: per carità, con certe fusioni fatte per pizzicare il motore in catena di montaggio… Roba di cinquanta anni fa… Guarda con un motore ben disegnato, con i dettagli giusti, senza fare un’astronave, intorno ci fai una moto che ti permette di fare numeri… Non dico da Monster ma insomma…

GP: In attesa di arrivare lì: quanto ha significato per voi vedere, in un modo o nell’altro, vedere il progetto Griso realizzarsi?

RF: La risposta precisa te la darò a fine anno. Con davanti i freddi dati di vendita. Volente o nolente, così va il mondo adesso. Come designer, sono contento. Il disegno regge bene anche nella versione 850, che hanno appena finito. Insomma, è stata una bella scommessa.

AS: Da questo punto di vista, io ricordo di aver avuto due sensazioni distinte a Monaco, la prima volta che la vidi: da un lato paura, perché era troppo bella, troppo diversa, troppo sensazionale. Quei prototipi che li vedi e sai che non saranno mai messi in produzione. Dall’altro lato però, ammiravo la ressa… Una folla esagerata intorno…

LM: Rodolfo andò parecchio fuori da quelli che erano i canoni Guzzi…

GP: Ma come designer? È sempre valido quello che lei ci disse quattro anni fa? Disegniamo per tante case ma… Guzzi è un’
altra cosa.

LM: È sempre valido. Ma io non lo so… Solo a dirlo: Moto Guzzi, mi da già una garanzia. Non so, io sono italiano, per me Guzzi è la marca di moto italiana per eccellenza, È una storia d’amore, insomma, e come nei matrimoni, ci stanno pure i periodi di passione e quelli dove le cose vanno un po’ a rilento. Ma la Moto Guzzi è un qualcosa di così affascinante… Adesso, come vi accennavo, ci stiamo divertendo intorno ad un’idea di quelle che ti prendono allo stomaco… Venite, che vi faccio vedere qualcosa.

 

E così, partendo dalla sofferta genesi della Griso, ritorniamo di nuovo a parlare del rinato entusiasmo, dei progetti in corso, di quelli passati, di quelli rimasti nel cassetto e di quelli che verranno. Luciano Marabese ha un impegno e deve lasciarci a questo punto ma prima di congedarci, ci apre una cartellina. Dentro ci sono alcuni suoi schizzi a matita. Per una moto sportiva.Non ci sono parole. E non ce ne devono essere visto che si tratta di uno studio top secret. Roba forte, ragazzi! Di nuovo, ci tocca spegnere registratore e posare la macchinetta fotografica per seguire Rodolfo nel suo sancta sanctorum. Di nuovo, come quattro anni fa, Rodolfo ci stordisce a forza di studi, bozzetti, fotomontaggi, versioni scartate…

Ogni volta che hai la fortuna di stabilire una connessione con grandissimi designer come loro, con in più la grandissima passione che hanno per la Moto Guzzi, i megabyte di pensieri, idee, visioni che ne ricavi diventano gigabyte, terabyte, fino a colmare il serbatoio delle emozioni e delle idee che magicamente, per osmosi naturale ti riempiono.

Ma su quello che abbiamo visto non possiamo dirvi nulla. Stiamo già mettendo da parte alcuni soldini, ma non possiamo dirvi nulla.
Stiamo già scattando le foto per l’annuncio di vendita delle nostre moto, ma non possiamo far trapelare nulla… 😉

LA MIA FUGA CON BREVA

0
La mia fuga con Breva

di Lucio Aiello

E’ la fine di aprile del 2006, ho trascorso una settimana in Baviera con 11 amici (Antamotoclub, Cosenza).  E’ stato proprio bello, col tempo quasi sempre sereno abbiamo attraversato il Tirolo lungo la vecchia statale, siamo passati nella neve  delle
Alpi  Bavaresi fra ripidi torrenti e laghetti gelati


abbiamo visitato i castelli di Ludwig a Schwangau (io sono quello in alto a sinistra),

La mia fuga con Breva

abbiamo vissuto l’accogliente vitalità di Monaco (memorabile la serata all’Offbrauhaus) con i
suoi monumenti ed i musei.

La mia fuga con Breva

Poi di nuovo la Romantiche strasse con i suoi borghi e castelli,  il giovane Danubio, l’incanto medioevale di Rotheburg

La mia fuga con Breva

ed il fascino tedesco di  Norimberga.

La mia fuga con Breva

Siamo tutti amici, alcuni intimi, ci sono due fratelli e tre cognati, ma nonostante l’età media (ben oltre i 50) spesso prevale  uno spirito goliardico per cui molto del viaggio viene lasciato all’ispirazione del momento e non di rado è l’idea più strampalata a ricevere i maggiori consensi.  E’ così che la proposta di Francesco, il più giovane del gruppo (perché non andiamo a trovare mia cugina, che ha un ristorante a Stoccarda?) viene presa in seria considerazione e, nonostante le proteste di Ettore (l’altro guzzista del gruppo) e mie, approvata con una schiacciante maggioranza.
Dopo una mattinata di sole per le vie e le piazze di Norimberga ci trasferiamo velocemente a Stoccarda mentre il  cielo si riempie di nuvole (e il mio umore pure).
La cugina di Francesco è molto gentile e ci ospita a cena, la serata continua in un luna park e poi in una birreria piena di ragazzi, vado a dormire ma sono contrariato. La mattina dopo ci sono tante nuvole, mi affaccio dalla finestra e guardo le moto, ho solo voglia di ripartire……
Verso le nove comincia a piovere, giro a vuoto per un po’ e poi torno in albergo, tra l’altro mi si è risvegliato dopo diversi mesi un intenso dolore alla spalla destra (sarò operato ai primi di novembre).  Sono partito incurante di una fastidiosa sciatica che a poco a poco, grazie ai farmaci ma anche al piacere del viaggio si è risolta, ora questo dolore alla spalla proprio non ci voleva. Una parte del gruppo è andata in centro, a vedere non so che cosa, con i presenti passiamo tre ore a discutere la strada del ritorno. Le previsioni meteo sono pessime, Ettore ed io ci lamentiamo di non aver visto  Ratisbona e Passau (dove tra l’altro il maltempo non è ancora arrivato), Antonio è depresso, è evidente che aveva accettato di venire a Stoccarda per allungare il viaggio di ritorno passando per Strasburgo e la Svizzera e l’idea non era niente male…In linea di massima si va verso Monaco per poi  fare un giro più largo verso Rosenheim con destinazione Innsbruck, sempre in autostrada evitando le strade di montagna. Alle tre del pomeriggio ci avviamo, non piove ma la spalla mi fa un male cane, sbagliamo direzione, ci fermiamo sul ciglio della strada con i TIR che ci sfiorano, il GPS di Gaetano non funziona per le troppe nuvole.  E’ chiaro che abbiamo sbagliato ma io insisto per proseguire in quanto la direzione secondo me è comunque giusta, Ettore mi appoggia ma non riusciamo ad  essere convincenti, discutiamo discutiamo e all’improvviso vediamo Mino che “è andato in ricognizione” e ci fa grandi segni sfrecciando sulla corsia opposta. Il tempo passa e Mino non torna, i TIR continuano a sfiorarci,  decidiamo di aspettarlo alla prima stazione di servizio, ripartiamo. Sono sempre convinto che la direzione è giusta, ci sono indicazioni per Ulm ed Ulm è ad est, più o meno all’altezza di Augsburg e quindi prima o poi la via per Monaco si trova. L’autostrada a un certo punto finisce in un paese, ad un semaforo quelli  in testa strombazzano, fanno grandi segni  e invertono la marcia, forse hanno avuto notizie da Mino, certo è che dopo qualche minuto imbocchiamo a tutta velocità l’autostrada di prima in direzione…Stoccarda! A questo punto mi incazzo davvero, rallento e maturo la mia decisione mentre mi faccio superare dagli altri: torno a casa da solo. Al primo svincolo esco e torno indietro. Sono solo e su una piazzola d’emergenza riguardo la carta: mi sembra chiaro che mi trovo su quella che viene indicata come “strada con caratteristiche autostradali” e corre parallela alla A8. Mando un SMS a Riccardo, gli spiego che a furia di fermarci a bordo strada qualcuno potrebbe farsi male, lo prego di salutarmi tutti e di scusarmi, se è possibile. Riccardo è l’anima del gruppo, mi conosce da quando avevamo i calzoni corti, è una persona straordinaria, capirà… Spengo il cellulare e vado avanti, raggiungo il paese di prima e proseguo seguendo le indicazioni per Ulm su una strada che sale in un dolce paesaggio collinare, peccato che il cielo sia così grigio ma almeno non piove, ogni tensione è scomparsa, a un certo punto trovo le indicazioni per la A8, quella che avremmo dovuto prendere all’inizio. E’ fatta, ma perché non mi sono stati a sentire? Dopo Augsburg il tempo migliora, il cielo è azzurro e non fa freddo, aumento l’andatura, sono sui 160 quando vedo delle moto su una piazzola, freno, non sono loro… peccato, proseguo di buon passo, sono quasi a Monaco, mi chiedo se sia davvero necessario fare il lungo giro programmato stamattina, ovviamente non mi sembra il caso e punto a sud, il tempo è bello e Breva fila che è una bellezza. Quanto ho sbagliato lo capisco dopo una cinquantina di km., quando comincia a piovere a dirotto. Le montagne sono nascoste  da nuvole nere, farei bene a fermarmi a Garmisch ma proseguo, se arrivo a Mittenwald senza problemi potrei raggiungere Innsbruck…

Mentre la strada sale la pioggia diventa torrenziale, alla luce dei lampi leggo il nome “Klais”, entro nel villaggio, parcheggio e mi fiondo  nel caldo della Posthotel Gasthof. La stanza è accogliente e c’è una  vasca dove faccio un magnifico bagno dopo aver  messo i vestiti  sui termosifoni  e da dove telefono a casa (il tempo è discreto,  va tutto bene…). Prendo un antidolorifico, scambio qualche SMS con Riccardo, abbiamo fatto la stessa strada ma loro si sono attardati nei dintorni di Monaco e sono molto indietro.
La stagione invernale è finita, quella estiva è lontana, credo di essere l’unico ospite dell’albergo, a parte un paio di anziani del posto seduti al bar. La cena è ottima, i compagni di viaggio mi mancano ma ogni tanto un po’ di solitudine ci vuole, non provo più senso di colpa ma una leggera sensazione di libertà, strana se penso che sono prigioniero della pioggia fra mura sconosciute, in un paese praticamente deserto. Sulla strada non passa nessuno, si sente solo la pioggia che scende fitta, vado a meditare  in camera, non faccio in tempo a infilarmi sotto le coperte che dormo.
Mi sveglio che è ancora buio, ma sta smettendo di piovere. Rimango sotto le coperte ancora un’oretta, starei divinamente se non fosse per la spalla,  mi preparo lentamente, faccio una magnifica colazione, saldo il conto (mite), saluto  e mi avvio mentre, naturalmente, ricomincia a piovere.
La strada sale fino al passo Shamitz dopodichè comincia una discesa tipo otto volante, all’andata non mi ero accorto che era così ripida, c’era il sole e Breva volava leggera, come ignara della legge di gravità, fra il verde e verso l’azzurro… ora è veramente grigia, dietro una curva una colonna di auto scende a passo d’uomo; mentre le sorpasso con cautela sento  una forte puzza di bruciato: ad aprire la fila è un camion ungherese che scende di prima e coi freni tirati, l’autista lo vedo solo per un attimo ma mi sembra terrorizzato… Nei dintorni di Innsbruck piove ma l’autostrada, alla quale guardiamo sempre con antipatia, mi accoglie amichevole, vado avanti sui 110 e penso all’infinito su e giù dei pistoni della Breva, all’albero motore che gira e gira come la vita, come questi giorni  passati in un attimo. Le indicazioni sono nomi che ho letto pochi giorni fa, lungo l’altra strada, ma i luoghi da qui non li riconosco, la pioggia è fredda ma ho come un senso di leggera euforia, mi viene di aumentare l’andatura ma mi trattengo, con la coda dell’occhio vedo il paesaggio che corre e mi abbandono ai pensieri, non mi accorgo di aver passato il confine e dalle parti di Bressanone esce addirittura il sole. Anche a Bolzano c’è il sole, mi fermo all’autogrill per un cappuccino e cornetto, mi sgranchisco un po’, chiamo Riccardo ma non lo raggiungo, mando un SMS, faccio benzina e riparto mentre tornano le nuvole. Trento, Verona, Modena è tutta una tirata, vado svelto, la spalla mi fa meno male, mi sento in forma, mi fermo solo per la benzina mentre gli altri stanno partendo da Innsbruck, vedo lo stabilimento Ducati a Borgo Panigale mentre ricomincia  piovere. Vado svelto, devo fare la Ravenna-Orte e prima ci arrivo meglio è, penso all’ultima volta, di ritorno dall’Austria insieme a mio figlio, era l’agosto del 2003 e non vedevo l’ora di lasciare l’aria rovente della pianura… sento che oggi sarà diverso. La imbocco che piove a catinelle, vado a 50 all’ora dietro  un fuoristrada che non si vuole spostare dalla corsia di sorpasso. Lampeggio, suono il clakson, lampeggio e rilampeggio ma quello… niente! Alla fine sorpasso sulla destra e capisco perché quel villano non mi dava strada: l’asfalto è un susseguirsi di buche, che con quest’acqua non si vedono. Piove un po’ di meno, prendo un minimo di velocità (non più di 70-80 km/h) e a un certo punto la moto si impunta e il posteriore si solleva, non so precisamente cosa ho fatto ma la moto mi parte davanti, sono attimi di terrore puro, sbando ma ho fortuna, non sbatto da nessuna parte, mi fermo sotto un cavalcavia. Riprendo fiato, le gomme sembrano a posto, è un miracolo poterla raccontare, il dolore alla spalla è violento, vado avanti fino a Verghereto dove c’è un’area di servizio sull’altra corsia, per raggiungerla devo percorrere una stradina piena di ghiaia. Al bar sento tanta gente che si lamenta, io sono abituato alla Salerno-Reggio ma questa Orte-Ravenna è veramente incredibile. Mi riscaldo con un the bollente e chiedo se non sia il caso di deviare  sulla viabilità ordinaria, mi dicono che il peggio è passato e che dopo, specialmente dopo S. Sepolcro, tutto è normale. In effetti  è così e arrivo rapidamente a Perugia e da mia figlia che ovviamente, dato il tempo, stava in pensiero. Lascio Breva in un parcheggio e mi rimetto un po’ in sesto, Francesca cucina, per me è sempre la mia bambina anche se ormai ha 23 anni, mi piace vederla che si prende cura di me, è bello stare con lei. Per sperare di prendere sonno è indispensabile un altro antidolorifico, vado a letto e penso alle tante strade che potrei fare domani mattina, vado ad Orvieto passando da Marsciano, vado da Terni a Rieti passando per il lago di Piediluco, nel frattempo finisco fra le braccia di Morfeo. La mattina dopo è presto quando mi sveglio col pensiero della moto che non ho potuto lasciare in un garage custodito, metto i pantaloni e un maglione sopra il pigiama e vado al parcheggio; lei è lì che mi aspetta, è sporca da fare pena ma mi sembra contenta di ripartire. La riporto sotto casa e rientro senza fare rumore, mi lavo, mi vesto mentre preparo la colazione, sveglio Francesca con un caffè, l’abbraccio, scendo giù e carico i bagagli, monto in sella e la guardo affacciata alla finestra, le faccio un saluto alzando la mano destra…il dolore è così acuto che perdo l’equilibrio e cado come uno stupido. Mi aiutano a rialzarmi e a rialzare la moto, per fortuna ho solo graffiato la borsa destra, cerco di prenderla con spirito e mi avvio, salutando per precauzione con un cenno del capo. Il tempo è grigio e non ho compagni, tanto vale scegliere la via più breve, esco da porta S. Pietro e giù verso Orte, c’è poco traffico e non piove ma vado avanti a velocità codice e mi godo questa strada che ho fatto tante volte ma mi piace sempre, con i suoi panorami e i borghi sospesi in lontananza. Da Orte in poi non c’è storia, solo traffico e nuvole, vado avanti a 130-140 di tachimetro, ogni tanto piove e rallento ma non ci sono problemi fino in Basilicata, dove la pioggia si fa intensa. Il mio vecchio casco modulare proprio ora comincia a cedere al peso degli anni, e dalla visiera si infiltra un po’ d’acqua. Ora che ci penso anche l’ultima volta che ho fatto questa strada in moto, alla fine di maggio dell’anno scorso, pioveva a dirotto, ma subito dopo il valico di Campotenese ha smesso. Il miracolo si ripete anche quest’anno, a mano a mano che salgo la pioggia diminuisce, a quasi 1000 metri d’altezza l’autostrada percorre un piccolo altopiano, faccio una galleria e scendo a valle mentre mi asciugo col vento,  vado svelto ma senza correre, ormai sono certo che la pioggia non mi raggiungerà un’altra volta, rivedo il viaggio come in un film, i panorami, la natura, le soste e le belle serate, mi torna il senso di colpa nei confronti degli amici ma in fondo la parte piacevole del viaggio l’abbiamo condivisa e ci siamo divertiti insieme. Poi, in questi giorni di maltempo per unica compagna di strada ho avuto  Breva, siamo partiti che aveva meno di 2000 km., ora di strada ne abbiamo fatta e mi sembra di conoscerla da sempre. In poco più di due giorni  abbiamo macinato oltre 1600 km., non molti in assoluto, ma tanti se consideriamo le condizioni meteorologiche e la Orte-Ravenna.
Tra poco saremo a casa, sono contento ma con una vena di malinconia, il viaggio è finito… andiamo lisci come l’olio, il motore quasi non si sente ed io penso di nuovo ai pistoni che vanno su e giù, su e giù, trecentomila volte in un’ora, milioni di volte in questi giorni  che mi sembrano un sogno fra la neve e il sole, la pioggia e il verde della campagna, i distributori di benzina e le antiche mura, l’urlo degli 8.000 giri e la voce del vento.

Gadget

VI SEGNALIAMO